Galanteria in sette minuti
Got a one foot on the platform,
the other on the train.
I'm going back to New Orleans
to wear that ball and chain
Perché dire gentleman quando puoi dire galantuomo?
Costa Crociere, 2015
Frederik Towers fumò la sua prima sigaretta all'età di quarantadue anni, il 13 agosto alle ore 6:37 (come al solito, era in anticipo).
La sua vita devota e servizievole, prima verso la madre, poi verso la moglie e i figli e infine, come se non bastasse, anche verso il capo, fatta di "che cosa potrebbe pensare la gente, Frederik?", non gliel'aveva permesso. E magari gli avesse vietato soltanto le sigarette, magari.
Ma questa è un'altra storia. Una storia che spetterà solo a Frederik stesso, di raccontarvela. Se vorrà, ovviamente.
Il treno 4548392 diretto a Memphis è in partenza alle ore 6:56 al binario 7.
Ah, i treni! Oh, meglio, le stazioni! Binari di felicità e binari di tristezza. Sei felice quando parti e triste quando torni. E a volte è il contrario, se hai fatto un viaggio penoso.
A questo pensava Frederik prima di partire. Al resto ci aveva già pensato, ormai, e non avrebbe voluto tornarci con la mente per il resto della vita.
E poi, ah... Poi pensò ad un'altra cosa. Si promise tra sé e sé che sì, forse avrebbe preso treni sbagliati, ma non sarebbe più stato quel rincoglionito che c'è in ogni stazione che si rispetti, quello che aspetta il treno da ore e poi si distrae leggendo il giornale o si accorge che è nel binario sbagliato. Oh no.
E con fare solenne, mise un piede sulla banchina, l'altro sul treno. Ma questa volta non era a New Orleans che tornava, a rimettersi quella palla al piede. Oh no. Quella palla al piede ce l'aveva addosso e se la stava togliendo, proprio salendo su quegli scalini.
Ma quella galanteria, ahimè, non riusciva proprio a togliersela. La sentiva bollire dentro come i macaroni in pentola (con l'aggiunta di Cheddar) che cucinava per la famiglia («pronti in soli sette minuti», diceva la pubblicità che davano appena dopo "Are you smarter than a 5th grader?" ogni sera alle sette in punto) e per quanto cercasse di chiudere il coperchio per soffocarla, non poteva farci niente. Esplodeva. Una galanteria pronta all'uso immediato, al contrario dei sette minuti della pasta.
Prima di posare la sua valigia nel portabagagli in alto, si guardò intorno per vedere se prima non servisse una mano a qualche minuta signorina. Ma non ne trovò.
A dire il vero, una ne trovò, sì, ma era già seduta vicino al finestrino. Era intenta a leggere una rivista. Era meglio non recarle disturbo.
Ma, perbacco, il destino volle che quella donna si sedesse proprio nel posto che era stato assegnato a lui. Ahimè, non gli rimaneva altra scelta.
Si schiarì la voce.
«Mi scusi, signorina, temo che ci sia stato un piccolo malinteso. Gentilmente, guardi, questo è il mio b-»
Ma quando la donna tolse lo sguardo dalla rivista, non riuscì più a finire la sua frase, il nostro Frederik.
Non era la sua bellezza ad averlo colpito, oh no, forse un tempo. E nemmeno ciò che lei disse dopo.
In realtà, lei non disse proprio nulla. Non una sola parola.
Le bastarono due cose: sbattere sulle sue ginocchia incrociate la rivista che teneva in mano (se Frederik non fosse stato di quell'umore, avrebbe letto l'insegna "Big Easy" sulla copertina), e fare un gesto con la mano: un lungo, trionfante, elegante e fresco di manicure terzo dito.
Come poteva prevederlo il nostro povero Frederik? La palla al piede ce l'aveva ancora, era lì, sul treno, davanti a lui.
Si chiamava Felicity Detroit ed era sua moglie.
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