Padawan
«Ho solo salvato loro la vita!» era sempre così che cercava di difendersi il giovane Eren Jeager quando ne combinava una delle sue.
«Hai guidato la tua fottuta navicella come un pazzo, hai fatto prendere fuoco a metà città, ti sei fatto inseguire da cinquanta starfighters e cosa peggiore: non hai seguito i miei ordini.» la voce del suo maestro era gelida e nessuno con un minimo di sale in zucca si sarebbe permesso di rispondere per le rime. O meglio, nessuno escluso il suo allievo, dannatamente ribelle.
«Non è morto nessuno, ho fatto il mio dovere da Jedi. Ho difeso delle persone innocenti.» sputò, entrando a grandi falcate nel suo appartamento, seguito a ruota dall'altro che improvvisamente lo afferro per il codino intrecciato, unica ciocca di capelli che aveva il permesso di portare lunga e che simboleggiava il suo stato di Padawan.
«Il tuo dovere da apprendista Jedi è quello di seguire me e i miei ordini. Lo vedi questo?- chiese, tirando un po' più forte la ciocca castana tra le sue dita e costringendolo ad abbassarsi alla sua altezza.- Ancora un'azione come quella di oggi e avrò io stesso il piacere di tagliarlo via e potrai salutare il titolo di Jedi con la mano.» i suoi occhi argentei puntati in quelli smeraldini del giovane ribelle.
«Se avessimo agito diversamente molte di quelle persone non avrebbero avuto la fortuna di poterlo raccontare, maestro. Ho preso solo la scelta che ritenevo migliore.»
«Farti inseguire da tutte quelle dannate navicelle nemiche comportandoti da esca secondo te è la scelta migliore?»
« "Non importa quale criterio ti porterà a decidere, nessuno potrà dirti se è giusto o sbagliato." Tutte queste belle parole, sono le tue Levi. "L'unica cosa che ci è permessa è credere che non rimpiangeremo quella scelta." Beh, io la mia scelta non la rimpiango. Vuoi ancora dirmi che ho sbagliato? Ho seguito sol-» la frase venne interrotta da un pugno di Levi, ben assestato sulla guancia destra del suo allievo, abbastanza potente da fargli girare il viso, ma troppo debole per spostarlo dalla sua posizione.
«Non usare le mie parole contro di me, moccioso. Hai messo in pericolo una città e migliaia di persone... hai messo a repentaglio la tua fottuta vita.»
«Conta davvero la vita di un Padawan, se migliaia di persone sono sopravvissute ad un attacco da parte da parte dei Sith?» la sua voce era bassa, la mano posta sul punto arrossato in cui era stato colpito e lo sguardo puntato sui piedi.
«Per me si!» sbraitò, afferrandolo per la tunica e costringendolo a guardarlo negli occhi, avvicinandolo nuovamente a se. Occhi così profondi, occhi che lo avevano attirato fin dal primo sguardo. Levi aveva solo tredici anni quando aveva giurato a se stesso che lo avrebbe protetto fino alla fine della sua vita. Eren aveva appena otto anni quando lo aveva trovato. Un bambino orfano, dalle origini sconosciute e dalle potenzialità incredibili. Nonostante all'epoca Levi fosse solo un Padawan, allievo dell'oramai defunto maestro Erwin Smith, notò subito, pur avendo poca esperienza, quanto la Forza scorresse in ogni fibra di quel bambino. Lo aveva invidiato all'inizio, come avrebbe potuto non farlo. Pur avendo cinque anni in meno a lui Eren era già forte ed era riuscito subito a far colpo su Erwin, che si convinse a prenderlo come allievo assieme al corvino. L'iniziale ostilità da parte di Levi si trasformò presto in accettazione, poi in affetto. Per Eren fu facile farsi voler bene, seguiva il suo compagno sempre, provava ad imitarlo in combattimento e lo guardava costantemente con gli occhi carichi da ammirazione.
