Benvenuti a Hotel Cliché

Coppia: Young!Tony/Peter
Iniziativa: Partecipa alla Maritombola 11 indetta da Lande di Fandom.

Prompt n°: 69° «Non voglio fare l'amore con te.»
Parole: [ vortice, feromoni, asciugamano ]

Benvenuti a Hotel Cliché.

L'aria è pregna di energia statica. Il cielo è nero, grigio, carico di pioggia pronta a scaricare la sua furia devastante su quelle architetture Haussmanniane, così eleganti e austere, che pare difficile credere che permettano, al cielo, di lasciarsi rovinare da gocce acide, sature di smog.

Così si ritrovano a fare i conti con la fretta, carichi di trolley alla mano e zaini in spalla. Non sanno quanto durerà quel soggiorno, probabilmente il tempo di portare a termine la missione; il che potrebbe voler dire una notte oppure un mese. Peter spera che possa durare molto più di quello. Che possa durare per sempre, forse.

Lui, Tony e Parigi. Se solo quell'idiota si accorgesse del fatto che gli va dietro da una vita... e magari gli desse qualche segno che gli faccia anche solo minimamente capire che ricambia... ora Peter non sarebbe intrappolato nel vortice dell'insicurezza, della paura di perderlo, nel caso un giorno decidesse di rivelargli, senza veli, i suoi veri sentimenti. E Tony sembra sempre provvisto di un muro a coprirgli il cuore, incapace di esternare i propri battiti e di ricevere i suoi.

Sospira e si copre la testa con l'unica mano libera che ha, mentre di fronte a loro, immenso, si erge la palazzina in cui alloggeranno; grigia, con tante piccole finestre ordinate che ne decorano la facciata e una porta rotonda girevole che sembra bagnata d'oro, per come brilla di quel giallo intenso. Fuori, un uomo elegante, attende con un ombrello in mano l'arrivo degli ospiti, per poterli accompagnare dentro.

Sopra, a lettere brillanti e gigantesche, campeggia il nome dell'alloggio.

Hotel Cliché.

Peter si volta a guardare Tony che, con un sopracciglio alzato, gli restituisce quell'occhiata. Un nome tutt'altro che regale, pensa Peter, e scappa ad entrambi un sorriso ironico, prima di armarsi di coraggio e raggiungere l'entrata. I vestiti così fradici che dovranno strizzarli, una volta che se ne saranno sbarazzati. Tony, poi, con quei capelli neri appiccicati alla fronte, sembra ancora più affascinante del solito. Quel dettaglio gli conferisce un distratto fascino che è incantevole. Peter non può farcela. Non può, e nemmeno il suo cuore.

Appena varcano la soglia, una hall destabilizzante li accoglie. Grossi lampadari di vetro si mostrano in tutta la loro magnificenza sul soffitto, dando all'ambiente un'aria calda e autunnale. Una serie di colonne laterali sorreggono l'edificio pesante, decorate con mattonelle lucide color tiffany. A sinistra c'è una sala d'attesa fatta di poltrone e divanetti antichi, tavolini di legno d'ebano su cui sono posate riviste d'alta moda e posaceneri. A destra c'è una vetrata che lascia intravedere un ristorante di lusso, pieno di tavoli apparecchiati con tovaglie bianche e candelabri. Ora le luci sono spente, siccome è ancora presto per cenare, ma Peter è convinto che, quando l'ambiente sarà illuminato, quel posto si scoprirà incantevole

Al centro, proprio di fronte a loro, c'è un lungo bancone, quello della reception. Dietro alla ragazza minuta e giovane che li attende, una serie di scatolette ospitano le chiavi dell'albergo. Non appena si avvicinano vengono accolti da un sorriso dolcissimo e da un inglese sporcato da un accento francese.

«Benvenuti all'Hotel Cliché, cosa posso fare per voi?»

