Capitolo Ventotto

Ho sempre adorato viaggiare in macchina. Assorbire i colori del paesaggio in movimento, l'aria che ti rinfresca il viso e in un certo senso ti trasmette un senso di pulizia. Senti la testa farsi leggera, i pensieri resi più semplici e determinati problemi vederli meno complicati di quanto non credessi.

Mi piace poi accompagnare tutto con della musica di sottofondo, niente di complicato o dozzinale.

Ho la quasi certezza che ad ogni essere umano serva del tempo da poter utilizzare in questo modo, sul serio.

Perché è come se in quel momento riesci a ricaricare le batterie necessarie per continuare a vedere le cose sempre nel modo più giusto possibile.

Perché riesci a pensare a più cose, valuti le opzioni dapprima nascoste, celate dagli occhi, e ampliare così il quadro iniziale.

E lo potrei confermare anche in questo momento, se non fosse per le due persone che siedono avanti e che non smettono di parlare.

Nuovo promemoria, il ricalcolo di pensiero vale solo nell'unica possibile opzione; viaggiare da solo.

Se invece come me, viaggi per determinate ore con tuo fratello e la sua ragazza logorroica, allora avresti preferito di gran lunga spararti un pallottola fra le tempie.

«Non ti sembra esagerato prendertela per non aver trovato i fiori adatti, amore? Questi che hai sono bellissimi» James cerca di ammorbidire Harper da quando siamo partiti.

Il problema? La mia amica dai capelli blu aveva in mente un determinato fiore da portare a mia madre. E' una ragazza fissata forse leggermente troppo per il significato dei fiori.

«Esagerato? Abbiamo dei semplici fiori insensati. Io volevo la Dalia, e sai benissimo perché! E' un senso di riconoscimento verso la madre del mio ragazzo. Invece adesso chissà cosa significano questi cosi colorati»

Alzo gli occhi al cielo e poggio la fronte sul finestrino.

In queste occasioni non solo non riesci a rilassarti come avresti invece voluto, ma ti irritano ancora di più la tua anima e ti fanno rimurginare alle cose che invece.. non vorresti avere in testa.

E' una settimana che non sento o vedo Hunter, e fa male.

Perché anche se mi manca da impazzire, non posso credere ancora che mi abbia nascosto una cosa tanto grande e per lungo tempo.

Io.. non ci voglio ancora credere che il mio ragazzo, se cosi posso ancora chiamarlo a questo punto, rischi cosi tanto.

Non ha bisogno di soldi, si vede da dove abita, dannazione.

Quindi perché è sceso cosi in basso?

Sospiro e afferro il telefono, aprendo infine la rubrica.

Passo davanti il suo nome e inconsciamente inizio ad accarezzarlo con il dito.

Chissà cosa starà facendo, come ha passato questi giorni.

Mi avrà pensato almeno una volta? Avrà accusato la mia assenza come io ho dolorosamente accolto la sua?

Apro gli occhi quando mi rendo conto che la macchina si è fermata, infatti noto subito il vialetto di casa nostra.

Mamma ci aspetta direttamente davanti la porta, le mani unite fra loro e un sorriso bellissimo.

Scendo rapidamente, sbattendo lo sportello forse troppo forte, e inizio a correre verso mia madre.

In questo stato ho veramente, veramente bisogno di un abbraccio materno.

Ho bisogno di sentirmi al sicuro, nel calore della famiglia.

«Avery!»

«Mamma, ciao» ci abbracciamo fortissimo e respiro il suo profumo, gustandomi la sua dolce fraganza che ricorda pomeriggi di quando ero piccola.

La sento irrigidirsi sotto di me e capisco che devo spostarmi.

Mamma guarda James con gli occhi lucidi e il labbro che poco a poco inizia a tremargli.

Lo capisco, sono passati veramente molti mesi che non si vedevano, toccavano.

«Il mio bambino, diventi sempre più grosso» dice con un sorriso strozzato, camminando a passo svelto verso mio fratello, sentendo nel mentre i suoi singhiozzi.

Serro le labbra e li fisso innamorata, cercando di tenere le mie lacrime per la scena.

Non cambierei una virgola della nostra famiglia, sono tutto per me e ringrazio il cielo che siamo stati capaci di essere cosi uniti.

«Mamma, tu invece sei sempre bellissima» James lascia la mano di Harper e afferra per i fianchi mamma, sollevandola da terra.

