Grief
Grief.
Che vuol dire lutto e che vuol dire dolore e che vuol dire un po' tutto quello che mi passa per la testa in questo momento. Solitamente, quando scrivo, è come se tutti i rumori si affievolissero, a parte quello delle mie dita che scorrono sulla tastiera. Adesso, funny enough, mi sembra di sentire tutto, la ventola sotto sforzo del pc, i miei bracciali che, per altro, sono molto fastidiosi mentre sfregavano sul mio portatile.
Non credo di essermi mai aperta fino a questo punto con voi ma non credo di potercela più fare oggi. Ho provato a distrarmi studiando letteratura cinese ma perdo la concentrazione ogni due secondi e, tanto è inutile studiare quando non ne hai proprio una cazzo di voglia.
Ho sognato mia madre, stanotte. Ho sognato che, in qualche modo, la leucemia non l'aveva ammazzata del tutto e lei era tornata a casa. Indossava la sua felpa grigia che adesso metto sempre io e, anche se io volevo mandare via i miei tre migliori amici, le hai insistito perché li invitassi a pranzo. Prima però, che io invitassi i miei tre migliori amici a pranzo per potergli finalmente presentare la donna più importante della mia vita, poggiata al bancone della nostra cucina, osservandola armeggiare tra i fornelli, mi sono tolta qualche sassolino dalla scarpa:" ho letto Dorian Grey. Mi è piaciuto da morire. Amo la letteratura e sto leggendo anche la tua tesi universitaria."
E mi ricordo lei mi avesse sorriso, dicendomi avessi fatto bene, commentando l'altra serie di libri suoi che le avevo confessato avessi letto. L'ho abbracciata un sacco spesso nel mio sogno. Non mi ricordo avesse un profumo ma mi ricordo la morbidezza del suo corpo e della felpa che indossava e che adesso indosso sempre io.
E, seduta sul mio letto, mentre tentavo inutilmente di studiare cinese, non facevo altro che chiedermi se arriverà mai il giorno in cui smetterò di soffrire per la sua assenza. Od il giorno in cui mi sveglierò ed avrò finalmente accettato che lei non ci sia più o che sia morta prima di poter scoprire che siamo così dolorosamente simili. Abbiamo gusti simili in quanto a lettura (anche se lei leggeva un sacco di gialli ed a me, quelli, non piacciono proprio), abbiamo intrapreso percorsi di studi quasi identici. Mi dicono spesso che ho le sue stesse espressioni, che ci piacciono le stesse cose. Le stesse letterature, gli stessi libri. E mi fa imbestialire l'idea che non abbia avuto il tempo di confrontarmi con lei su Jane Austen o su Oscar Wilde. Che non abbia mai potuto condividere con lei la paura e l'eccitazione per il primo ciclo, oppure che non abbia mai potuto condividere con lei la paura per l'esame di terza media od il diploma. Che non abbia mai potuto chiederle delucidazioni per qualche compito di inglese o di spagnolo (che lei aveva studiato) e che io non avevo capito. Che non abbia mai potuto litigarci perché non voleva che uscissi, magari o che rimanessi a studiare. Che non abbia mai più potuto farci un viaggio, visitare posti con lei che era organizzatissima e pianificava tutto, il contrario di me che vago per le città nuove, tenendo la testa bella alta per non perdermi neanche un solo dettaglio.
Il suo pensiero c'è sempre e non posso guardare le sue foto troppo a lungo senza piangere o pensare a lei troppo lungo senza che mi venga un magone. Mi uccide. Mi uccide il fatto che lei sia morta. Mi uccide il fatto di non averla mai potuta conoscere. Di avere ricordi troppo sbiaditi della sua risata o dei suoi sorrisi, o dei balli che facevamo in cucina o dei libri che mi leggeva, sedute sul divano.
Mi uccide pensare che lei si sentisse così maledettamente in colpa. In colpa per essersi ammalata, per starmi per lasciare da sola. Mi uccide pensare che lei sia morta con i sensi di colpa quando io, della sua malattia, non l'ho mai mai incolpata. Mi uccide non sapere se lei sia fiera di me. Se sia orgogliosa dei passi che sto muovendo, sperando che siano in una direzione che a lei sarebbe piaciuta.
Una parte di me forse, ha accettato che non sarò mai completamente felice. Perché, come si può essere completamente felici quando tua madre è morta su un letto di ospedale quando tu avevi dieci anni? E che ha passato tre anni bloccata in quella stanza asettica del cazzo cercando di guarire?
Mi rendo conto che, quando sono completamente felice, è perché non sto pensando a lei e, smettere di pensarla, dimenticarla, non è qualcosa che sono assolutamente disposta a fare. Vaffanculo, neanche per sogno.
Le persone, quelle che non mi conoscono bene, mi abbracciano quando dico cosa mi sia successo, cosa ci sia successo. E mi fa sorridere che loro pensino veramente che quell'abbraccio possa farmi del bene quando, invece, mi costringe solo ad essere forte per due persone e non più solo per me.