"Un giorno sarò come Levi"
Lo ripeteva continuamente e il corvino, nonostante lo nascondesse, non riusciva a non provare un senso di orgoglio e di fierezza. Amava il fatto che quel ragazzino con gli occhi troppo grandi prendesse ispirazione da lui e non dal loro maestro.
Eren aveva inoltre l'irrazionale paura del buio così ogni notte sgusciava sotto le lenzuola di Levi e quest'ultimo si ritrovava costretto a dormire con un marmocchio tremante attaccato alla tunica.
All'età di vent'anni, Levi divenne un cavaliere Jedi a tutti gli effetti, definito dal Consiglio come uno dei più forti dell'intera galassia. Fu proprio in quel periodo, poco dopo la cerimonia, che Levi venne mandato in missione a Naboo, insieme al suo ex maestro e al suo ormai vecchio compagno, all'epoca quindicenne. Doveva essere una missione semplice, roba di poco conto dove nessuno avrebbe rischiato la vita. Fato volle che le cose non andarono in questo modo e Levi si trovò di fronte alla scelta più difficile della sua intera vita: Portare in salvo Eren o andare in soccorso di Erwin.
Levi ricordava bene la paura, ricordava il modo in cui il suo cuore si fermò quando realizzò che non avrebbe potuto mai salvarli entrambi. E ricordava bene anche quanto velocemente prese la sua decisone, voltando le spalle all'uomo che lo aveva cresciuto: tutto per quel moccioso.
Si sentiva in colpa per quella scelta? Tremendamente, ma se avesse avuto una macchina del tempo, si sarebbe comportato allo stesso e identico modo, perché Eren era vivo e niente contava più di quello. Certo, aveva perso il suo braccio sinistro, ma avrebbe potuto continuare a vivere, avrebbe potuto continuare a farlo incazzare per poi farsi perdonare subito dopo con un sorriso.
Erano passati tre anni da quel giorno, Levi aveva conseguito al titolo di Maestro ed Eren, diventato il suo Padawan, aveva ormai compiuto diciotto anni. Hanji, il loro meccanico, aveva subito montato un braccio meccanico al quale Eren si abituò in fretto. D'altronde non era raro per i Jedi perdere un arto o due in combattimento, visto che questo avveniva per lo più con l'utilizzo di spade laser.
«Levi... Levi, guardami.» gli ordinò il più giovane, facendo scorrere una mano sulla guancia pallida. Quando lo aveva superato in altezza? Il corvino non lo ricordava.
«Sono vivo. Non mi succederà niente.» sussurrò, piano facendo toccare le loro fronti. Gli occhi del più basso erano lucidi, furiosi e questo fece stringere il cuore del suo allievo.
«Sei un irresponsabile e un arrogante. Agisci sempre senza pensare, vuoi fare l'eroe ma sei solo un ragazzino troppo cresciuto. Hai fretta di morire? Non pensi a me?» la voce del più grande era ridotta ad un sussurrò, pareva esausto.
«Ci penso. Ci penso costantemente. Ci penso talmente tanto da star male. - bisbigliò, facendo salire anche l'altra mano all'altezza di quel viso distrutto dal dolore. - Penso a te in ogni momento e Dio... la mia testa formula pensieri che non dovrebbero esistere né in cielo né in terra.»
«Che stai dicendo?» il volto sfigurato da una maschera di orrore e terrore. Ma Levi era bello anche così.
«Hai capito perfettamente a cosa mi sto riferendo.»
«Non dirlo... non dirlo nemmeno per scherzo. Non ci pensare neanche. Sai benissimo che...»
«Siamo Jedi e quindi non ci è permesso amare qualcuno. È una stronzata Levi e lo sai anche tu.»
«Quello che penso io non conta. Ai Jedi non è permesso provare sentimenti del genere perché portano solo rovina. Stai confondendo l'affetto con altro.» rispose allora, cercando di allontanarlo. Ma Eren era forte e gli blocco le braccia.