Si staccano dopo buoni dieci minuti di abbracci stretti, poi James cinge un fianco ad Harper e la presenta con un lieve imbarazzo sul viso.

«Mamma, lei è Harper» la mia amica fa un passo sicuro verso la mamma e allunga una mano, per nulla a disagio.

«Signora è un grande piacere conoscerla»

Mia madre non nota nemmeno la mano della mia amica, che in due falcate abbraccia anche lei.

«Sei ancora più bella di come ti descrivi mio figlio. Benvenuta in questa famiglia cara. Questi fiori sono per me?» chiede quando nota i piccoli fiorellini di più colori incartati in un pacco rosso.

«Si.. non conoscendo i suoi gusti sono stata molto indecisa su-» mia madre la abbraccia di nuovo, interrompendola di conseguenza.

«Non avresti dovuto, sono fantastici. Grazie»

Scoppio a ridere per l'espressione imbarazzata di Harper, cosa più unica che rara, e mi limito a seguire mamma dentro casa.

Era normale che mostrasse questo eccesso di dolcezza, infondo non ci vede mai.

E' pur sempre nostra madre.

Il tempo di qualche chiacchiera che arriviamo verso l'ora di pranzo. Così inizio ad apparecchiare in salone, annusando di tanto in tanto il buonissimo odore che emana la carne che ha preparato.

«Dunque mamma, dove si trova questa persona che ci volevi tanto far conoscere?» chiede James una volta avvicinato in cucina.

Harper mi sta aiutando ad apparecchiare, curiosando durante la camminata da cucina a salone sulla casa in generale.

«Beh.. in realtà amore tu lo conosci già. Avery invece-» la sua voce viene interrotta dal suono del citofono.

«Oh, parli del diavolo..» dico sghignazzando per l'evidente nervosismo della mamma.

Mi guardo un secondo con James e il suo ghigno anticipa le sue mosse.

«Vado ad aprire io allora» dice appunto, sghignazzando.

Lo osserviamo camminare verso l'ingresso immaginandoci l'espressione della famosa persona appena vedrà il figlio maschio ad accoglierlo.

Penso che ci aspettiamo tutti una sorta di lotta di sguardi iniziale, come a mettere le giuste posizioni per quanto riguarda il nostro territorio.

E invece, a discapito di tutto, è l'espressione pallida di James quella a sconvolgerci.

Non riesco ancora a vedere il viso della persona oltre la porta, ma chiunque essa sia, non ha lasciato indifferente mio fratello.

«Ciao James» una voce profonda e forte risuona per tutto l'ingresso di casa.

James fa due passi indietro, boccheggiando senza emanare alcun rumore.

«Papà?» sussurra alla fine, ma è come se avesse urlato dentro le mie orecchie.

Papà? Il papà di James e...

Mi alzo di scatto e fisso il punto dove si trova mio fratello, in attesa di vedere l'uomo entrare.

I miei battiti si sono intensificati e un senso di freddo mi invade tutta la schiena.

Cosa sta succedendo?

Finalmnte, un uomo di bella presenza fa il ingresso tanto atteso, permettendoni cosi di dare ufficialmente un volto al famoso Adam.

I capelli neri come la pece ricordano quelli di Hunter, se non fosse per il brezzolato che inizia ad intravedersi ai lati della testa.

Occhi anch'essi scuri, di un caldo marrone, accompagnano un viso dagli zigomi alti e labbra carnose.

E' veramente un bell'uomo, e riesco subito a trovare le varie somiglianze con entrambi i figli.

«Ciao figliolo»

Il silenzio aleggia per i primi secondi da quando Adam ha parlato, un carico di tensione ci assale piano piano fino a quando nostra madre non decide di parlare.

«Adam» si avvicina cauta, con un sorriso strano sul viso.

«Juliet» Adam la guarda con estrema dolcezza e chiama il suo nome come una bellissima preghiera.

Gli sguardi che si stanno scambiando hanno una complicità tutta loro, un complesso di detto-non detto visibilissimo a chiunque si trovi in questa stanza.

«Ma perché..» James fa saettare lo sguardo da entrambi «che ci fai qui?» chiede infine al padre.

Mamma poggia una mano sulla spalla del figlio, senza però staccare lo sguardo dall'uomo di fronte loro.

«Adesso mettiamoci a tavola, preferisco parlare a stomaco pieno, ok?» dice con chiara decisione, per poi focalizzare la sua attenzione verso di me.

Oh no.

