𝗶'𝗹𝗹 𝗯𝗲 𝗴𝗶𝘃𝗲𝗻 𝘀𝗼𝗺𝗲 𝗽𝗲𝗮𝗰𝗲 :: 𝘀𝗶𝗱𝗲 𝘀𝘁𝗼𝗿𝘆

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E nonostante quello, alla fine, la nostra storia non è finita là.

La nostra storia ci è iniziata, con quella confessione.

E ha continuato ad evolversi, a cambiare, a riservarci tante cose diverse, a renderci felici, e tristi, qualche volta incazzati, qualche volta eccitati, qualche volta... semplicemente noi.

Ed è arrivata, non molto tempo dopo, ad ora.

A me che strofino il volto contro un petto nudo, senza vestiti, incastrato in un abbraccio soffocante fra le lenzuola arruffate di camera mia, la luce della abat-jour che mi illumina il viso e delle dita lunghe e affettuose fra i miei capelli.

Scalcio piano la palla di pelo acciambellata contro i miei piedi. Adoro Antimonio, e continuerò a farlo ogni singolo istante della mia vita, ma è cresciuto, e pesa. Pesa sulle mie gambette magre.

− Domani, eh? - sento chiedere a Kuroo, la testa sopra la mia, il mento appoggiatovi sopra.

− Domani. -

E cosa mai dovrà succedere domani?

Ecco... domani io e Kuroo ci sposiamo.

Lo so, lo so. È stato veloce.

Ma ci siamo detti "ti amo" dopo ventiquattro ore, pensavate davvero che non l'avrei sposato in meno di un anno? Insomma.

Diciamo che l'idea inizialmente non è stata mia. Diciamo che qualche testa calda ha continuato a dire che voleva passare il resto della vita con me ad ogni occasione disponibile, diciamo che potrebbe essere riuscito a portarmi alla fiera del fumetto di Tokyo nonostante i biglietti fossero esauriti da mesi e diciamo che potrei aver capito nel momento in cui il mio culo si è seduto sullo stand Nintendo a parlare con il doppiatore di Super Mario che Kuroo è l'uomo della mia vita.

Diciamo che sono tornato a casa, mi sono fatto fare la festa su questo stesso letto e poi l'ho guardato e gli ho detto "sì, Tetsurō, io e te ci sposiamo".

Fatto sta che, ora, sono qui.

E non potrei essere più felice.

− Domani, cazzo. - lo sento ripetere, e ridacchio.

− Smettila di ripeterlo come se non fosse vero, Tetsu. Sì, domani. -

Non posso vedere il suo viso ma so che sta sorridendo.

− Domani... domani ci sposiamo. -

Sospiro platealmente e mi abbasso per baciare la sua pelle bollente. Poi ruoto sopra il suo corpo e mi adagio con il petto contro il suo, concedendomi di guardarlo in faccia.

− E chi l'avrebbe mai detto. -

Lo osservo sorridere, guardarmi negli occhi e sorridere.

− Io te l'avevo detto il primo giorno. Ci abbiamo messo più di una settimana ma non mi aspettavo che sarebbe finita in nessun altro modo. - mi fa notare.

Arruffo il viso nella mia espressione da Kuroo definita come "incredibilmente adorabile che mi fa venire voglia di lottare per la pace nel mondo".

− Non hai tutti i torti, in effetti. Immaginavo sarebbe successo, prima o poi. Sembra sia stato più prima che poi. -

Tira su una mano per appoggiarla sulla mia guancia, strofina il pollice sulla pelle chiara.

− Sono lo stronzo più fortunato del pianeta, micetto. -

Il modo in cui mi guarda, quello non è cambiato. È diventato più spudorato, meno trattenuto, ma è rimasto lo stesso.

Come se fossi l'unica cosa che conta.

− Ti amo, Tetsu. Sono felice di rimanere incastrato proprio con te, tra tutti. - mormoro.

− Anche io ti amo, Kenma. -

Si sporge per baciarmi, e lo fa con calma. Abbiamo esaurito la nostra energia qualche istante fa, che il mio stupido fidanzato e futuro marito dice che la storia del sesso della notte di nozze è riduttiva. Che secondo lui si deve fare sesso il giorno prima, fra la cerimonia e i festeggiamenti, la notte, e magari anche la mattina dopo.

Le sue labbra sulle mie hanno un sapore che riconosco.

− Ripassiamo ancora gli invitati? Ho paura di fare una cazzata immane, domani. - borbotta poi, quando mi stacco.

Sbuffo.

− L'abbiamo fatto un miliardo di volte. Che super studioso sei, se non ti ricordi nemmeno un paio di nomi? -

− Amore, stiamo parlando dei mafiosi più cattivi di Tokyo, non di bambini bavosi. Se faccio un passo falso quelli mi fanno saltare il cervello e ciao ciao viaggio di nozze alle Maldive. -

Lo so che è cliché, andare alle Maldive. Ma ci sono le casette in mezzo al mare, i tramonti rosa e la prospettiva di sesso ininterrotto per almeno una decina di giorni.

