Capitolo II - A casa di JJ
«Va... Va bene... Grazie di quest'opportunità.» balbetto, molto emozionata. Il mio sguardo si incrocia per un secondo con quello di Spencer, ma faccio in fretta ad abbassare gli occhi, un po' imbarazzata. Poi JJ mi fa cenno di seguirla e così entro nella sua automobile, sul posto accanto a lei. Sono molto meravigliata della sua fiducia e disponibilità, da lasciarmi occupare il sedile del passeggero anteriore. Guardando fuori dal finestrino il paesaggio che scorre via velocemente, penso con nostalgia a quando non avevo ancora commesso tutti quei furti, quando l'analisi comportamentale non mi aveva ancora braccata. Quando ero libera.
«Come ci si sente ad essere di nuovo quasi libera?» mi chiede Jennifer, sistemando con una mano lo specchietto retrovisore.
«Beh... Mi sento preoccupata... Temo che qualcosa vada storto... Andrè non credo apprezzerà ciò che sto per fare.» affermo, in un sussurro.
«Se... Se posso chiederti... Chi è Andrè? Perchè ha derubato quelle persone, rovinandogli la vita?» mi chiede la giovane donna, senza distogliere lo sguardo dalla strada.
Io, sospirando, attendo un attimo prima di rispondere: «È un ragazzo che ha sofferto insieme a me... Siamo stati aggrediti, maltrattati, picchiati dalle stesse persone. Eravamo insieme ad altri bambini, solo che io avevo la sindrome di Stoccolma. L'ho capito dopo molto tempo, all'inizio, quando lui mi aiutò a fuggire, io ero distrutta. Ho sofferto davvero tanto, ma c'è sempre stato Andrè a difendermi. Poi, tre anni fa abbiamo elaborato una vendetta personale, ma lui, sentendo le sirene è fuggito. Ero sconvolta... Per me è stata dura. Poi ogni tanto veniva ad aiutarmi in prigione, per relazionarmi con la carceriera e con le compagne difficili. È un buon amico. Lui... Lui è l'unico di cui mi fido.» balbetto. Non so perchè glielo stia dicendo, ma sento che in fondo mi ha fatto bene. Così respiro a pieni polmoni e sorrido. Un sorriso vero, di chi è disposto a dare di tutto, pur di sentirsi libero. Non dico nient'altro per il resto del viaggio e nella vettura si sente solo il testo di "I was made for lovin' you", così a basso volume che è possibile percepire i nostri respiri. Ad un certo punto l'auto si ferma e così io volgo lo sguardo verso la sua abitazione: un appartamento a due piani. Senza dire nulla poso gli occhi sulla donna, con un abbozzo di sorriso sulle labbra.
«sei molto carina quando sorridi, lo sai?» mi dice gentilmente, prendendo le chiavi di casa. Io arrossisco, rispondendo senza troppe cerimonie un 'grazie'. Apre la porta e finalmente posso vedere l'interno della sua abitazione. È piuttosto accogliente, ma io mi sento a disagio. Così mi guardo attorno, aspettando le direttive di JJ. Lei mi sorride e mi dice:
«La tua stanza è al piano superiore, in fondo a destra. La cena è alle nove e mezza... Intanto puoi fare quello che vuoi, probabilmente vorrai andare a fare shopping e ti posso accompagnare... Seguimi!» e così ritorniamo all'esterno.
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