Capitolo V - Riflessioni serali
Le lacrime iniziano a scendere lungo il mio volto, incontrollabili. Il colletto della maglietta è piuttosto bagnato ormai e i miei occhi sono già rossi e gonfi. Coprendomi il volto quasi deformato da quel pianto, salgo le scale di corsa, diretta verso la mia stanza. Appena entro nella camera mi guardo attorno, cercando di capire dove andare per sfogare il dolore. Il mio sguardo si poggia casualmente sulla finestra.
La finestra!
felice corro verso il vetro e inizio ad alzare le imposte, guardando fuori attraverso il fitto strato di lacrime con sguardo perso. Poi giro la maniglia verso destra e spalanco la finestra, sentendo un po' di brezza accarezzarmi i capelli. Senza pensarci due volte, mi sporgo e noto le varie tegole del tetto susseguirsi ordinatamente.
Un tetto spiovente!
Penso, lievemente sollevata dalla mia scoperta. Scalarlo non mi era mai risultato molto difficile. Così esco dalla finestra e mi arrampico sul cornicione, arrivando a toccare l'estremità del tetto con i palmi delle mani.
"E ora la pare più complicata!" Penso, agguantando il tetto e facendo forza sulle braccia, per issarmi sopra. Non so come, ma alla fine ce l'ho fatta. E sono qui, con le gambe penzoloni a riflettere, cercando di calmarmi, no, Andrè non verrà stasera...
«Andryy! Andry dove sei??» urla il mio migliore amico, dal primo piano di quella struttura. Quando è preoccupato per me non si importava se LORO lo scoprissero e lo punissero di conseguenza. Eppure in fondo capisco il motivo per cui i nostri custodi ci facciano così tante cose brutte. Se ci picchiano è perché hanno paura che ci cacciamo in qualche guaio e ci potremmo mettere seriamente in pericolo. E poi sono così affascinanti e dolci...
«Che hanno fatto stavolta? Giuro che a quelli io gli spacco il muso!» esclama Andrè sedendosi accanto a me e spostandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Io mi asciugo le lacrime e impallidisco, singhiozzando.
«No, ti prego. Per carità... Loro... Loro ci tengono a noi!» esclamo, con la voce improvvisamente acuta.
«No, Andrew. Io CI TENGO a te, loro no. Come fai a dirlo dopo... Dopo tutto quello che ti hanno fatto?! E dopo oggi... Perchè non ti allei con me??» sbotta, tutto d'un colpo. Io lo guardo con gli occhi sgranati.
«Ma... Non... Non era colpa loro... Loro non l'hanno fatto apposta...» dico io abbracciandolo, nascondendo il volto nel suo petto, inumidendogli la maglietta per le lacrime. Lui ricambia la stretta e mi accarezza la testa, pensieroso.
«Lo sai che non la penso allo stesso modo, ma farò come vuoi. Solo che un giorno ti aiuterò a smettere di soffrire. E tu mi ringrazierai, piccola Andry.» afferma lui, mentre un sorriso gli compare sulle labbra. Un sorriso colpevole.
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