Il sacrificio di Idùna - Last chance
[Ho creato questo racconto per il concorso Writing Stars, rifacendomi alla traccia di Marta che chiedeva l'angst.
Non è stato semplice concentrare in così poco spazio una vicenda completa e far "affezionare" il lettore ai miei personaggi.
Si tratta di una fanfiction perchè ho attinto da un gioco online a cui gioco spesso. Il gioco è Heartstone - heroes of warcraft.
Ho studiato la storia di quegli eroi e ho aggiunto il personaggio di Idùna a tutto ciò per inserire la citazione di una canzone (in questo caso celtica) così come richiesto dalla coach. XD
Spero che gradiate questo racconto dal gusto norreno che ho realizzato per voi.
Dal canto mio ho voluto mantenermi sulla scia della fanfictioner dei giochi ;) Buona lettura!
-Selh
Valeera Sanguinar è un'assassina spietata a cui la vita non ha mai dato un'opportunità di redenzione. Cosa accadrebbe se una divinità le desse la possibilità di tornare sui propri passi almeno una volta? Riuscirebbe a riscattare la sua meritata pace?]
Sin da quando era una bambina per Valeera non c'era stata nessuna infanzia felice. Nessuno si era mai preso cura di lei. Era rimasta orfana dalla giovane età e da quel momento l'elfa del Sangue aveva cominciato a rubare per sopravvivere.
La giovane ladra era stata imprigionata per un furto a soli quindici anni. Condotta nelle arene di Azeroth fu costretta dal padrone che la acquistò, Reghar Terrafurente, a fare la gladiatrice.
Mai la tenacia di Valeera abbandonò quell'esile figura dai capelli indomiti e selvaggi.
Da quando Valeera era scappata dal dominio di Reghar, tornare ad essere la ladra di sempre era stata per lei una vera benedizione. Era stanca di stroncare vite in assurdi giochi di popolo che non mancavano mai di trasformarsi in cruenti bagni di sangue.
Proprio mentre vagava con la mente nella sua vita passata, la giovane elfa stava gustando un delizioso piatto di zuppa nella taverna più sperduta del bosco di Azeroth.
Era stato quello il suo rifugio da quando era riuscita a sfuggire alle grinfie di Reghar.
Un ometto dalla folta barba rossa venne al suo tavolo a chiedere di pagare il conto per la consumazione appena portata.
Valeera alzò una mano con gesto imperioso attendendo solo qualche minuto prima di parlare. I suoi penetranti occhi verdi rimasero qualche momento a vagare fuori dalla finestra poi, con sguardo gelido, percorse la tozza figura dell'omuncolo dicendo solo: "Prima voglio dell'altro vino!".
I suoi occhi verdi balenarono di una luce sinistra mentre lo sguardo ipnotico e serpentino dell'assassina sembrò azzerare le volontà dell'oste.
"A... arriva subito, signora".
Valeera abbozzò un ghigno soddisfatto ma con nonchalance abbandonò sul tavolo una manciata di monete e lasciò il suo posto prima che fosse di ritorno l'omuncolo rosso.
Immaginò la sorpresa dell'uomo nel trovare più del prezzo dovuto sul banco di legno. Aveva voluto essere generosa, dopotutto era quella l'unica taverna che nelle giornate piovose o dense di nebbia le offriva un riparo e un pasto caldo.
La giovane assassina si issò lo scarlatto cappuccio in pelle sulla testa e si strinse maggiormente nel lungo mantello prima di incamminarsi nei sentieri bui della foresta. Più si inoltrava, più la luce della taverna diveniva fievole e lontana.
Era una notte singolare.
Le stelle nel cielo brillavano e la luna era piena e rotonda mentre le cicale frinivano instancabili. L'assassina si abbandonò sull'erba folta di una radura con la testa colma di pensieri.
Un sospiro stanco uscì dalle sue labbra facendo sollevare nel cielo una debole nuvola di condensa. Un brivido la scosse, mentre sollevava lo sguardo verso il cielo a guardare quello spettacolo mozzafiato.
