Blindness.

"Eccellente come al solito, signorino"

Si trovavano in una sala da pranzo molto sfarzosa, ottocentesca, quasi troppo appariscente per una semplice villa nella foresta.
La tutrice stava illustrando al giovane la sua spiegazione di storia antica, mentre egli ascoltava con attenzione.
Aveva più volte risposto correttamente alle sue affermazioni, notando che vi era una nota di orgoglio nella sua voce, ogni volta che gli concedeva delle lodi.
Egli però non aveva bisogno di studiare e di ripassare, era già un genio.
E la tutrice lo sapeva bene.

"Direi che per oggi abbiamo finito" Disse con tono solenne la donna, emettendo il tipico suono di quando un libro si chiude.

Si avvicinò al giovane e gli prese la mano, portando l'altra sulla spalla esterna e facendolo alzare lentamente dalla sedia.
Uscirono entrambi dalla sala da pranzo, percorrendo un lungo corridoio dalle pareti coperte di quadri e di stendardi.
Il pavimento era stato ricoperto da un tappeto di velluto rosso, degno di una casa così grande e nobile come quella.
I due si accinsero a salire le scale e la tutrice fece continuate attenzione ai passi che il signorino compieva, avendo paura che potesse cadere da un momento all'altro.
Ma il signorino conosceva bene la sua dimora, con tutte le volte che l'aveva attraversata in tutta la sua interezza.
Sapeva persino quanti scalini formavano le scale della villa, eppure non li aveva mai visti.

"Va tutto bene, posso camminare da solo... Non ho bisogno della badante" Affermò all'improvviso con un tono quasi scherzoso, continuando a fissare il vuoto con i suoi occhi all'apparenza spenti.

"Il padrone di casa non vuole che ti lasci da solo un attimo, mi dispiace signorino" Rispose la donna con autorità, continuando a salire le scale insieme al ragazzo.

Non appena arrivarono alla fine degli scalini, svoltarono a destra e la tutrice aprì una delle porte adiacenti alle scale, facendo entrare il ragazzo e facendolo sedere sul letto.

"Mi passeresti il libro che stavo leggendo? Vorrei finirlo" Chiese con tranquillità, tenendo sempre lo sguardo basso.

La donna non se lo fece ripetere due volte e afferrò uno dei tanti libri che vi erano nella libreria, tutti scritti in braille, ovvero una scrittura rialzata per coloro che sono affetti da cecità perenne.
Lo aprì dalla pagina segnata e glielo mise tra le mani.
Il giovane ragazzo appoggiò i polpastrelli sulle pagine piene di puntini asimmetrici, capendo subito di cosa parlava il capitolo attraverso il tatto e la cultura che aveva appreso da piccolo.
Prima che potesse passare alla pagina successiva, si ritrovò tra le mani un oggetto freddo al tatto, dalla forma spessa e ovale.

"Signorino... Conosce bene questo oggetto" Disse ad un tratto la donna.

Gli alzò lentamente il viso e fece scontrare i suoi occhi contro quelli bianchi del giovane, sapendo bene che lui non conosceva il suo aspetto.

"Tuo padre ha deciso di dare a te questo medaglione, non a tuo fratello..." Continuò con una lieve preoccupazione.

Suo fratello era sempre stato geloso di lui, e in fondo lo sapeva benissimo.
Ma aveva sempre ignorato le false accuse o i patetici insulti che egli gli lanciava contro, non sentiva il bisogno di rispondere a così tanta mancanza di maturità.

"So bene quanto sia prezioso questo oggetto, ma... Io non voglio" Rispose con vigore.

La donna sussultò alle parole del ragazzo, ma non fu molto sorpresa dalla sua reazione.
In fondo, chi avrebbe mai voluto essere l'erede di un potere del genere?

"Lo capisco, signorino Brine... Con permesso"

Dopo quella affermazione, la donna uscì dalla stanza, lasciando solo il giovane con le idee confuse e con il medaglione ancora tra le mani.
Mise entrambi i pollici sulla pietra in mezzo all'ovale fatto di un qualche materiale prezioso.
Senza che lo sapesse, egli premette verso la pietra verso l'interno della cavità del gioiello, contorcendo i lineamenti del viso formando un'espressione sorpresa.
Anche se lui non poté vederlo, un bagliore di luce si sprigionò dal medaglione, avvolgendo la stanza con essa.
Il ragazzo lasciò andare a terra il medaglione, pervaso da un forte mal di testa.
La mente pulsava con insistenza, i palmi delle mani pigiavano sulle tempie, cercando di alleviare il dolore.
Ma alla fine, una voce fece capolinea tra i ricordi e i dati appresi anni fa.

"Ti conosco molto bene, signorino"

"Conosco i tuoi interessi, le tue passioni, i tuoi segreti"

"E di certo so che non è di tuo interesse ricevere questo potere"

"Non è così?"