Tony le sorride in modo accattivante e Peter ha un colpo al cuore. Sa che quel ragazzo ha una fila infinita di ragazze che gli fanno il filo e che, ovunque va, lascia una scia di feromoni dietro di lui e cadaveri di donzelle innamorate a cui infrange il cuore. Il playboy dello S.H.I.E.L.D., come ama definirlo Nick Fury.

«Abbiamo una prenotazione a nome Coulson. Deve aver telefonato qualche giorno fa per due camere da letto singole.» Tira fuori un foglietto dalla tasca e, quando lo cede alla ragazza, questa lo prende tra le mani e lo legge. Il suo sorriso si spegne in un secondo e, alzando un dito coperto dallo smalto rosso, chiede scusa e sparisce dietro una porta.

«Pensi che sia tutto okay?», chiede Peter, facendo dondolare i piedi, impaziente, quando la ragazza comincia a non farsi viva per qualche minuto.

«Me lo auguro! Insomma... non penso che Nick Fury abbia combinato qualche cazzata, meticoloso com'è», risponde Tony, poi gli lancia un'occhiata preoccupata. «Stai tremando. Hai freddo?»

Peter vorrebbe dirgli di no, ma la verità è che sente il gelo che gli viaggia nelle ossa, su e giù, senza dargli tregua. Ha i calzini completamente zuppi, siccome è quasi annegato in una pozzanghera che, in verità, sembrava più una piscina. Tony è messo meglio, è riuscito a coprirsi un minimo e i suoi vestiti sono giusto puntellati da piccole gocce d'acqua che scuriscono il tessuto dove hanno colpito.

«Sì, un pochino», afferma lui, in risposta. Tony poggia la valigia che ha ancora in mano per terra, tra le gambe. Si toglie la giacca con una certa fatica e stanchezza negli occhi, poi gli fa quasi venire un infarto, quando gliela appoggia sulle spalle, con una delicatezza che Peter paragonerebbe a quella di un angelo. Se solo Tony non fosse il diavolo incarnato, certe volte...

Si sente avvampare, mentre l'altro gli sorride sornione e gli sfrega una mano sulla spalla, come se non fosse un gesto per nulla romantico, quello. «Va meglio?», gli chiede, e Peter vorrebbe dirgli di no, perché il cuore se lo sente in gola e probabilmente ora lo sputerà per terra.

Però annuisce e finge che sì, va meglio. E forse è anche la verità.

«Sì, ma... n-non dovevi privarti della giacca per darla a me. Ora sarai tu a morire di freddo!»

Tony sbuffa divertito. «Io non sono bagnato come un pulcino, Parker. Posso resistere finché non salirò in camera mia.»

Peter tace, ma continua a guardarlo, mentre tamburella le dita sul bancone, impaziente, per nulla colpito da quello che è appena successo, da quello che ha appena fatto. Come se fosse normale prassi privarsi della giacca per darla a un amico...

La ragazza torna e, sul viso, ha un'espressione dispiaciuta. Si morde il labbro inferiore e, dopo un sospiro lunghissimo, rivolge lo sguardo ad entrambi.

«Purtroppo c'è stato un problema con la prenotazione. Le due camere che avete prenotato sono occupare sino a fine mese e... dunque non sono disponibili.»

«Cosa? Ci sta dicendo che, dopo un viaggio lungo ore, non abbiamo un alloggio?», ruggisce Tony, rabbioso, poggiando entrambe le mani sul bancone e facendo un gran chiasso. Peter chiude gli occhi per un attimo, prima di intervenire e portare di nuovo equilibrio nella forza.

«Ma la prenotazione è stata confermata con tanto di carta di credito. Come ha fatto l'albergo a non notare l'errore e avvisarci?»

«Purtroppo c'è stato un problema di incomunicabilità ma... il direttore dice che, se volete, ci sono delle camere matrimoniali ancora libere e che è disposto a darvi la suite più lussuosa dell'albergo allo stesso prezzo delle due singole, per rimediare all'errore.» La ragazza si morde di nuovo il labbro e un velo di speranza le copre il viso angelico. Spera vivamente di non perdere né il lavoro né i clienti ed è chiaro, a questo punto, che a generare quel problema sia stata proprio lei.