«Adam volevo presentarti mia figlia, Avery»

L'uomo brizzolato adesso ha i suoi occhi puntato verso di me ed io come una bambina imbarazzata abbasso il capo di scatto.

Non voglio comportarmi in modo immaturo, ma il mio cervello riesce solo a pronunciare un nome ininterrottamente, e non in senso positivo.

Penso ad Hunter, ma non ne gioisco, rabbvidisco.

Il perché di questa sensazione però ancora non me lo so spiegare.

«Avery» Adam mi sorride e lentamente si avvicina, allungandomi poi la sua grande mano «E' un piacere conoscerti, ho sentito molto parlare di te»

Mi si irrigidisce la schiena e lo fisso un attimo allarmata, pensando che il mio nome lo abbia sentito proprio dal mio ragazzo. Ma poi rilasso le spalle quando constato che, lui non sa nulla di me e del collegamento che ho con il figlio.

Cosi allungo la mano e stringo con ancora un velo di incertezza.

«Piacere mio.. e anche tu sei..ehm.. famoso in questa famiglia»

le guance mi si riempiono di calore e devo distogliere lo sguardo perché quest'uomo emana agitazione.

Ha fascino da vendere, devo ammetterlo, ma non avrei potuto chiedere diversamente dal padre di James e Hunter, visto chi ha creato.

«Harper, che bello rivederti» appoggia una mano sulla spalla della mia amica, che sorride contenta di vederlo.

Io invece la guardo con un sopracciglio alzato. Si conoscono già?

«Salve signor Trent, anche per me è un piacere rivederla»

Ma certo, James deve averla portata in uno di quei pranzi che spesso si concede con il padre.

«Bene» mamma batte le mani fra loro «mettiamoci a tavola che è pronto»

Mi do il tempo di un bel respiro lento per poi seguire gli altri in salone.

Stiamo mangiando con un leggero imbarazzo nell'aria, accompagnato dal silenzio che di tanto in tanto viene interrotto dalle domande di mamma.

«Allora? Volete spiegarmi perché sto pranzando con mia madre e mio padre? Non che mi dia fastidio però.. è strano no?» dice allora James, una volta finito il suo piatto, osservando le espressioni tese dei suoi genitori.

Appoggio le posate anche io, molto curiosa della motivazione di questo pranzo.

Mamma guarda un attimo Adam e quando lui annuisce lentamente allora inizia a parlare.

«Beh allora.. dove comincio» inizia ad intorcigliare il suo tovagliolo.

«Magari dall'inizio» dico pungente io, non volendo veramente usare un tono cosi diretto.

Mamma sospira e torna ad osservare il tovagliolo.

Vorrei strapparglielo di mano, non so perché.

«Allora.. è successo tutto qualche mese fa. Un giorno, non voglio entrare nei dettagli, ero in ospedale per un controllo»

blocca da subito la mia agitazione «avevo la solita visita annuale, tranquilli niente di preoccupante. Comunque la coincidenza è stata che anche Adam aveva una visita quel giorno, ed entrambi abbiamo sempre tenuto i medici dello stesso ospedale. Cosi.. insomma il tempo di un caffè per sapere come stavamo dopo tutto questo tempo e alla fine ci siamo scambiati i numeri. Saltiamo le cose che devono essere saltate, siamo finito con il..» guarda di sottecchi James «tornare insieme»

«In che senso tornare insieme?» chiede James con gli occhi sconvolti.

Io continuo a fissare mia madre, senza battere nemmeno le ciglia. Devo assimilare bene tutto.

«Nel senso» dice Adam, afferrando la mano di nostra madre «che amo tua madre follemente. Anzi credo di.. non aver mai smesso. Ed è per questo che non voglio più vivere lontano da lei.. e sempre per questo che ha accettato di venire a vivere da me»

Adesso i miei occhi vanno ad Adam, spalancandosi lentamente.

«Vivere da te?» chiedo in un sussurro.

«Si amore» mi risponde mamma con un sorriso bellissimo addosso «staremo anche più vicine cosi» sposta lo sguardo verso Adam «saremo nuovamente una famiglia»

James inizia ad abbracciarli entusiasta, seguito a ruota da Harper che si alza direttamente dalla sedia.

Io non riesco nemmeno ad aprire bocca, ho zero salivazione e un retrogusto amaro.

Nuova famiglia? Significa che andrà a vivere a casa di Hunter?

Stringo le mani a pugno, avvertendole tremare.

La gola inizia a farmi male, come se un masso avesse bloccato le viee respiratorie.

