Amelia nello specchio
(888 parole)
È un gesto normale, banale, che milioni di persone compiono ogni giorno, più volte al giorno - in alcuni casi - eppure guardarmi allo specchio non mi è mai sembrato così nuovo.
Il mio volto è sempre quello di tre anni fa, forse un paio di rughe in più, ma è la prima volta che non vedo i miei trentun anni riflettersi nell'immagine di fronte a me.
Senza un motivo apparente, mi torna in mente una sera di qualche settimana fa, una sera uguale a tante altre, trascorsa sul divano davanti alla TV, a guardare programmi trash, come io e Amelia eravamo soliti fare quando volevamo ridere un po'.
C'era una cartomante, che guardava sempre fisso verso la telecamera, dando l'impressione di guardare negli occhi lo spettatore. Avevo smesso di ascoltare le sue parole poco dopo essere capitato su quel canale, se non che la mia attenzione era stata risvegliata all'improvviso, quando aveva mostrato con enfasi la carta della morte. Non c'è un motivo particolare per cui mi sia messo a prestare attenzione in quel preciso momento, o almeno io non so spiegarlo, ma le parole di quella donna, mi stanno tornando in mente stasera.
"La morte rappresenta una fase del ciclo della vita, che precede la nascita di una nuova vita. Un cambiamento, la chiusura di un ciclo... La morte significa la fine della situazione corrente, che si è chiusa in maniera traumatica, e una nuova situazione che ne consegue..."
Più o meno diceva così.
La morte di Amelia - perché adesso ho imparato a chiamare le cose con il loro nome, dopo l'incontro con lo psicologo - è stato un momento devastante, e lo è ancora. Per certi versi credo che non la supererò mai, per altri non posso evitare di pensare che quella stupida carta dei tarocchi sia uno dei tanti segni che Amelia ha sparso lungo il mio cammino.
Da quando è arrivata Mavis non faccio che notare strane coincidenze. Sono un giornalista, sono un uomo che guarda ai fatti, alla realtà, alle prove concrete. Tarocchi e fantasmi sono stupidaggini per creduloni.
E allora perché mi sembra così reale la sua immagine che si sovrappone alla mia? Perché il suo sorriso nello specchio è così nitido, che mi sembra quasi di poterlo toccare? È un altro dannato segno?
«Che cosa mi stai dicendo, Mel?»
Sono entrato nel bagno di servizio con l'intenzione di prepararmi per uscire con Mavis: dopo l'attacco di panico della settimana scorsa, il bagno al piano di sopra è rigorosamente off limits, dietro consiglio dello psicologo, perché non riesco a entrare lì dentro senza evitare di vedere Amelia riversa sul pavimento.
Al contrario, in questa angusta stanzetta, non c'è mai stata traccia di lei. Ogni suo oggetto è al piano di sopra, Amelia non amava questo bagno, perché è senza finestra. L'aveva lasciato a me "per le tue cose da uomini", diceva.
Tuttavia stasera lei è qui, la vedo distintamente, adesso: un sorriso dolce, rassicurante, e l'espressione di chi sta bene. Mi trasmette serenità, stroncando sul nascere i sensi di colpa per questa serata con un'altra donna.
Tre anni fa le ho promesso che avrei vissuto anche per lei, che sarei stato felice per entrambi, perché in questo modo la sua malattia non avrebbe vinto, e invece non l'ho fatto. Ho permesso a quel male di trionfare, ho permesso al dolore di avvelenare la mia mente, il mio cuore, e l'unico tradimento che ho commesso è stato quello di infrangere la promessa che le avevo fatto.
Ho smesso di provare quasi tutte le emozioni, spegnendo una sorta di interruttore nel mio cuore, costruendo una salda barriera a protezione, così niente e nessuno avrebbe potuto introdursi all'interno e portarmi via l'unica cosa che ero in grado di provare, l'unica che mi teneva legato alla scomparsa di Amelia: il dolore.
Allungo una mano sulla superficie riflettente, la sua immagine vibra appena, come se avessi infilato le dita nell'acqua, increspando i suoi lineamenti per un attimo.
«È davvero quello che vuoi?» le chiedo, come se potesse rispondermi, e non so cosa darei per poter parlare con lei ancora una volta. «Avanti, Mel, un altro segno, e mi metterò il cuore in pace».
Continua a sorridere, sembra quasi annuire. Faccio pressione sul vetro con la punta delle dita. I bordi della sua immagine sfumano lentamente, premo più forte, come a volerla trattenere. Lei sorride ancora, poi svanisce. Adesso mi vedo di nuovo e mi sorprendo a vedermi sorridente, con l'animo sereno.
La vibrazione del mio telefono, appoggiato sul ripiano del lavandino, mi riporta alla realtà. Stacco la mano dallo specchio, le impronte dei miei polpastrelli sono ancora lì, lei no. Chiudo gli occhi, inspiro, e quando li apro non la ritrovo, ma non sento quel peso opprimente sul cuore.
Sblocco il display del cellulare e continuo a sorridere.
"Non si va ospiti a cena senza portare niente. Tu non dimenticare di portare il tuo sorriso. -Mavis"
Non so se ho immaginato di vedere Amelia nello specchio, o se era reale, ma non ha davvero importanza. A questo punto, il giornalista si fa da parte, per lasciare spazio all'uomo pieno di paure e di debolezze, l'uomo che ha un disperato bisogno di credere che tornare a essere felice sia possibile, l'uomo che crede nei segni, perché questo messaggio non può essere che un segno, un segno del mio angelo: Amelia.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top