13 - Harry and his mother - Today
Harry's POV
«Non ho detto questo Harry.» La voce di Chloe è calma, ma il suo tono è deciso.
Parliamo ormai da tutto il pomeriggio, e non siamo ancora arrivati ad una conclusione, o meglio, io non ci sono ancora arrivato.
Lei sta cercando di farmi vedere le cose da diverse prospettive, ma la mia mente mi riporta sempre alla stessa conclusione. Da qualunque punto io guardi le cose non riesco a vedere altro che me stesso ferito e questo non mi rende affatto obiettivo.
«E allora dovresti spiegarti meglio.» Il mio tono è più duro di quanto vorrei. Non merita certo questo mio atteggiamento, ma oggi non sono lucido e agisco puramente d'istinto.
«Quello che volevo dire è che ti appoggerò comunque, qualsiasi decisione prenderai, ma devi essere sicuro che sia davvero quello che vuoi. È qualcosa di cui potresti pentirti, e potresti non avere la possibilità di rimediare, ma se davvero vuoi tagliare ogni rapporto con lei, allora va bene, ma devi sapere che non avrai un'altra chance. Questo ti deve essere chiaro.» C'è qualcosa nei suoi occhi, qualcosa che le vela lo sguardo di una malinconia che le ho visto spesso nei primi tempi.
«Stai parlando di lui?» Non so perché gliel'ho chiesto, è ovvio che stia parlando di lui.
«Qui non si tratta di Dylan. Io sto parlando del fatto che quando le persone se ne vanno non hai più la possibilità di dirgli quanto gli volevi bene o di quanto le detesti. Parlo di mia nonna, di quante volte avrei dovuto dirle che le volevo bene, o di tuo nonno. Sono sicura che avresti voluto dirgli qualcosa, ma non hai fatto in tempo a farlo, e adesso quelle parole ti soffocano nonostante siano parole d'amore. Puoi immaginare cosa farà al tuo cuore la rabbia che ti tieni dentro?» Lascio entrare dentro di me tutte le sue parole, chiudo gli occhi per permettere al mio cervello di assimilarle una ad una, poi mi volto verso la finestra della stanza d'albergo e fisso lo sguardo su un punto indefinito senza vederlo davvero. Non saprei nemmeno dire se piove, se c'è il sole, o se c'è un dinosauro gigante che terrorizza la città perché non vedo niente che non sia me stesso.
È questo che guardo: il riflesso della mia immagine sul vetro, ma non sono l'Harry di adesso, quello che vedo è Harry a sei anni che piange perché suo padre non gli ha detto che sua madre se n'è andata, ma lui lo sa lo stesso, perché l'ha vista salire in macchina mentre guardava la scena dalla finestra della sua cameretta. Quello che vedo è un Harry spento, vuoto, ma al tempo stesso pieno di emozioni negative, che l'hanno portato a fare scelte quantomeno discutibili, ma non voglio incolpare nessuno adesso di come mi sono comportato in passato. Adesso so che le mie scelte sono state solo mie: non è stato mio padre a spingermi a bere, e non è stata mia madre a spingermi a fumare, tutto quello l'ho fatto da solo perché non mi sono mai voluto bene, ma adesso ho imparato a farlo, mi voglio bene e non permetterò a nessuno dei due di condizionare in alcun modo le mie scelte.
Sento le braccia di Chloe circondarmi i fianchi, mi stringe a sé facendo aderire il suo corpo alla mia schiena. Appoggio una mano sulle sue che adesso sono risalite, unendosi all'altezza del mio petto, mentre con l'altra mi sorreggo allo stipite della finestra e torno a guardare il riflesso di me stesso con occhi nuovi. Non sono solo, non lo sono mai stato in realtà perché mio fratello non mi ha mai abbandonato, ma non ero pronto ad accettare nessun aiuto. Adesso lo sono, ho bisogno dell'aiuto di qualcuno, di quello di Chloe. È stata lei a salvarmi di me stesso. Da quando è entrata nella mia vita non ho fatto altro che concentrare ogni energia per salvarla da sé stessa, e non mi rendevo conto che nel frattempo lei salvava me.
È stato un incontro di anime il nostro, di due anime perse che solo insieme sono in grado di ritrovare la strada.
«Pensi mai a lui?» Le domando cercando di scorgere il suo viso sulla nostra immagina riflessa.