Significa che Hunter ed io.. saremo una famiglia?

Non mi ero resa conto di avere otto paia di occhi puntati addosso, perciò dopo aver deglutito il nulla, mi alzo con i piedi che mi sostengono a malapena e accenno un sorriso super tirato.

In realtà avrei voglia di spaccare tutti i piatti che ci sono su questo dannato tavolo.

«Oh.. mamma sono felice, se tu sei felice» non è vero, avrei tanto voluto non aver sentito niente.

«Grazie amore, vedrai che staremo tutti bene» si avvicina e mi abbraccia, con gli occhi lucidi per l'emozione.

E sono certa di avere anche io gli occhi lucidi, ma bensì per un altro orrendo motivo.

Quando torniamo a casa, il sole è ormai calato, e per tutto il tragitto non ho detto una sola parola.

Ho rimurginato su tutte le parole che sono uscite fuori in questa giornata. Ed ho pensato ad Hunter, al fatto che devo assolutamente incontrarlo per parlargliene.

E sperare che tra noi continui ad andare comunque bene.

Chiudo gli occhi sofferente quando penso che la nostra situazione era già sul filo della rottura, ed ho paura che questo possa solo complicare le cose.

Scendo dalla macchina a testa bassa e mi incammino verso la porta di casa, sentendo il rumore della macchina di James che riparte, visto che stanno andando da qualche parte loro due da soli.

«Avery»

Alzo di scatto la testa con il cuore incastrato in gola, e quando vedo Hunter seduto sugli scalini i miei occhi si fanno subito lucidi.

Si alza lentamente, sistemandosi il cappello che porta in testa girato dietro e mordendosi il labbro inferiore. E realizzo che molto probabilmente potrei star per perdere il ragazzo più bello che abbia mai visto. Il ragazzo che mi ha fatto.. vivere, con il cuore e l'anima.

«Ehi» la mia voce è uscita più come un roco suono fastidioso.

Mi schiarisco la voce e faccio due passi incerti verso di lui.

Quanto avrei bisogno ora come ora di un suo abbraccio, di uno dei nostri baci da far mancare l'aria.

«Io..» si gratta dietro il collo, avvicinandosi di un passo verso di me.

«Non ce la facevo più.. avevo bisogno di vederti. Di spiegarti determinate cose, perché non voglio che ora ti sei fatta un idea sbagliata di quello che..» sospira frustrato e avvicinandosi di un altro passo, afferra la mia mano che trema incontrollata.

«Hunter..» cerco di parlare, con la poca voce in corpo, ma non me ne da la possibilità.

«No aspetta, ti prego devi lasciarmi spiegare. Voglio raccontarti tutto e.. farti capire il perché di quella mia scelta. Avery.. per favore io ho bisogno-»

«Hunter!» levo di scatto la mano dalla sua, gli occhi farsi troppo lucidi e la sua espressione che si mostra confusa.

«Devo.. devo prima dirti una cosa che è successa» deglutisco lentamente e dopo secondi silenziosi, fatti da sguardi indecisi e tremolii, gli racconto tutto dall'inizio alla fine.

Diverse lacrime mi scendono sulle guance quando arrivo alla parte di noi che diventiamo una grande e unita famiglia, quando il suo sguardo passa da confuso a scioccato. A disgustato.

«Non vederla però solo negativa questa cosa» mi passo una mano sotto gli occhi, mentre con l'altra cerco di afferrare le sue dita «possiamo farc..»

Mi sento morire quando appena prima di incrociare le nostre dita, lui si tira indietro.

Lacrime adesso che scendono veloci e la gola che brucia di dolore.

Hunter mi continua a fissare incredulo, senza dire una parola, e scuotendo il capo mi spezza praticamente in due, dandomi le spalle e correndo a passo svelto verso la sua moto.

Ed io che sono immobile davanti la porta di casa, lo vedo allontanarsi con la vista appannata e il respiro affannoso.

Mi sento cedere le gambe, il viso che si chiude in una smorfia quando reprimo un singhiozzo.

Sembra che il destino abbia deciso di giocare con le nostre anime, forse perché stavano vivendo troppi mesi in felicità e ha deciso menefreghista di complicarci il cammino.

Non riesco ad arrivare alla porta, mi giro verso il cespuglio e rigetto tutto il cibo della giornata, conati che portano a sussultare il mio corpo in movimenti incontrollati, che accompagnano perfettamente quelli del mio cuore, il quale inizia ufficialmente a spegnersi della sua luce.


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