«Non mi sento confuso. Non sono mai stato così sicuro di qualcosa in vita mia. Senti? - gli chiese allora, ignorando le sue proteste e portando una di quelle mani all'altezza del cuore. - Lo senti come batte? Credi davvero che questo sia semplice affetto?»
«Stai infrangendo la legge, stai andando contro qualcosa che esiste da migliaia di anni.»
«Levi... io ti amo.»
«Lo so.»
«Che diamine di risposta è? Vuoi dire che non tu non provi le stesse cose? Mi stai veramente dicendo che i miei sono sentimenti a senso unico? Che mi sono immaginato tutto?»
Levi non rispose, non aveva la forza necessaria per farlo.
«Cazzo, rispondimi. Guardami negli occhi e dimmelo. Dimmi che non provi niente per me ed io la farò finita, non aprirò mai più il discorso. Ma devi dirmelo Levi.»
Il loro sguardo s'incontrò di nuovo. Stava per farlo, stava davvero per dirgli che non lo ricambiava, che doveva dimenticare tutto, che tra loro non sarebbe mai potuto nascere niente... ma lui aveva quei maledetti occhi che parevano potergli leggere l'anima e Levi era troppo debole.
«Non posso.» disse solo e improvvisamente la sua mente andò ad Erwin. Il suo maestro non sarebbe stato fiero dei suoi allievi, si sarebbe sentito un fallimento per non essere riuscito a svolgere il suo ruolo. Ma il vero colpevole era Levi. Lui che già era un Jedi completo, avrebbe dovuto fermare il suo apprendista, farlo ragionare.
«Non pensarlo nemmeno Levi. La colpa non è tua e nemmeno del maestro Smith.» come poteva leggergli così nel pensiero?
«Io l'ho sempre saputo. - continuò il ragazzo. -Per me ci sei stato sempre e solamente tu. Ho scelto di diventare un cavaliere Jedi solo perché era l'unico modo che avevo per starti accanto.»
«È follia.» dichiarò allora il più grande, perdendosi nei lineamenti perfettamente armoniosi di quel viso.
«È amore.» sussurrò ad un soffio dalle sue labbra, per poi posarsi su di esse, come ormai sognava di fare da anni: a quel punto non aveva niente perdere. Pensava che baciarlo sarebbe stato molto più difficile. Era convinto che, data l'inesperienza da parte di entrambi, sarebbe stato imbarazzante e impacciato. Non fu così.
Quando le loro lingue s'incontrarono, sentì il nodo all'altezza dello stomaco sciogliersi e le sensazioni che provò non furono minimamente paragonabili a quelle che aveva immaginato. Era come essere tornati a casa dopo un lungo viaggio, come se fosse finalmente riuscito a trovare il suo posto nel mondo.
Levi sentì improvvisamente le gambe molli e il corpo troppo pesante e l'unica cosa sensata da fare gli parve quella di abbandonarsi contro il petto del più giovane, ancorandogli le braccia al collo.
Le mani del castano scesero, afferrando il più basso per le cosce, sollevandolo di peso contro la porta e spingendosi tra le sue gambe, ringhiando a denti stretti tutto il desiderio represso negli anni.
«Ti voglio.» disse contro il suo collo, lambendo la pelle e succhiandola cercando di star attento a non lasciare segni visibili. E cosa avrebbe potuto fare in una situazione del genere lo Jedi? Ormai era del tutto esposto, in balia di quei gesti, i suoi sentimenti che per troppo tempo aveva cercato di celare erano chiari come il giorno e l'unica cosa che desiderava era prendere tutto quello che poteva da quel ragazzo. Di tutta risposta, dalle sue labbra si levò un gemito. Mai suono fu più dolce alle orecchie del Padawan che mai si sarebbe aspettato versi del genere da parte dell'uomo che finalmente aveva tra le braccia. Lo trascinò fino al letto, adagiandolo sulle lenzuola fresche, in netto contrasto con il calore che quel corpo stava sprigionando.
