10. Lacrime di verità e dolore
Soundtrack — Ivy,
Taylor Swift
🏙️
Seguo Caleb tra i lunghi corridoi della casa, lasciandomi alle spalle i segni della festa. I miei occhi corrono molto più veloci dei piedi che, ostacolati dai tacchi, fanno fatica a stargli dietro. Non importa che lo chiami, cercando di farlo rallentare, lui non mi aspetta. La sua figura mi sfugge via come sabbia al vento e prego che non mi abbandoni del tutto. Almeno, non prima di avere la possibilità di spiegargli.
Che poi, cosa dovrei dirgli esattamente?
Neanche io so cosa mi stia succedendo, sento soltanto il mio cuore battere forte come un tamburo rimbombarmi nelle orecchie, la mente incapace di formulare qualunque pensiero.
Caleb attraversa l'ingresso dell'edificio, superando il portiere. Lo chiamo ancora una volta, con tutto il fiato che ho in corpo e, finalmente, lui si ferma. Fuori, New York splende di una luce luminescente e quasi aliena e le stelle, anche se non si vedono, vorticano impetuose su di noi, oscillando affannosamente come il mio respiro.
Solo quando me lo ritrovo di fronte e sento il vento soffiarmi il suo alito gelato addosso, mi rendo conto di aver le guance rigate da lacrime che non ho sentito scendere, ma che riescono bene a esprimere quello che sento. Non sono soltanto gli occhi a piangere in questo momento, ma anche il mio cuore, ormai ridotto ad un involucro inconsistente che a malapena tiene insieme tutte le mie emozioni.
E vedere Caleb così, deluso e arrabbiato, mi fa perdere un altro battito, facendo accartocciare su se stesso il mio cuore.
«Caleb...» la voce mi esce rotta e mi tremano le spalle, ma non mi interessa del freddo che si insinua nel mio vestito e mi solletica la pelle, vedere il suo sguardo gelido fa ancora più male. Mi mordo le labbra per placare le lacrime, ma non serve a nulla, seguono il loro corso.
«Lascia perdere» sotto le luci della città appare come un angelo vendicatore, con i capelli scuri a celargli parte del viso, ma con gli occhi verdi che tagliano l'aria e illuminano ogni cosa. Quegli stessi occhi che mi hanno guardata con tanto amore, ora esprimono solo un vuoto impassibile. E mi sento persa senza la loro luce a farmi da faro.
«Io non pensavo...»
«Cosa, Lily? Che sarei stato qui?» domanda, ma non è questo quello che intendevo. Ma lui non mi lascia neanche un briciolo di pietà. «Infatti doveva essere Cole a lavorare questa sera, ma si è ammalato e mi ha chiesto una mano con il catering e dal momento che mi servono i soldi per l'affitto ho accettato il lavoro» il suo sguardo è affilato come una lama e non so se sia il buio a dargli questa sfumatura o la rabbia che prova.
«Non volevo dire questo. Io... non pensavo che sarebbe successa una cosa del genere» parlo tutto d'un fiato, con il cuore che mi sale in gola e le lacrime che continuano a bagnarmi le guance, ma non riesco comunque a ricacciarle indietro.
Non sapevo che avrei baciato Nick o che avrei rovinato tutto con il mio migliore amico, non dopo aver giurato che non lo avrei mai fatto. E vorrei trovare le parole giuste per dirglielo, ma so che non avrebbe importanza.
Non adesso che mi fissa in questo modo. Riesco a vedere il gelo nel suo sguardo e mi cade addosso come aghi di pioggia. Ed è per questo che mi stringo su me stessa, perché non sono in grado di reggere il suo confronto. Noi non abbiamo mai litigato, mai discusso. Per questo ho così tanta paura, perché non so cosa potrebbe accadere adesso. Ed è tutta colpa mia.
Lui fa un respiro profondo, buttando fuori tutta l'aria. Vedo le spalle rilassarsi, almeno in parte, ma ha ancora i pugni chiusi lungo i fianchi.
Ed è in questo momento che noto quanto sia bello con addosso l'uniforme. Una semplice camicia bianca che tiene leggermente aperta sul davanti perché so quanto odia sentirsi oppresso, un gilet nero che gli fascia addosso come una seconda pelle e i pantaloni neri dritti che mettono in risalto le sue gambe lunghe.
Solo adesso noto quanto sia dannatamente bello ed io così stupida per aver rovinato tutto.
«Torna dentro, Lily. Starai congelando» rabbrividisco al suono basso della sua voce.
«Non finchè non smetterai di guardami così. Ti prego, Caleb».
«Avrei voluto che avessi lottato così per il nostro amore, invece che per salvare questa amicizia» dice e anche lui cede. Vedo lacrime finissime attraversargli il viso perfetto, le guance accese di rosso a causa del freddo.
Le sue parole mi martellano addosso come schegge di vetro e non credo di avere la forza per replicare. Stavolta, per la prima volta, non oppongo resistenza e lo lascio andare per la sua strada.
