20 - Chloe's birthday (pt3)

Quando sbollisce la rabbia c'è un'assoluta e piatta calma.

Dopo aver ripreso fiato, aver ordinato il servizio in camera ed esserci coccolati ancora un po', abbiamo ripreso tutti gli argomenti che ci siamo urlati contro. Stavolta siamo riusciti ad affrontarli con più lucidità. Abbiamo chiarito, abbiamo spiegato i nostri punti di vista e abbiamo raggiunto un equilibrio.

A Harry mancherà sempre la figura materna, e sta cercando di metabolizzare l'arrivo di una sorella. So che ce la farà, specialmente adesso che ne parla senza più alcuna remora perché gli ho spiegato che non mi romperò se riverserà su di me i suoi problemi. Se non facciamo in questo modo non sarà più un insieme, ma saremo due singoli che condividono uno spazio e non è quello che vogliamo.

«Stewart?» Sorrido nel sentire la sua voce bassa mentre sono appoggiata al suo sterno.

La sua mano scorre lenta sulla mia schiena, sento i suoi polpastrelli carezzare la mia spina dorsale in un contatto appena accennato che riesce a darmi i brividi.

«Non ti sento Styles» Mi stringo di più a lui perché non voglio più allontanarmi, né mentalmente, né fisicamente.

«No, sono io che non sento te. Com'è che c'è così silenzio? Il tuo cervello è collassato?» Ridacchio nel sentire la sua stupida battuta, ma non ha tutti i torti. Tutto questo parlare, chiarire, spiegare, mi ha sfinito. Ho bisogno di una tregua dai pensieri.

«Il mio cervello non ce la faceva più ad ascoltarti e si è spento» Alzo solamente gli occhi per cercare di vedere dalla finestra se c'è ancora luce fuori, ma non riesco a capire che ore siano.

«Il tuo cervello non è in grado di capire la profondità dei miei pensieri» Scuoto leggermente la testa, poi mi volto verso di lui e lo trovo con il suo bel sorriso che mette in mostra le fossette.

«Su questo siamo d'accordo... il mio cervello non è in grado di capire i tuoi pensieri contorti» Poso la mano sul suo stomaco, poi mi appoggio con il mento. Le sue dita si infilano subito tra i miei capelli e chiudo gli occhi per memorizzare questo momento, per imprimere i dettagli di questo istante come fossero un tatuaggio nella mia mente.

«Vestiti!» dice improvvisamente.

Apro gli occhi e lo osservo con aria interrogativa. «Perché vuoi che mi vesta?» Non indosso assolutamente niente da stamattina, da quando sono rientrata dalla corsa al parco. Non mi va di vestirmi, perché immagino che ciò che ha appena detto comporti uscire, di conseguenza alzarmi da questo letto e non mi va.

«Perché usciamo» afferma, poi sorride di nuovo e capisco che ha in mente qualcosa.

«Non voglio uscire Harry» mi lamento con scarsa energia perché immagino di non avere voce in capitolo, ma ci provo dato che stare abbracciata a lui è la mia massima aspirazione al momento.

«La mia non era una domanda, quindi ora alzati e vestiti. Io e te usciremo tra pochi minuti...» Si mette seduto mentre io sfuggo alla sua presa per sdraiarmi sulla mia parte di materasso e lui scivola sulle lenzuola fino a ritrovarsi ai piedi del letto.

A quel punto si mette in piedi e mi afferra per le caviglie, tirandomi a sé. «La tua pigrizia non rovinerà la serata che ho organizzato» dice, quando mi ritrovo con le gambe a penzoloni e lui a sovrastarmi con le mani appoggiate ai lati delle mie spalle. «Quindi adesso, per quanto mi piaccia vederti senza niente addosso, ti metti qualcosa e vieni a cena con me perché io sto morendo di fame...» sorrido maliziosa alla sua ultima parola. «E non guardarmi in quel modo che lo so che hai fame anche tu, ma per continuare a soddisfare quella fame dobbiamo cenare...»