La luna era particolarmente rossa, tra le stelle. Sembrava divampare di una luce sinistra e sanguinaria.
Ad un tratto Valeera si ritrovò a tremare. Si sentì sola, persa... in un mondo che non la vedeva nemmeno.
Era un'assassina, una ladra. Ombra tra le ombre. Chi era derubato da lei non la conosceva nè poteva scorgerla. Come un fantasma appariva alle spalle dei malcapitati e compiva i suoi furti.
Chi invece la incrociava sui suoi passi, solitamente non vedeva l'alba del domani.
Valeera temeva gli affetti, i legami. Non ne aveva mai avuti e mai ne avrebbe voluti. Eppure, negli angoli più reconditi del suo animo tutto ciò la devastava.
Raccolse un pugnale dal fodero e ne fece brillare la lama alla tenue luce di quella notte di luna piena.
Le armi erano le sue più fedeli compagne. Il sangue e la morte i suoi più frequenti complici.
La morte. L'aveva spesso inflitta ad altri... vecchi, giovani, donne, uomini... ma mai bambini.
I bambini per lei erano sacri.
Non si poteva uccidere un'anima pura e sperare in una redenzione. Perchè in fondo in una redenzione Valeera sperava. La vita l'aveva costretta ad un crudeltà e ad una freddezza inaudite, ma l'altra Valeera, la bambina innocente che era stata, credeva nella salvezza e a ricordarglielo era stato proprio l'incontro casuale di qualche giorno prima...
...
Un'altra vita era stata appena stroncata dalle fredde e rapide lame di Valeera. L'assassina stava depredando il cadavere dello sfortunato viandante carpendo alla sua borsa tutto ciò che di interessante aveva trovato. Deliziose provviste, denaro, un collana d'oro probabilmente destinata a qualche futuro scambio. Bottino più che soddisfacente per un fine giornata indimenticabile di ghiottonerie alla taverna.
La giovane assassina aveva fatto sosta nei pressi di un fiume per lavare se stessa. Era sgusciata via dai suoi indumenti in pelle e si era immersa nell'acqua gelidamente piacevole del torrente.
Un bagno ristoratore era per lei sinonimo di purificazione della coscienza. Sembrava quasi che dopo essere stata a contatto con l'acqua limpida si lavasse perfino dei delitti appena compiuti.
Aveva appena terminato di vestirsi ed era intenta a pettinare con le dita i propri capelli bagnati quando un rumore di passi scadenzati attirò il suo udito sopraffino rompendo la quiete della foresta.
La giovane, guardinga, aveva subito tirato fuori dalla cintura abbandonata sul terreno i due sinistri pugnali nascondendosi dietro il tronco di un albero secolare. Era pronta all'agguato. Pronta a depredare un altro cadavere di un viandante innocente.
L'ignaro sconosciuto arrancava faticosamente trattenendosi a ogni tronco. Portava un fulgido bastone dorato sul quale gravava col peso.
Lo sconosciuto era ferito. Ma oltre a ciò sembrava anche essere un uomo ricco e benestante. Lo confermava l'ottima fattura del suo elaborato mantello blu rifinito da eleganti intarsi dorati.
"Aiutami", mormorò l'uomo accasciandosi malamente sul terreno.
Valeera sgranò gli occhi. Non poteva essersi accorto di lei. A chi si era rivolto quell'uomo nel chiedere aiuto?
"Valeera Sanguinar", aveva biascicato la giovane voce da sotto il cappuccio. "Se... ti stai domandando chi io sia... sappi che non c'è nulla che io... non possa sapere", terminò il discorso con evidente affaticamento nella voce.
A quel punto la giovane assassina non potè fare a meno di sgusciare guardinga dal suo nascondiglio.
I crudeli occhi verdi da lupo in agguato scandagliarono con diffidenza la figura abbandonata per terra. Era inerme... inoffensiva.
I passi sinuosi e silenziosi di Valeera si accompagnavano alla macabra danza dei pugnali stretti tra le sue dita. Un solo fendente. Ne sarebbe bastato uno solo...
"Chi sei?", sibilò l'elfa mantenendosi a debita distanza come una lupa in agguato.