Non parliamo mai del suo ex, in realtà sono io a non volerne sentire parlare. Ho paura del confronto, ho paura di sentirle dire quanto fosse felice prima di me, ho paura e basta.
«Ti mentirei se dicessi di no...» Sento il suo viso appoggiato sulla mia spalla, la sento stringersi di più a me, e non so chi devo ringraziare per averla qui al mio fianco. La nostra storia è nata sul dolore di qualcun altro, ma adesso lei è mia, la amo più di quanto avrei immaginato di poter amare, e solo ora comprendo fino in fondo le parole di mio padre.
'Harry io la amo, e tu puoi capirlo adesso.'
Lo capisco perfettamente, Chloe è la mia ragione di vita, ogni cosa buona che sto facendo, avviene solo grazie all'amore che provo per lei. Adesso lo capisco, non lo giustifico, ma lo capisco.
«Ma quello che c'è tra noi non ha niente a che vedere con il nostro passato Harry...» Mi volto a guardarla perché ora ho bisogno di vedere i suoi occhi. «Quello che provo per te va al di là anche dell'amore. È qualcosa che non so spiegare. Ho impiegato troppo tempo per capirlo, ma ora lo so, e non è paragonabile a niente, perché quello che provo per te è assolutamente unico. Quando dico che ti amo lo dico perché non riesco a trovare parole che possano spiegare meglio quello che provo, ma non sono abbastanza. Io ti amo in un modo che non avevo mai provato prima d'ora Harry, ti amo in un modo che non riesco a spiegarti a parole, io ti amo così tanto...»
La bacio, la stringo forte, lei si stringe a me, le prendo il visto tra le mani e sento le sue lacrime bagnarmi le dita, lei impugna con forza la mia camicia all'altezza delle mie scapole, poi, sento le mie guance bagnarsi. Un piccolo rivolo caldo sta solcando il mio viso. Sto piangendo, ne avevo bisogno, ma lo detesto con ogni parte di me.
Quando si allontana quel tanto che le basta per guardarmi negli occhi mi sorride, poi è lei ad asciugarmi il viso. Scorre lentamente con le dita sulle mie guance, sul contorno dei miei occhi, e io mio lascio coccolare come un bambino.
«Se ti vedesse Zayn in questo momento ti darebbe della femminuccia.» Sta cercando di alleggerire l'atmosfera, e la verità è che ci è riuscita.
«Ma tu non dirai niente di tutto questo a Zayn, giusto?» Le sorrido, lei sorride a me. Ce la posso fare.
«Beh, questo dipende...» Mi mostra un sorrisetto furbo, asciugo le sue lacrime, e mi rendo conto che non ho voglia di battibeccare adesso, non ne ho le forze.
«Sai che c'è? Non importa, ricattami pure, io cederò ad ogni tuo ricatto senza nemmeno fiatare.» Il suo sguardo cambia, sembra molto interessata a quello che ho appena detto.
«Styles che cede senza fiatare, beh, non posso non approfittarne...» Tiene ancora le mani sul mio viso, la sua presa è morbida, e io fisso i miei occhi nei suoi, in attesa che finisca la sua frase. «Dovresti parlare con lei. Senti cos'ha da dire, solo allora avrai a disposizione tutto ciò che c'è da sapere per poter prendere davvero una decisione.»
«Domani» le dico con l'intenzione di rimandare ancora. Sono troppo instabile in questo momento per poterla affrontare.
«Stasera Harry.» Vorrei ribattere, ma non ci riesco. «Ti ricordi il tuo discorso sulle regole della punteggiatura?» Sorrido alle sue parole, ma non è un sorriso felice. Ho capito dove vuole andare a parare e ho appena capito di non avere via d'uscita. «Il punto fermo è quello che chiude un periodo, e da lì in poi è tutto nuovo. Devi mettere quel punto con tua madre. Chiarisci, discuti, urla se necessario, ma non rimandare più. E ricordati che qualunque sarà la tua decisione io sarò al tuo fianco.»
«Allora mi ascolti davvero quando parlo?» Ho bisogno di fare una battuta, ho bisogno di resettare il cervello per qualche minuto.
«Molto più di quanto immagini Harry.» Il suo sguardo è incredibilmente limpido e profondo. Non ho mai avuto problemi e leggere nei suoi occhi quello che le passava per la testa, ed è così anche adesso.
«Ok Stewart, facciamolo, ma prima...»
