𝗶 𝗻𝗲𝗲𝗱 𝗮 𝗽𝗹𝗮𝗰𝗲 𝘁𝗼 𝘀𝗹𝗲𝗲𝗽

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Quando mettiamo piede per la seconda volta in casa mia, un brivido mi corre lungo la schiena.

La mano di Kuroo è salda sulla mia, la presa ferrea, e il fiato è corto e spaventato, per quanto io abbia tentato di rassicurarlo.

Lascio che entri nell'enorme appartamento e chiudo la porta dietro di me.

- Alla fine non abbiamo mangiato nulla, hai fame? -

- Un po'. -

Sorrido.

- Io non so assolutamente cucinare. Qualche idea? -

Mi rivolge i taglienti occhi ambrati e sorride sotto i denti.

- Io sono bravissimo a cucinare. -

Lo invito con un gesto del capo.

- Allora ti faccio strada in cucina. -

Nonostante si fosse appena seduto sul divano si alza immediatamente come se non vedesse davvero l'ora di mettersi ai fornelli, e mi segue come un animaletto fedele fino al bancone di marmo.

Rovista energicamente fra i ripiani del mio frigorifero semi vuoto, poi si allenta il nodo della cravatta, si toglie la giacca di dosso e muove le braccia affusolate fra pentole e pentolini come se fosse davvero il suo mestiere.

Potrei abituarmi a questo tipo di visione.

A Kuroo nella mia cucina che mi fa da mangiare, alla pelle abbronzata che brilla sotto il neon delle lampadine, al ghigno soddisfatto rivolto verso al cibo.

All'informalità e alla quotidianità che la sua bellezza mi porta nel petto.

Sgattaiolo fuori dalla stanza per andare a farmi una doccia, e lascio Kuroo lì da solo per una decina di minuti, prima di tornare da lui con i capelli fradici attorno al viso e vestiti decisamente più comodi addosso.

Un brivido mi corre sulla schiena quando appoggio le cosce lattiginose sulla sedia di metallo, i pantaloncini che lasciano la pelle scoperta.

- Che cosa mi hai cucinato? - chiedo, le mani che si impastano fra di loro per cercare di scaldarle.

Kuroo si gira con un piatto in mano, le braccia abbronzate scoperte grazie ai polsini della camicia rivoltati fino ai gomiti.

Alza un sopracciglio.

- Nel tuo frigo c'erano solo uova. E paté di tonno. Questa cosa è normale? - commenta.

Allungo il collo per osservare quattro uova in camicia dalla forma perfettamente regolare e una decina di fettine di pane sottili con un generoso strato di paté sopra.

Scrollo il capo.

- Le avrà lasciate qui il mio cuoco personale. -

- Hai un cuoco personale? -

Sorrido.

- Tre volte alla settimana un tipo francese viene qui e mi fa da mangiare. Ero contrario all'idea ma Yaku e Lev hanno detto che non posso sopravvivere di sole patatine. -

Kuroo ridacchia mentre mi allunga un crostino di pane.

Non è niente di elaborato, ma mi fa sorridere sentirne il sapore croccante sulla lingua. Ha messo il pane in forno per abbrustolirlo, ci ha pensato. L'ha fatto perché fosse più buono, per me.

E' una cosa piccola, un dettaglio, ma mi scalda il petto.

Divoro un altro crostino e sorrido come un idiota quando la forchetta affonda sulla superficie liscia dell'albume dell'uomo e il tuorlo esce in piccole gocce dai fori.

Ha un aspetto e un sapore così invitante, il cibo fatto da Kuroo.

E non so se sia il pensiero che abbia cucinato per me o il gusto effettivo ad essere meglio.

- Potrei abituarmici. - sussurro, e il suo viso si scalda.

Poi, di colpo, il sorriso sfuma e un'espressione seria lo cattura.

- Kenma, devo dirti una cosa. -

Il mio cuore perde un battito.

- Dimmi. -

La sua mano indica me e lui, oscillando, e immagino intenda "noi", con quel gesto.

Non so cosa stia per dire ma l'ansia mi fiorisce nel petto. Che il vecchio avesse ragione? Che mi stia per dire "ok, il mio turno è finito, ora me ne vado"?

Mi trema il labbro inferiore.

- Questa... questa cosa. Fra me e te. Non la sto sognando, vero? Io... non ho idea di chi tu sia. Ti conosco da mezza giornata. Hai ucciso una persona davanti ai miei occhi e sei probabilmente la persona più pericolosa che conosca. Eppure non voglio... non voglio che finisca. - balbetta.

Mi sembra sull'orlo di piangere e vederlo mi spezza il cuore.

- Però io ho fatto delle cose, mi hanno fatto delle cose in passato. Cose che se rimango con te potrebbero uscire fuori. Cose che potrebbero metterti in imbarazzo di fronte agli altri. E vorrei, vorrei tanto spiegarti. Ma... è difficile, ecco. -

Le sue mani tremano, e per la seconda volta oggi mi stupisco di quanto il mio stomaco si stringa davanti a quest'uomo. Di quanto diavolo sia diventato importante per me in meno di ventiquattro ore.

Mando giù l'ultimo boccone di pane croccante e mi alzo dalla sedia, faccio il giro del tavolo, e mi siedo esattamente a cavalcioni di Kuroo, le mie mani che circondano le sue guance con delicatezza.

- Neanche io so chi tu sia. E mi sono ritrovato a fidarmi di uno sconosciuto che poteva essere potenzialmente un assassino mandato ad uccidermi da un momento all'altro. E ti ho baciato, davanti a tutti. E non voglio che finisca. - sussurro piano, cercando di piegare il suo volto perché incontri il mio.

