L'inizio
La prima cosa che ci viene insegnata a Sociologia è il saper sfruttare al meglio il tuo cervello in una comunicazione di massa.
Utilizzare strategie di persuasione e convincimento su un ampio pubblico rispetto alla tradizionale comunicazione ed estenderle anche nei campi più complessi, come la dimensione politica o addirittura quella economica e commerciale.
Il concetto è semplice, se sai usare bene il tuo cervello, sai di conseguenza muovere bene quei fili invisibili che influiscono sulla tua vita.
Non a caso ci fanno studiare strategie di persuasione appositamente pensate per influire sulla condotta delle persone, o che , inconsciamente, portano al cambiamento della stessa.
Sono quelle che vediamo ogni giorno in televisione, nelle pubblicità di dentifrici con soggetto in camice ben in vista, dove ti promette un palato pulito fresco e super bianco.
Lo stesso che però, magari, smentisci il mese stesso.
E allora io mi chiedo, la persuasione mentale fin dove può arrivare?
Quanto è in grado di occultare i veri pensieri, le reali intenzioni?
Sono queste le domande che mi ronzano in testa da quasi un'ora, mentre mi rilasso sdraiata sul divano, con la mia serie preferita Netlix in televisione e con un vasca di gelato color cioccolato al latte, il mio preferito, braccato sotto il mio braccio destro.
E' questo che mi domando, da quasi due mesi a questa parte, esattamente il tempo in cui mi sono trasferita a casa di mio fratello, per studiare all'università di Oakland, area metropolitana della baia di San Francisco, contea di Alameda, quando ripenso a Jinny la mia amica, o per meglio dire ex amica, mentre si pomiciava il mio ragazzo, ex a questo punto, nei bagni di una festa di Halloween.
Anche la sua amicizia, durata tre anni, era una messinscena?
Strategia di ingraziarsi gli altri, abbinata al low balling, classici sistemi basati su amicizia e interessi.
Solo a ricordare come mi elogiava sulle qualità di fiducia, lealtà ed amore verso di lei, mi viene da vomitare.
Di lui posso rinfacciare ben poco, visto il breve periodo di relazione.
Ma caspita se mi piaceva!
Mi era sembrato un ragazzo tranquillo e per bene, divertente al punto giusto e mai invadente.
Ora, a mente lucida, posso dire che la sua invadenza preferiva metterla tra le gambe di un altra persona.
Però sono felice di non aver ceduto sotto quell'aspetto.
D'altronde mi sarei ritrovata ben presto marchiata, usata e gettata via come una busta rotta.
Sospiro frustrata e controllo l'orario dal cellulare.
Tra un'ora devo presentarmi in aula, e ho giusto il tempo di lavarmi e darmi una sistemata per uscire in modo presentabile agli occhi degli altri.
Ben, il tizio che mi ha cornificato, il cornificatore da me soprannominato, mi ha cercata insistentemente per il primo mese di trasferimento.
Jinny invece, ha continuato fino all'ultimo briciolo di dignità a cercarmi ed inculcarmi ogni tipo di scusa e rimpianto.
L'ho bloccati entrambi, su ogni posto social esistente.
Non che ne seguo molti, sia chiaro, giusto quelli essenziali per il mio mondo da teen.
Mi alzo controvoglia e raggiungo la cucina.
Osservo la vasca di gelato che inizia a sciogliersi e mi imbroncio ancora di più.
«Avery, sei una persona veramente triste» mi ricordo, buttando poi il peccato di gola nel lavello.
Mi stiro i muscoli delle braccia, tendendo le mani oltre la testa.
Mi fiondo in bagno e depuro il mio corpo con il mio classico prodotto ai frutti di bosco, un set completo di shampoo, bagnoschiuma, crema post doccia, olio per i capelli, insomma non escludo nulla.
E' una cosa che mi è rimasta impressa da quando ero bambina, ho sempre identificato in un certo senso quel profumo come qualcosa di mio. Immagino le persone che conosco, ricordarsi di me quando avvertono la stessa fragranza da qualche parte, magari lontano da dove sono io.
Ogni persona ha un suo profumo.
Ogni persona ti ricorda con un profumo addosso.
Io ho semplicemente scelto il mio.
In un perfetto orario riesco ad uscire di casa e mi imposto un passo veloce di andatura per raggiungere l'Università.
Siamo alla fine di ottobre e il caldo incessante ha ormai smesso di inondarci le giornate, lasciando spazio a ciò che ne rimane, altamente più sopportabile.
Il bip del telefono mi avvisa dell'arrivo di un messaggio e senza fermare i miei piedi lo tiro fuori dalla borsa per leggere poi il nome di mio fratello sul display.
JAMES: Devi farmi un favore sorella, urgente!
