3 - Kurt e Dylan - Day 7
Giorno 7
Dylan
Non immaginavo che l'anno nuovo avrebbe portato con sé tante novità, e non tutte sono state negative come lo sconvolgimento totale della mia vita.
Se da un lato ogni cosa che mi riguarda sembra un disastro totale, dall'altro tutto mi sembra una novità. Sembra che le piccole cose abbiano tutto un altro gusto, o forse sto imparando un altro modo per godere dei momenti più banali, quelli più semplici come fare colazione insieme, fare la spesa per qualcuno a cui tieni - magari cercando la sua marmellata preferita - o guardare un film, uno qualunque, solo per il piacere di stare insieme.
È questo che sto imparando ad apprezzare, le piccole cose, quelle che ti permettono di condividere la quotidianità. Non che non abbia mai fatto tutte queste cose con i miei amici a Boston, o con mia madre da tutta la vita, ma adesso, insieme a Kurt e a sua madre, tutto sembra diverso, non migliore, ma comunque è qualcosa che mi fa stare bene.
Davvero bene.
Ho deciso di dare retta al suo consiglio e di metterlo in pratica: mi prenderò qualche giorno prima di decidere cosa fare. Voglio provare ad allontanare i problemi per potermi riappropriare della mia lucidità e vedere le cose con più chiarezza. Non so se sono in grado di farlo, ma non c'è nessuno che mi sta correndo dietro: la famiglia Styles al completo mi sostiene in tutto, e quel gran bastardo ha vissuto senza di me da sempre, non sarà di certo qualche giorno in più a fare la differenza. Voglio essere perfettamente lucido quando lo affronterò perché voglio sbattergli in faccia tutti i suoi errori e le sue mancanze senza dimenticarne nemmeno una.
E Kurt è un maestro in questo. Mi ha portato al lavoro con lui qualche giorno fa, mi ha messo a fare il commesso - e si è divertito un sacco nel vedermi in difficoltà -, mi ha portato a vedere la città sotterranea, siamo tornati al Mariposa e... e siamo stati da mio fratello tutte le mattine.
È più facile affrontare quel momento con lui vicino. Ogni volta mi chiede se preferisco restare solo, e ogni volta gli rispondo che preferisco che lui resti con me. Trova sempre le parole giuste per farmi pensare positivo.
In questi pochi giorni abbiamo vissuto a stretto contatto, ha fatto fronte insieme a me ad ogni emozione che mi ha travolto. Ho condiviso con Kurt dei momenti intensi che mi hanno portato a legarmi a lui in maniera profonda. Nonostante siano passati pochi giorni, mi sembra di conoscerlo da sempre, è diventato parte della mia vita allo stesso modo in cui lo è Harry, per esempio.
Sono tornato a ridere - cosa che avevo smesso di fare il giorno in cui ho scoperto la verità - ed è tutto merito suo.
Già... Credo di aver trovato un ottimo migliore amico...
«Ne vuoi ancora?» Kurt mi distoglie dai miei pensieri mettendomi sotto al naso l'enorme ciotola - ormai quasi del tutto vuota - con i popcorn che lui stesso ha preparato prima di sdraiarci sul divano per cazzeggiare di fronte alla TV.
«No, però mi andrebbero un po' di quelle arachidi tostate che hai lì vicino» gli dico indicando la piccola ciotola rossa che ha vicino al suo fianco sinistro.
«Scordatelo, queste sono mie» dice afferrando la ciotola e posandola un po' più lontano.
«Non c'è mica scritto il tuo nome lì sopra.» Mi allontano con la schiena da dove ero appoggiato e mi allungo sopra di lui per raggiungere la ciotola delle arachidi, ma lui la allontana ancora un po'.
«Ho detto di no!» Mi ha già fatto questo scherzo ieri sera con le patatine, evidentemente si è divertito così tanto che ha deciso di rifarlo.
«Eddai Kurt! Non essere egoista!» Lui tiene la ciotola dei popcorn in alto con una mano, e con l'altra tiene lontano da sé - verso la sua sinistra - la ciotolina con le arachidi e, in tutto questo, io sono semi spalmato su di lui per cercare di raggiungere le noccioline.