Bacio la punta del suo naso.

- Non so molto di te. So che sei bello, so che sei un idiota e che vai d'accordo con Bokuto, so che ti piace la chimica e so che certe cose ti sono andate male nella vita. Ma non mi serve sapere altro, Kuroo, non se tu non te la senti. Non sei obbligato a dirmi assolutamente niente. - continuo.

I suoi occhi ambrati si spalancano, e mi sembra di vederci qualcosa che non ho mai visto negli occhi di nessuno. Qualcosa di caldo, di accogliente, di passionale e intenso.

- Quando sarai pronto mi dirai quello che vuoi dirmi. Non prima. E nessuno potrebbe mettermi in imbarazzo perché mi piace qualcuno come te, - mi avvicino al suo orecchio - perché lo ammazzerei prima. -

Kuroo sorride appena, il volto ancora turbato ma la tensione sciolta nel suo corpo.

Preme le labbra sulle mie ed è tranquillo, dolce, bisognoso. Sembra che voglia godersi la mia presenza, che voglia sentire ogni singolo istante delle mie labbra sulle sue, prima che mi stacchi.

E io come lui, vorrei rimanere qua per sempre.

Cinge il mio corpicino esile con le braccia muscolose, lo stringe e tasta, e mugugno di soddisfazione quando una mano aperta strizza lievemente la linea tonda del mio culo, le sue dita che affondano nella carne con avidità.

Sposta le labbra dalle mie alla mia mascella sottile, e affonda i denti sul collo, in un morso sufficientemente profondo per scatenare un tremito di eccitazione lungo tutta la mia spina dorsale.

Appoggia poi la bocca sul rigonfiamento della gola, succhiando appena la pelle chiara.

Da me perviene solo una sequela di gemiti soffocati.

- Tetsurō... - lo chiamo, le mie gambe che si spalancano ancora, il bacino che inizia a muoversi sul suo.

Mi morde ancora.

- Kenma. -

La sua voce è bassa, roca, e mi fa tremare quasi come le sue mani.

E poi, il mio cellulare squilla.

Mi stacco da Kuroo tirando l'aria dentro la bocca, sussultando per lo spavento.

Sembra che oggi il mondo abbia complottato contro di noi per impedirci di fare sesso. Diamine non faccio della buona e sana attività di coppia con nessuno da quelli che sembrano secoli e nessun uomo mi ha mai fatto infiammare come il ridicolo bellimbusto che ho di fronte, eppure, sembra che questo nemmeno questo possa essere il momento.

- Cazzo, devo rispondere. - sussurro.

Kuroo sorride a metà, poi cattura il lobo del mio orecchio fra i denti.

- Devi proprio? -

Sospiro di piacere.

- E' la suoneria... ah... la suoneria del telefono... cristo.... del telefono di lavoro di Lev. Hanno... ah... hanno bisogno di me. - riesco a mette insieme, tra un ansimo e l'altro.

Le mani di Kuroo si stringono attorno ai miei fianchi e mi invitano ad un movimento contro di lui che mi fa gemere forte.

- Anche io ho bisogno di te, micetto. -

Se non avessi un minimo di senso di responsabilità avrei ceduto. Se non sapessi che la vita dei miei uomini spesso e volentieri dipende da me, probabilmente mi sarei fatto aprire in due sul tavolo della cucina.

Ma, ahimè, ogni tanto sono una persona seria.

Mi alzo con le ginocchia molli e lancio uno sguardo a Kuroo.

- Non ti muovere. - lo minaccio, mentre esco dalla cucina e raggiungo il mio cellulare col fiatone.

- Pronto! - grido, con troppa, troppa enfasi, e sento Kuroo ridere dalla cucina.

- Ciao capo! Sono Lev! -

- Lo so che sei tu, Lev. Ho il tuo numero salvato in rubrica. -

Kuroo scoppia a ridere di nuovo.

- Hai ragione, sei sempre troppo intelligente, capo. Allora io e Yaku abbiamo interrogato la vecchia, e ci ha detto un po' di nomi di un po' di gente. Solo che ce l'hai tu il registro. E se vogliamo andare a cercarli dobbiamo avere i file. -

Mugugno di stizza.

- E vi servono ora? Non posso darvi la serata libera e ci pensiamo meglio domani? -

- No capo. La stronza ha detto che ci sono altri dieci container come il suo ma il porto è enorme e senza i nomi dei proprietari non li troveremo mai. E il carico partirà fra tre ore. -

Il mondo, oggi, deve odiarmi proprio.

Copro il microfono con la mano.

- Kuroo? -

Esce dalla porta della cucina e quasi mi metto a piangere. La camicia è stropicciata, il primo bottone aperto, e gli occhi mi lanciano uno sguardo che basterebbe da solo a farmi venire.

- Ci vorrà più del previsto, forse una ventina di minuti. - dico, e il mio tono è sufficientemente abbattuto da farlo sorridere.

- Non preoccuparti, vado a farmi una doccia. -

Mi passa oltre quando gli indico il bagno, prima di fermarsi e tirarmi una pacca sul culo che mi fa emettere un urletto imbarazzante.

- Possiamo sempre ricominciare dopo. -

E scompare, il suo sguardo a mezz'asta che esce dal mio campo visivo e io che rimango solo come un cretino a fissargli la schiena.

Pianto i piedi nel pavimento mentre mi dirigo verso il mio ufficio alla velocità della luce. Che per me che di solito percorro letto - divano, divano - letto in modo tremendamente lento è particolarmente sfiancante.

Accendo il PC, mi faccio dare i nomi, confronto i dati, inoltro le cartelle con le dita che tremano.

