Hospital and love

Non è un caso che ci sia un quarto del mio volto all'inizio di questo pensiero. C'è perché è partito tutto da quello. Dal mio rossetto rosso, dai miei occhiali dorati e dalla pelliccia di pimkie.
Stavo uscendo dal pronto soccorso perché, così, la mia amica sarebbe riuscita ad entrare più facilmente in reparto dalla sorella e, mentre lo facevo, stringendo le chiavi della macchina in un pugno, ho sentito un sacco di sguardi addosso.
Ma credo sia normale.
Insomma, io ero pronta per uscire ed ero capitata li, in sala d'attesa, mentre quelli seduti -solitamente in coppia e solitamente con uno dei due accasciato al muro- erano in pigiama e pantofole.
Ma facciamo un paio di passi indietro.
È sabato sera ed una mia amica mi manda un messaggio chiedendomi di uscire con lei ed altri due nostri amici. A me non va ma dico di sì lo stesso e, alle sette meno dieci, mi preparo. Metto il mio rossetto rosso preferito, quello scuro che mi fa più grande, un golfino bianco e la mia amata pelliccia di plastica che è fatta talmente tanto bene che sembra vera. Dovevo trovarmi alle sette e mezza con la mia amica davanti al museo del cazzo della nostra città del cazzo e mentre mi stavo chiudendo i pantaloni, mi chiama il mio amico:"guarda che salta tutto. La sorella di A è al pronto soccorso. Dice che è cardiopatica e le fa male il petto ed il braccio sinistro".
Lui, con l'altro nostro amico, sarebbe andato a fare shopping prima che chiudessero i negozi. "E tu che fai?"
"Io sto a casa"
Mi sono buttata sul divano con ancora la pelliccia addosso, aprendo Instagram e preparandomi a smanettarvici fino a notte fonda o, fino a che almeno, il mio spirito di conservazione non sarebbe intervenuto.
E quindi, a questo punto, avevo due opzioni: o rimanere buttata sul divano a scrollare Instagram fino a che non mi avrebbero bruciato gli occhi (pensando quanto fosse un peccato non uscire proprio questa sera che mi sentivo così carina con i ricci, la pelliccia ed il rossetto rosso scuro) , o scrivere un messaggio ad A. Potevo scegliere se pensare a quanto la serata (per quanto carina mi sentivo), fosse andata sprecata, oppure, seguire il consiglio di mio padrino.
Quest'estate mi ha detto una cosa splendida mio padrino. Io ero gelosa di una mia collega. Perché lei è brava, dolce e sembrava avere più successo di me sul lavoro ed anche su mio padrino e mia zia. Ed io mi sono arrabbiata spesso con lei solo perché avevo paura che avrebbe potuto farmi precipitare nell'ombra. Lei che era così gentile con me. Che mi svegliava con un caffè delle macchinette ed un plumcake. Lei che cercava sempre di pagare prima di me e, anche quando le rispondevo male, riusciva comunque a sorridermi. "Guarda che è bello voler bene a qualcuno". Questo mi ha detto ed io, in quel momento, ferma davanti alla sua scrivania, ho realizzato non me l'avesse mai detto nessuno. Nessuno mi aveva mai detto fosse bello voler bene a qualcuno e non è qualcosa che va sottovalutata.
Nossignore, che cazzo.
Perché lo diamo per scontato ma non è scontato proprio per nulla. Perché, voler bene ha delle sfumature sottilissime che non ti permettono di vedere il quadro più grande. Certo che voglio bene ad A. E certo che ne voglio anche alla mia collega.
Ma loro lo sanno? Ed io? Io avevo mai dimostrato a me stessa, prima che a loro, di essere in grado di voler bene?
Ed è per questo che ho iniziato a sorridere di più alla mia collega, a non guardarla più con gelosia ma cercando di rubare tutto quello che aveva più di me per farlo mio.
Ed è per questo che ho scritto un messaggio ad A. "Sei sola?" "Vuoi compagnia?" "Hai mangiato?" "Tua sorella come sta?" "Te la porto una pizza?" "Lei la vuole?"