Ho il volto bagnato di un nuovo pianto che lui non riesce a vedere e, alle mie spalle, lo sento allontanarsi da me, lasciandomi immersa nel freddo dei miei rimorsi. Forse, queste ultime, sono le lacrime peggiori perché, ormai, sono rimasta da sola.
🏙️
Nick's pov
Metà degli invitati si è voltata a guardarmi, affamati di qualche nuovo gossip con cui alimentare le loro vite noiose e monotone. Ma, onestamente, tutto ciò a cui riesco a pensare in questo momento è Lily e quel tipo misterioso che si è fiondata ad inseguire senza pensarci un secondo di più, lasciandomi qui. Da solo e esposto a questi avvoltoi che ancora non accennano a distogliere lo sguardo.
Caleb, l'ha chiamato con una voce piena di tenerezza che non ho mai sentito prima.
Che sia il suo ragazzo?
Vorrei muovermi e andare a cercarla, ma sento che farei soltanto la scelta meno appropriata e ho già sbagliato con lei. Vederla piangere una volta è stato difficile perché avrei voluto soltanto proteggerla, ma sento che, questa volta, sarei io a non resistere se la vedessi triste ancora, soprattutto se le sue lacrime sono versate per qualcun altro. E non credo di avere la forza per sopportarlo.
Una nuova distrazione attraversa la sala da ballo, superando le colonne greche e il porticato con i dipinti, perfetta nel suo abito argentato e nei capelli quasi color platino che le incorniciano un viso che di angelico non ha nulla.
Irina cammina lentamente, con la postura dritta e altezzosa di una regina e godendosi gli sguardi che le rivolgono tutti i presenti. In parte le sono grato per aver riportato l'attenzione su di sé, ma comincio subito a pentirmene quando vedo le sue ciglia sbattere nella mia direzione, pronta a seminare veleno.
«La tua dama ti ha abbandonato, Nicky?» chiede con voce suadente, a metà tra quella di una sirena incantatrice e una strega cattiva.
«Sto lavorando, Irina» dico semplicemente. È una donna pericolosa, abituata ad ottenere ciò che vuole e, con il tempo, ho capito che è meglio non fidarsi di lei e non rivelarle troppe informazioni, perché le userebbe tutte a suo vantaggio. Un tempo eravamo amici, partecipavamo insieme alle feste e agli eventi più importanti di New York. Dove c'erano i beniamini di Manhattan, c'eravamo anche noi.
Per molti eravamo già la coppia perfetta: giovani, belli e ricchi. Con un futuro luminoso tutto da conquistare.
Ma più crescevo più mi rendevo conto che non era la vita perfetta quella che volevo, né tanto meno la ragazza perfetta ma insensibile che si è dimostrata essere Irina. Mio padre si è innamorato di una fotografa, estranea alla realtà in cui sono cresciuto.
Per questo, alla fine, la mamma se n'è andata: perché non sopportava i riflettori troppo abbaglianti di Manhattan, che invece di farla spiccare tagliavano soltanto le ali della sua libertà e della sua arte. La tenevano prigioniera in una gabbia dorata che, per quanto lussuosa fosse, restava pur sempre una gabbia.
«Davvero?» un bicchiere di champagne sferza l'aria, posandosi sulle sue labbra rosse. Con Irina ogni azione, ogni parola, ogni movimento è una mossa, come negli scacchi.
Faccio un respiro, cercando di rilassare le spalle. «Per la Summit».
«E nell'articolo ci scriverete anche del bacio?» un sorriso le illumina beffardo il viso. Ha sganciato la sua bomba e ha appena fatto scacco matto.
È per questo che volevo allontanarmi da tutto, dall'Upper East Side e dai suoi inganni. Da gente pronta ad esserti amica quando conviene per poi pugnalarti alle spalle come il più vigliacco dei criminali quando ormai hanno ottenuto ciò che vogliono. Ed io cerco di capire cosa vuole davvero Irina, perché è venuta a parlarmi e perché, soprattutto, si interessa a Lily.
Sto per risponderle, ma lei sorride, prima di lasciarsi andare ad una risata.
«Sei davvero un illuso, Nick».
«Che vuoi dire? E smettila con i tuoi giochetti».
«Non hai davvero idea di chi sia quella ragazza, vero?» le dita laccate di un rosso infuocato si attorcigliano in una ciocca dei suoi capelli, prima di liberarla dietro le spalle. I suoi occhi ghiacciati tornano a fissarmi, ma io la guardo con nient'altro che confusione sul viso.
«Se non te ne fossi accorta, sono stato a Londra. Perché dovrei sapere di cosa stai parlando?»
«Non ti ricordi di un certo Alex, con il quale mi vedevo ai tempi dell'università?»
Per un attimo le parole di Irina rimangono sospese nel vuoto, in un limbo che non riesco ad afferrare, perché la mia mente non riesce a dare un volto al nome che ha rivelato, ma poi piano piano inizio a ricostruire i ricordi.