Sospiro, ma sorrido perché sono felice. Sono con lui nella città che ha visto il nostro inizio e, proprio come ha detto lui, mi fa stare bene l'idea che questa sia un po' la nostra città. «Ok, vestiamoci» gli dico, poi mi lascia un bacio veloce sulle labbra e si alza con un sorriso soddisfatto.

«Non sarà bello come quello che hai organizzato tu, ma avrai un dannatissimo compleanno felice!» Lo dice mentre si allontana entrando in bagno e io tiro il fiato a quelle parole.

Ci sarà un momento difficile da affrontare, ma lui è con me... ce la faccio...

*****

«Sbrigati!» Harry è impaziente e stare al suo passo non è facile.

Stiamo camminando, anzi no, stiamo correndo da quando siamo scesi dalla metro, e non so perché abbia tutta questa fretta. Ovviamente non ha voluto dirmelo e io sto cercando di tenere il ritmo, ma non è facile eguagliare le sue lunghe falcate.

Abbiamo percorso un pontile, siamo al porto, ma non ho abbastanza lucidità per chiedergli cosa stiamo per fare. Non importa, lo scoprirò tra poco, giusto?

Saliamo a bordo di un'imbarcazione - già parecchio affollata - mi tiene per mano e arriviamo fino al parapetto al quale mi fa appoggiare. Lui si posiziona dietro di me, mi abbraccia e poggia la sua testa accanto alla mia.

«Appena in tempo» dice a bassa voce, accanto al mio orecchio.

Ci metto qualche secondo a realizzare dove siamo, cosa stiamo facendo e tutto il resto, perché è successo tutto parecchio in fretta, ma nel momento in cui il traghetto si mette in movimento anche i miei neuroni lo fanno: crociera sul fiume Hudson, al tramonto...

«Harry?» Lo richiamo senza un vero motivo, ho solo voglia di sentire la sua voce.

«Dimmi piccola Stewart...» La sua voce sussurrata è qualcosa che mi provoca sempre i brividi, credo che non mi abituerò mai.

«Ti ho mai detto che mi sono innamorata delle tue fossette la sera in cui ci siamo incontrati per la prima volta in metropolitana?» Non so per quale motivo mi è tornato in mente quel momento, ma riesco a ricordare distintamente la voglia che avevo di affondare le dita nelle sue guance nonostante lo trovassi irritante da morire.

«Ed è per questo che mi hai salutato con un elegante dito medio quella volta?» Rido nel sentire ciò che ha appena detto.

«Non avevo una grande opinione di te»

«Ma dai? Non l'avevo capito...» rido ancora, poi continuo a raccontare.

«La sera che ti ho visto alla serata di beneficienza...»

«Quando avevi quel vestito... Perché non l'hai più messo?» mi domanda dopo avermi interrotto.

«Perché è di mia sorella e ora lasciami finire...» Sbuffa, ma sono certa che stia sorridendo. «Dicevo che quella sera mi ero fatta l'idea che fossi un ricco e viziato figlio di papà con il quale non volevo avere niente a che fare, ma quando ti ho rivisto con quella birra in mano avevi tutta un'altra aria e ho iniziato a guardarti con occhi diversi...»

«No... non me l'avevi mai detto...» Sembra interessato alle mie parole e io mi perdo per un attimo nei ricordi osservando il tramonto su Manhattan dall'acqua, il cielo che si colora di varie sfumature di rosso e le prime luci che si accendono sulla città.

«Ricordo che avevo iniziato a notare quanto ti stesse bene il completo che avevi indossato, com'era bello il tuo sorriso e mi piaceva parecchio vederti sorridere...» Mi sembra di rivivere quella serata, la prima che abbiamo trascorso insieme.

«In realtà non sei mai stata un granché brava a nasconderlo...» Volto leggermente il viso per guardarlo e trovo il suo sorriso irriverente, ma al tempo stesso accattivante. «La maggior parte delle volte ti si legge tutto negli occhi, o almeno mi sembra di riuscirci» dice mentre mi guarda.