Prima che Kuroo torni, e io non veda qualcosa di incredibile e meraviglioso. Giuro che se non dovessi lavorare gli salterei addosso come se fosse un banchetto e io un affamato di giorni.

I suoi addominali sono perfettamente scolpiti, definiti ma non troppo, le linee nette ma morbide dei muscoli che si fanno strada sulla pelle dorata, le gocce d'acqua che cadono dai capelli umidi riflettono la luce brillando sulla superficie soda.

Mi si asciuga la bocca.

Sento Lev dal cellulare.

- Capo? Capo... ci sei? Caaaaaapo? -

Non mi rendo conto di aver appoggiato il telefono di piatto sul tavolo, mentre Kuroo si avvicina a me. Appoggia una mano alla mia guancia, la strofina con il pollice, e poi si china per baciarmi.

- Hai ancora da fare? - mi chiede, e sorrido annuendo.

Mi bacia ancora e si stacca strofinando il naso contro il mio.

- Allora ti aspetto di là, micetto. -

Fa per allontanarsi e lo chiamo mentre sta per uscire.

- Scusami, cerco di fare più in fretta che posso. - mormoro.

Mi osserva con un sorriso sulle labbra.

- Fai con calma. Io non vado da nessuna parte. - risponde.

Quando è finalmente uscito sento un gridolino provenire dalla cornetta e mi rendo conto di cosa io abbia appena fatto e detto con il cellulare acceso e una chiamata in corso.

- Wow, Kenma, cos'era quello? - chiede la voce colpita di Yaku mentre arrossisco nonostante non possano vedermi.

- Non era niente. -

- Seh, e pretendi che ci creda. Un uomo. In casa tua. Che ti chiama "micetto" e ti bacia. Ben due volte. -

Mi spazientisco.

- Non dovreste fare il vostro lavoro, voi due? - provo a dire.

- Si, non preoccuparti, ora ci muoviamo così ti lasciamo tornare dal tuo boy toy. -

- Kuroo non è il mio boy toy! - grido alla cornetta.

- Sì che sono il tuo boy toy! - sento urlare dal salotto.

Oh, dio, non penso di poter sopravvivere a tutto questo.

Sbuffo ad alta voce.

- Ricominciamo a lavorare. Ora. -

Due voci vivaci asseriscono dall'altro capo della cornetta e alzo gli occhi al cielo. Sembra proprio che Kuroo sia al centro dell'attenzione, oggi.

Quando finisco finalmente di lavorare sono passati quarantacinque fottutissimi minuti. Quarantacinque. A questo punto tanto valeva che andassi da loro.

Mi stiracchio le braccine sopra il capo, faccio schioccare le vertebre piegando il collo e mi sposto rapidamente dalla moquette morbida dell'ufficio al marmo del corridoio, per arrivare al salotto dove trovo la massa rigida e muscolosa di Kuroo completamente stesa sul divano.

Dorme come un bambino, e trovo buffe le braccia premute sopra le orecchie come se stesse cercando di coprirsi la testa. Ha un modo di dormire davvero bizzarro.

Era mortalmente stanco, e l'ho fatto aspettare troppo.

Domani vedrò di concludere qualsiasi faccenda avessimo iniziato oggi, ma ora, penso che faccia bene a dormire un po'.

Faccio per andare in cucina quando lo vedo girarsi, le braccia che ora sono lungo i fianchi e la schiena nuda rivolta verso di me.

Poi sussulta. Il suo corpo si contrae e si distende, e un verso simile ad un "no" esce dalle sue labbra. Trema, e il sudore inizia ad imperlargli la pelle.

Di nuovo, si tende e si rilassa, si gira ancora, il volto è arruffato, le sopracciglia una contro l'altra.

Le braccia salgono, di nuovo premono in quel modo bizzarro sulle orecchie, questa volta con foga, con terrore quasi, e ripete quel "no" a mezza voce.

Sta avendo un incubo.

Mi avvicino di fretta, so che non bisogna svegliare le persone durante gli incubi, ma non posso fare a meno di appoggiare il palmo della mano sul suo braccio contratto, ed è in quel momento preciso che scatta.

Come se si stesse difendendo da qualcuno muove il braccio per togliersi la mia mano di dosso, e lo fa con una foga che mi fa sbilanciare all'indietro e cadere sul pavimento rigido.

La caduta non è stata particolarmente dolorosa, ma il tonfo lo sveglia.

Ha gli occhi lucidi, ambrati e tristi quando li apre, e li getta subito su di me.

- Io... Kenma... - rantola, ma prima che possa formare un pensiero compiuto le lacrime scendono sulle guance, senza che nemmeno lui possa farci molto. Singhiozza forte.

Gli sono addosso in un attimo.

Le braccia attorno al collo, la testa al fianco della mia, e spalmo ogni centimetro del mio corpo su di lui.

- Ssh, Tetsurō, non è successo niente. Era solo un brutto sogno. - mormoro al suo orecchio, mentre sento le sue braccia aggrapparsi a me come se ne avesse bisogno fisico.

- Kenma... -

- Niente era reale. Tu sei qui, con me. E non ti lascio. -

Piange più forte, ma sembra che il suo respiro si stia calmando.

- Non te ne andare. -

Bacio la sua guancia fradicia.

- Non me ne vado. -

Aspetto che smetta di piangere con le dita fra i suoi capelli corvini e umidi.

- Va tutto bene, va tutto bene. Non è successo niente. -

- Ti... ti ho spinto. - è la prima cosa che elabora.

Lo bacio ancora sulla guancia.

- Non mi hai fatto niente. -

- Sei sicuro? -

- Sicurissimo. -

Inspira profondamente con il naso fra i miei capelli.