La sorprendo di nuovo quando la bacio senza alcun preavviso, ma la sua bocca si arrende velocemente alla mia, che pretende controllo assoluto di ogni movimento, di ogni sensazione che riesca a catturare, che sia un contatto o semplicemente un suono strozzato proveniente dalla sua gola. Ho bisogno di riacquistare un minimo di controllo perché tutto quello che ho cercato di mantenere in questi anni si sta sgretolando e non posso fare niente per tenerlo insieme.
«... adesso possiamo andare...» le dico infine, prima di lasciarle ancora un bacio sulle labbra, e un altro, e un altro... e...
«Harry...» mi richiama, sorrido e lascio andare un sospiro.
Non posso più rimandare.
*********
Mi sto muovendo, questo lo so. Ho la chiara percezione del mio corpo e delle mie gambe che muovono i miei piedi uno davanti all'altro per camminare, ma non mi sembra di stare realmente camminando. È come se mi stessi muovendo nel vuoto, o su un pavimento fatto di niente, sospeso nel nulla, come se fossi in un luogo estraneo nel quale vedo immagini confuse e sento rumori amplificati, quasi come fossero un'eco.
«Harry?» Conosco questa voce, ma il mio cervello mi impedisce di fare l'abbinamento giusto, come se tutto, compresi i miei neuroni, fossero rallentati. «Harry?» Continuo a camminare senza riuscire a fermarmi, sono lento, lo sono anche i miei pensieri, tanto che non ho ancora capito di chi sia quella voce e nemmeno da dove arrivi. «Harry?» Poi un contatto, una mano nella mia, la cui stretta mi riporta alla realtà. Mi fermo e mi volto in direzione della sua voce. «Ehi...»
È preoccupata per me, glielo leggo negli occhi. Devo essermi estraniato fin troppo.
«Scusa, ero sovrappensiero...» cerco di rimediare come posso, cerco di sorriderle, ma forse ho fatto una stupida smorfia perché il suo sguardo resta serio, troppo serio.
«Forse ho sbagliato ad insistere, forse non...»
«No Chloe, va bene...» La interrompo prima che il suo cervellino inizi a lavorare così intensamente da sovraccaricare gli ingranaggi e fare il solito casino infernale. «Voglio farlo. È stato solo un attimo...»
«Vuoi entrare da solo?» mi domanda cauta.
«Insieme Chloe, ti voglio con me.» La prendo per mano che poi porto alle mie labbra, le lascio un piccolo bacio sulle nocche, e finalmente sorride.
«Ti amo Harry Styles.» Sorrido incapace di dire altro, perché il suo ti amo è abbastanza per entrami in questo momento.
Mi guardo intorno e mi rendo conto che il motivo per cui lei mi ha fermato è che la stanza in cui mia madre è ricoverata si trova alla nostra sinistra. La porta è chiusa, e sono sicuro che mio padre sia già dentro.
Busso un paio di volte, poi aspetto mentre tengo stretta la mano di Chloe e gli occhi fissi su quella superficie chiara che si apre dopo qualche secondo e aggrotto le sopracciglia nel vedere una ragazza giovane.
«Scusa, devo aver sbagliato stanza.» Le mi sorride senza dire altro, poi richiude la porta e io ricontrollo il numero affisso accanto alla porta.
Sei cinque sette, stanza seicento cinquantasette.
Eppure non ho sbagliato. So che papà l'ha fatta sistemare in una stanza privata, sta pagando lui tutte le spese sanitarie, e non faccio in tempo a farmi altre domande, né a farne a Chloe che la porta si riapre ed è la figura di mio padre quella che mi compare davanti.
«Harry! Sei venuto!» Il suo sorriso dice esattamente la stessa cosa che dicono i suoi occhi: è felice di avermi qui. «Ciao Chloe!»
«Buonasera signor Styles...»
«Ti prego, solo Harrison. Entrate!» Si sposta di lato per lasciarci passare, e io resto fermo sul posto, come se non fossi più in grado di muovermi.
Mi sembra di essere in una realtà alternativa in cui siamo una normale famiglia felice il cui figlio sta facendo visita alla madre malata, e ritorno a questa realtà solo quando la presa della mano di Chloe si fa un po' più stretta, così mi costringo ad avanzare all'interno della stanza. Alla mia destra c'è il muro, alla mia sinistra una tenda che funge da divisore e un percorso tanto breve non mi è mai sembrato così lungo, come se camminassi al rallentatore, con il fiato fermo in gola e il cuore che batte a mille. Non sono pronto a rivederla perché quando guardo il suo viso sento solamente dolore.