Una camera matrimoniale, anzi, una suite matrimoniale tutta per loro... al posto di due camere singole. Peter si sente di nuovo avvampare, all'idea di dover dormire nello stesso letto con Tony Stark.

Quest'ultimo arriccia le labbra, poi si esibisce in un sospiro stanco e, annuendo con una certa durezza, accetta. Peter ne è felice, anche per la buona azione che sta facendo nei riguardi di quella receptionist visibilmente alle prime armi.

Quella sorride cordialmente, e quando fa la registrazione, dà loro delle indicazioni sull'albergo e sulle dinamiche dello stesso: la colazione si serve dalle sei alle undici, il pranzo da mezzogiorno alle due e la cena dalle sei alle nove. Ovviamente, dice, loro sono disponibili ventiquattr'ore su ventiquattro.

Un buon servizio per un albergo di lusso e, quando la ragazza – che scoprono chiamarsi Cloe – cede loro i documenti (chiaramente falsi), un inserviente li accompagna verso un ascensore e dunque al piano.

Il viaggio verso la suite è lunghissimo, siccome si trova all'ultimo piano e, durante tutto il tragitto regna il silenzio. Tony sembra nervoso, ma allo stesso tempo pensieroso. Peter si domanda se si senta a disagio all'idea di dover condividere con lui uno spazio vitale così intimo. Dopotutto, anche lui, si sente tremendamente in imbarazzo solo all'idea.

Quando raggiungono il piano, vi è solo una porta maestosa e sfarzosa. Sembra pesantissima. Quando l'inserviente la apre e sistema i bagagli all'interno, Peter ne approfitta per dare un'occhiata in giro. Quella non è una stanza, ma un vero e proprio appartamento. C'è una cucina angolare che dà sul lato esterno, e una finestra campeggia sul lavello. Da una parte c'è un piccolo salottino Luigi XIII, con un televisore gigante e delle bottiglie di alcol poggiate su un mappamondo d'arredo. In fondo c'è il letto a baldacchino, gigantesco e morbidissimo e, a sinistra dello stesso, una porta che di certo conduce al bagno. Accanto alla porta un armadio-cabina che sembra infinito.

Il paradiso, nella testa di Peter, ha più o meno queste sembianze.

Quando l'inserviente se ne va, dopo che Tony gli ha elargito una generosa mancia, scende il silenzio. Iron Man lo affianca e si guarda intorno, meno stupito di quanto lo sia Peter.

«Vedo che non sei abituato a certi lussi», lo canzona.

«Io non sono ricco come te, Stark!», risponde, raccogliendo la provocazione. Si lanciano uno sguardo divertito e sorrisi maliziosi, prima di torna a guardarsi intorno e sorvolare sul problema principale di quella permanenza all'Hotel Cliché.

La notte.

Poi però Tony rompe il silenzio e Peter trema e non di freddo. «Dunque... io non è un problema dormire insieme ma, se per te lo è, posso sempre trasferirmi sul divano.»

«No, no! Non c'è alcun problema, insomma, perché dovrebbe? Mica siamo una... coppia. Non c'è niente di cui preoccuparsi, no?»

«Di solito non salto addosso alle persone, aspetto che siano consenzienti anche loro!» Tony ironizza, con quel fare arrogante che sempre lo contraddistingue ma, per Peter, è l'ennesimo colpo al cuore. Tony non capisce e non capirà mai cosa prova per lui, e dunque anche quello per lui è un gioco. Sarà difficile mandare giù quel boccone, ma almeno sarà facile dormire assieme e fingere che lui non prova niente. Dopotutto è abituato, lo fa ogni giorno. «Vado a farmi una doccia, tu fatti un giro e esplora nuovi mondi. Quando torno voglio un resoconto sulla missione, soldato!», dice Tony, e mentre lo fa si avvicina al letto e si trascina dietro una valigia. La poggia sul materasso e, dopo averla aperta e aver repuperato dell'intimo e dei vestiti, si sfila il maglione e poi la camicia, come se Peter non fosse lì a guardarlo.