«Stiamo parlando di arachidi, certo che sono egoista!» Porta anche la ciotolina più piccola verso l'alto, così mi ritrovo quasi completamente su di lui per prendere l'oggetto a cui miro, ma mi appoggio poi con il gomito sul suo stomaco, provocando un disastro colossale.
Il suo scatto gli fa rovesciare ovunque il contenuto di entrambe le ciotole, lui chiude gli occhi per il colpo ricevuto, ma ride. Nel frattempo io mi ritrovo a pochi centimetri dal suo viso e il suo sorriso sembra ancora più bello da questa distanza. Per un attimo mi sembra che il tempo si fermi e mi sorprendo a trovarlo bellissimo. Qualcosa si smuove nel mio stomaco e succede anche al mio cuore. Non è la prima volta che me lo ritrovo così vicino - mi abbraccia sempre quando siamo al cimitero, non so cosa farei senza di lui - ma in questo momento è successo qualcosa in me, qualcosa che mi fa venire voglia di toccarlo, di sentire la pelle del suo viso sotto alle mie dita... Poi, l'incanto si interrompe.
«L'avete fatto di nuovo!?» La voce della signora Jen mi distoglie dal mio sogno ad occhi aperti.
Ieri sera è successa più o meno la stessa cosa, ma i nostri ruoli erano invertiti: io avevo le patatine e lui le voleva per sé, così le ho allontanate, ma Kurt si è allungato sopra di me per prenderle e il risultato è stato più o meno lo stesso: quasi metà di quelle patatine sono finite tra divano e pavimento, con conseguente rimprovero della signora Jen.
«Non è colpa mia mamma, lui voleva prendermi le arachidi!» Mi allontano velocemente da lui per tornare al mio posto mentre schiaccio sotto di me numerosi popcorn.
«Tu hai un serio problema con le arachidi, devo smettere di comprarle.» La madre di Kurt si allontana scuotendo la testa. «Raccogliete tutto quel casino» dice mentre sta per uscire dalla stanza.
A quel punto torno a respirare. Non credo che Kurt si sia accorto del mio turbamento, ma io non ne sono del tutto stupito.
«Pensi di continuare a far finta di niente o mi aiuti?» La sua voce divertita mi fa sorridere, poi mi inginocchio con lui per raccogliere tutto quello che abbiamo fatto cadere.
«Se mi avessi dato quelle arachidi non avremmo avuto bisogno di passare un'altra serata in ginocchio.» C'è una piccola luce che si accende nei suoi occhi, ne sono sicuro.
«Non è male vederti di nuovo in ginocchio.» Le sue parole, il suo stesso tono di voce, e quella luce che ha nello sguardo, provocano in me una strana pressione al basso ventre, ma mi priva di nuovo troppo in fretta della visione dei suoi occhi. «Muoviti prima che mia madre torni a sgridarci» dice con lo stesso tono divertito di poco fa, cosa che fa leggermente allentare quella pressione.
«Ti ricordo che io sono l'ospite e dovresti trattarmi con riguardo.» Pronuncio le stesse parole che sua madre ha usato con lui mentre lo sgridava per avermi mandato a buttare l'immondizia. Io l'ho fatto volentieri - non sono in albergo ed è giusto che mi renda utile -, ma la signora Jen ha il suo concetto di ospite e secondo lei non dovrei fare nulla. In realtà mi piace dividere le faccende di casa con Kurt.
Lui mi osserva assottigliando gli occhi a due fessure, poi si siede sui talloni e, di punto in bianco, mi lancia i popcorn che ha ancora in mano. «Beccati questo riguardo!» dice con aria di sfida.
«Non l'hai fatto davvero...» dico, piegandomi anch'io sulle gambe e poggiandomi sui talloni.
«L'ho fatto invece...» poi si abbassa e prende altri popcorn dal pavimento e me li lancia di nuovo. «... e ora l'ho rifatto...»
«Kurt! Si può sapere quanti anni hai?» La signora Jen interrompe qualunque cosa stesse succedendo tra noi, e un po' gliene sono grato, perché la situazione stava diventando a dir poco insolita, ma una piccola parte di me, una parte che ho tentato di reprimere in ogni modo possibile, si sta ribellando a me, alla signora Jen, a tutto quanto, e non credo di potere - o volere - che resti ancora confinata in un angolo.