− Non ti uccideranno, Tetsu. Al massimo ti picchiano. -

− Non sei d'aiuto. -

Rido piano mentre torno alla mia posizione iniziale, la guancia contro il suo petto e il suo cuore che batte contro di me.

− Va bene, allora. - concedo poi, rassegnato.

Batte le mani come se fosse emozionato.

− Ok, perfetto, spara. -

Alzo gli occhi al cielo.

− Karasuno. -

− Daichi e Sugawara sono il boss insieme. Mai dire a uno che lo è senza l'altro. Stanno insieme da prima che la terra si formasse, si amano ininterrottamente e Daichi chiama Suga "il suo corvo bianco", non devo ridere anche se è ridicolo. Pericolosi, ma gestibili. -

− Non sono tanto gestibili quando te li ritrovi tutti e due davanti, sai. Ma non importa, continua. -

− Kageyama è il classico principino della Yakuza. Era insopportabile, ma poi ha conosciuto un ragazzino misterioso di cui nessuno sa il nome. Verranno entrambi, domani. Pericoloso, ma gestibile. -

Lo invito ad andare avanti con un cenno del capo.

− Tsukishima e Yamaguchi. Tsukishima è alto e sembra che non provi un'emozione dal secolo scorso, sa sparare con qualsiasi arma da fuoco presente sulla faccia della Terra e anche con quelle aliene, se volesse mai provarci. Non sbaglia mai la mira. Pericolosissimo. Yamaguchi sembra un cuore di panna ma usa i computer come se fossero un'estensione del suo corpo. Mai lasciarlo vicino al mio cellulare o ci metterà venti secondi a trovare tutte le cose zozze che mi mandi quando sono all'università. -

Tiro l'aria dentro la bocca.

− Non ti mando cose zozze mentre sei all'università, cretino. -

− Mi hai letteralmente mandato una foto del tuo culo due giorni fa, micetto. E mi hai anche scritto "sbrigati a tornare a casa che mi manchi tanto". -

Mi arrossisce il ponte del naso.

− Non era una cosa zozza, quella. -

− No? A giudicare da come camminavo a fine lezione e a come ho rischiato di essere investito tornando a casa direi proprio di sì. -

Mi sporgo per mordicchiargli la pelle.

− Sei un cretino. - borbotto.

− Affermativo. Comunque, Yamaguchi è un pericoloso ma gestibile. Poi ci sono Asahi e Nishinoya. Asahi è tranquillissimo, educato, timido, ma se si incazza è finita. Nishinoya fa tanto rumore. Adorabili, un po' pericolosi. E poi c'è Kiyoko che è tipo la dea indiscussa della famiglia. Quello che dice lei è legge e devo baciare la terra dove cammina. Viene con Yachi che è la sua ragazza, anche lei è super dolce ma mettile un capello fuori posto e sei morto. Chi manca? -

Sbadiglio.

− Tanaka. L'unico etero. -

Inspira profondamente.

− Giusto. Un po' confusionario ma letale. Sua sorella sputerà sul tuo cadavere se osi dirgli qualcosa che non le piace. -

Annuisco.

− Shiratorizawa. -

− Ushijima è il boss. È una persona pacifica ma fa quello che deve fare senza pensarci due volte. Non capisce l'ironia, è un tipo serio. E porta Tendō che è il suo braccio destro. Tendō è il peggiore di tutti, non si fa scrupoli, è lunatico e sembra essere dolce all'esterno ma fa cose che non posso immaginare. Pericolosi e decisamente non gestibili. -

− Mh-mh, giusto. Aoba Johsai? -

− Il capo è Oikawa, che è un tipo piuttosto frizzante ed è decisamente il re dei gay, può essere irritante ma l'importante è non criticare i suoi outfit. Viene con la sua guardia del corpo. -

Arriccio le labbra.

− Stanno insieme. -

− Davvero? -

Faccio sì con la testa.

− L'ho chiamato qualche giorno fa per chiedergli di un'operazione nel suo territorio e c'era sotto la voce di qualcuno che gli diceva di stare zitto e lasciarlo dormire. Mi ha detto che Iwaizumi dice di essere la sua guardia del corpo per lavoro, ma che a porte chiuse il suo corpo fa molto più che guardarlo. - confermo.

Kuroo ride di gusto.

− Perfetto, un altro gay all'appello. Rimangono solo Bo e 'Kaashi? - chiede poi.

− E Lev e Yaku, ma quei due pagliacci li conosci. -

Sorride contro i miei capelli.

− Già. -

− E tutto il Nekoma, ma lavorano per me, quindi non dovrebbero esserci problemi. Anche se sono ancora tutti scioccati che mi stia per sposare, dicono che ero il loro bambino piccino e che per loro rimarrò vergine e illibato a vita. -

Sento Tetsurō prendere aria per parlare e prevedo che quello che dirà sarà tremendamente stupido. Ma non posso fermarlo.

− Vergine? Tu? Sentissero le cose che dici. - inizia, la voce chiaramente allusivo.

− Le cose che dico? -

Di nuovo, inspira.

Poi stringe la gola e imita penosamente la mia voce.

