Capitolo 3
Era la prima notte passata su un letto morbido e pulito. Al mio risveglio ad accogliermi furono due ragazze con i loro letti accanto al mio. Sembravano simpatiche. La prima cosa che mi dissero fu di non avere paura e che anche loro come me non avevano dei genitori. Ma le loro parole furono inutili, il terrore mi assaliva, avevo paura. Mi girai intorno e vidi una grande finistra sopra il letto della mia compagna. Da quella finestra riuscivo a vedere il giardino del centro,vi era anche qualche misera altalena sulla quale ci giocavano altre tre ragazze,sembravano qualche anno più grande. Mentre le osservavo,mi accorsi che mia sorella non era lì con me,entrai nel panico,piangevo,volevo mia sorella. Senza di lei mi sentivo incompleta, senza la mia bambola mi sentivo sola. E sapevo che anche lei si sentiva come me in quello stesso momento. Scesi da letto e iniziai a correre per tutte le stanze cercando la piccola,ma niente. Le ragazze mi guardavano con stupore, come se davanti avessero una psicopatica dai problemi mentali. Ma quella psicopatica cercava la sua metà. Dopo una lunga corsa per le stanze,persi le speranze e ritornai piangendo nella mia camera. Mentre ero lì rinchiusa nelle mie paure,nei miei pensieri,una delle ragazze si avvicinò domandandomi il motivo per cui piangevo. Io singhiozzando le spiegai che avevo perso la mia sorellina e che dovevo assolutamente ritrovarla. La ragazza rimase per un piccolo istante lì ferma davanti a me con lo sguardo perso. Mentre aspettavo una qualsiasi risposta un'altra delle ragazze si avvicinò e mi chiese :" Eih tu psicopatica, quanti anni ha questa tua sorellina?"
Io rimasi per un po' in silenzio, avevo l'asma tutta quella corsa non mi aveva fatto tanto bene e l'unico modo per riprendere a respirare regolarmente era quello di stare ferma a fare dei piccoli respiri. Dopo che iniziai a sentirmi meglio le dissi con voce tremolante: " Lei é la mia bambola,si chiama Estefany e ha solo due anni. Potete aiutarmi a ritrovarla?"
La ragazza,mi guardo perplessa, lanciò uno sguardo alla ragazza accanto a me e scoppio a ridere. Non riuscivo a capire che cosa le facesse così tanto ridere. Io la guardavo senza capire nulla,mi sentivo piccola,come quel punto nero in mezzo al figlio bianco. Dopo essersi calmata riprese a guardarmi con aria fredda e mi disse che le bambine fino ai cinque anni satavano nell'area prematuri,al piano di sotto. E che non dovevo avere paura perché le sorelle non vengono mai separate in adozione. Non appena finì di parlare mi alzai di scatto dal letto e mi misi a correre giù per le scale. Quel piano sembrava il paradiso,le mura erano tutte colorare di celeste e rosa. Iniziai a camminare lentamente per il corridoio tutte le stanze erano vetrate e al loro interno vi erano una ventina di culle con bambini che dormivano come se fossero stati baciati da Dio. Era tutti così tranquilli dormivano tutti,erano immobili. Guardai una culla dopa l'altra con la speranza di trovare la piccola,ma niente. Passai alla stanza accanto e anche lì tutti dormivano tranne qualcuno che muoveva a destra e a sinistra i minuscoli piedi. Passai ancora alla stanza accanto,iniziavo a piangere,temevo di non vederla più, di averla persa per sempre. Ma proprio mentre cercavo,il mio sguardo si spostò automaticamente su quella culla bianca dal fiocchetto rosa,era proprio lei, fra tutti gli altri bambini solo i sui striduli si sentivano. La guardavo con il cuore in gola, l'idea di non poterle stringere il pollice mi uccideva. Ero disperata,volevo rompere quel vetro, dovevo assolutamente stare con lei,solo così avrebbe smesso di piangere. Rimasi li ferma a guardarla con le lacrime agli occhi,ero immobile. Il mio respiro affannato appannava il vetro,ma me ne fregavo.
Mentre me ne stavo lì davanti a quello stupido vetro,il mio pianto fu interrotto da una signorina bionda,la sua altezza quasi mi spaventava, ma era bella. Mi disse che non potevo stare in quel piano e mi riportò nella mia stanza. (davvero ero riuscita a stare lí fuori a fissare la piccola fino a tarda sera e nessuno si accorse di me)Non potevo lasciare Estefany dentro a quella culla a piangere,continuavo a pensare che lei aveva bisogno di me e io avevo bisogno di lei.Ero preuccupata. Non facevo altro che chiedermi che fine avremmo fatto,perché ci trovavamo in quel posto,che cosa volevano quelle persone. Ero confusa. Mi sentivo piccola come una formica. Ero sola. Avevo bisogno di piangere e fu così. Piansi tutta la notte. Perché la mia infanzia non era come quella delle altre bambine lì fuori? Perché non potevo giocare in cucina con la mamma e sporcare di uova e farina tutto quanto? E il papà? Perché non era lí con me,mi sarebbero piaciute le sue favole prima di andare a domire. Non ho mai avuto risposta alcuna. E non volevo averle perché sapevo che in un modo o nell'altro mi avrebbero ferita a morte.
Ero una bambina infelice,una di quelle bambine che piangono non appena cade il gelato a terra,o quando le viene tolto il giocattolo. A me quel giorno mi venne tolta la mia bambola. Era l'unica famiglia che avevo. E la volevo con me,in quel preciso momento.
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