«Ci riesci sempre Harry» confermo le sue parole, poi torno a guardare lo skyline mentre stiamo per passare sotto al ponte di Brooklyn. «Dopo tutti quei mesi in cui sono stata completamente apatica tu sei stato il primo a farmi ridere per davvero, sei stato il primo a farmi piangere, cosa che non ero mai riuscita a fare e ho capito che non è stato un caso esserci incontrati tutti e tre quella sera...» Il terzo a cui mi riferisco è Dylan. Dal mio arrivo a Boston sono successe tante cose, e tutti e tre siamo di nuovo felici.

Harry non risponde, mi bacia dietro all'orecchio, poi continuiamo il resto del viaggio in silenzio, restando a guardare il paesaggio, le luci accese sulla statua della libertà e i riflessi sull'acqua. Ascoltiamo la guida che racconta aneddoti e curiosità su ciò che stiamo guardando - anche se non presto particolare attenzione, dato che sono concentrata solo su Harry e sulle sue braccia intorno a me - fino ad arrivare a destinazione. Una volta scesi sembra che sappia già dove andare, ma stavolta non sono curiosa, ho imparato che le sorprese di Harry mi piacciono parecchio, quindi, almeno oggi, non romperò le scatole e penserò unicamente a godermi il momento, anche perché ho bisogno di tenere a bada la mente.

Entriamo in un locale dall'atmosfera suggestiva caratterizzato da alti soffitti e luci soft. C'è un piacevole sottofondo di musica jazz e, mentre camminiamo verso il tavolo indicato dal ragazzo all'ingresso, noto una piccola orchestra che credo stia suonando dal vivo.

«Ti piace?» mi domanda, attirando la mia attenzione perché ero persa a guardare le tante foto appese ai muri.

«Tantissimo Harry» Lui sorride soddisfatto si sé stesso ed è la stessa espressione che gli vedo sul volto per tutta la sera.

Il suo sorriso è la mia medicina, la sua voce la mia iniezione di positività, e il suo tocco la mia cura. Averlo al mio fianco mi dà la forza per affrontare qualsiasi cosa. Harry è il rimedio al mio malessere, sono certa che qualunque cosa accada lui ci sarà sempre. Mi basta la sua presenza per darmi la giusta forza per affrontare le difficoltà e la sofferenza che i ricordi che stanno tornando a galla comportano. E so che a breve avrò bisogno di ogni cosa che lui potrà darmi.

Domani è il primo anniversario della morte di Dylan, il mio Dylan, e sono grata a Harry per avermi tenuta lontano da Montréal. Non credo che sarei stata abbastanza forte da sopportare di stare in quella città in queste ore, perché quando sono lì lui è ovunque. Mi manca, ma la parte peggiore sono ancora i sensi di colpa che stanno tornando per torturarmi. Nessuno mi toglie dalla testa che se quella sera non fosse venuto a casa mia, forse, sarebbe ancora vivo.

Dylan ha perso la vita, l'ho perso tenendolo stretto tra le mie braccia, e non è una cosa che posso semplicemente accantonare in un angolo della mente.

«Non sento la musica Stewart!» esclama con un sorriso dolce sulle labbra. Lo guardo con aria interrogativa e lui porta la mano sulla mia fronte, sfiora la tempia con il pollice e sorrido quando capisco che si sta riferendo al rumore del mio cervello in movimento.

«Scusa, lo spengo subito» gli dico sorridendo a mia volta.

Harry è qui e merita tutta la mia attenzione. Lui è la mia vita adesso, e non potrei desiderare niente di diverso. Non voglio e non posso fare paragoni tra lui e Dylan - non sarebbe giusto per nessuno -, ma stare con Harry è qualcosa di straordinario e, con ogni probabilità è lui la mia anima gemella, tuttavia c'è una parte del mio cuore che sarà sempre di Dylan e questo mi porta a sentirmi in colpa nei confronti del ragazzo meraviglioso che mi sta versando da bere.

«Forza voglio fare un brindisi» dice, alzando il suo bicchiere verso di me.

«A cosa vuoi brindare?» gli domando portando il mio bicchiere vicino al suo.