Ed è per questo che, di sabato sera alle nove e mezzo, sono andata nella pizzeria vicino al pronto soccorso e gliene ho presa una con le patatine fritte.
Sono arrivata al pronto soccorso sentendomi carinissima. Chiusa nella mia pelliccia con i miei occhiali dorati ed il rossetto rosso scuro sulle labbra, tenendo il cartone della pizza sul palmo della mano. Ed il sorriso della mia amica, cazzo, mi ha fatto sentire bellissima.
Perché mi ha sorriso come se gli avessi regalato il mondo e, la prima cosa che mi ha chiesto è stata quanti soldi mi avrebbe dovuto dare per quella pizza.
Io, in cambio, ho voluto solo una sigaretta.
E pensare che, a casa, per poco non mi facevano desistere:"vado a portare una pizza ad A. La sorella è al pronto soccorso e lei non ha mangiato."
"Si? E che cosa ci fai lì? Ce li hai i soldi per la pizza?" E si riferiva al fatto che, due giorni fa, io non avessi contanti per pagarla a me ed a lui, e, porca puttana, dodici euro li aveva dovuti togliere dal suo di portafoglio per due pizze di merda (Tanto per la cronaca, perché lui non aveva i soldi giusti ed il porta pizze il resto, avevo tolto io gli spiccioli quindi, comunque, le pizze di merda le avevo pagate io). E me l'ha detto con un sorrisino del cazzo sulle labbra. Di quello che ti prendono in giro. Di quelli arroganti che portano le persone convinte di sapere tutto più di te quando, invece, non sanno proprio una bella ceppa di minchia.
"Certo che ce li ho. Sei una persona proprio spiacevole."
E, per tutto il tragitto in macchina da casa mia alla pizzeria, mi sono chiesta perché A non avesse mandato la mamma a prendere la cena. Perché lo stessi facendo io che, in quel contesto, non c'entravo nulla.
Poi, con la pizza sul palmo della mano, ho visto quel sorriso e mi sono ricordata di quanto sia bello voler bene a qualcuno. Perché, anche se non avrò mai la certezza che lei farà lo stesso per me, anche se so che, alla prima litigata con mio padre, lui mi rinfaccerà il fatto che avessi i soldi per la pizza della mia amica e non per la sua, perché anche se so che lui ragiona così, vedendo sempre la cattiveria e la malizia, io cercherò di ricordarmi di mio padrino.
Di mio padrino che proprio oggi ha fatto una cosa brutta. Di mio padrino che, però, mi ha detto che è bello voler bene a qualcuno, perché è questo che mi ha fatto guadagnare quel sorriso. E per quel sorriso, non si vuole qualcosa in cambio. Semplicemente perché è esattamente quello in cambio.
E non c'entravano la pelliccia, gli occhiali dorati (che sono veri perché, senza, sono una talpa miope ed astigmatica) od il rossetto rosso, c'entrava l'amore che io ho deciso di dare e che poi, immancabilmente, ho ricevuto.
Perché è bello voler bene a qualcuno e non va sottovalutato. Non vanno sottovalutato i gesti, anche i più piccoli e non va sottovalutato il fatto che odio chiama odio. Ed amore, in un modo o nell'altro, chiamerà sempre amore.
Ed io ci credo. Io ci credo davvero. E prenderò le batoste e ci rimarrò male il doppio ma, almeno così, capirò chi vale la pena amare e, oggi, ne è valsa per davvero.
Quindi, questo pensiero è partito mentre, uscendo dal pronto soccorso con le chiavi strette nel pugno sinistro, mi chiedevo cosa stessero pensando di me le persone su quelle sedie di merda che aspettavano soltanto di essere considerate. Poi, tornando a casa in macchina, ha preso una sfumatura completamente diversa. Forse perché io, in fin dei conti, mi sono sentita un po' più leggera.
Ed anche un po' più bella.

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