Dolore che sembra aumentare come un macigno che arriva ad appoggiarsi lentamente sul mio petto, e premere gradualmente fino a sentirmi quasi mancare l'aria, quando la vedo distesa sul letto, immobile, con gli occhi chiusi e quello che credo sia un foulard a coprirle la testa. Ha dei tubi attaccati alle braccia, la maschera dell'ossigeno e adesso sono io a stringere la mano di Chloe come se così facendo lei potesse sorreggermi.
Con la coda dell'occhio vedo un movimento, poi riconosco mio padre che si avvicina al letto e si china su sua moglie, le accarezza la testa e sussurra il suo nome.
«Mary?» Smetto di respirare, non sbatto nemmeno le palpebre e per un attimo mi sembra che tutto si sia fermato. «Mary?» Poi si muove appena, apre lentamente gli occhi, lo guarda e gli sorride. «Guarda chi è venuto a trovarti?» dice con una voce dolce, che mai gli ho sentito usare, indicandomi.
Mia madre volta lentamente il capo nella mia direzione, e vedo i suoi occhi sorridere. «Harry!» pronuncia con un filo di voce dentro quella maschera trasparente. Poi, con la stessa lentezza alza una mano e sposta quell'affare dal suo volto scavato e provato dalla sofferenza. «Ciao Chloe.»
«Salve signora Thompson.» Le loro voci mi arrivano ovattate, come se avessi del cotone dentro le orecchie.
Mio padre l'aiuta a mettersi seduta e la ragazza che ha aperto la porta poco fa le sta riempiendo un bicchiere con dell'acqua. Forse è l'infermiera personale che mio padre ha assunto per assisterla giorno e notte.
«Come stai?» mi domanda.
Lei domanda a me come sto...
«Bene» riesco a pronunciare a fatica.
«È andato bene il viaggio?»
«Stiamo davvero facendo conversazione come se niente fosse?» Con una sola frase ho fatto sparire il sorriso a tutti, ma non ho voglia di fingere, e ho fretta di finire questa farsa prima possibile.
«Harry!» Mio padre tenta un rimprovero, subito fermato da mia madre a cui torna un debole sorriso.
«Harrison puoi lasciarci soli per favore? Anche tu Grace...» Credo sia il nome dell'infermiera che si alza dal divanetto con la stessa espressione infastidita che ha mio padre.
«Ma...»
«Grace... Per favore...» la interrompe velocemente. «Harrison va' con lei...» Entrambi lasciano la stanza lanciandomi sguardi minacciosi a cui io non presto la minima attenzione.
Sono venuto qui per parlare con mia madre, per poter mettere un punto a tutto questo. Non m'importa di altro e voglio chiuderla il prima possibile.
«Vado anch'io...» dice Chloe a bassa voce, ma io non ho alcuna intenzione di lasciarla andare e rafforzo la presa sulla sua mano.
«Resta Chloe...» anche mia madre è della stessa idea. Almeno su una cosa andiamo d'accordo. «Avvicinati Harry» dice tornando a guardarmi negli occhi, ma io non mi muovo di un passo. «Per favore...» insiste lei, e Chloe mi dà una piccola spinta per fare in modo di avvicinarmi, così lo faccio, ma è evidente sul mio viso quanto tutto questo sia una forzatura per me. «Grazie per essere venuto Harry.»
«L'ho già detto a papà. Non sono qui per voi, ma per me. Quindi dimmi quello che devi e facciamola finita.» Sono stronzo? Forse, ma non m'importa. Stare in questa stanza sta diventando insopportabile.
«Lo so, tuo padre me l'ha detto e mi sta bene. Quello che conta è avere la possibilità di parlare con te...» La guardo restando in silenzio, dandole modo di continuare. «Ogni cosa che ti dirò non è detta per giustificarmi, quello che voglio è raccontarti come si sono svolte le cose... Stare con tuo padre è stata la cosa più bella che mi potesse capitare, ma sono stata troppo stupida per capirlo. I primi anni di matrimonio sono andati bene, eravamo felici, poi il suo lavoro d'un tratto sembrava essere diventato la cosa più importante per lui, e nemmeno due figli sono riusciti a far riunire la famiglia come avrei voluto...» Si ferma, forse è stanca, poi riprende a parlare. «Dopo che sei nato tu sono caduta in un profondo stato di depressione dal quale sembrava non esserci via d'uscita. Non riuscivo più a comunicare con nessuno e incolpavo chiunque del mio malessere, persino te e Jordan... Ho iniziato ad andare in terapia, ma non serviva a niente, l'unico momento in cui stavo meglio era quando ero seduta nella sala d'attesa del mio terapeuta... Ho conosciuto un uomo e... E lui mi faceva ridere, stavo bene e non pensavo a niente. Tutti i miei problemi sparivano quando ero con lui... Dio, che stupida!» Si lascia andare ad una risata amara, poi distoglie lo sguardo dal mio.