«A qualunque cosa ci abbia fatto incontrare e a qualunque cosa ci abbia portato qui oggi. Non c'è nessun altro posto in cui vorrei essere se non qui... con te...» Fatico a trattenere le lacrime - che ora sono di gioia - faccio tintinnare i nostri bicchieri e ne mandiamo giù un sorso senza smettere di guardarci negli occhi.

«Dov'è l'Harry presuntuoso?» gli domando posando il bicchiere sul tavolo. È talmente dolce stasera che sembra fin troppo preoccupato per me. Per questo faccio una stupida battuta, per fargli capire che qui con lui sto bene.

«Credo sia andato a farsi un giro con miss acidità» Mi sorride ancora, stavolta con un po' più di ironia in quei meravigliosi occhi verdi che sono tornati a splendere nelle ultime ore.

«E credi che abbiano intenzione di farsi vedere di nuovo?» Mando giù un altro sorso di vino bianco mentre continuo a guardarlo negli occhi.

«Non m'importa di loro, adesso m'importa solo di te...» Dev'essere seriamente preoccupato se continua ad essere così serio. «E comunque dovresti ringraziarmi di averti portata qui perché l'alternativa era cenare in qualche ristorante francese dato che c'è la French Restaurant Week...»

«Che sarebbe?» gli domando curiosa.

«Una settimana dedicata alla ristorazione francese. Ci sono un sacco di locali che offrono menù a prezzo fisso, ma dato che tua madre mi ha già fatto assaggiare tutta la cucina francese ho pensato fosse meglio cambiare...» Rido nel sentire le sue parole, però ha ragione.

Le poche volte che siamo stati a Montrèal mamma gli ha cucinato ogni piatto tipico della cucina francese e lui si è sforzato di mangiare tutto, nonostante molte cose non fossero di suo gradimento. È stato dolce anche in quel caso.

«A me piace la cucina francese» dico con un tono volutamente provocatorio.

Lui ruota gli occhi, ma so che non è davvero infastidito. «Dimmi solo che ti piace questo posto senza fare tante storie».

Gli sorrido, mi alzo dal mio posto e mi allungo sopra al tavolo fino ad avvicinarmi al suo viso, gli lascio un bacio sulla guancia e torno a sedermi. «Mi piaci tu Harry, ovunque tu voglia portarmi...»

«Ti sei salvata Stewart» Porta alle labbra il suo bicchiere e d'un tratto ricordo quella sera quando gli ho chiesto io, di uscire per una birra.

Sono stata più che bene quella sera; ricordo come ero affascinata a guardare i suoi tatuaggi, a scoprire sempre di più su di lui.

«A cosa stai pensando adesso?» mi domanda quando vede che mi sto di nuovo perdendo nei miei pensieri.

«Ti ricordi la sera che ti ho aspettato nell'atrio per chiederti se ti andava di uscire per una birra?» Il suo sorriso si fa subito ampio.

«E come potrei dimenticarla?» Poggia il gomito al bordo del tavolo, poi posa la mano sotto al mento e resta a guardarmi in attesa che continui il mio racconto.

«Non riuscivo a staccarti gli occhi di dosso».

«Lo ricordo bene» afferma con un gran sorriso.

«Era davvero un posto che conoscevi quello?» Ricordo la sua espressione quando ha assaggiato quella birra disgustosa.

«Non avevo nemmeno idea che esistesse fino a che non l'ho visto...» Non posso evitare di ridere alla sua confessione.

«Dovevo immaginarlo...» gli dico incrociando le braccia sul tavolo.

«Volevi uscire con me e io ero impaziente di trovare un bar prima che tu cambiassi idea. Quando ho visto quel posto mi era sembrata una buona idea, ma poi ho fatto la figura del cazzone quando abbiamo assaggiato quella birra...»

«È stata la prima volta in cui sei riuscito a calmare un mio attacco di panico» glielo rivelo a distanza di mesi, ma forse lui lo sapeva già.

«Non ne hai più da tanto, giusto?» me lo domanda come se potessi nascondergli una cosa del genere.

«Non ne ho più avuti Harry» lo confermo perché lui ne ha bisogno, è giusto che sappia che sto bene. Con lui al mio fianco ho raggiunto una grande serenità da quel punto di vista, e anche da tutti gli altri punti di vista. Harry è la mia serenità e nell'ultimo periodo, in cui è stato così preso dai suoi pensieri, mi sono sentita davvero persa. «E adesso voglio godermi il resto della serata...»