- Dio, e io che volevo fare del gran sesso. E invece mi sono addormentato e ho avuto un altro maledettissimo incubo. - commenta, e rido contro di lui.

- Il gran sesso lo rimandiamo a domani, e sappi che le mie aspettative sono alte per cui se sei deludente ti sparo. - lo rassicuro, continuando a pettinare le ciocche scure del suo capo.

Tira su con il naso.

- Non vuoi sapere che cosa ho sognato? -

- Certo che voglio saperlo. Come voglio sapere qualsiasi cosa ci sia da sapere su di te. Ma non sta a me decidere quando è il momento di dirlo. -

Sento le sue labbra umide premersi sulle mie.

- Sei fantastico. -

- Lo so. -

Tira su una seconda volta.

- Se ti racconto qualcosa di me e basta va bene? Un pezzo, intendo. - chiede a annuisco con calma.

- Soltanto quello che ti senti di dire. Non una parola di più. Vuoi andare sul letto, prima? -

Spalanca gli occhi.

- Sul tuo letto? -

- No, su quello del vicino di casa. -

Ci pensa su un secondo e poi ridacchia leggermente.

- Fai strada. - risponde poi.

Camera mia è al piano di sopra, è grande e un enorme terrazzo si espande dalla vetrata su due delle quattro pareti, il letto gigantesco e i mobili di design che brillano nel loro nero lucido e vinilico.

Mi butto a peso morto dal mio lato e aspetto che Kuroo mi raggiunga con le braccia aperte.

All'inizio sembra irrigidirsi, ma poi alza il lembo del piumone e ci si infila sotto, raggiungendomi.

E' caldo. Il suo corpo è ovunque caldo. Sento la sua pelle bollente contro le mie cosce nude, e le mani che vagano sul suo petto scaldate dal contatto.

Aspetto che si rilassi, che mi cinga con un braccio e inspiri il mio odore.

- Se non vuoi farlo non devi dirmi nulla. -

Scuote la testa.

- No, voglio dirtelo. Non so come iniziare. -

Bacio la sua fronte.

- Con calma, Tetsurō. Fai con calma. -

Prende fiato lentamente.

- Mi succede spesso di avere incubi come quello che hai visto prima. Però sono da solo di solito, quindi mi sveglio e sto una merda e basta. E se ho le braccia o un cuscino sulle orecchie non mi vengono spesso. Immagino che essermi addormentato sul divano non sia stata una scelta vincente. -

Respira lentamente. I movimenti delle mie dita sul suo collo lo invitano a continuare.

- Sogno di essere piccolo a casa dei miei genitori. Mio padre picchiava me e mia madre. Tornava ubriaco il venerdì sera e ci metteva le mani addosso. Ricordo ancora il rumore dei suoi passi sul parquet mentre camminava verso la mia camera. -

La mia stretta si fa più salda.

- E ho paura. Ho ventidue anni, vivo da solo, e ho una paura fottuta ogni volta che ci penso. Lo sogno quasi tutte le notti e mi sveglio urlando che ho paura, che ho così tanta paura che vorrei scappare. MI sento così... così debole. -

Intreccio le dita fra le sue ciocche scure.

- Avere paura non ti rende debole, Tetsurō. - mormoro, e bacio ancora una volta il suo viso.

- Avere paura è normale. Hai sofferto e ne sei spaventato, non c'è niente che non vada in questo. Hai tutto il diritto di esserlo. -

Cerco di guardarlo negli occhi che brillano nella stanza buia. Non riesco a vederlo chiaramente, ma sono così poco distante da lui da poter carpire ogni singola curva del suo viso affranto.

- Hai mai provato a chiedere aiuto? Ad un professionista, intendo. -

Scuote il capo.

- La terapia non è gratis, micetto. -

Arruffo le sopracciglia.

- Non devi rispondere per forza, se non ti va, ma come mai hai così tanti problemi finanziari? Credevo lavorassi parecchio, e di certo i tuoi servizi non sono economici. Non voglio giudicarti, è pura curiosità. -

Sembra sorridere sconsolato, ma non ne sono perfettamente certo.

- Mia madre è in una comunità riabilitativa da anni, e mio padre ci ha sommersi di debiti. Quando quel figlio di puttana è morto sono l'unica cosa che mi abbia lasciato. -

Corro con una mano al lato del suo viso.

- Che genere di debiti? -

- Debiti con la mafia. -

- Quale famiglia? -

Sospira, poi risponde.

- Con il Karasuno. Vivevamo nel loro territorio. Si faceva prestare i soldi e prometteva che li avrebbe investiti e restituiti in un attimo. Li ha sprecati tutti. -

Appoggio le mie labbra sulla sua fronte.

- Allora domani passiamo da Daichi e Sugawara e vediamo se possono chiudere un occhio. -

Kuroo sussulta.

- No! Non... non voglio che tu mi dia i tuoi soldi, Kenma. Non mi sembra giusto... ecco... non devi usare i tuoi soldi per me. -

- Non userò i miei soldi per te, andiamo soltanto a far presente la situazione e a vedere che cosa possono farci. Non sei tu ad esserti indebitato in prima persona, e posso garantirti che tra i corvi girano talmente tanti soldi che non sarà il tuo debito a mandarli in bancarotta. -

Stringo il suo collo con le braccia esili.

- E poi se volessi usare i miei soldi per te non potresti impedirmelo. -

Lo sento ridere.

- Non voglio che diventi il mio Sugar Daddy, micetto. -

- Potrebbe essere una buona idea, però. -

Mi ruoto completamente di fianco e la stessa cosa fa Kuroo, e allaccia le mani grandi sulla mia vita quando sporgo il viso sul suo per baciarlo.