Finge di gemere in un modo così acuto che mi trapana il cervello.

− "Oddio Tetsurō, ancora, ti prego, ancora, ah, più forte, scopami più forte!" -

Divento viola e sto per interromperlo, ma non sono abbastanza veloce.

− O ma anche quando fai "Tetsu sono tre giorni che non facciamo sesso, sai che non posso vivere senza il tuo enorme, gigantesco, meraviglioso, magnifico, incredibile, stupendo, super soddisfacente, delizioso, abnorme cazzo." -

Mi strozzo con la saliva.

− Non ho mai detto che il tuo cazzo era abnorme, idiota! -

Mi volto per guardarlo in faccia, le mie guance viola dall'imbarazzo e lui che mi accoglie con un sopracciglio alzato.

− Beh, lo è. -

Non sono qui per negarlo, infatti. Ma quest'uomo è troppo poco pudico perché il mio timido cuoricino sopravviva.

− Sai cosa sarà abnorme? Il tuo mal di schiena quando ti manderò a dormire sul divano, Tetsu. -

Sporge il labbro in un broncio.

− Parlare così al proprio futuro marito è davvero meschino, micetto. E poi sai che non riesco più a dormire da solo. Senza il tuo musetto carino sono perso, Kenma. - ribatte.

Cerco violentemente di reprimere un sorriso ma è inutile.

Allungo la mano e pizzico la sua guancia fra l'indice e il pollice.

− Sei un cretino, Tetsu. Ogni giorno mi chiedo come hai fatto a farmi innamorare di te. -

− Te l'ho detto, è il mio abnorme ca... −

− Stai zitto! -

Scoppio a ridere, a metà fra l'imbarazzo e il divertimento, la fronte che preme contro il suo sterno e il suo petto che trema sotto di me.

Corre con le braccia alle mie spalle, le stringe, mi tira su e mi bacia dolcemente sulle labbra.

− E comunque ti amo anch'io, micetto. -

− L'hai già detto prima. -

− Ti sembra me ne importi qualcosa? Eh? Non me ne frega un cazzo, Kenma. -

Ridacchio ancora.

Poi sento il sonno assalirmi come un'ondata.

− Sono stanco, Tetsu. Dormiamo? - borbotto poi, scivolando di lato, aspettando che si giri.

Scorre con lo sguardo su di me, mi osserva per un istante che sembra durare ore.

Annuisce piano, e come la prima volta che l'abbiamo fatto e come tutte le altre, preme il volto contro il mio petto, aspetta che le mie braccia coprano le sue orecchie, circonda la mia vita con le mani, inspira forte.

− Ti amo, Kenma. -

− Ancora? -

− Ti amo un sacco. -

Lascio passare le dita sottili fra i suoi capelli.

− Anche io ti amo, Tetsu. Sei un cretino, ma ti amo. -

Faccio per chiudere gli occhi.

− Lo dici? Una volta sola, ti prego. Solo una. Poi non ti romperò mai più con quella storia. -

Sospiro.

− Promesso? -

− Promesso. -

Prendo aria, sento il calore annidarsi sul punto del mio naso.

− È vero, Tetsurō, il tuo cazzo è abnorme. -

Sorride contro la mia pancia.

− Sei l'uomo della mia vita, micetto. -

Mi addormento poco dopo, ancora imbarazzato ma dannatamente, dannatamente felice.

Riapro gli occhi con la sveglia.

La sveglia che suona talmente forte da trapanarmi il cervello, distruggere in brandelli il mio fantastico sonno, e presumibilmente anche quello dell'enorme uomo che mi stringe a sé.

Si muove un po'.

− Spegni la sveglia? - chiede, le parole impastate dalla saliva e la voce bassa e roca.

− Lasciami e la spengo. -

− No. -

Strizzo gli occhi cercando di mandare via il sonno.

− Tetsu, su, lasciami. -

− No, se fai finta di essere morto se ne va. -

Rimango interdetto un secondo e poi elaboro una risata.

− È una sveglia, non un t-rex, idiota. -

Mugugna qualcosa che potrebbe lontanamente ricordare un lamento, ma alla fine scioglie la presa ferrea e riesco a sgattaiolare fuori dal suo abbraccio per scorrere l'icona sullo schermo del cellulare.

Guardo tentato il letto disfatto e Kuroo che sostituisce me con un cuscino, la schiena nuda illuminata dall'alba martoriata da graffi che so perfettamente chi ha fatto, il volto che si spiaccica sul lenzuolo cercando di evitare la luce.

Potrei buttarmici qualche minuto.

Non sarà un problema.

E invece prima di lasciarmi andare mi rendo conto con un fulmine di realizzazione che giorno sia oggi.

Cazzo, ma io mi sposo, oggi.

Miseria.

L'emozione mi attraversa in un istante, mi fa tremare la pelle e mi fa vibrare completamente.

Il matrimonio.

Il mio fottuto matrimonio.

Oggi.

So che non è particolarmente nel mio personaggio lasciarmi dominare dalle emozioni, tantomeno averne, ma mi viene un'improvvisa voglia di festeggiare e urlare e ridere e fare un milione di altre cose.