La sua schiena si piega ad ogni suo movimento muscolare, mostrando al mondo – a lui, un fisico pazzesco. Quando si volta e i loro sguardi si incrociano, Peter può bearsi della vista dei suoi pettorali scolpiti e si impone di alzare lo sguardo sul suo viso, senza chiaramente riuscirci. Non ne ha la fottuta forza. Quel fisico è ipnotico, magia pura.

«Parker?», lo chiama Tony e schiocca le dita; lo risveglia da sogni indecenti e, quando si guardano, sorride malizioso. «Mi hai fatto la lastra?»

«Notavo che gli allenamenti stanno dando i loro frutti. Ma io... io sono messo meglio», cerca di ironizzare e il suo sguardo torna su quel fisico, mentre deglutisce un groppo d'aria. Amarissimo.

Tony ridacchia e pare aver bevuto quella cazzata, poi sospira e sparisce nel bagno. Peter ha tutto il tempo per rendersi conto che ha appena fatto la figura del maniaco sessuale, di fronte al suo migliore amico, che ora ha appena aperto l'acqua della doccia ed è, ovviamente, totalmente nudo. Si lascia scivolare a terra, a gambe incrociate, con le mani aperte piazzate sulle guance, che bollono. Sono così calde che potrebbe andare in autocombustione.

Passa minuti interi a fissare la porta e, quando l'acqua smette di scrosciare, non se ne accorge quasi. Si rende conto che Tony ha finito quando quest'ultimo esce con solo addosso un asciugamano bianca, legata intorno alla vita. Ha i capelli fradici che gli cadono sul viso. Il petto ancora bagnato e lucido, la pelle bollente e a causa dell'acqua calda che gli ha lavato via lo sporco e la stanchezza. Una divinità greca. Un diavolo peccatore.

«Peter, santo dio, che fai seduto lì? Non hai nemmeno sistemato la tua roba?»

«I-io... io, sono... stanco. Mi stavo riposando un attimo!»

«Seduto per terra? Diamine, quel ragno ti ha fatto perdere qualche punto alla sanità mentale, quando ti ha morso», ironizza Tony e, ridacchiando, si avvicina alla sua valigia ancora aperta sul letto e recupera una spazzola. Gliela mostra e torna in bagno.

Peter non può farcela. Gli verrà un infarto tra esattamente dieci secondi.

Quando Tony finisce, esce dal bagno già vestito di tutto punto, con una camicia nera infilata in pantaloni bianchi e un paio di mocassini scuri e lucidi. Ha tirato indietro i capelli, ed è la versione più elegante e sexy di Tony Stark che Peter abbia mai visto in vita sua. Non sostiene il suo sguardo addosso, quando di nuovo gli si rivolge interrogativo e, di corsa, si infila in bagno per farsi una doccia e capire cosa accidenti può fare per non impazzire. Lava via dubbi, paure, ormoni e confusione e, quando esce, si rende conto di aver lasciato tutte le sue cose fuori dalla stanza. Ergo deve uscire. Ergo deve uscire anche lui con solo un asciugamano stretta intorno alla vita. Perché non ci sono dei fottuti accappatoi, in questo hotel di merda?

Quando esce fuori, Tony è seduto sul letto e consulta annoiato il cellulare, in attesa. Alza poi la testa e i loro occhi si incontrano ancora. Si fissano, immobili, come se fosse la prima volta che si vedono in vita loro. C'è troppo silenzio per ritenere quella situazione piacevole e, sebbene Peter voglia solo recuperare le sue cose e sparire di nuovo in bagno, non ci riesce. Resta solo come un cretino a fissare quel deficiente del suo amico, che non abbassa gli occhi dai suoi.

«Anche i tuoi allenamenti non vanno tanto male», gli dice, ridendo, e quando si morde il labbro inferiore continuando a guardargli i pettorali, Peter vorrebbe sotterrarsi. Vorrebbe farlo ora, in questo momento, nel pavimento ma non ci riesce. Non riesce a fare niente. «Peter, che accidenti c'è? Sei strano», commenta Tony. Si alza in piedi, e lui fa un passo indietro.