- Vuoi dormire? -

Annuisce.

- Ma non so se riuscirò a prendere sonno. O se mi sveglierò ancora, o se... - inizia a farfugliare, ma lo interrompo con un sorriso caloroso e un bacio sulla punta del naso.

- Vediamo se così funziona. - gli propongo, e scivolo verso la testiera del letto facendo in modo che la testa di Kuroo sia appoggiata al mio petto minuto, il viso direttamente sulla maglietta bianca.

Faccio passare una mano sotto di lui, di lato, e stringo il suo capo delicatamente, appoggiando le braccia sulle sue orecchie mentre lo abbraccio su di me.

Riesco a sentire il profumo dei suoi capelli sotto il mio mento e le sue braccia intrecciate al mio bacino.

Sbadiglia.

- Forse potrebbe funzionare. - commenta.

Bacio il centro della sua testa da sopra, e poi mi accoccolo sui cuscini.

- Anche secondo me. -

Le mie palpebre si fanno pesanti, inebriato e circondato dal suo profumo, e sento il mio corpo rilassarsi e farsi molle. La mente si offusca, e lentamente quanto intensamente scivolo nel sonno.

Le braccia ancora a coprire le orecchie di Tetsurō.

E lui inevitabilmente addosso a me.

Mi sveglio una quantità di ore indefinita dopo quando sento Kuroo muoversi contro di me e i raggi caldi del sole che entrano dalle vetrate tingono di rosso i miei occhi chiusi. Mi ritrovo dopo un attimo in un morbido abbraccio, il mio capo appoggiato su un pettorale bollente e il corpo su quello di Tetsurō, mentre strofino la faccia sul suo petto e mugugno.

- Ti sei svegliato, micetto? -

- No. -

Spiaccico il viso contro di lui più forte.

- Devo alzarmi, ma come faccio se sei così carino? -

- Non ti alzare. -

Corro con le mani fino al suo collo, stringo i muscoli delle spalle fra le dita e lo schiaccio verso il basso, tentando per quanto poca sia la mia forza di ancorarlo al letto.

- Devo andare al lavoro, micetto, su. -

Un brivido di stizza mi corre sulla spina dorsale. Non mollerà me sul letto per andare da qualche schifoso cliente lascivo che gli mette gli occhi addosso.

- Non... non andarci. Non andarci mai più. - dico, anche prima di poter formulare il pensiero, e mi maledico per aver buttato fuori un pensiero così importante da mezzo addormentato.

- E che cosa dovrei fare, allora? -

Mi decido, con enorme sforzo, ad aprire gli occhi, e noto che i suoi sono interdetti ma stranamente carichi di speranza. Mi spingo per l'ennesima volta verso di lui e questa volta riesco a baciarlo.

- Torna a studiare. O lavora per me. O fai quello che ti pare. Ma quel lavoro... non farlo più. Non se ti fa stare male, non se ti fa schifo. -

Piega gli angoli della bocca all'insù.

- Posso davvero fare quello che mi pare? -

Annuisco.

Mi ritrovo in un attimo con le braccia di Kuroo salde al collo, allacciate e premute contro la mia pelle chiara, la sua bocca sulla mia. Riesco appena a scivolare con le cosce ai lati dei suoi fianchi che mi bacia ancora, la lingua che mi apre le labbra con calma decisa e le sue mani ovunque.

- Mmh, non penso che andrò al lavoro oggi. Mi passi il telefono? - dice poi, leccandosi le labbra.

Ho le gambe che tremano mentre obbedisco allungandomi verso il comodino.

Lo vedo scegliere un numero in rubrica e chiamarlo, mentre infila una mano sotto l'orlo della mia maglietta e stringe fra le dita la pelle sensuale del mio culo.

- Ciao, oggi non vengo al lavoro. - è l'unica frase che dice. Fa per attaccare ma la voce acuta di qualcuno - il suo capo immagino, o qualsiasi superiore un escort possa avere - attira la sua attenzione.

- Kuroo, non puoi. Devi venire oggi. I tuoi clienti hanno già presentato diverse lamentele per ieri, e non posso disdire da un momento all'altro tutti gli appuntamenti, sai quanto paga la gente per stare con te, cazzo! -

Alzo gli occhi al cielo, e afferro il cellulare dalla mano di Tetsurō.

- Pronto, buongiorno, signora, sono Kenma, Kenma del Nekoma. Se oggi Kuroo ha detto che non viene al lavoro , Kuroo non viene al lavoro. Non me lo faccia ripetere. Passi una buona giornata. -

Attacco e lo vedo ridere sotto i baffi.

Mette via il telefono e torna in un secondo con le mani sui miei fianchi.

- Dov'eravamo? -

- Mi pare stessimo facendo questo. -

Lo bacio di nuovo, e questa volta è famelico e passionale, i miei denti che affondano sul suo labbro e le mani di Kuroo che quasi mi scavano nella pelle. Sento il sangue correre dal cervello al basso ventre, e quando in un movimento dolce di anche incontro qualcosa di duro e rigido contro di me gemo ad alta voce.

La testa cade indietro e gemo ancora, quando strofino il mio bacino sul suo un'altra volta.

E' troppo tempo che non faccio qualcosa del genere.

E Kuroo mi fa sentire come se fossi in picchiata senza paracadute.

La sua lingua disegna una striscia umida dalla mia glottide al mento, e poi affonda i denti sulla zona proprio sotto l'orecchio, causandomi un sussulto.

- Sei così meravigliosamente rumoroso, micetto. -

Ho già il fiato corto.