Per quello che mi concerne, mi limito a sorridere e a scalare Kuroo arrivando poi a mettermi seduto nell'incavo della sua schiena. Appoggio le mani aperte sulle sue scapole e mi chino stampando un bacio al centro, sopra la spina dorsale.

− Svegliati, Tetsu. - borbotto.

Dice qualcosa, ma ha la faccia premuta contro il materasso e non capisco.

− Su, su, svegliati. Abbiamo da fare. 'Kaashi sta per arrivare, e Bokuto vorrà sicuramente venire a prenderti e... −

Vengo buttato di lato in un attimo, il corpo di Kuroo che si alza di botto, le sue braccia che corrono a me spiaccicato sul lato del materasso e mi strizzano nemmeno volessero stritolarmi.

− Micetto! Micetto ma oggi ci sposiamo! Cazzo! - inizia a urlarmi nell'orecchio, la voce ancora bassa e roca dal sonno ma ogni muscolo teso dall'emozione.

Sorrido a trentadue denti di fronte alla sua faccia arruffata.

− Sì, Tetsu, oggi ci sposiamo. -

Sento le sue labbra iniziare a stamparsi sul lato del mio viso, una sequela interminabile di baci rumorosi sulla pelle chiara.

Ripete "ti amo" ad ogni bacio.

E io rido, perché sono felice, perché quest'uomo è ridicolo, perché mi sta imbottendo di affetto e non ci siamo nemmeno alzati ancora dal letto.

− Secondo te quanto tempo abbiamo prima che arrivi Akaashi? - mi chiede poi, staccandosi solo un istante.

Arruffo le sopracciglia.

− Se mi passi il cellulare te lo dico. Perché? -

Si allunga e obbedisce.

− Sveltina pre−matrimonio? Che ne dici? - borbotta, e riconosco immediatamente le sue palpebre che si abbassano a metà occhio, le iridi ambrate che sfavillano nella stanza ancora scura e il sorriso a metà.

Oh, Dio, immediatamente.

Per sicurezza però controllo i messaggi e la realtà mi sbatte in faccia.

− Akaashi mi ha scritto che è partito di casa una ventina di minuti fa. Non possiamo. - sono costretto a dire dunque, il tono più sconsolato di quanto vorrei ammettere.

Tetsurō scrolla le spalle.

− Mmh, peccato. Vorrà dire che allungheremo la pausa fra la cerimonia e i festeggiamenti. -

− Tetsu, ti ho già detto che quella pausa serve per il servizio fotografico. -

− Lo so, facciamo solo una deviazione minuscola dopo il servizio e poi andiamo dai nostri amici. Non è un dramma. -

Sporgo il labbro all'infuori.

− Certo che lo è. Tu se inizi non smetti più poi. -

Tetsu mi lascia andare, si stende sulla schiena, apre le braccia come per invitarmi a buttarmici dentro.

− È che io se devo fare le cose le faccio bene, lo sai. Comunque se proprio non possiamo fare sesso dammi almeno un bacio, micetto, su. -

Non me lo faccio ripetere.

Sgattaiolo sopra di lui, le cosce attorno alla sua vita e le mani fra i suoi capelli e sorrido per un istante prima di baciarlo.

− Ti amo, Tetsu. - sussurro.

E poi diventa tutto dita che mi scavano nella schiena, capelli tirati, mugugni a mezza voce e labbra che mangiano altre labbra. Baciare Kuroo è sempre un'impresa, è sempre un tira e molla, e continua a farmi tremare il corpo nonostante ormai la sensazione mi sia familiare.

È che il modo in cui muove la lingua contro la mia, il modo in cui mi stringe, persino il modo in cui profuma, sembrano fatti apposta per me, e questa sensazione di completezza mi invade e mi fa sentire tremendamente tranquillo.

Sposto il capo lievemente di lato per raggiungerlo meglio, una mano che si chiude fra i miei capelli e mi spinge più in basso, un rumore gutturale che risuona della gola di Kuroo.

− Sei davvero sicuro che non abbiamo tempo? Dammi dieci minuti e ti faccio vedere le stelle, Kenma. -

Ridacchio piano, e strofino il naso contro il suo.

− Niente stelle, ora, non fare il testardo. L'abbiamo fatto ieri sera e da domani staremo insieme tutto il giorno per quasi due settimane, non fare l'ingordo. - lo sgrido.

Sembra un cucciolo bastonato quando acconsente.

− Però sappi che il mio cuore piange quando mi dici di no, Kenma. -

− Il tuo cuore? Secondo me non è il tuo cuore. -

Vedo che ha sulla punta della lingua un'altra delle sue sagaci battute su quanto sia incredibilmente superdotato - cosa che, di nuovo, non sono nessuno per negare - e gli tappo la bocca con la mano.

− Zitto, Tetsu, zitto! -

Mi lecca il palmo a contatto con il viso e lo ritraggo storcendo il naso.

− Che cos'è quella faccia schifata? Non sembravi avere tanti problemi con la mia lingua qualche secondo fa. - borbotta, e sento il rossore espandersi sul mio viso.