«Scusa mamma, stavo offrendo al nostro ospite dei popcorn...» dice lui senza smettere di guardarmi con quegli occhi furbi, e io sento tornare con insistenza quella pressione al basso ventre.
«Sei incorreggibile, sistema questo casino, io sto andando a dormire. Buonanotte Dylan e scusa per questo disastro.»
«Non c'è nessun problema, anche io ho fatto la mia parte.»
Perché sento l'impellente voglia di toccarlo?
Lo sai perché...
«Voi due insieme siete un pericolo.» Poi non aggiunge altro ed esce dalla stanza.
Torno con lo sguardo su Kurt dopo aver guardato sua madre andare via e mi accorgo che non è più in ginocchio davanti a me. Sì è alzato e sta tornando con l'aspirapolvere.
L'incanto si è spezzato, e io tiro un sospiro di sollievo per non dover affrontare il momento con lui presente.
*******
Nemmeno stasera riesco a prendere sonno.
I miei occhi sono spalancati, puntati sul soffitto mentre sono sdraiato a letto, con le braccia piegate dietro la testa e le coperte che iniziano a darmi fastidio.
È ancora pieno inverno, a Montreal le temperature sono parecchio rigide e il riscaldamento in casa Hummel, non è di certo ai livelli del caldo che sento da qualche minuto a questa parte.
Decido di togliermi le coperte e sbuffo per la frustrazione che mi arriva fin dentro le ossa: sto provando in ogni modo a reprimere quello che provo e non so nemmeno perché lo sto facendo.
Non sono mai stato un Don Giovanni, e nemmeno un gran figo come Harry o Zayn che attiravano lo sguardo di tutte le ragazze già al secondo anno del liceo. Non ho avuto tante storie come Niall, e neanche una seria come quella di Louis o Liam. Le uniche due ragazze con cui sono uscito è stata roba da poco. L'ho fatto più per essere in qualche modo "uguale" agli altri, come se volessi "uniformarmi" al gruppo, più che per un interesse vero e proprio.
Non ho mai riscosso un gran successo tra le ragazze, e nemmeno mi interessava particolarmente.
Per una sola persona ho davvero perso il sonno.
Eravamo all'inizio del secondo anno, io stavo con Stacy da poco più di una settimana, quando ho conosciuto Victor, un tipo dell'ultimo anno. Era divertente, allegro, con la battuta sempre pronta. Si allenava con Niall, e in quel periodo - molto più che in passato - ho preso a frequentare lo spogliatoio. Con la scusa di aspettare il mio amico, avevo l'occasione di scambiare quattro chiacchiere con Victor e... e avevo la possibilità di guardarlo senza niente addosso.
Ho perso il conto delle notti che trascorrevo pensando a lui.
È stato un periodo molto difficile per me. Quando mi trovavo a scuola ero alla continua ricerca di Victor, ma nel momento in cui mi ritrovavo con i miei amici per tornare verso casa mi dicevo che era sbagliato, che non dovevo pensare a Victor. Tuttavia, la sera, quando ero da solo, nel mio letto, e potevo essere totalmente sincero senza la preoccupazione di cosa avrebbero detto gli altri, lasciavo vagare la mente, e i pensieri su Victor prendevano il sopravvento, almeno fino a quando non spaventavo me stesso nel momento in cui le mie fantasie si spingevano troppo oltre.
Ho lasciato Stacy quando mi sono reso conto che mentre baciavo lei pensavo a lui. Da lì in poi è stata una dura lotta contro me stesso. Ho rinnegato e represso quella parte di me per mesi, e l'ho fatto con così tanta forza che il terzo anno di liceo sono uscito con Laurel, una bellissima ragazza dai lunghi capelli neri e occhi azzurri.
I miei amici mi facevano spesso i complimenti per la scelta, soprattutto perché, oltre che essere molto bella, era una dell'ultimo anno, una di quelle che non passano il pomeriggio con un ragazzo a darsi bacetti sulla guancia, e avevo tutta l'intenzione di riuscire a dimostrare a me stesso che ero come i miei amici, e avrei perso con lei la verginità.