"Anduin... Wrynn", sibilò l'uomo.
L'assassina raggelò. Doveva essere la sua giornata fortunata se addirittura un principe ferito le era stato servito mezzo morto e su un piatto d'argento.
Anduin Wrinn, il chierico dei chierici, il principe di Roccavento ai suoi piedi... moribondo. Una delle personalità più potenti di Azeroth. E il destino di Anduin era nelle mani di Valeera.
"Avresti dovuto essere in grado di curarti da solo... chierico", sibilò l'assassina con aria diffidente. E se fosse stato un trucco?
Anduin scosse il capo.
"Come conosci il mio nome?", continuò la ladra curiosa.
"Ci sono cose che non si possono spiegare, Valeera Sanguinar", mormorò esausto il giovane chierico. Quando lo disse si levò a sedere a fatica e il suo cappuccio scivolò rivelando una scompigliata zazzera bionda.
Valeera non potè fare a meno di notare l'eleganza di quei tratti principeschi. Delicati ma severi al tempo stesso.
Gli occhi del principe di Roccavento erano del colore del mare in tempesta, eppure il solo guardarli trasmise all'assassina una sensazione di calma.
"Che cosa ti è successo?", domandò schietta la giovane elfa mentre tornava a infilare i pugnali nella loro guaina. Strinse la cintura fino all'ultimo buco, sulla sua vita esile, e una volta assicurate le armi ai suoi vestiti si mosse verso lo sconosciuto. Non era abituata a dare del voi a nessuno. E non lo avrebbe fatto nemmeno col principe di Roccavento.
"Questo non posso rivelartelo, Valeera".
L'assassina si accigliò. Quell'uomo era a un passo dal crepare e veniva a fare anche il misterioso.
"Che cosa vuoi da me, allora, principe di Roccavento?".
"Un gesto di pietà...".
Il viso della ladra assunse un'espressione interrogativa.
"Voglio che tu ponga fine alla mia vita".
Di tutte le richieste di pietà che avesse potuto avanzare a Valeera, quella parve all'elfa la più assurda.
La ladra si ritrovò a pensare che ammazzare un principe sarebbe equivalso alla rinuncia di un grosso riscatto, ergo alla perdita di un bottino troppo ghiotto per lasciarselo scappare.
Un principe è sempre meglio vivo che morto.
Le risuonò nella testa la voce del suo vecchio compagno d'armi Broll.
"Dammi un motivo per cui io debba farlo".
Il giovane chierico abbozzò un sorriso sofferente ed enigmatico. "Perchè sei un'assassina e una ladra, Valeera Sanguinar. E si da il caso che io porti con me molto denaro", terminò indicando con lo sguardo la borsa che portava a tracolla.
"Non mi fido di te, chierico di Roccavento, dove sta la fregatura?".
Anduin si morse dolorosamente il labbro inferiore rivelando una fila di denti bianchi e perfetti. L'accenno di barba appena spuntata era biondo sulla sua mascella squadrata. Un sospiro affaticato eruppe dalle sue labbra prima che tornasse a parlare.
"Nessuna fregatura", terminò stancamente appoggiando il capo al tronco. Un nuovo respiro mozzo e sofferente gli costò una fitta di dolore che lo fece piegare in due. Valeera potè scorgere tra gli ampi drappi della veste un'ampia chiazza di sangue che si allargava scarlatta.
Un impeto di pietà la colse d'improvviso e la ladra si ritrovò a inginocchiarsi davanti al chierico per bloccare l'emorragia con una delle sue tante cinghie di cuoio.
"Che stai facendo?".
"Evito la tua morte, chierico. Non ho bisogno dei tuoi soldi".
Anduin abbozzò un sorriso. Sembrò divertito da quell'osservazione ed era come se in quel sorriso ci fosse un bagliore di consapevolezza.
...
Valeera aveva sempre odiato gli affetti. Li aveva detestati. Li aveva rifuggiti, ostacolati, temuti.
Eppure da quando le strade sua e di Anduin si erano incrociate era mutata totalmente la sua prospettiva.
