capitolo 9
⋆⁺₊⋆ 9 dicembre ⋆⁺₊⋆
C'è una storia che ho sempre sentito mi appartenesse, come se fosse stata scritta sulla mia pelle. Come se avesse preso spunto dalla mia vita, pur essendo stata scritta nell'800. Lily dice che è questo il potere dei libri.
La storia di un amore impossibile, sofferto, che fa lacrimare l'anima di un dolore insopportabile e atroce, perché le sofferenze del cuore sono le peggiori e non c'è balsamo che possa curarle.
La storia di un amore che, per consacrarlo, rinuncia a tutto. Rinuncia alla verità stessa, rinuncia a manifestarsi e sceglie di dissimulare.
La storia di un amore non corrisposto e, per questo, logorante. Ma un amore che, alla fine, trova il suo epilogo.
Seduta sul divano, con una tazza di cioccolata ormai fredda tra le mani e un paio di biscotti, guardo scorrere i titoli di coda di Cyrano, le lacrime agli occhi perché mi è sembrato di vedere la mia vita descritta nel film.
Un uomo — brutto nell'aspetto esteriore e con un naso lungo — che ama una donna che non ricambia i suoi sentimenti, ma che non ha il coraggio di rinunciare a lei e, pur di ricevere indirettamente il suo amore, aiuta l'amato a corteggiarla con belle parole, di cui lei si ciba voracemente.
Ma, per quanto l'amato ci provi, nessuno conosce la bella donna quanto l'uomo dal naso lungo e, alla fine, lei capisce che le parole di cui si è innamorata non sono mai state pronunciate dall'amato, ma dall'uomo brutto. Troppo tardi si rende conto che è lui che ha sempre amato.
Tuttavia, ho paura che la mia storia non avrà mai tale epilogo e che Alex non mi amerà mai. Tutto quello che posso fare io, é amarlo come posso, con tutto il mio cuore e senza riserve, da un angolo buio e invisibile. Proprio come Cyrano ha sempre amato la bella Rossana.
Ma, per quanto mi piaccia credere il contrario, la vita vera non è un film, né una storia di cui si conosce già l'epilogo. Alex ha ragione: una parte di me apparterrà sempre al mio primo amore — apparterrà sempre a lui — ma non posso neanche chiudermi nella bolla delle mia illusione e rischiare di perdermi qualcosa di importante.
La vita vera inizia soltanto quanto ti senti pronto a viverla.
Lo amerò sempre, ma questo non vuol dire che smetterò di amare altre persone. E non voglio precludermi nessuna possibilità.
Prima o poi, proprio come la bella Rossana, Alex si renderà conto che non è Irina la donna della sua vita e che, per quanto lei si sforzi, non potrà mai conoscerlo come lo conosco io.
Ma per il momento, per quanto difficile, lascerò che il destino faccia il suo corso. Non mi ci intrometterò più, sperando in un suo tocco o in una sua occhiata. So già che, però, sarà difficile e il mio cuore tradirà i buoni propositi e che continuerà a battere più intensamente ogni volta che sarà vicino ad Alex.
Ma non mi costruirò più castelli in aria o fantasie inesistenti.
Con questo nuovo obbiettivo che mi ripeto nella mente come un mantra, mi alzo dal divano e inizio a prepararmi per il turno allo Stardust.
In realtà oggi dovrebbe essere il mio giorno di riposo, ma siamo sotto il periodo natalizio e Carl ha sempre bisogno di un aiuto in più e, visto il mio stato d'animo, mi serve qualcosa che mi faccia non pensare.
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La voce di Mariah Carey a tutto volume nel locale mi stordisce e Laurie, stonata come una campana, canta sottovoce mentre prepara i caffè. La specialità di oggi è un biscotto a forma di tronchetto di Natale accompagnato da un cappuccino con latte d'avena e aroma di vaniglia e arancia.
Sorprendentemente, é andato a ruba.