Gli occhi lucidi, le labbra schiuse, le guance arrossate e i capelli disordinati e umidi per il sudore... nemmeno nelle sua fantasie più perverse avrebbe potuto immaginare Levi in quello stato. Così arrendevole, così bisognoso.
Come poteva una cosa del genere essere considerata un errore?
Le mani vagarono sulla tunica beige, arrivando all'altezza del nodo che velocemente venne sciolto, privando il corvino di quella protezione. Eren rimase del tutto incantato. Non era la prima volta che lo vedeva senza maglietta, ma era la prima in cui aveva il permesso di venerarlo, toccandolo e baciando ogni punto scoperto di quella pelle che tanto aveva bramato. E così fece, decidendo di prendersi tutto il tempo del mondo, di andare piano e di trarre da quel corpo e da quell'anima tutta la passione e la lussuria possibile. Le sue mani sfiorarono piano il petto immacolato, un tocco quasi impercettibile che fece lamentare il suo maestro. Disegnò con le dita i contorni dei suoi muscoli, soffermandosi nei punti che, dai sospiri, capiva piacergli di più. Si soffermò sui capezzoli, che subito in risposta s'indurirono, rivelandosi particolarmente sensibili ed Eren si sentì morire dentro e poi rinascere subito dopo all'udire di un gemito più forte.
«E-Eren...» sibilò con la voce arrochita di desiderio, provocando l'ennesimo tuffo al cuore del castano che improvvisamente interruppe il suo lavoro.
«Che ti prende?» gli chiese allora il suo maestro, sollevandosi sui gomiti.
«Ho paura...» sussurrò piano il più giovane, con le mani e le labbra tremanti.
«Guarda che non dobbiamo per forza...»
«No! Non intendo questo. - precisò subito. -Ho paura che questo sia tutto un sogno... ho paura di fare qualcosa di sbagliato e tremo al solo pensiero che tu possa andare via. Mi sento morire se penso che tu possa respingermi. Non voglio farti del male.» sussurrò piano, mordendosi il labbro inferiore.
Levi portò una mano alla base del collo del suo apprendista, baciandolo nuovamente.
«Stupido moccioso. - sorrise, scostandogli una una ciocca dalla fronte ed immergendosi nei suoi occhi. - Non potresti mai farmi del male.» intrecciò quindi una mano con quella del più alto, conducendola all'altezza della sua erezione che scoprì gonfia. Eren trattenne il fiato, arrossendo subito dopo, senza però lasciare andare la presa. «Questo è un buon incentivo per continuare?» chiese allora lo Jedi, la voce ridotta ad un bisbiglio carico di lussuria. Quel singolo gesto fece perdere del tutto la ragione al castano che, spronato da una nuova consapevolezza, si tuffò sulle labbra di Levi, divorando i suoi gemiti.
«Voglio te e te soltanto. Non ho mai desiderato nessun altro nella vita. Sei l'unico Levi.» disse tra un bacio e l'altro e con una lentezza, questa volta calcolata, prese a rimuovere i pantaloni del compagno, dando finalmente aria alla sua intimità pulsante.
«Dio Levi... tu non sai quante notti ho sognato di succhiartelo.» disse allora, incantato dalla visione del suo amante completamente nudo, pompando la sua erezione con la mano.
«Guarda che non devi dirmi tutt- ah. Cristo Eren.» le labbra del castano erano ormai avvolta attorno al pene eretto del corvino, e piano assaporavano ogni centimetro di quella lunghezza. Levi buttò la testa indietro, cercando di respirare regolarmente. Non ci riuscì. Come poteva non ansimare senza ritegno, quando l'unica persona per cui aveva occhi gli stava regalando le gioie del paradiso con la lingua. Strinse le dita intorno ai capelli del più piccolo e inarcò la schiena quando questi aumentò la velocità. Ogni volta lo accoglieva un po' più in profondità, beandosi del sapore degli umori del più basso.
Ancora. Di più. Ti prego.