Quella volta di alcuni giorni prima, quando aveva solo aiutato il principe di Roccavento, per la prima volta non aveva pensato nè al denaro nè ai suoi interessi personali. Anzi, qualcosa dentro di lei era scattata. Si era ritrovata ad accompagnare Anduin fino a Roccavento per lasciarlo alle cure dei suoi lacchè.
Da allora sembrava essersi stretto un tacito patto di complicità tra i due. Un'amicizia che aveva superato perfino i loro confini sociali. Lei era solo una ladra. Un fantasma. E Anduin sembrava divertito e incuriosito dal suo ruolo evanescente e dal suo aspetto elfico e bestiale.
"A Roccavento si vocifera del grosso furto ai danni dello sceriffo del villaggio. Sei stata tu?".
Anduin sedeva su di una sporgenza di roccia. Erano entrambi sul monte Misha, dove Valeera aveva eletto un'ampia caverna a suo rifugio.
"Davvero credete che un delitto così scadente sia stato compiuto da me, principe?", lo rimbeccò l'elfa sarcasticamente mentre accarezzava la lama del proprio pugnale.
Anduin ridacchiò. "Assolutamente, un lavoro troppo poco pulito per essere il tuo, in ogni caso dovresti smettere di uccidere... non è una cosa che fa bene all'anima".
"Torna a fare sacrifici agli dei... sacerdote! La mia anima è sporca, oramai".
Anduin si accigliò prima di scuotere il capo sommessamente. "E' stato già tanto che tu non mi abbia ucciso. Come posso sperare di cambiarti?".
"Appunto", terminò lei schietta lanciando uno dei suoi pugnali con un tiro preciso. Questo volteggiò nell'aria per conficcarsi fulmineo alla corteccia di un albero davanti a lei.
Anduin voltò di scatto la testa per osservarlo e di nuovo quel suo solito sorrisino irritante aveva animato le sue labbra.
"Piantala di ridere, chierico", disse l'assassina stizzita. Nello scartare da una parte infastidita si ferì distrattamente a un dito con la lama affilata dell'altro pugnale.
"Dannazione", imprecò.
Lui le sfiorò con un gesto una ciocca di capelli che il vento le stava scompigliando.
"Dimora nelle valli
l'incantevole Dea,
discesa dalle ceneri
di Yggdrasil,
Di razza elfica,
Iduna era il suo nome,
la più giovane
tra i giovani figli di Ivald".
Il chierico aveva cantato rimanendo per un attimo immobile a scrutarla. Era un testo della mitologia norrena che a Valeera pareva aver sentito in un'altra vita. L'assassina corrugò la fronte mentre la dolce melodia si faceva prepotentemente spazio nella sua mente.
"Non combinare pasticci nel mio regno, assassina. Mio padre Varian è un guerriero, non sarebbe così misericordioso come me... se venisse a scoprire chi è l'artefice di certi furti", disse.
Mentre Varian si era guadagnato da sempre la reputazione di valente e abile spadaccino, Anduin aveva dimostrato ben presto di non avere l'istinto del guerriero necessario per seguire le orme del re. Aveva posseduto però una particolare empatia e una calma che a suo padre erano sempre mancati. Il profondo legame con la Luce e l'affinità per le arti curative avevano spinto il principe ad addestrarsi con il Gran Sacerdote Rohan e il Profeta Velen dei Draenei negli studi misterici.
Si levò in piedi, e avvicinando nuovamente una schiva Valeera che lo stava fulminando con lo sguardo per quel tocco indesiderato alla sua chioma, le prese una mano tra le sue.
"Se canti mi infastidisci", aveva detto acida, ma lui non le rispose. Sembrava concentrato a studiare la sua mano con ritrovato interesse per la ferita.
L'assassina percepì un dolce calore diffondersi per tutto il taglio, stava per ritrarsi ma quando Anduin aveva allontanato il suo tocco, sul palmo della ladra non c'era più traccia del taglio.
Le scarlatte labbra di Valeera abbozzarono una curiosa espressione di stupore a cui Anduin rispose con un garbato sorriso.