Da questa mattina non c'è stato un momento di fermo: le persone, sempre di corsa come soltanto a New York può essere, si susseguivano come carrozze del treno, ad una velocità sorprendente.
Per fortuna, il ritmo incalzante del lavoro ha aiutato il mio cervello a distrarsi e non pensare ad Alex. Almeno, fino ad adesso. Fino ad adesso che é calato il sole, la temperatura si è abbassata e il locale svuotato.
«Hai per caso fatto un boost di zuccheri?» domanda Laurie con il tatto di un elefante in una gioielleria. «A volte quelle barrette energetiche fanno più male che bene» mi guarda con rimprovero.
«Sto facendo soltanto il mio lavoro» le dico, sperando che la conversazione si fermi qui. Preferisco ascoltare le canzoni di Natale mentre pulisco il bancone, invece della sua voce gracchiante da corvo cattivo.
Per fortuna, la porta si apre, lasciando entrare una scia di neve e un ragazzo che trova posto al tavolino in fondo alla sala, e sul quale mi ci fiondo per evitare di ricevere altri commenti sprezzanti da parte di Laurie.
Forse sono una persona cattiva, ma non riesco a sopportarla quando parla pensando di conoscere già le risposte.
«Salve, cosa ti porto?» domando al cliente, ciondolandomi sui piedi.
Una massa di ricci biondi si sposta appena lui alza lo sguardo su di me. Due iridi glaciali mi fissano cordiali. «Cosa mi consigli?» dice, con un accento tipico della West Coast.
«La specialità del giorno è un cappuccino alla vaniglia» semplifico, soltanto perché non sono grande fan degli agrumi. «Ma fossi in te prenderei la cioccolata calda classica e una fetta di red velvet».
Il tipo fa scorrere lo sguardo da me al menu plastificato che stringe nelle mani piene di anelli. «D'accordo mi hai convinto» dice. «Ma taglia una fetta bella grande di torta» il suo sorriso è quasi abbagliante, più bianco della neve che cade.
Gli sorrido a mia volta, segnando l'ordinazione. Torno da lui qualche minuto più tardi, con la cioccolata bollente e la red velvet. «Ecco a te».
Intanto, Laurie sta lavando un paio di tazze e mi avvicino per aiutarla ad asciugarle. Per fortuna decide di restare zitta.
Un tonfo ci fa girare entrambe. All'inizio non capisco da dove arrivi, ma appena poso lo sguardo sul biondo dal grande sorriso, tutte le domande trovano risposte.
Si è rovesciato la cioccolata addosso, la maglietta bianca macchiata di marrone. «Mi dispiace» dice quando lo raggiungo con uno straccio umido.
«Non preoccuparti, te ne preparo un'altra» pulisco rapidamente la superficie del tavolo.
«Scusa» ripete. «Scottava».
Il suo tono dispiaciuto mi fa ridere, ma mi sbrigo a coprirmi la bocca con una mano. Non si dovrebbe ridere dei clienti. Ma lui non sembra averci fatto caso.
«Ti aiuto» continua lui, piegandosi per terra a recuperare i cocci della tazza. Sto per dirgli che non ce n'è assolutamente bisogno, che quello è il mio lavoro, ma lui — nel rialzarsi — sbatte la testa sul tavolo.
«Oddio stai bene?» chiedo preoccupata.
Ma lui continua a ridere, portandosi una mano sui ricci. «I capelli hanno attutito la botta» fa una pausa, posando i resti della tazza sul vassoio. «Scusa, sono davvero imbranato».
Mi fa sorridere: lo capisco bene. Neanche ricordo le volte che é successo a me.
«Sono Simon, comunque» si presenta, allungando la mano.
«Sophie, piacere».
I suoi occhi si soffermano nuovamente su di me. Mi ricordano il cielo limpido; una metafora banale, lo so, ma é la pura verità. «Sei di New York, Sophie?»