Mi tiro su dal letto decidendo che ne ho abbastanza.

Insomma, mi sta continuando a stuzzicare ininterrottamente da ieri sera, fra non più di cinque minuti il mio migliore amico sarà qui per vestirmi per il mio matrimonio, non ho tempo per lui che vuole fare il dio del sesso.

Non ce l'ho.

Obiettivamente, non ce l'ho.

Mi esibisco in una matura e per niente infantile linguaccia verso di lui mentre scappo in bagno e lo sento lamentarsi oltre la porta.

Mi lavo i denti tranquillamente, raccogliendo tutta la poca calma che ancora possiedo e specchiandomi. Non sono conciato tanto male nonostante mi sia appena svegliato, ho un paio di segni sul petto e uno piccino e un po' sbiadito sul collo, ma niente di che.

Penso di aver messo su peso da quando sto con Tetsurō perché i miei fianchi non rivelano più la silhouette magra dell'osso ma hanno un aspetto rotondo, chiaro, disteso, e non intravedo più la forma delle costole sul petto minuto.

Penso... penso di essere più bello, da quando sto con lui.

Meno gracilino, meno timido, meno piccolo. Più... maturo? Più felice di sicuro.

Sorrido a me stesso allo specchio risciacquandomi la bocca e sfilo fuori dalla stanza piantando le mani sui fianchi di fronte al letto.

Tetsurō, quel sensuale, dolce, meraviglioso sacco di pulci, si è rimesso a dormire, e noto che ora anche il nostro meraviglioso gatto ha deciso di partecipare, acciambellato al suo fianco.

Il mio ragazzo allunga un bracco sul letto e tasta il suo corpo magro, tirandolo a sé.

− Vieni qui soldato, tu si che mi vuoi davvero bene. Non come la tua mamma, no, lei mi odia e mi abbandona da solo a letto. -

− Non chiamarmi "mamma", è inquietante. -

Scuote le spalle.

Faccio per uscire dalla stanza e lo sento emettere un verso di stizza.

− Ti pentirai amaramente di avermi mollato qui da solo come uno stronzo, micetto. -

− È una promessa? -

− Assolutamente. -

Zompetto giù per le scale con calma ridacchiando fra me e me e mi dirigo pacificamente verso la cucina per versarmi un po' di caffè. A metà dell'opera, un paio di sorsi dopo, il campanello suona.

E siccome ho un portiere, e delle guardie personali, e dodici piani prima del mio, la porta è aperta e ci mette un secondo ad essere spalancata.

Bokuto nemmeno mi saluta.

Corre come un cretino verso la mia camera da letto cantando a squarciagola "Tranquilla" di Oceania e oggi, che sono tranquillo e spensierato, oggi mi concedo persino di ridacchiare.

Ridacchio mentre il corpo alto e flessuoso di Akaashi si affianca al mio e osservo la porta della mia camera da letto spalancarsi e un uomo grande e grosso buttarcisi dentro senza problemi.

Non vedo cosa stiano facendo ma li sento all'unisono urlare "È del tutto normale! È l'effetto che agli umani faccio io" e mi copro il viso con le dita.

− Idioti. -

Il mio, di amico annuisce.

− Decisamente. -

Vedo Bokuto indietreggiare.

Poi una palla di pelo gli si arrampica addosso, scala la gamba e si artiglia alla testa e il mio - all'incirca - amico scompare di nuovo nel tentativo di togliersela dalla faccia.

− Antimonio ancora lo detesta? -

− Sì, è un gatto timido. Non ama le persone invadenti. -

− Perfetto. -

Passa qualche secondo, e poi, quando sento silenzio, finalmente, mi concedo di girarmi, spalancare gli occhi verso quelli azzurri di Akaashi, prendergli le mani fra le mie e stringerle forte.

− Sono così felice, Kei, così così felice. - sussurro, come se non volessi nemmeno farglielo sentire.

Sorride a trentadue denti e nonostante non ci sia niente al mondo di più bello del sorriso di Tetsurō, devo ammettere che questo compete. E poi mi scalda il petto.

Non pensavo di averne bisogno così tanto, di un amico. E Akaashi è dolce e adorabile e penso che davvero se non ci fosse un grande e grosso stronzo con i capelli neri potrebbe essere la mia metà.

Delle dita lunghe, chiare, costellate di anelli, si avvicinano ai miei capelli.

− Sarai lo sposo più bello del Giappone, oggi. Il più bello di tutti. - mormora, e ha gli occhi così accoglienti che non riesco a trattenere un sorriso.

− Dici? -

− Certo che lo dico, e io sono affidabile. Sarai così bello Kenma, ma così bello, che anche Bokuto mi guarderà e mi dirà "basta, Keiji, ti lascio per il micetto carino del Nekoma". -

Scoppio a ridere.

− Naah, Bokuto starebbe con te anche se diventassi un insetto, Kei. -

− Sì, forse hai ragione. -

Scosta una ciocca dal mio viso e la incastra dietro l'orecchio.

− Iniziamo a prepararci? -

Annuisco.