A volte ci penso. Se mi ci fermo a riflettere, non ci posso veramente credere. Ceh, mia mamma è morta. Ma perché? Ma perché, porca puttana, è morta proprio la mia?
Io non posso crederci che sono dovuta crescere senza mia mamma. Che devo farmi strada in questa vita del cazzo senza lei al mio fianco. Che devo farmi strada, in questa vita del cazzo, col peso della sua assenza. è assurdo, sbagliato ed anche un po' offensivo perché io non volevo che lei morisse. Io a malapena riesco a respirare senza di lei.
Anche perché poi, tutto è andato a rotoli da quando è morta lei. Siamo rimasti senza soldi, io non mi sono più ripresa del tutto e mio padre fa finta di tener salde le redini della nostra vita del cazzo quando, in realtà, lui capisce meno di me cosa stia succedendo.
Non ne parlo con molti di mamma, comunque. I miei amici, per fortuna e grazie e Dio, non mi capiscono. Cercano di ascoltarmi quanto possono anche perché, la maggior parte delle volte, qualcuno che ti ascolti, dicendoti:"Non preoccuparti, ci sono io qui " è l'unica cosa di cui abbia bisogno ma non mi va neanche di mettergli tristezza con i miei problemi.
Con la mia famiglia, non se ne parla proprio di toglier fuori il discorso. Si mettono a piangere tutti. Magari fanno finta di essere forti ma poi cala quel silenzio orrendo di quando non sai più che cazzo dire per non scoppiare in lacrime e quindi, pur di evitare di uccidere il mood e, per l'ennesima volta, il cuore di chi ha sofferto tanto quando me, meglio me ne sto bella zitta a fare finta di essere un sacco in gamba a tenere assieme i pezzi quando non so neanche da che parte girarmi.
La scrittura è uno dei modi più veloci che ho per sfogarmi o guardare il mio cagnolino, anche quello mi calma sempre.
Stanotte ho sognato mamma e mi sono svegliata che piangevo. In una parte del sogno lei si spaventava perché aveva la pressione alta e la pressione alta significa che stava avendo una ricaduta. Scientificamente suppongo che sia una stronzata bella e buona ma, nel mio sogno, io mi sono accucciata accanto alla sua sedia del tavolo di cucina, e le ho detto che sarebbe andato tutto bene. Trattenevamo entrambe le lacrime ed io l'ho abbracciata ancora perché, un suo abbraccio è tutto ciò di cui avrei bisogno.
Mi manca da morire mia mamma. Così tanto che, se ci penso, mi mancano il fiato e le forze e mi chiedo come sia possibile che riesca ancora a camminare quando lei non c'è più a tenermi la mano.
è solo che, dopo un po', fare finta di essere forte te lo rompe il cazzo. Ed avrei solo voglia di crollare e stringerla e dire che non va proprio bene un cazzo perché lei non c'è più ed io non so neanche in che direzione girarmi per sentirmi un po' meno persa.
Però, nel corso degli anni, far finta che vada tutto bene è sempre un po' più facile. O far finta di sapere quello che sto facendo, sta diventando sempre un po' più facile.
Vorrei solo un suo abbraccio. E vorrei proprio che non fosse mai morta. Perché mamma mi manca un sacco ed io avrei davvero bisogno di lei.
Però, visto che alla morte non ci si può proprio fare nulla, io mi godo i momenti in cui riesco a respirare un po' di più. Quando leggo un bel libro, quando viaggio e vedo un monumento od un quadro spettacolari (o magari entrambe le cose assieme), quando i miei amici ridono mentre giochiamo a biliardino, bestemmiando e facendo finta che non esista un mondo al di fuori di noi, che siamo proprio bellissimi mentre ci amiamo. Quando guardo il mio cagnolino e lo accarezzo, quando bevo un thé con mia nonna seduta sulla poltrona, mia zia sulla sedia davanti alla mia, dalla parte opposta del tavolo, e mia madrina sul divano. Quando respiro il profumo del mare o quando mi rendo conto che, in fin dei conti, anche se è tutto una merda, io non sto poi facendo così tanto schifo.
Poteva anche andarmi peggio. Potevo essere stupida. Invece sono intelligente, ho la risata facile e sono riuscita a circondarmi di persone che amo incondizionatamente e che mi piace pensare mi amino allo stesso modo.
Mamma non c'è più. E fa tutto un po' più cagare ma, in fin dei conti, ci sono momenti in cui la merda, tutto sommato, non puzza poi così tanto.
Solo un pochino meno ma immagino che, anche se chi si accontenta gode così così, a me debba andare bene lo stesso.
E amen.
Cado spesso. Ma penso che, ciò che conti per davvero, sia che, alla fine, mi rialzo sempre.
E quindi, amen veramente. Anche se in Dio non ci credo e quando ho bisogno di conforto, solitamente mi rifugio tra le parole di Ed Sheeran.
Amen perché, tutto sommato sono ancora qui. Cado ma mi rialzo.
E mi va bene così.
(Come se avessi un'alternativa, poi)
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