"Gr...", esordì la ladra un po' incerta.
"Non ringraziarmi", la aveva interrotta divertito prima di voltarle le spalle. "Sono sicuro che lo farai a tempo debito".
E detto ciò le rivolse un superficiale segno di saluto e tornò ad arrampicarsi nuovamente sul dorso del cavallo bianco con cui quel pomeriggio era venuto a trovarla.
Valeera lu fulminò con uno sguardo tagliente. "Guardati le spalle, quando dietro hai un'assassina!", gli urlò con tono ammonitore, ma Anduin proseguì per la sua strada con quello che a Valeera parve un sorriso compiaciuto.
Solo il canto di poco prima risuonò nella foresta intonato dalla voce di Anduin come sua unica risposta.
...
Erano passati anni, e Anduin presto sarebbe divenuto il re giusto e misericordioso di cui Roccavento avrebbe avuto bisogno. Varian era ormai anziano e quel giorno sarebbe stato pronto ad abdicare al figlio.
Era giunto il giorno dell'incoronazione di Anduin e per quell'occasione Valeera aveva deciso di assistere alla cerimonia solenne come un'ombra. Si era infiltrata abilmente nelle sale del castello sfruttando i cambi di ogni turno di guardia che per settimane aveva studiato ed era giunta ad appostarsi su un'ampia guglia del cortile interno della tenuta di Roccavento, là dove la cerimonia si sarebbe tenuta.
Il castello era in subbuglio e dopo il levare del sole l'andirivieni della servitù era diventato incalcolabile.
Valeera si appoggiò triste alla fredda pietra della guglia. Lontana da occhi indiscreti guardò il sole rosa albeggiare nel cielo.
Chissà cosa ne sarebbe stato del legame di lei e Anduin dopo la sua incoronazione.
Lui sarebbe divenuto la fulgida stella della sua dinastia, lei sarebbe rimasta l'ombra di sempre. Nessuna Luce sarebbe mai bastata a illuminarla, neanche quella che tanto elogiava il principe di Roccavento.
Le ore passarono interminabili. Poi finalmente il cortile iniziò a ricolmarsi di gente che affluiva da tutte le parti del regno.
Ospiti nobili presenziavano la cerimonia, così come curiosi del regno.
Valeera indossò i suoi guanti in pelle e calò il cappuccio sulla sua testa.
I suoi occhi verdi scintillarono serpentini mentre il suo volto si affacciava appena dalla fenditura a scrutare la folla calare in un improvviso silenzio al gesto imperioso dell'anziano re Varian.
Al suo fianco Valeera lo vide. Anduin aveva affiancato il padre durante il suo lungo discorso in cui si elogiava l'operato della lunga dinastia dei Wrynn e l'animo giusto ed equilibrato di cui il nuovo principe era dotato.
Anduin aveva gettato un vago sguardo nella sua direzione, come se avesse intuito in quel luogo la sua presenza.
Ma accadde tutto così in fretta che Valeera non potè realizzare.
All'improvviso delle urla di terrore irruppero nella piazza.
La folla di presenti iniziò a sparpagliarsi per il cortile mentre un'orda scura di orchi si allargava tra le file facendosi spazio col ferro.
Il sangue iniziò a scorrere copioso tra le mura del castello di Roccavento e a Valeera ogni cosa fu chiara.
La Legione Infuocata stava facendo strage nel cuore pulsante del regno. Gli orchi demoniaci capeggiati dal sommo stregone Gul'dan stavano mandando a monte la cerimonia con un solo intento: sterminare i Wrynn e annientare la loro dinastia per sempre.
Gul'dan era comparso da volute di denso fumo nero, coi suoi occhi fiammanti ghignava crudele alle spalle dei regnanti.
"Anduin", mormorò l'assassina estraendo i suoi due pugnali dai foderi. Ma che speranza avrebbe avuto un suo pugnale di ferire il più grande stregone di tutti i tempi?
Si lanciò a capofitto dalle mura con un solo scopo: proteggere Anduin.
Anduin che il destino aveva portato a lei. Anduin che da tempo immemore era ormai divenuto inconsciamente qualcosa da proteggere e custodire.