Il secondo dopo sono seduto sul divano con una tisana detox in mano, Keiji sta sbattendo Bokuto in lite con il gatto e Kuroo mezzo addormentato fuori di casa, e sta componendo sul cellulare il nome di qualcuno che ha affermato essere "indispensabile per queste situazioni".

Immagino che, alla fine, questo matrimonio potrebbe essere più movimentato del previsto.

E immagino bene quando, quaranta minuti dopo, io steso ancora sul divano con due fettine di cetriolo - assolutamente inutili, ma tanto, tanto divertenti da vedere - sugli occhi gonfi sento due persone entrare in casa mia.

Alzo con le punte delle dita la stupida verdura sulla mia faccia e con un'occhiata veloce, capisco. Gambe lunghe, completo color Tiffany con giusto le cuciture appena glitterate, anelli d'argento, riccioli castani lucidi e morbidi.

Oikawa Tooru.

Spalanca le dita di fronte a me, allunga un braccio e sorride.

− Ciao, Kenma. Indovina chi è venuto a restaurare il tuo bel faccino da micio per il matrimonio? -

Ha un tono di voce frizzante, alto, delicato ma divertito. Normalmente lo troverei forse un pelo irritante, ma in effetti, chi meglio di lui.

Mi accorgo dopo un istante di una seconda persona.

È un uomo imponente, un po' meno alto di Oikawa che comunque svetta nel suo metro e novanta, ma con le spalle larghe, ampie, le braccia incrociate al petto perfettamente strette nella giacca scura, il viso elegante, affilato, serio.

− Oh, che sbadato. Kenma, lui è la mia guardia del corpo. Su, Iwa-chan, non fare il musone, saluta! -

Ah, sì. La "guardia del corpo".

La guardia del corpo che ha un braccio allacciato alla vita di Oikawa, gli sorride come se non vedesse nient'altro e ha una traccia del lucidalabbra colorato dell'altro in faccia.

− Quanto sei irritante, Schifokawa. - borbotta, prima di girarsi verso di me.

China la testa un istante, poi la tira su e sorride.

Ha un bel sorriso. Virile.

− Buongiorno, comunque, sono Iwaizumi Hajime, la... guardia del corpo di Tooru. Sì, diciamo così. Auguri per le sue nozze, comunque. - dice, rivolgendosi finalmente a me.

Arrossisco appena.

− Gra... grazie. -

Oikawa lo colpisce alla spalla.

− Che noioso, Iwa−chan, che noioso! "Auguri per le sue nozze"? Hai settant'anni? -

− Cos'avrei dovuto dire, cretino? -

− Che so, "buon matrimonio"? -

− Ma "buon matrimonio" nemmeno esiste! -

Li osservo battibeccare quasi interdetto, quando Akaashi attira la mia attenzione agitando la mano.

− Ignorali. Aspetta che smettano e fai finta di nulla. Fanno così sempre, ma poi si amano per davvero. -

Iwaizumi sembra sentire le sue parole e smette di parlare immediatamente, il viso appena rosso.

− Io... io non amo Oikawa, ok? - blatera, guardando Akaashi.

Il boss dell'Aoba Johsai allunga un braccio e gli stringe la guancia fra le dita.

− Non mentire, Iwa-chan, tu mi adori. -

La guarda del corpo strizza gli occhi, gli lancia un'occhiataccia e sputa fuori un forse prima di chiedermi se ci sia un balcone e scomparire con un pacchetto di sigarette in mano e un evidente problema di rossore facciale.

− Uff, è proprio un testone. Ha insistito per venire al matrimonio dicendo che voleva conoscere tutti i miei amici ma si vergogna a dimostrare affetto in pubblico, è davvero troppo tenero per il suo stesso bene. - sospira poi Oikawa, gettandosi platealmente al mio fianco sul divano.

Prende una delle mie cosce chiare fra le mani, ci strizza le dita lunghe.

− Sei diventato più pieno dall'ultima volta che ti ho visto? La tua pelle è meravigliosa, Kenma. Brilla. - commenta poi, stranamente rapito.

− No, è che Kuroo mi fa da mangiare, e mi costringe a pranzare tutti i giorni, e mi mette la crema prima di dormire e... − inizio a farfugliare, quando vengo accolto da due paia di occhi a cuoricino.

Akaashi da un colpetto a Oikawa.

− Te l'ho detto che era quello giusto. -

L'altro annuisce.

− Hai proprio ragione, 'Kaashi, proprio ragione. -

E a questo punto sì, arrossisco anch'io, ma mi sento qualcosa sfrigolare nel petto e penso che decisamente, decisamente, il mio Tetsurō è quello giusto.

I preparativi in realtà sono lenti.

Io e Kuroo ci sposiamo con una cerimonia civile in una serra. Lo so, una serra come nome fa poca scena. Ma il posto che abbiamo scelto, quello di scena ne fa eccome.