Alex.
Alex Hamilton.
Ecco dove mi sembrava di aver già sentito il cognome di Lily. I ricordi di quella sera tornano a galla, ma è Irina a precederli e, da brava oratrice, è lei a farli riaffiorare del tutto, immergendosi nelle acque gelide della memoria.
«La sera della festa della Matricola io e Alex litigammo perché ci aveva visti mentre ci baciavamo. Dopo quella volta tra noi non è più stato lo stesso, Alex ha smesso di fidarsi di me e siamo andati avanti con un continuo tira e molla» confessa.
«Sei stata tu a baciarmi» ribatto, ma so già in partenza che è una lotta persa.
«Io ero ubriaca, Nick. Ma tu non hai fatto nulla per fermarmi» ha la voce dispiaciuta, ma dubito che lo sia davvero.
Irina è una di quelle poche persone che ottiene sempre ciò che vuole e sono sicuro che avrebbe risolto tutto con Alex se lo avesse voluto veramente. Io, per lei, non sono mai stato altro che una distrazione, un'avventura passeggera. E ammetto che ci siamo serviti l'uno dell'altra in molte occasioni, tutte le volte che ne avevamo bisogno. Ma ora quel passato è andato, per sempre. E non ho intenzione di ripercorrerlo.
Questa nuova realtà, però, mi porta a fare i conti anche con me stesso, perché non cambia comunque il fatto che mi sono messo in mezzo, rovinando la loro storia. Non sapevo che a quel tempo Irina fosse fidanzata, né avevo voglia di baciarla. È successo e basta. E me ne sono pentito nel momento esatto in cui è accaduto.
Irina mi squadra con i suoi occhi affilati, ormai anche lei ha capito che ho unito tutti i punti. «A quanto pare ti piace baciare le fidanzate di altri, Nicky».
Lei continua a parlare, come un crudele oracolo che mi riferisce il mio destino, ma sono ormai troppo lontano per ascoltare le sue ultime parole. Ho bisogno di vedere Lily, di parlarle e sapere da lei se Irina mi ha raccontato la verità.
Ho il cuore in gola mentre attraverso a grandi falcate i corridoi di casa Sullivan e mi precipito fuori dall'edificio. Non so cosa aspettarmi, ma onestamente non mi interessa seguire i consigli razionali della mia mente.
Lily è in mezzo al marciapiede, i capelli le volteggiano attorno come seta d'oro e ha le mani strette attorno alle braccia. Sembra assorta nei suoi pensieri e mi avvicino in silenzio. L'aria è pungente, ma ho paura che sia il suo distacco a renderla così affilata.
Lei si volta lentamente, rivelando calde lacrime che le bagnano il viso. E, esattamente come temevo, non riesco a sopportare di vederla triste. Il suo corpo trema, sia per il freddo sia perché attraversato da brividi e singhiozzi. Provo ad avvicinarmi, ma lei non me lo permette.
«Mi dispiace» sussurro, ma lei sussulta al suono della mia voce. Ha lo sguardo rivolto verso il basso, perso in pensieri che non posso sperare di raggiungere o conoscere.
«Non è stata colpa tua» sentire la sua voce, spezzata e rotta, fa più male di quanto avrei immaginato. «Sono stata io a rovinare tutto quanto».
Rimango immobile, incapace quanto lei di fare un ulteriore passo. Sento quasi il suo dolore attraversarmi le ossa, vorrei asciugare le lacrime che le scendono copiose, sentire il suo profumo di vaniglia mentre il suo corpo è stretto intorno al mio, come lo è stato mentre ballavamo. Ma non faccio nulla di tutto questo, perché la mia testa continua a essere martellata da una sola domanda.
«È il tuo fidanzato?» chiedo, ma ho paura della risposta. Perché forse Irina aveva ragione ed io, ancora una volta, ho rovinato tutto.
Lily continua ad evitare il mio sguardo, il suo silenzio mi uccide più di quanto farebbero le sue parole. Allungo le dita per afferrarle il mento, costringendola a ricercare i miei occhi, perché è nei suoi che sono certo di trovare quello che cerco. Il contatto con la sua pelle mi fa quasi rabbrividire, sembra bagnata dalla luna, con la luce azzurrina dei grattacieli che le fa brillare le lacrime come pietre preziose.
I suoi occhi. Mi fanno venire voglia di dipingerla, perché forse solo così tutti riuscirebbero a vedere la bellezza della sua anima. Ma ho paura che neanche il più talentoso degli artisti saprebbe cogliere la sua perfezione, rara ed eterea. E quindi resto così, ad ammirarla in silenzio come faccio con i dipinti, ancora in attesa che le sue parole mi salvino o mi condannino definitivamente.
«Ti prego. Dimmi la verità, Afrodite» alla fine non riesco a resistere. Ho bisogno di sapere per calmare il mio cuore.
Finalmente Lily torna a guardarmi. «È il mio migliore amico».
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