- A... anco... ancora. -

Le palpebre gli scendono a metà dell'occhio, e lo sguardo diventa penetrante. Si stacca appena da me per togliermi la maglietta di dosso e afferrarmi i fianchi nudi.

Nello stesso momento in cui la sua lingua si attorciglia su un mio capezzolo mi spinge con forza verso il basso, la frizione che diventa strangolante e decisa, e la mia voce che si espande nell'aria.

La mia testa si muove in avanti, la fronte che si appoggia sulla sua spalla, mentre la schiena si inarca e le sue mani iniziano a farsi strada sulla mia schiena.

Lo sento inspirare forte sul mio capo.

- Come cazzo fai ad essere così? - lo sento sbottare.

Le punte delle sue dita fanno capolino nei pantaloncini.

- Così come? - ansimo di risposta.

Entrambe le sue mani entrano nei pantaloni e afferrano saldamente, facendomi persino un po' male, il mio culo, come se fosse qualcosa di meraviglioso che non vedevano l'ora di toccare.

- Sei perfetto, cazzo. E' dalla prima volta che ti ho visto che sogno di fare questo. -

Arrossisco mentre mi aggrappo alle sue spalle.

- Anche... anche io volevo farlo. -

- Oh, davvero? Così sfrontato. -

Sento il sangue pizzicare le mie guance che diventano viola.

- Ma... anche tu hai detto che... ah! - provo a rispondere ma quando la sua mano aperta mi colpisce con uno schiaffo lascio evaporare qualsiasi frase avessi in mente di dire.

- I bravi micetti non cercano scuse quando sono sfrontati. -

Mi manca l'aria.

Mi sento soffocare mentre l'eccitazione si fa incandescente nel mio corpo, scorre nelle mie vene come fuoco, e mi fa bruciare.

Sento la mia schiena inarcarsi, e scuoto appena il bacino. Appoggio le labbra delicatamente sulla guancia di Kuroo, mentre mi guarda come se volesse mangiarmi da un momento all'altro.

- Ecco, così, ora sì che ti comporti come un bravo micetto. - mi complimenta, e il tono lascivo e tagliente con cui lo fa mi fa tremare ogni singolo angolo del corpo.

Lancio le braccia tese oltre le sue spalle.

- Mi... mi puoi toccare ancora? Per favore? - mormoro.

Annuisce con un ghigno di superiorità.

- Dov'è il lubrificante? -

- Nel cassetto. -

Allunga il braccio e tira fuori la bottiglietta semi vuota prima di lanciarla su letto.

- Togliti i pantaloni. -

Mi siedo un attimo sulle ginocchia e allungo una gamba per volta spogliandomi lentamente.

- Così obbediente. - commenta, quando completamente nudo torno su lui.

Ma Kuroo ha altri piani, perché mi ritrovo con la schiena sul materasso in un attimo, il capo fra i cuscini morbidi e il bacino fra le sue mani. Cerco di muovermi ma le dita sono strette su di me, il mio corpo fissato contro il letto.

Nuovamente la lingua di Tetsurō accarezza uno dei miei capezzoli e nuovamente mi inarco gemendo, ma questa volta quando una mano raggiunge la mia erezione e ci si chiude attorno, mi sembra di sentirmi cadere nel vuoto per un attimo.

Il movimento è gentile ma stranamente deciso, il ritmo straziante che mi fa alzare il bacino contro la sua mano ad ogni spinta.

- Di più... di più. -

Schiocca la lingua.

- Ingordo. -

Rallenta ancora la mano, e passa il pollice sopra, con delicatezza, facendomi uscire dalle labbra un lamento acuto.

- Cazzo, Tetsurō! Ancora... ne voglio ancora. -

- Non essere volgare, micetto. - ribatte, e il tono è severo e freddo e fa battere il mio cuore all'impazzata.

Toglie la mano da me, e per un attimo rimane fermo, prima che di nuovo non senta il rumore distinto di una sculacciata e il dolore che inizia a pizzicare la pelle del mio sedere appena colpito.

- Potrei arrabbiarmi. -

Sono ad un bivio. Voglio essere un bravo micetto ed essere premiato o un micetto cattivo ed essere punito? Non ne ho idea. Ma prima che possa pensarci, il mio corpo reagisce da solo.

- Vaffanculo, stronzo. - sento dire dalla mia stessa voce, prima che mi renda conto di cosa ho appena fatto.

Kuroo si infiamma.

Il suo sguardo diventa di fuoco, e la presa sul mio bacino più salda. Le dita mi affondano nella pelle facendomi male, e so bene che lascerà lunghi segni scarlatti delle sue mani.

Un'altra sculacciata arriva diretta su di me, questa volta più forte, tanto da far risuonare il rumore del colpo in tutta la stanza, assieme con il mio gemito di piacere misto a dolore.

- Stai cercando di farmi incazzare? -

Mi mordo il labbro.

Stringe le dita attorno al mio collo.

- Oh, mi sbagliavo prima. Sei proprio un micetto cattivo, tu. - afferma, mentre la mano si stringe.

Noto che Kuroo sa come strozzare qualcuno in un'occasione del genere dal suo tocco esperto, quando sento pressione ai lati del collo, quando sento l'aria mancarmi, il viso scaldarsi e il respiro diventare affannato.

Passano secondi interi prima che lasci la presa e l'aria entri completamente dentro di me con un solo inspiro profondo. Ed è in quell''istante preciso, quello in cui il mio corpo trema di contentezza per aver ritrovato finalmente ossigeno, che un paio di lunghe dita coperte di lubrificante si infilano direttamente nella mia entrata.

L'aria, paradossalmente, mi manca di nuovo.

Kuroo non si ferma ad aspettare che mi abitui.