E così l'ho fatto: durante un pomeriggio a casa sua in cui avremmo dovuto studiare e i suoi genitori non c'erano, siamo finiti nel suo letto, e ho fatto sesso per la prima volta, solo che mi ricordo molto poco di quel momento perché io ho pensato a Victor per tutto il tempo.
È stato quel giorno che ho giurato a me stesso che non sarebbe più successo niente del genere. Ho capito che non mi piacevano le donne, ma non ero pronto ad accettarlo - non lo sono nemmeno adesso - e ho deciso che non sarei mai stato con un uomo, e neanche con una donna se dopo avrei dovuto sentirmi sbagliato come mi sono sentito quel pomeriggio.
Da lì in poi ho cercato di evitare l'argomento con tutti, persino con me stesso, e quando ho incontrato Chloe ho creduto di essere "guarito" perché provavo qualcosa per lei. Allora, non sapevo cosa fosse, credevo di essere attratto da lei, e alla fine lo ero, ma per dei motivi che non avrei mai potuto immaginare.
Adesso mi ritrovo in questa stanza, a pochi metri dal migliore amico di Chloe, un ragazzo dichiaratamente gay, un ragazzo che ha risvegliato in me quella parte che credevo di essere riuscito a spegnere, ma che evidentemente è ancora lì, pronta a prendere fuoco, e succede quando lui è vicino a me, quando mi guarda, o mi sorride, o in qualche modo mi tocca anche solo per sbaglio.
Sono spaventato, lo sono da morire. Troppe cose sono successe tutte insieme: la scoperta che mio padre non è morto, che mia madre mi ha mentito per tutta la vita, che avevo un fratello che non ho fatto in tempo a conoscere perché se n'è andato troppo presto, e ora questo... Sto ancora cercando di metabolizzare tutto quello che mi ha rivelato mia madre, e non sono pronto ad accettare me stesso, per questo motivo mi sforzo di non andare a bussare alla porta della sua stanza, perché stasera il mio autocontrollo è stato messo a dura prova.
Accettarmi per come sono vorrebbe dire ammettere di essere anche io un bugiardo. Come potrei guardare in faccia mia madre, accusarla di avermi mentito da sempre quando sono stato io il primo a farlo con me stesso? Questa cosa non è assolutamente ammissibile, né per me, né per lei. L'ho coperta di accuse, di critiche e di rimproveri, di essere falsa, ma non sono affatto meglio di lei se ammetto quello che mi succede...
Sono così turbato da quello che mi sta passando per la testa che non ho nemmeno il coraggio di usare le parole corrette per definirlo...
Tuttavia, rinnegarmi sarebbe come vivere nel mio passato, e cioè una perenne e costante bugia. Mi sono arrabbiato con mia madre per avermi tenuto nascosto mio padre e anche mio fratello, ora come dovrei comportarmi con me stesso? Sto continuando a ripetermi che sono sempre lo stesso, ma so che sto mentendo, e il rifiuto di questa verità potrebbe portarmi solo ad ulteriore infelicità.
Improvvisamente sobbalzo sul letto, con il cuore che batte a mille come se fossi stato colto sul fatto ed essere stato scoperto, perché qualcuno sta bussando alla mia porta, e posso ben immaginare chi sia.
«Dylan?» sento pronunciare a bassa voce da dietro la superficie di legno che mi divide da lui, e vorrei tanto poter stare in silenzio e fare finta di essermi già addormentato, ma le mie corde vocali la pensano diversamente, come anche tutto il resto del mio corpo che si è già messo a sedere per andare in quella direzione.
«Arrivo» dico, per poi posare una mano sulla maniglia e aprire quella dannata porta. «Ehi...» dico, tentando di tenere più ferma possibile la voce.
«Non stavi dormendo vero?» mi domanda mentre sorride. Kurt sorride, e io sento quella scintilla, la stessa che un paio d'ore fa stava per accendere quel fuoco che credevo spento.
«No» riesco a rispondere a malapena.
«Ti ho detto che devi smetterla di pensare così tanto, sembri Chloe.» ridacchia, e le scintille diventano due, o tre... o quattro...
«Beh, nemmeno tu dormivi però» gli faccio notare l'ovvio, e lui ancora sorride.