Harry sorride, sorride felice. Ed è il regalo più bello che potesse farmi.

*****

È stata una serata meravigliosa. Meravigliosa e felice.

Al ritorno dalla nostra uscita ci siamo spogliati e infilati nel letto, siamo rimasti svegli fino oltre la mezzanotte perché voleva essere il primo a farmi gli auguri. Mi ha fatto trovare ventitré cioccolatini ognuno con una candelina accesa e ho espresso un desiderio, un desiderio che in realtà era già avverato prima ancora che lo esprimessi. Tutto quello che voglio è sdraiato accanto a me, non mi serve altro.

Si è addormentato dopo aver detto che non aveva affatto sonno; si è appoggiato su un fianco e ho visto i suoi occhi chiudersi lentamente, poi il suo respiro è diventato più lento e regolare e ho sorriso restando a guardarlo per un po'.

Sono rimasta a pancia in su a fissare il soffitto e sentendomi leggermente inquieta. Ho allungato una mano per afferrare la sua poi ho provato a chiudere gli occhi e tentato di spegnere la mente. Non so quanto tempo sono rimasta così, so che quando ho riaperto gli occhi c'era luce e il suo sorriso è stata la prima cosa che ho visto.

Mi ha augurato di nuovo buon compleanno, ho risposto a diversi messaggi e telefonate mentre aspettavamo il servizio in camera, poi siamo usciti per una passeggiata. Siamo stati quasi tutta la mattina a Central Park; abbiamo trovato un angolino di pace all'ombra e vi siamo rimasti sdraiati fino all'ora di pranzo. Ci siamo presi un paio di hot dog in un piccolo chiosco per strada e non abbiamo fatto altro che girare a vuoto senza una meta. L'intento era quello di rilassarci, nessuno dei due voleva nessuno stress riguardo luoghi da visitare, orari da rispettare o cose del genere. Volevamo solo distrarci e ci siamo riusciti: è stata una giornata assolutamente tranquilla e ripenso solo ai tanti sorrisi che ho visto sulle sue labbra, non c'è altro al momento nella mia testa.

In tutto questo c'è un però: l'orario più critico della serata che ho vissuto l'anno scorso si sta avvicinando e io sto ringraziando mentalmente Harry perché ha voluto rientrare nella nostra stanza d'albergo - non volevo stare più in mezzo alla gente -, anche se non credo sia un caso che l'abbia fatto.

Mi appoggio con le mani al bordo del lavandino e abbasso la testa per non dovermi guardare allo specchio. Sento un rumore alle mie spalle, credo che sia appena entrato in bagno.

«Ehi...» Lo sento avvicinarsi, poi le sue mani si posano sulle mie spalle. «Abbiamo detto insieme...» Mi volto lentamente verso di lui nel sentirgli pronunciare quelle parole.

«Hai ragione Harry, scusami...» Sto provando a tenere lontani i pensieri, ma non ci riesco e forse è la scelta sbagliata accantonarli. Ho rimproverato Harry di tenersi le cose dentro, forse dovrei lasciare andare quello che provo e magari potrei stare meglio.

«Riempio la vasca, ok?» La sua idea di fare un bel bagno caldo è perfetta e io annuisco con un piccolo sorriso.

Resto a guardarlo mentre apre l'acqua fino a trovare la temperatura più adatta, mentre riversa un'abbondante quantità di bagnoschiuma all'interno per poi tornare da me.

«Lo sai che ti amo vero?» gli domando quando lui si appoggia contro di me per poi infilare le mani sotto alla mia maglietta.

«Lo so, ma ogni volta che me lo dici sembra più bello...» Non mi dà modo di rispondere. Le sue labbra si posano sulle mie, delicatamente, sfiorandole appena. Le sue mani fanno una leggera pressione sui miei fianchi e le mie mani salgono per infilarsi tra i suoi capelli. «Dimmelo ancora...» sussurra sulle mie labbra.