Grandi pareti di vetro, qualsiasi tipo di pianta esotica, colorata, elegante ai fianchi dello spazio centrale, la luce primaverile che filtra dalle finestre illuminandoci ma senza farci sentire troppo caldo, i festoni rosso scarlatto ai fianchi di quella che se fossimo in chiesa chiameremmo navata principale, petali di papavero ovunque.

Il fiorista ha detto che il papavero non è un fiore da matrimonio.

Ma a me, quando l'ho scelto con Kuroo, non è importato proprio niente.

Mi rilasso sotto le mani esperte di Oikawa che intreccia i miei capelli chiari in quella che dovrebbe essere una mezza coda ma di fatto è una mezza treccia, piccole perle glitterate che infila con le forcine, e sorrido quando mi guarda in faccia e mi dice che non mi vuole truccare, che il mio viso è splendido di suo.

Non sono così poco modesto da dargli ragione, ma mi fa piacere sentirlo.

Il mio vestito è bianco, ma non perfettamente bianco, non candido, pulito, da sposina.

In realtà ha una sfumatura crema, che si sposa meglio con la mia carnagione chiara ma calda, ed è rifinito nei minimi dettagli, le cuciture dritte e sufficientemente strette sul mio corpo, niente cravatta.

L'ultimo a lasciarmi è Akaashi, Akaashi che ha passato l'intera mattinata al mio fianco, le dita fra le mie, a ripetermi che ero bello, che ero adorabile, che sarebbe andato tutto bene.

Akaashi verso il quale sono davvero grato, perché è un amico di quelli veri, uno che non sapevo di volere ma che ora non mollerei nemmeno sotto tortura.

Mi si avvicina sornione, sbatte le palpebre, mi accarezza una guancia.

− A Tetsurō cadranno le braccia. - commenta, avvicinandosi.

Sorrido timidamente.

− Grazie... grazie di tutto, Akaashi. -

− Di nulla, Ken. Sono convinto che farai la stessa cosa quando il gufo grande e grosso si deciderà a fare lo stesso. -

− Ovviamente. -

Mi stringe le braccia magre attorno, stampa un bacio sulla mia fronte.

− Ecco, volevo chiederti una cosa. Sappiamo... sappiamo che i tuoi genitori non ci sono più, e quindi... non so... ti va di farti accompagnare da me all'altare? Non sei obbligato a dire di sì, ma... se dovessi scegliere qualcuno sarei felice di essere io. - mi dice poi.

Sento le lacrime annidarsi ai lati dei miei occhi.

Quando sono diventato così felice?

Annuisco.

− Sarei... sarei felice anch'io, se fossi tu. - confesso.

Mi abbraccia più forte.

− Non pensavo che l'avrei mai detto ma Bokuto non è l'unica cosa di cui sono mortalmente grato nella vita. Ti voglio bene, Ken. Ti voglio davvero bene. -

Non piango, ma tiro su.

− Anche io ti voglio bene, Keiji. -

Non molto dopo il mio braccio è incastrato nel suo, il sole illumina la sala di vetro, e intravedo le persone.

Il fisico alto di Tsukishima che ha una delle gambe di Yamaguchi fra le sue, un piccolo ragazzino dai capelli luminosi stretto fra l'abbraccio possessivo di Kageyama, la mano elegante in un guanto di velluto bianco di Suga sulla gamba rigida di Daichi. Oikawa mi saluta oscillando la mano, Lev e Yaku stanno già piangendo quando mi vedono arrivare.

Akaashi si sporge dalla mia parte.

− Smetti di guardare gli altri. Non fissare per terra mentre cammini. Questa è la tua giornata, Kenma, e devi stare a testa alta. Vai a prenderti quello che è tuo. -

Mi corre un brivido lungo il corpo.

So cosa intende.

− Grazie. - sussurro.

E poi, finalmente, lo faccio.

Alzo gli occhi.

E lo vedo.

Meraviglioso, sotto l'altare costellato di fiori, alto e bello e vestito di nero. Lui la cravatta la porta e gli sta bene, e il suo corpo avvolto dal tessuto scuro è familiare e mi sembra di poterlo toccare.

Tetsurō mi sorride.

Mi guarda e nei suoi occhi vedo la felicità, vedo la serenità, vedo la tranquillità, la sicurezza.

E vedo che mi ama.

E vedo che lo amo anch'io.

Sorrido.

Sorrido perché non posso fare altro.

E un po' anche piango mentre il mio migliore amico, perché ora posso dirlo, che è il mio migliore amico, mi accompagna pacatamente, mentre le persone mi guardano e io fisso gli occhi solo su di lui.

E poi arrivo.

Keiji si china per baciarmi una tempia, sorride contro la mia testa, mi sussurra che mi vuole bene un'altra volta e anch'io lo ripeto, e poi torno dove questa storia è iniziata.

Torno dove so che finirà.

Torno con le mani fra quelle di Tetsurō.

− Sei... sei... wow, micetto, mi hai tolto le parole di bocca. - mormora, quando sono abbastanza vicino da sentirlo, quando mi posso specchiare sulle sue iridi.

Sorride, mi scorre lo sguardo addosso.

− No, davvero, sei illegale. Sono gelosissimo. Non voglio che nessuno ti veda con questi vestiti. -

Ridacchio piano.