«Vieni, voglio mostrarti una cosa.» Non aspetta una mia risposta e mi volta le spalle per dirigersi in camera sua, così, a piedi scalzi e in pigiama, lo seguo fino dentro la sua stanza.
Kurt si avvicina all'armadio, apre l'anta a sinistra e, dal ripiano più alto, tira giù due coperte. Me ne lancia una che prendo al volo. «Che devo farci con questa?» gli chiedo mentre lo vedo rovistare nel primo cassetto del mobile accanto al suo letto.
«Te la devi mettere sulle spalle, ecco prendi anche questi.» Mi lancia una paio di calzettoni spessi di lana, e io guardo prima quello che ho in mano, poi lui, con aria decisamente confusa. «Mettiti anche quelli, dobbiamo uscire lì fuori...» e mi indica la porta finestra che dà sul balcone della sua camera da letto. «... e le temperature non sono molto estive, quindi copriti.»
Imito i suoi movimenti senza sapere ancora bene cosa stiamo per fare, ma è lui a chiedermelo e in questo momento sono così instabile emotivamente che non ho intenzione di mettermi a discutere, quindi lo assecondo e, dopo aver infilato i calzettoni ed essermi messo la coperta come un mantello, lo seguo all'esterno, appoggiandomi come lui alla ringhiera del balcone.
«La vedi la luna?» mi domanda facendomi alzare lo sguardo verso l'alto.
«Sì» rispondo senza chiedergli altro, perché so che sta per arrivare il resto del suo racconto.
«Io e tuo fratello abbiamo passato un sacco di serate così, come siamo io e te adesso, con le coperte sulle spalle e il naso all'insù.» Le sue parole mi provocano un misto di rabbia e serenità. Rabbia perché mi sono perso quei momenti, e serenità perché sapere ogni cosa di lui mi riempie il cuore di gioia. «Ci raccontavamo qualsiasi cazzata, e spesso era un momento in cui ci confidavamo tutto. È stato proprio su questo balcone che per la prima volta mi ha rivelato di essere innamorato di Chloe, è qui che mi ha parlato dei suoi progetti per il futuro, ed è stato qui che mi chiesto di organizzare quella serata, quella del compleanno di Chloe...» Mi si ferma il respiro nel sentire quelle parole, nel sentire il dolore che anche lui prova per mio fratello, e mi rendo conto di quanto sia stato egoista in questi giorni.
Non ho mai pensato al fatto che anche lui soffre per Dylan, ma sapevo bene in che rapporti fossero loro due. Mi sono concentrato su di me, e ho riversato su di lui tutto quello che mi opprime, e non è giusto perché lui sta facendo moltissimo per me.
«Non potevi sapere...» dico lasciando a metà la frase.
«Già...» Kurt sospira e resta con lo sguardo fisso verso la luna. «A volte mi ritrovo qui a parlare con lui pensando che mi ascolti ancora.» La sua voce non è più così decisa come lo è di solito.
«Sono sicuro che lo faccia.» Mi volto a guardarlo e capisco che non avrei dovuto farlo, o forse avrei dovuto farlo molto prima.
«Non è meravigliosa?» dice riferendosi alla luna. «Il silenzio della notte... la luce delle stelle... la vastità del cielo...» Lo ascolto, sento la sua voce che mi arriva fin dentro le ossa, osservo il movimento delle sue labbra, lo sbattere delle sue ciglia e la curva del suo sorriso appena accennato. «Non è meraviglioso?» mi domanda ancora, con lo sguardo rivolto ancora all'insù.
«È assolutamente meraviglioso» rispondo senza smettere di guardarlo.
SPAZIO ME
Buonsalve belle persone!
E rieccoci alle prese con questi due patatini meravigliosi.
È passata una settimana dal suo arrivo a Montreal e le cose si stanno facendo interessanti.
Dylan è molto, ma molto combattuto. Sa bene cosa gli sta succedendo, ma non riesce a lasciarsi andare, forse per paura, forse perché ha già tante cose per la testa, ma quello che è certo è che ha voglia di scoprirlo perché non sembra avere alcuna intenzione di allontanarsi da Kurt.
Non smetterò mai di ringraziarvi per essere sempre qui con me. Grazie ❤
Eeeeee niente, buona lettura 😍
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top