«Connecticut» gli rispondo. «Ma vivo qui da diversi anni ormai» lui incrocia le braccia, come se non approvasse la mia scelta, la macchia marrone sul petto che si allarga ad ogni secondo che passa. «Ti porto un'altra cioccolata».
«Oh, non preoccuparti. Credo non sia destino» commenta, ridendo.
«E tu di dove sei?» chiedo, un po' perché sono curiosa del suo modo di fare, un po' perché mi sembra brutto non ricambiare la domanda.
«California» afferma Simon.
Ci avrei scommesso. «Los Angeles?» azzardo.
«San Diego».
Ci sono andata vicina. «E come mai sei a New York?» domando. Ho sempre voluto farmi una bella vacanza in un posto caldo e in cima alle possibili destinazioni c'è sempre stata la California. Un bel viaggio on the road alla scoperta dell'America più selvaggia.
«Passo le vacanze di Natale qui con mia nonna» dice lui. «Vengo nella grigia New York tutti gli anni fin da quando sono bambino, ma ogni volta mi dimentico del freddo che fa» sorride.
«Già, dev'essere strano visto che da te c'è il deserto» commento. In questo momento vorrei tanto essere come Lily, o perlomeno, aver letto quel suo grosso libro Curiosità d'America e avere altro di cui discutere; lei conosce sempre qualche aneddoto particolare su ogni Stato.
Purtroppo, la mia conoscenza della California si esaurisce qui. A parte per l'enorme scritta Hollywood a Los Angeles ovviamente. E il fatto che sono anni che tento di convincere Lily per andare al Coachella.
Con un po' di imbarazzo, mi rendo conto che Simon mi sta ancora fissando. «Ci sei mai stata?» chiede. «A San Diego, intendo».
Mi porto dietro l'orecchio un ciuffo uscito dalla treccia. «No, il massimo che ho raggiunto è stato Chicago per un concerto dei Jonas Brothers» ma che cavolo sto dicendo?
«Oh, ma dai, io li ho visti al Coachella l'anno scorso. Nick è decisamente più alto dal vivo, credimi».
Lo sguardo di Simon é talmente sincero che mi ritrovo a sorridergli. É incredibile come bastasse soltanto liberare un po' la mente e guardarsi attorno per conoscere persone nuove.
«Ti va di scambiarci l'instagram?» domanda lui ad un certo punto. «Hai gusti musicali piuttosto raffinati» ride.
«Oh be', non hai visto la mia fase Taylor Swift» lo prendo in giro, anche se una simile fase c'è stata e non è ancora finita. «Comunque, certo» dico, prendendo il telefono e aprendo la schermata di Instagram.
In appena qualche secondo, mi arriva la notifica di un nuovo follower. Ricambio, appuntandomi mentalmente di scrollare il profilo di Simon quando sarò a casa.
«É stato un piacere, Sophie di New York. Spero di rivederti» si alza in piedi, lasciando una mancia generosa sul tavolo e porgendomi la mano.
Ancora un po' imbarazzata, gliela stringo, senza smettere di sorridere nemmeno per un secondo.
«Anch'io lo spero, Simon di San Diego» e, con mia grande sorpresa é la verità.
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helo amici 🫶🏻
oggi capitolo un pochino più breve del solito, ma é lunedì per tutti e immagino siate stanchi 🤍
Come precede il vostro dicembre?
E, soprattutto, 𝒯𝒽𝒾𝓈 𝒞𝒽𝓇𝒾𝓈𝓉𝓊𝓂𝒶𝓈 vi sta piacendo?
Cosa mi dite di questo Simon? 🧸
sono molto curiosa di sapere cosa ne pensate, quindi non fatevi problemi a lasciarmi qualche commento o scrivermi su IG (@/xaphroditeestories)
detto questo,
noi ci vediamo domani con un nuovo capitolo!
🧁☃️🎀
vi voglio bene,
aphrodite
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