«Aah Eren... Eren n-non fermarti.» implorò Levi, ormai ridotto ad un ammasso di gemiti. L'orgasmo lo colpì all'improvviso e non ebbe il tempo di far tirare indietro il suo compagno. A quest'ultimo però non parve dispiacere, anzi, mentre ingoiava il frutto del piacere del suo maestro, pareva incredibilmente soddisfatto, come se fosse riuscito a raggiungere il suo scopo.
«Sei delizioso.» disse allora, leccandosi le labbra.
«E tu sei pazzo.» rispose, con la voce ancora affannata, provando a sollevarsi. Eren non glie lo permise. Lo spinse nuovamente contro il materasso, sorridendo malizioso. «Non ho finito.» lo avvisò, avvicinandosi nuovamente all'intimità sensibile e leccandola piano, facendolo sobbalzare. La sua lingua scese allora più giù, avvolgendo delicatamente i testicoli per arrivare poi all'anello di muscoli subito sotto.
«C-che stai facendo?»
«Non voglio farti del male.» disse, come se fosse la cosa più naturale di questo mondo per poi riprendere il lavoro interrotto, inumidendo la zona con la saliva e penetrandolo con la lingua.
«È... ah... Eren è imbarazzante.» fece ansiando e coprendosi gli occhi con il dorso della mano.
«Rilassati Levi.» gli ordinò allora, dando un leggero morso nell'interno coscia del corvino leccando con la punta della lingua la zona in cui aveva affondato i denti. Con le dita prese a massaggiare l'apertura che ad ogni minimo stimolo si contraeva in risposta.
«Reagisci così bene...» sospirò allora, inserendo delicatamente un dito al suo interno. Lo vide trattenere il fiato e mordersi un labbro e lo reputò come la creatura più sensuale dell'intera galassia. Presto, quando ritenne l'apertura dilatata abbastanza, aggiunse una seconda, poi una terza falange.
«Da quanto stavi preparando tutto questo?» chiese il corvino, incredulo per via di tutte quelle dolci torture a cui era sottoposto.
«Non me lo stavo preparando.- disse, inarcando le dita al suo Interno. - Ma ho immaginato di farlo tante di quelle volte che..-»
«Shhh non ho bisogno dei dettagli... ah. Ho capit- mmmh.»
Si ritrovò nuovamente su di se il ragazzo dagli occhi smeraldini, con un'espressione seria in volto.
«Levi, non ce la faccio più.» sentenziò. Vedendolo in quel modo, il corvino non poté non scoppiare a ridere.
«Se fossi così serio anche nel tuo lavoro non ci sarebbero mai stati problemi.» lo prese in giro, dandogli un colpetto sul naso.
«Sei una piccola merda Ackerman.» rispose, ridendo a sua volta e affondando il volto nell'incavo del collo. - Però è vero... potrei esplodere da un momento all'altro.» aggiunse, mordicchiando poi la carne tenera di quella zona.
«E allora che aspetti?» bisbigliò ad un orecchio, stringendo nel pugno i capelli.
«Posso... davvero?» disse, alzando lo sguardo e fissandolo speranzoso.
«Ti serve un permesso scritto?» rise allora lo Jedi.
«Idiota...»
«Eren.» lo chiamò, tornando serio.
«Cosa?»
«Ti amo.»
«Lo so.»
~
Informazioni tecniche:
Un Padawan è di solito un ragazzo, o in alcuni casi un adulto, che ha iniziato un serio addestramento sotto la guida di un Cavaliere Jedi o di un Maestro Jedi, scelto dallo stesso Cavaliere. Per i Padawan è tipico lasciar crescere una treccia che sta ad indicare il loro status di apprendisti
Un Jedi è un membro dell'Ordine Jedi che ha studiato, servito ed usato le energie mistiche della Forza.
La Forza è un potere metafisico, magico, psichico, vincolante e onnipresente che era dietro gli ordini monastici dei Jedi e dei Sith
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