La sua mano si muove velocemente, dentro e fuori, e le dita si aprono leggermente per allargarmi.

- Sei strettissimo, Kenma. Da quanto non facevi sesso? -

Arrossisco mentre un gemito lascia le mie labbra.

- Da almeno sei mesi. -

- E quel tuo corpo da micetto insaziabile come l'hai soddisfatto, in sei mesi? -

Arrossisco ancora, questa volta sento proprio la mia faccia scottare.

- Da... da solo. -

Vedo un ghigno comparire sul suo viso e tremo di spavento. Cosa gli sarà venuto in mente? Meraviglioso, sensuale depravato.

- E come? Con le tue dita? -

Annuisco.

La sua mano esce da me.

- Fammi vedere. -

Nascondo la mia faccia girandola sul lato.

Non se ne parla.

- Mi vergogno, mi vergogno troppo. -

Ma non credo che la "vergogna" sia qualcosa che posso addurre a mio favore se mi sto strusciando come un animale in calore su di lui da ieri.

Kuroo afferra il mio polso e lo appoggia all'incrocio delle sue gambe, là dove è rigido, duro ed eccitato per me. E mi si mozza il respiro quando ne traccio la forma con la mano.

Domani non riuscirò a camminare, immagino.

- Lo vuoi, non è vero? - mi chiede, e i suoi occhi sono enormi e ambrati e invitanti.

Dire che lo voglio è riduttivo. Sto praticamente sbavando.

Annuisco forse con troppa convinzione.

- E allora fammi vedere come vieni quando sei da solo. - ribatte duramente, scostando la mia mano da lui con un gesto brusco.

Mugugno di stizza.

- Ma... -

- Su, micetto. Non farmelo ripetere. -

La mia faccia diventa viola, ma non so con quale forza in corpo obbedisco.

Sento i miei polpastrelli sottili circondare la mia entrata, sento il movimento dolce delle mie stesse mani, e poi infilo due dita dentro.

Sono piccole, e affusolate, niente se messe a confronto con quelle lunghe e severe di Kuroo.

Gemo di insoddisfazione mentre le spingo più a fondo cercando di evitare il suo sguardo, ma una mano indelicata mi afferra il mento e mi costringe a piantare gli occhi sui suoi.

Ed è quando quelle due pozze ambrate di desiderio ed emozione mi invadono che la forma delle mie dita smette di avere importanza, quando mi sento bruciare e la mia pelle diventa bollente, quando formo le lettere del nome di Tetsurō con le labbra.

Il mio bacino incontra la mia mano, il punto che mi fa uscire di testa perfettamente premuto dalle punte delle dita, e lo sguardo fisso sul suo.

- Dio, sei uno spettacolo. E' un peccato che nessuno ti abbia mai visto darti piacere da solo, sei meraviglioso. -

Gemo ancora.

- Tu... tu mi stai vedendo. -

- Oh, sì, certo che lo sto facendo, micetto. -

Il movimento del polso si fa irregolare mentre il bacino scatta in alto. Sono vicino.

Le labbra di Kuroo si avvicinano al mio orecchio e mordicchiano piano il lobo.

- Che cosa vuoi, ora? -

Mi fermo, ma sento la mano di Kuroo stringersi sulla mia e costringermi a continuare.

- Voglio... voglio te. -

Ridacchia piano mentre usa la mia stessa mano come un oggetto e la muove sempre più velocemente dentro e fuori.

- Sei vago, micetto, non vorrai rischiare che non capisca. -

Mugolo di piacere, e non rispondo.

- Rispondimi, quando ti faccio una domanda. - ordina poi, e un'ennesima sculacciata mi raggiunge, sempre, sempre più forte.

- Cosa vuoi di me? -

La mia voce è incontrollabile, il calore si espande dalla pancia alle gambe, e non riesco a dare ordine ai miei pensieri.

Un filo di saliva fa capolino dal lato della mia bocca mentre la stretta sul mio polso diventa ferrea e le dita entrano ed escono velocemente.

- Voglio... ah... voglio il tuo... voglio il tuo cazzo dentro di me. -

La mano si ferma, la presa si scioglie.

Kuroo mi spalanca le gambe, abbassa i pantaloncini quel che basta per poter scoprire la sua erezione - ed è meglio di quanto credessi - e si avvicina a me.

- Vedi, i micetti obbedienti vengono ricompensanti, Kenma. - dice, prima di farlo.

Prima di spingersi completamente dentro di me.

Fino a che i nostri corpi sono uno attaccato all'altro, fino a che non mi sento mancare il fiato e il mio corpo viene attraversato da spasmi. Finché così, esattamente nel primo istante in cui entra dentro di me, vengo con un'intensità che non ho mai provato prima.

Mi sembra di vedere le stelle, di svenire, e di tornare in vita dal regno dei morti.

Sento solo il mio orgasmo bagnarmi la pelle del petto, Kuroo che geme quando mi stringo attorno a lui.

E un paio di occhi ambrati mi accolgono quando mi riprendo. Un paio di occhi ambrati severi.

- Ti ho dato il permesso di venire? -

- Non... non ho potuto farci niente. E' che è così grosso ed era così bello che... -

Sculacciata.

- Non ti ho dato il permesso e hai fatto quello che cazzo ti pareva. E io che avevo appena finito di dire che sei un bravo micetto. -

Un pugno si chiude nei miei capelli chiari, Kuroo esce da me. E poi rientra con forza.

- Non... non posso! Sono appena... ah... sono appena venuto! - provo a protestare, ma è inutile.

Il pollice della mano di Tetsurō si infila nella mia bocca, e il suo sguardo è minaccioso.