«No, non sono strano, sono... stanco. Te l'ho detto!», cerca di giustificarsi, ma quando Tony si avvicina di più, i suoi piedi nudi restano incollati al pavimento, e le ginocchia gli tremano.Sono così vicini che può vedere ogni singola stella brillare nei suoi occhi scuri

Tony poggia una mano allo stipite della porta, e sospira.

«Sta succedendo qualcosa e non capisco cosa.»

«Dici fuori di qui?»

«No, dico in te. C'è qualcosa che ti turba da quando siamo entrati, come se non fossi a tuo agio.»

«Credimi, io non sono a mio agio se sei così vicino mentre ho addosso solo un asciugamano, sai?», cerca di ironizzare e, di tutta risposta, Tony inclina la testa, pensieroso. Lo scruta, lo studia e, lentamente, alza l'altra mano verso il suo mento e gli alza il viso. Lo contempla, lo studia, e Peter si sente morire.

«Ti mette a disagio stare qui con me, così?», chiede e Peter, senza pensarci due volte, annuisce. Dopotutto è la verità e non c'è niente di male a vergognarsi di essere così esposti di fronte a qualcuno, che questi sia un amico o una cotta secolare.

«Un po'...», mormora, in risposta e Tony sembra capire. Avvicina il viso al suo, lentamente, senza mai staccare gli occhi dai suoi. Gli guarda le labbra, le reclama, le vuole per sé e, quando sono così vicini che Peter sente il suo respiro addosso, un telefono squilla e li fa sussultare.

È il telefono della suite; ha uno squillo assordante, che spacca i timpani. Tony arriccia le labbra e chiude gli occhi, dolorosamente, prima di allontanarsi e precipitarsi a rispondere. Lo fa con un certo tono ostico, dimostrando chiaramente a chi c'è dietro la cornetta che è appena stato disturbato. Dice qualche parola, cose tipo «Sì, sì, tutto perfetto. Certo. Per cena, a dopo», e poi attacca, con un grugnito.

Peter è immobile, ancora sulla porta del bagno, con la testa che gli pulsa e il cuore che è in procinto di esplodere. Vorrebbe avvicinarsi a Tony, che ora si è seduto sul letto, ma non ne ha la forza e nemmeno il coraggio. Poi ad un tratto si guardano, si cercano e Peter non sa più cosa sta succedendo, tra di loro. Sa solo che, tutto ciò che stava per accadere, non è accaduto e che, quel sogno di ricevere anche solo un bacio da lui è appena sfumato via. Insieme alla possibilità di aprire bocca e chiedergli spiegazioni, chiedergli se lo stava facendo per scherzo o perché lo voleva davvero. Si sente il cuore stretto stretto come un foglio accartocciato e fa male. Fa veramente male.

Tony però sorride e, con una luce negli occhi che sembra aver capito quel dolore, gli fa cenno di avvicinarsi. Peter non lo fa immediatamente, ci pensa su, perché ha paura. Paura di Tony, paura di sé, paura di loro. Di quello che sono ma, soprattutto, di quello che non sono.

Infine si avvicina e Tony gli prende la mano. Lo invita a stringere la sua, prima di circondarli un braccio intorno alla vita e invitarlo a sedersi a cavalcioni su di lui.

Peter si sente morire dentro, ma lo fa comunque. I loro visi sono di nuovo troppo vicini e lo sovrasta di qualche centimetro, seduto sulle ginocchia puntellate su quel materasso. Tony alza una mano e gli accarezza una guancia, poi gli carezza la schiena con l'altra mano e la fa scendere lungo la sua coscia. Peter rabbrividisce e chiude gli occhi.

«Non voglio fare l'amore con te, Parker.»