Alzo un sopracciglio curiosa, è insolito per James chiedere favori. Ha quattro anni più di me, è all'ultimo anno di legge e lavora presso uno studio di tatuaggi e piercing nella zona settentrionale, verso Berkeley. Si è trovato la casa e se la paga da solo, senza nessun tipo di aiuto, e adesso ha anche accettato temporaneamente di ospitarmi.
Non potrei rifiutare anche volendo, una sua richiesta.
AVERY: Chiedimi e sarà fatto!
JAMES: Sei grande! Devi prendermi il plick di fogli che ho lasciato sul tavolo e portarmelo entro le sei in studio.
AVERY: Non so nemmeno come arrivarci, al tuo studio!
JAMES: Ti mando l'indirizzo, devi prendere un mezzo per dieci minuti.
AVERY: Io ti uso per la casa, tu mi usi come segretaria personale. Mi sembra giusto, a dopo!
JAMES: Sei grande scimmietta, grazie.
Ha sempre usato quel nomignolo da che ne ho memoria, gli piace ricordare quanto io fossi iperattiva da bambina e come ogni momento era buono per saltellare da una parte all'altra. Ero anche morbosamente attaccata a lui, difatti ricordo come gli chiedevo spesso e volentieri di dormire con le manine congiunte, ovviamente strette dentro il piumone perché avevo paura che il mostro sotto i nostri letti mi afferrasse il polso e mangiasse all'istante. A James è sempre calzato a pennello il ruolo di cavaliere ed io lo amo più della mia stessa vita.
E' anche un bel ragazzo, il classico carattere perbene e dolce, con i codici morale in bella vista e l'educazione come arma d'attacco.
Molte ragazze erano arrivate addirittura a scrivermi in privato, domandandomi se fossi la sua ragazza visto che mi vedevano rientrare quotidianamnte nella stessa casa.
Ho provato a chiedergli in questi due mesi se avesse una ragazza che, beh, ritenesse più di una semplice amicizia, ma il suo mutismo mi lasciava sempre l'amaro in bocca.
Altro spunto, James per quanto possa essere un ragazzo disponibile in tutto, tiene fin troppo alla sua privacy e lo rispetto.
Ho preso da lui questo lato, d'altronde!
Raggiungo l'Università giusto in tempo con l'orario e quando raggiungo la porta dell'aula ecco che quest'ultima si spalanca, finendo dritta sul mio viso e facendomi cadere all'indietro.
La persona che esce non si rende nemmeno conto del mio corpo a terra, o forse fa finta di nulla, perché riprende a camminare come se nulla fosse.
Mi sollevo per i gomiti e ciuffi castani mi coprono l'occhio destro. Sbuffo rumorosamente, soffiando sui capelli e spostandoli di lato.
Osservo come la colpevole della mia caduta cammina, sculettando verso le scale con le sue scagnozze a seguir la fila.
«No ma tranquilla, sul serio non mi hai fatto male» sussurro tra me e me, e quando mi do forza per sollevarmi una mano mi cinge il polso e mi aiuta a tenermi su.
«Non dare importanza ai comportamenti di Stephanie, è fatta cosi» dice la voce del ragazzo che continua a sostenermi.
Sposto lo sguardo verso di lui, e mi ritrovo due occhi marroni osservarmi divertiti.
«Già, forse però qualcuno le dovrebbe ricordare cosa siano le buone maniere» rispondo, lisciandomi la maglietta con le mani.
Il ragazzo si piega a raccogliermi la borsa e mi do quei pochi secondi per osservarlo; porta una maglietta color bordeaux di una taglia forse piu grande della sua, il braccio sinistro è ricoperto di tatuaggi dai vari colori, così come le sue dita. I capelli sono un concentrato di sfumature castane, chioma del tutto disordinata che si abbina perfettamente al suo stile.
E' un bel ragazzo, forse troppo scialbo, ma ha un bel sorriso che nasconde tutto il resto.
«Stai bene?» mi domanda, allungandomi la borsa, che afferro prontamente.
«Si, grazie mille» gli sorrido cordialmente perché, nulla da fare, il suo sorriso è risultato contagioso dopo pochi secondi.
«Sono Rush»
«Avery»
Annuisce, andando verso la porta rimasta spalancata, la tiene con la mano e mi fa un cenno con la testa di entrare in aula.
«Dopo di te, piccolina»
Avrei qualcosa da ridire sul piccolina, ma il suo sorriso dolce mi fa chiudere la bocca in automatico.
«Grazie, sei del primo anno anche tu?» gli domando, giusto per dire qualcosa di diverso, visto che sembro una macchinetta rotta.