− Dovresti vedere come sono senza, allora. - ribatto, e lo vedo mordersi il labbro e alzare gli occhi al cielo.

− Pietà, micetto, pietà. Se vai avanti così sarò costretto a trasformare questo matrimonio in un set pornografico. -

Sporgo il collo per baciarlo.

E le sue labbra sono delicate sulle mie, e dolci, e sicure.

Sentiamo un sospiro generale e una persona che si schiarisce la voce di fronte a noi.

− Se avete finito di flirtare posso iniziare con la cerimonia? Ci ho messo un mese a scrivere questo discorso ed è fottutamente meraviglioso e forse anche grammaticamente corretto, quindi vi prego di non interrompermi. - dice qualcuno.

E mi rendo conto immediatamente.

L'unica cosa che non sapevo del mio matrimonio, l'unica che ho lasciato in mano a Kuroo, era il cerimoniere.

L'unica.

E la persona vestita in un completo grigio chiaro, i capelli sparati e trentadue denti di puro sorriso di fronte a noi sull'altare, è nientemeno che lui.

È Bokuto.

Alzo le sopracciglia.

− Lui come cerimoniere? -

− È il mio migliore amico, micetto, ed è stato il primo a tifare per noi. Sarà divertente, dai. -

Divertente? Beh... forse... forse sì.

Faccio sì con la testa.

− Ormai ci siamo, facciamolo. -

Bokuto alza i pollici verso di me.

Poi si schiarisce la voce, tonante, bassa, e zittisce tutti.

− Fate bene attenzione voi, che la prima frase è la migliore. L'ho scritta in un giorno di pioggia mentre ero triste, quindi è anche davvero profonda. - inizia.

Bokuto, perché? Perché sei così adorabilmente stupido? Perché?

− Siamo qui oggi per celebrare le nozze fra... − prende fiato - Kuroo-ero-una-troia-ma-mi-sono-innamorato-e-ora-non-sono-più-una-troia-Tetsurō e... − prende di nuovo fiato e questa volta è più lungo e inizio a spaventarmi - Kozume-sembro-tanto-carino-e-coccoloso-ma-quando-faccio-sesso-faccio-un-sacco-di-rumore-e-faccio-sentire-Bokuto-tanto-tanto-solo-perché-Akaashi-l'ha-buttato-fuori-di-casa-e-ora-dorme-sul-mio-divano-con-la-corpertina-degli-Avengers-e-ha-freddo-e-piove-Kenma. -

Non ce la faccio.

No, davvero.

Non ce la faccio.

Scoppio a ridere e rido così forte, ma così forte, che mi sembra di non averlo mai fatto, il rumore tintinnante e acuto della mia risata che è così inusuale che tutti si girano a guardarmi, Tetsu compreso, gli occhi spalancati come se vedesse uno spettacolo raro.

Cerco di riprendere fiato, ma non ce la faccio.

Rido.

E rido ancora.

− Hai visto? Ho fatto ridere Kenma. Sono un genio, amico. - sento dire dalla Bokuto ed è vero, cazzo, è vero.

È idiota, ma è così maledettamente divertente.

Annuisco cercando di asciugarmi le lacrime.

− Sei un cretino, Bokuto. - rantolo.

Tetsu sorride.

− Ed è il migliore. -

Ci metto un po' a riprendere fiato ma il nostro cerimoniere spinge per poter ricominciare a parlare, e alla fine cediamo.

− Siccome non so cosa si debba dire ad un matrimonio, voglio dire che sono molto contento che Kenma si stia sposando, perché prima era molto molto triste e ora è molto molto felice. -

Gran discorso. Oh, sì.

− E dovrei fargli scambiare gli anelli ma questi due gli anelli non li vogliono quindi niente, finisce qui. Internet diceva stronzate sul "vincolo del sacro amore" su "in salute e in malattia" ma io quelle cose mica le capisco. Quindi l'ho fatta breve. -

Smette di parlare, guarda me, guarda Tetsu.

Sorride.

− E niente, vi dichiaro ufficialmente marito e micetto. Kuroo, limona il micetto. - conclude.

Scoppiamo a ridere tutti, tutti e tre, tutti gli invitati.

E Kuroo mi lega le braccia attorno, stringe forte, e chiude gli occhi prima di baciarmi. E mi bacia piano, poi più intensamente, niente di eccessivo ma il suo sapore è così familiare sulle labbra, e le mie gambe sono molli e il cuore mi martella nel petto e il suo odore è ovunque.

E mi metto a piangere.

Mi sa che mi sta cadendo il riso in testa quando mi stacco, e lo guardo, e sorrido.

Sorride anche lui.

E mi sembra di fluttuare.

Mi lecco le labbra, le lacrime che sono poche, ma di felicità, trasparenti, minute.

Prendo fiato.

− Questo vuol dire che sei bloccato con me per sempre, Tetsu. - dico poi.

Mi prende la faccia fra le mani, asciuga le lacrime coi pollici, si china e mi bacia.

− E non c'è nessun altro posto al mondo dove vorrei essere. −

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