Il giovane non si sentiva a suo agio, con quelle inutili parole a balenare nella sua mente.
Ma il tono con cui esse venivano pronunciate era così soave, così profondo.
Così letale.

"Sin da piccolo hai sempre voluto diventare un eroe, signorino Brine"

"Perciò... Che aspetti?"

"Scegli la tua strada, giusta o sbagliata che sia"

"La tua cecità non sarà più un problema, tesoro mio..."

"Io sono qui per aiutarti, sono qui per farti raggiungere il tuo scopo"

"E ora accetta il tuo potere... E non lasciare che portino via chi ami di più"

La sua testa gli sembrò esplodere da quanto male faceva, e per questo emise un forte grido, chiudendo gli occhi per il dolore.
Non appena li riaprì, un'altra luce abbagliante lo pervase, ma questa volta solo per pochi secondi.
Non appena fu tutto finito, il ragazzo poté finalmente vedere cosa vi era davanti ai suoi occhi.
Un libro dalla copertina antica, ruvida, giaceva a terra, su un pavimento ricoperto da un parquet blu.
Non poteva credere a ciò che era successo.
La sua cecità era guarita, e non riusciva a spiegarsi di tale miracolo.
Sapeva solo che doveva uscire dalla sua camera da letto, insieme al medaglione.
Lo prese tra le mani ed uscì dalla sua stanza con estrema velocità e facilità, catapultandosi verso le scale, ma solo dopo aver osservato minuziosamente lo spazio che lo circondava.
Le scese lentamente, facendo vagare i suoi occhi lungo le pareti ricche di quadri e nobili ornamenti.
Ma il rumore di un vaso caduto, proveniente dalla sala principale, lo fece tornare alla realtà.
Si diresse con preoccupazione verso il luogo interessato, e non appena arrivò i suoi occhi si posarono su uno spettacolo raccapricciante: Alex, la sua tutrice dai lunghi capelli color carota, giaceva a terra con gli occhi spenti, mentre un foro viscido di color scarlatto era apparso sul suo ventre.
Accanto a lei vi era Notch, nonché fratello maggiore e uomo geloso del fratello minore, con una spada dalla lama ricoperta dello stesso liquido della donna.

"ALEX!"

Il ragazzo si catapultò verso la donna e la prese delicatamente tra le braccia, posando lo sguardo sui suoi occhi verde smeraldo, ormai spenti.
La scosse leggermente, cercando di parlarle e di tenerla in vita in qualche modo, ma tutto ciò fu inutile.
Con molta delicatezza, il giovane fece adagiare il corpo a terra, passando le dita sui suoi occhi per chiuderli.

"Dammi il medaglione, mi spetta di diritto"

Posò i suoi occhi bianchi su quelli neri del fratello, ormai carico di rabbia e vendetta nei confronti del minore.
In tutta risposta, il signorino strinse forte il medaglione tra le mani, e con un rumore netto lo frantumò.
Di conseguenza, una potente scarica di potere si riversò su di lui, facendolo urlare di dolore.

"NO! CHE COSA HAI FATTO?!" Urlò il maggiore incredulo, lasciando cadere a terra la spada.

Ma il giovane non lo ascoltò, travolto da un forte dolore e con la mente bloccata da quella voce.
Dolce, manipolatrice, caritatevole, mortale.
Continuava a sussurrargli parole coinvolgenti, lodi, che chiunque avrebbe voluto ascoltare.

"Tu sarai un eroe, signorino"

"Tutti quanti ti rispetteranno"

"Avrai il mondo ai tuoi piedi"

"Nascerà una nuova era, grazie a te"

"Non sei contento?"

Prima che potesse rispondere, il sovraccarico di energia fu troppo potente, e l'ambiente circostante iniziò a crollare con estrema facilità.
Notch non poté fare altro che scappare dalla villa, per non rimanere come un corpo morto tra le macerie della villa.
Il giovane invece rimase in piedi, in mezzo a ciò che prima era la sua splendida casa, con la testa bassa e qualche tic alla mano o alle spalle, mentre delle veloci scariche di energia si sprigionavano sul suo corpo.
Prima che potesse fare qualcosa a riguardo, alzò di netto la testa e scoppiò in una fragorosa risata, riuscendo finalmente ad osservare il cielo che si tingeva di grigio.
La voce gli aveva detto più volte che sarebbe diventato un eroe.
Così decise di dimenticarsi del suo nome e di sostituirlo con qualcosa di nuovo.
Il mondo era pronto ad accogliere una nuova e potente creatura.
Una nuova creatura che avrebbe terrorizzato in lungo e in largo e in qualsiasi zona del mondo, credendosi l'eroe che avrebbe sempre voluto diventare.

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