«Ti amo Harry» mentre parlo sulla sua bocca respiro la sua stessa aria. I suoi occhi nei miei e quel contatto appena accennato che mi porta a volere molto di più.

«Dillo ancora Chloe» Un altro sussurro, ancora le labbra che si sfiorano e le sue mani sulla mia pelle.

«Ti amo» Le sue mani scendono ancora, mi alza e mi fa sedere sul ripiano del lavandino e per un breve attimo mi allontano dalla sua bocca, ma ritrovo presto il contatto quando lui mi avvicina di nuovo a sé.

«Ancora» Mi sta stringendo, il mio cuore batte forte, stringo le gambe attorno al suo bacino e lui mi stringe ancora di più.

«Ti amo Harry» Ripeto il suo nome per fargli capire che sto pensando unicamente a lui.

E lui perde il controllo, mi bacia con forza, la sua bocca si appropria della mia, le sue mani sembra vogliano lasciare la loro impronta sulla mia pelle, e il suo corpo spinge contro il mio. Lo lascio fare, lo voglio anch'io, voglio perdere il controllo e dimenticarmi di tutto tranne di lui.

Si allontana per sfilarmi la maglietta e mi lascia a guardarlo senza fiato. È bello da morire ed è mio. Toglie anche la sua e il resto dei nostri indumenti si aggiunge a quelle t-shirt sul pavimento. Entriamo nella vasca, lui con la schiena appoggiata al bordo, io con la mia schiena appoggiata al suo torace. Sento il suo cuore accelerato e mi rilasso al contatto con l'acqua calda. Chiudo gli occhi e appoggio la testa all'indietro, sulla sua spalla. Le sue mani scorrono lente sul mio corpo e l'unico rumore che sento e quello dell'acqua che spostiamo con i nostri movimenti.

Quell'ansia di poco fa è ancora lì, ma il contatto con il suo corpo rende tutto più sopportabile. Sono felice di essere qui dentro e non poter avere l'opportunità di controllare l'orario, forse starei dando di matto a quest'ora, e forse Harry sapeva anche questo.

Devo concentrarmi sul fatto che il passato è quello che è, non posso cambiarlo, posso solo accettarlo e andare avanti. Io sono andata avanti, ma solo stasera, solo per qualche minuto, voglio lasciarmi andare al dolore perché so che Harry è pronto a lenirlo, con lui al mio fianco posso guardare in faccia quella sofferenza e combatterla.

Rivedo le immagini di quella notte: Dylan immobile e incosciente in quel letto d'ospedale, i tubi, i macchinari, poi arrivano tutte le emozioni di quella notte, la disperazione, la rabbia, il dolore, e io le accolgo a braccia aperte, lascio che mi investano, lascio che il mio cuore ne sia colmo, poi, quando arrivo al limite della sopportazione mi volto per mettermi a cavalcioni su di lui che adesso mi guarda con attenzione, pronto ad intervenire se ne avessi bisogno.

E io ho bisogno di lui più che mai, per questo motivo mi avvento sulle sue labbra, le mani di nuovo tra i suo i capelli umidi, le sue sulla mia schiena. Mi stringo più che posso a lui, quasi a voler diventare una cosa sola, lui mi sostiene in ogni modo e come sempre riesce ad assorbire il mio male, i miei demoni, per far sparire tutto quanto nel giro di un attimo.

Adesso siamo Harry e Chloe, insieme, più forti di ieri, e non c'è assolutamente niente che non possiamo fare.

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SPAZIO ME

Buonsalve belle persone!

E con questa terza e ultima parte si chiude il compleanno di Chloe.

I due si sono chiariti, hanno trascorso la giornata in tranquillità, hanno ripercorso le loro prime uscite e si sono avvicinati ancora di più. E nel momento peggiore di tutti Chloe è riuscita a lasciare andare il dolore per far spazio all'amore che prova per Harry.

Sono tornati insieme, nel loro modo di stare insieme, e sono di nuovo felici.

Grazie ancora a chiunque sia passato di qua e vi aspetto al prossimo aggiornamento.

Eeeee niente, buona lettura 😍

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