«Ultimo» mi segue verso la terza fila e si siede vicino a me «ho dovuto recuperare un corso obbligatorio, ed eccomi qui»
«Ah capisco, e che-»
«Che tipo è il professor Corst? Possiamo dire che è sicuramente un tipo originale..un tipo originalmente strambo»
ride della sua stessa battuta e nonostante non capisco a cosa illude, rido dietro di lui.
Inizio ad essere imbarazzante. Era cosi difficile attaccar bottone con le altre persone? Da quando sono diventata asociale?
Da quando l'unica amica che tu abbia mai avuto ti ha tradito, mi ricorda la coscienza.
Dopo qualche minuto entra il professore, e come a sottolineare la veridicità della frase di Rush, inizia ad insultare qualche suo alunno, prendendolo in giro per come si è vestito, o per il taglio di capelli di alcune ragazze.
E quando incrocia lo sguardo di Rush, i suoi occhi si illuminano.
«Noto con piacere la tua passione per la mia materia, Rush. Evitiamo drammi questa volta, se non vuoi darmi un buon motivo per farti vivisezionare una rana in stato di decomposizione»
Rush abbozza un sorriso e gli risponde con un cenno affermativo del capo.
«Anche lei mi è mancato, professore»
Nascondo un sorriso e indirizzo i miei occhi sul quaderno che ho aperto.
«Abiti proprio qui, Avery?» mi sussurra dopo che la lezione è iniziata.
«No, sono di Reno, Nevada. Sto temporaneamente da mio fratello»
Batte due volte il dietro della penna sul pollice e mi guarda di sottecchi.
«Reno! Uno dei miei migliori amici viene da la, magari conosce tuo fratello»
Alzo le spalle ed evito le occhiate che ci risrva ogni tanto il professore.
«Mio fratello James è all'ultimo anno di legge-»
La sua mano si blocca e i suo occhi, ora del tutto spalancati, sono fissi su di me.
«Hai detto James? Parli forse di James Trent?»
Vorrei ridere per il tono incredulo che ha usato ma mi trattengo, limitandomi ad annuire.
Di colpo sbatte il palmo aperto sul tavolino che ha davanti, portando il mio cuore quasi a fermarsi.
«Ma che diav-» mi interrompe la sua risata fin troppo acuta, che attira quasi l'attenzione di tutti i presenti e portandomi in vergogna in meno di due secondi.
«Non ci credo porca puttana» mi urla tra le risa, mentre io vorrei solo sotterrarmi.
«Avery, Rush, volete raccontare anche a noi questa cosa cosi divertente?» urla il professore, facendo ammutolire tutti.
Rush si ricompone subito e chiede scusa al professore, che dopo averi guardato male riprende fortunatamente la sua lezione.
«Sei veramente sua sorella? Lui è il ragazzo che ti dicevo, uno dei miei migliori amici»
«Davvero?» domando senza trattenere il sorriso «Che coincidenza!»
«Già, ora capisco che la bellezza è una dote di famiglia. Avrai anche tu la tua fila di ragazzi» dice senza alcuna vergogna, ed io arrossisco ulteriormente.
«N-no, veramente no. Cerco di tenermi per i fatti miei, basta ragazzi per un pò» rispondo prontamente, senza riuscire a mascherare del tutto la nota di cattiveria. Vedo che mi guarda incuriosito e cosi punto su mio fratello per deviare la sua attenzione.
«E' tanto richiesto James?»
Rush mi osserva per qualche secondo, quando poi un ghigno malizioso sbuca dal nulla.
«Ha la sua parte, si. Tra cui anche la tua amica Stephanie»
A quel nome strabuzzo cosi tanto gli occhi che Rush scoppia a ridere, inevitabilmente.
«Andiamo bene.. non c'è da ridere Rush, non ridere!» cerco di usare un tono autoritario, ma gli angoli della bocca si sollevano in automatico perché è inutile, questo ragazzo è un contagio di allegria.
«Magari un giorno la ritroverai a cena con la famiglia e la chiamerai cognata. Con tanti mini Stephanie a girarti intorno»
«Rush, ti prego! Mi opporrò finché avrò vita in corpo»
«Stavo scherzando, piccolina»
La lezione termina dopo due ore estenuanti e verso l'uscita Rush mi appoggia una mano sulla spalla.
«Mi ha fatto piacere conoscerti, Avery. Chissà, magari ci si becca in giro, con tuo fratello. Ti presentiamo il resto del gruppo»
«Certo, Rush. E' stato un piacere anche per me. Alla prossima»
Sorride un ultima volta e dopo avermi fatto un cenno affermativo con il capo, mi sorpassa e si allontana, mentre io mi dirigo verso la seconda uscita e attivo il mio navigatore dal telefono, per raggiungere lo studio di mio fratello, sperando con tutto il cuore di non perdermi in qualche vicolo.
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