«Nemmeno io», risponde lapidario, in un sospiro sommesso che invece tradisce quella negazione. Si sente caldo, bollente e ha un impellente desiderio di sentire quelle mani esplorarlo, accarezzarlo, dargli attenzione. Invece Tony lo guarda, e stringe le dita delicatamente intorno alla sua gamba e non la muove più. Avvicina il viso al suo, gli sfiora le labbra con le sue e si ritrae immediatamente. Sorride come lo stronzo che è, sta giocando con lui, con i suoi ormoni, con i suoi sensi di ragno e con i suoi sentimenti. Peter sente una rabbia dentro e un'umiliazione lieve nel cuore e, per quanto vorrebbe farlo, non rincorre il suo viso per ricevere quel bacio.

«No?», chiede Tony, di nuovo sulla sua bocca.

Peter abbassa gli occhi sui suoi, fermi. «No.»

«Allora alzati», lo provoca, senza mai lasciargli andare la coscia, che ora brucia sotto al suo tocco.

«No», ripete e, dopo secondi interminabili passati a guardarsi, alla fine quel bacio avviene. È delicato, appena un tocco, ma dà brividi lungo la schiena che fanno quasi male. Peter gli prende il viso tra le mani, si alza leggermente sulle ginocchia e affonda poi le dita nei suoi capelli. Le sue falangi infrangono le ciocche composte e le spettinano, ma Tony sembra non badarci. Specie quando quel bacio si fa più profondo e, infine, fatto di silenzi rotti solo dal loro respiro, che si palesa pensante quando si staccano per riprendere fiato e guardarsi, come se al mondo non esistesse altro che la bocca dell'altro.

Si avvinghiano di nuovo e Tony si lascia cadere di schiena sul materasso. Se lo porta dietro, in quel movimento, e non smette un solo istante di segnarlo con i suoi baci. Peter si sente morire, ha il cuore in gola, che ferma un battito quando la mano di Tony si insinua sotto l'asciugamano e gli sfiora la pelle ancora bagnata.

Si stacca da quel bacio e non riesce a trattenere un gemito, a cui Tony risponde con una lieve risata arrogante.

«Sicuro che non vuoi fare l'amore con me?»

«Hai detto tu che non vuoi.»

«In cinque minuti possono cambiare molte cose, sai?», domanda, malizioso, spostandogli una ciocca di capelli da davanti al viso, che Peter legge come un gesto d'affetto, qualcosa che va oltre il mero desiderio di fare del sesso con lui.

«Lo fai... perché ti annoi?», chiede, insicuro, e spera di non ricevere una risposta positiva e di non averlo infastidito, con quella domanda quasi stupida, fin troppo da lui.

Tony ride di nuovo e, prima di tornare a baciarlo e a dedicargli attenzioni premurose, alza le spalle. «Non ci credo che tu non l'abbia ancora capito!», dice, e ride ancora.

Peter alza leggermente la testa e alzando un sopracciglio, lo guarda sospettoso. «Capito cosa?»

Tony sembra non crederci, e lo fissa stupito per un intero secondo, prima di prendergli di nuovo il viso tra le mani e tornare a baciarlo con un trasporto che fa male al cuore.

Che mi piaci. Che mi piaci così tanto che non riesco nemmeno a dirlo a parole.

E, sebbene non glielo abbia detto chiaramente Peter ora, questa verità, la fa sua.

«Voglio fare l'amore con te», dice, quando si staccano di nuovo.

Tony sorride da un solo lato della bocca e sprofonda di più nel materasso. «E sia.» Ora e per altre cento volte ancora.

Fine

Note autore:


GRAZIE a chi è arrivato fin qui, e non posso non ammettere che stava per uscire fuori una roba mezza porno, meno male che mi sono fermata sennò erano cavoli per tutti quanti... o forse no XD Scusate se sto scrivendo tante young, ma sono nel mood ** Sarà che li amo, questi due, quando sono coetanei e lo sapete, ormai, no? Dopo due anni mi conoscete meglio voi di quanto mi conosca mia madre u.u


Un abbraccio e alla prossima **

Miry

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