«Vai avanti.» Detesto ogni parola che le sta uscendo dalla bocca, ma almeno sto finalmente conoscendo tutta la storia e posso smettere di chiedermi perché.
«Poco alla volta abbiamo iniziato a parlare di cose sempre più personali fino a che abbiamo deciso di vederci al di fuori di quella sala d'attesa per un caffè, per poter parlare lontano dagli altri pazienti seduti lì con noi. E da quel momento le uscite sono diventate sempre più frequenti, dal caffè siamo passati a pranzare insieme e io... Io mi sono innamorata di lui, credevo fosse l'unico a capire come mi sentissi, e l'unico in grado a farmi stare meglio. Non potevo sbagliarmi più di così. Mi ha promesso una vita felice insieme, mi ha convinta che foste voi il mio vero problema. Mi faceva continuamente notare quanto fossi serena quando stavo con lui e quanto stessi male quando tornavo a casa, e io ero troppo debole mentalmente per rendermi conto di ciò che stava accadendo... Alla fine sai come sono andate le cose. Ho attraversato l'oceano per stare con lui, con la prospettiva di una vita finalmente felice e per un po' lo è anche stata...»
Non so davvero come prendere tutto quello che mi ha appena raccontato. Sono confuso, frustrato e amareggiato dalle sue parole. Non so nemmeno come dovrei reagire, se devo dire qualcosa o se è lei che ha ancora altro da aggiungere.
«Fino a quando, poi, mi ha piantato in asso.» Pronuncia l'ultima frase interrompendo i miei pensieri. «Ho pensato qualche volta di tornare indietro, ma più passava il tempo più la mia vergogna aumentava, e ho continuato a rimandare, e rimandare, e rimandare, ma l'unica cosa che ho fatto è stata perdere tempo.»
Dovrei impietosirmi? Io mi sento sempre più incazzato.
«Quindi hai semplicemente lasciato andare...»
«Già, è esattamente quello che ho fatto, e non passa giorno in cui non mi penta del mio comportamento, e so di averlo capito troppo tardi. Proprio per questo non mi aspetto alcun perdono, né da parte tua, né da parte di tuo fratello...» Stavolta sono io ad interromperla.
«Se non è per il perdono, perché lo stai facendo allora?» Ho sempre immaginato che fosse venuta a Boston per quello. Davvero mi sono sbagliato?
«Perché ho capito che abbiamo poco tempo, e quel poco non dobbiamo sprecarlo...»
«Perché non mi dici il vero motivo?» Ci dev'essere qualcos'altro oltre che a tutte queste belle parole, non so perché, ma lo sento.
Lei sospira, segno che ho centrato il punto. «Non è stata solo la vergogna per il mio comportamento nei vostri confronti a tenermi lontana da voi. Ero rimasta incinta subito dopo essere arrivata a Londra...» Le sue parole hanno il potere di congelare ogni cosa. Ha appena detto una cosa che non avrei mai immaginato. «È per questo che mi ha piantato in asso e io non ho mai trovato il coraggio di tornare sui miei passi. La decisione più stupida che abbia mai preso...»
E non c'è che una sola parola nel mio cervello che continua a rimbalzare da una sinapsi all'altra, come in un flipper impazzito: lei era incinta.
E quando pensavo che peggio di così non potesse andare arriva un colpo che mi esplode nel petto con una forza impressionante.
«Grace, la ragazza che era qui fino a poco fa, è tua sorella...»
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SPAZIO ME
Buonsalve belle persone!
Abbiamo un bel carico di emozioni per Harry che passa dalla rabbia, alla frustrazione, all'angoscia, fino a sentirsi totalmente perso mentre apprende che ha una sorella. Ve lo aspettavate?
Eeeeee niente, buona lettura 😍
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