- E allora? Non volevi forse essere scopato come una troia? Non lamentarti, Kenma. -

Dio, esiste al mondo qualcosa di più arrapante di un uomo che ti stringe mentre dome come fossi l'unica ancora di salvezza nel suo mondo e poi ti degrada così a letto?

No, non esiste.

Urlo in un gemito di dolore e piacere mischiati assieme quando entra per l'ennesima volta duramente, in profondità dentro di me.

I denti di Kuroo affondano nel mio collo.

- Dio, sei troppo stretto, cazzo. - commenta, mentre afferro il suo viso con le mani e premo le mie labbra sulle sue.

Gemo ancora, nella sua bocca questa volta.

Sento le mie pareti stringersi, la mia erezione dolorante tremare un'altra volta, il calore espandersi ancora.

Sento il respiro farsi affannoso, e le spinte di Kuroo farsi irregolari.

Lo bacio ancora, e ancora.

Poi lo stringo a me, come se avessi paura che possa scappare, come se volessi tenerlo ancorato a me per sempre.

- Vieni... vieni dentro di me, per favore. -

Sento un verso gutturale uscire dalla sua gola.

Poi un mio gemito.

E ancora, altro rumore, altro sesso, altro calore e altra passione.

- Kenma... -

- Oddio, Tetsurō... -

E poi il mondo si apre, qualcosa di caldo si espande in me e Kuroo viene con un gemito, e insieme a lui sento un secondo orgasmo catturarmi, più forte del primo e più doloroso, e la mia voce risuona alta, e rumorosa attorno a me. Mi aggrappo con le unghie alla sua schiena mentre si spinge ancora dentro di me, lo stringo, gli occhi ruotati verso l'indietro e le labbra separate, i capelli arruffati e disordinati, il viso sfinito.

Non riesco a capire se sono vivo per almeno dieci minuti.

Non capisco niente.

Non so se sia Kuroo a pulirmi o la mia immaginazione, non so il mio cuore batta ancora, non so se io abbia ancora muscoli funzionanti nel corpo.

So soltanto che riprendo coscienza di me lentamente, infilato fra un nugolo di coperte, da solo nella mia stanza enorme, con il sole che mi sbatte in faccia.

Il primo pensiero è che Kuroo sia andato via.

Che sia andato al lavoro.

Mi terrorizza.

Tento di alzarmi e mi lancio sugli scalini per scendere, per rendermi conto poi che le mie gambe sembrano fatte di gelatina e che sono decisamente sfinito.

Arranco ancora qualche passo.

Sento un groppo formarsi in gola.

Non c'è, Kuroo non è in casa.

Alzo lo sguardo.

- Tetsurō? - mormoro.

Nessuno risponde.

Non voglio, ma mi sento come se stessi per piangere.

Ci sarà una spiegazione, una spiegazione c'è sempre.

O no?

Muovo qualche altro passo dolorante.

Non mi ha scopato come fosse l'ultima cosa che faceva nella vita per poi scappare, vero? Non l'ha fatto.

Sto per urlare di frustrazione quando, finalmente, il mio cuore torna in pace.

Lo vedo.

E la felicità che erutta nel mio petto quando la sua testa impunita e arruffata esce dalla porta della cucina mi fa tremare le gambe.

Cado in ginocchio.

- Tetsurō, pensavo fossi andato via, per un attimo. - confesso.

Kuroo mi raggiunge immediatamente e si appoggia anche lui sulle ginocchia, circondandomi per aiutarmi a rimettermi in piedi. Scuote la testa sorridendo.

- Hai bisogno di mangiare, ti stavo facendo qualcosa. -

Mi si scalda il petto.

- Per... per me? -

Annuisce.

Mi scende una lacrima. Non so perché. Se la felicità o cosa.

- Tetsurō... devo dirti una cosa. - confesso poi, alla fine.

Non so dove troverò il coraggio di dirlo per davvero.

So che le nostre vite sono diverse. So che Kuroo non è una persona normale, e so che nemmeno la sua vita lo è. Non lo conosco. Non ci ho passato più di ventiquattro ore assieme.

Ma io sapevo quel giorno, quel giorno in cui l'ho visto per la prima volta, che se non avessi girato immediatamente strada, la mia vita sarebbe cambiata.

Lo sapevo.

E l'ho sempre saputo.

E ora lo so anche meglio, lo so come so che il mio cuore batte e lo so come so che il sangue pulsa nelle mie vene.

Guardo quei due enormi occhi color ambra. Guardo quell'uomo grande, grosso e ferito che torreggia davanti a me. Un uomo che mi ha fatto ridere, piangere, preoccupare, eccitare, venire, ed emozionare in quella che è stata, alla fine, una giornata.

Vedo qualcosa che so non vorrò perdere mai.

Prendo aria.

- Tetsurō... io... io mi sto innamorando di te. -

Sento delle labbra morbide sulle mie.

- Questa gara potrei averla vinta io. -

- Che cosa? -

- Ho vinto la gara. Cioè, tu hai vinto la gara. Hai fatto una cosa come un miliardo di punti. Anzi, un miliardo di punti perché sei bello come il sole, un miliardo perché sei dolce, un altro miliardo perché sei saggio, e un altro ancora perché sei gentile. E uno perché sei altruista e uno perché ho dormito come se fossi in paradiso, stanotte. E, micetto, una decina di miliardi di punti per il miglior sesso della mia vita. Quindi hai fatto più di un miliardo di punti. -

- E cosa significherebbero tutti questi punti? -

Kuroo ride, e mi abbraccia mentre mi tira su e mi fa ruotare in aria.

Mi bacia ancora, con il sorriso sulle labbra e con una semplicità devastante parla.

- Che io ti amo già, Kenma. -

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