Ruzzolò dalle scale imprecando ma il suo equilibrio impeccabile le permise di rimettersi in piedi all'istante e di sfrecciare dritta verso il cortile. Lo attraversò fin quasi ad arrampicarsi al baldacchino dei regnanti, ignorando la minaccia degli orchi e ferendone mortalmente alcuni in gesti fulminei e calcolati.
Un lampo di comprensione balenò negli occhi blu del principe nel momento in cui la vide tra la gente dirigersi dalla sua parte.
Potè scorgere dal labiale del principe che Anduin stava pronunciando il suo nome ma quando giunse al cospetto dei regnanti era troppo tardi.
Le echeggianti risate di Gull'dan accompagnarono per un momento l'agonia del corpo straziato del chierico della Luce.
Veleno demoniaco aveva infettato la spada che lo aveva trafitto da parte a parte e lei era tardata ad arrivare, a proteggerlo.
"Finalmente il regno di Roccavento è nostro!", urlò Gul'dan alla sua armata di orchi ruggenti, gettando dagli spalti il cadavere del re Varian. Questi issarono le armi in segno di trionfo tra i cadaveri ancora caldi dei presenti e cominciarono a straziare crudelmente la salma del re.
"I miei omaggi, Idùna", disse lo stregone volgendo il suo sguardo fiammante sul viso pallido di Valeera, inerte spettatrice di quella scena.
"Gul'dan", ringhiò la ragazza cercando di colpire lo stregone col proprio pugnale, ma questo fu inghiottito da una voluta di fumo più denso.
"Il tuo protetto sta ormai passando a miglior vita, Idùna, sei arrivata troppo tardi".
Valeera si slanciò contro la figura evanescente dello stregone ma questo non fece che farlo ridere di gusto.
"Il mio nome è Valeera!", inveì la giovane elfa volgendo uno sguardo terrorizzato sul corpo di Anduin morente ai suoi piedi.
Valeera aveva tentato di lanciarsi nuovamente contro la figura evanescente dello stregone ma un rantolo di Anduin attirò la sua attenzione.
"Valeera...", aveva mormorato debolmente.
"Anduin...", disse l'assassina agitata studiando ansiosa la ferita al suo addome.
"Mi dispiace Gul'dan... puoi sterminare anche l'intera stirpe dei Wrynn... far crollare Roccavento ai tuoi piedi... ma lei... non l'avrai mai!", rantolò con rabbia la voce stanca di Anduin ai loro piedi.
Per un momento Valeera potè scorgere tra le sue mani uno dei suoi pugnali argentati.
Con le ultime forze che gli rimanevano il principe si issò a fatica e senza che lei capisse, che mai se lo aspettasse, piantò quella lama nello stomaco di Valeera. Il colpo fu talmente preciso da lasciarla senza fiato.
Prima che potesse realizzare quanto accaduto, la vista della ladra si annebbiò, e un rigurgito di sangue bagnò le sue labbra sottili.
Anduin si era accasciato. Era morto. E nel farlo l'aveva trascinata nell'oblio con sè.
Gli occhi di brace di Gul'dan si spalancarono dalla rabbia. "No!".
...
Era buio intorno, e Valeera avanzava cauta nell'oscurità di quella foresta amena e quasi incantata.
Le sembrava di essere in un sogno. E c'era pace in quel luogo magico.
Era tutto così... strano.
Quando giunse nella radura dove, ne era certa, aveva incontrato Anduin per la prima volta, un albero esile e delicato attirò la sua attenzione. Era colmo di frutti. Delle mele d'oro che una fanciulla dai biondi capelli era intenta a raccogliere puntellandosi sulle punte dei piedi.
"Dimora nelle valli
l'incantevole dea,
discesa dalle ceneri
di Yggdrasil.
Di razza elfica..."
Quella dolce canzone riecheggiò nella mente di Valeera con la voce di Anduin, ma ad un tratto il canto si interruppe e la fanciulla si voltò dalla sua parte.
"Benvenuta", disse dolcemente rivolgendole un triste sorriso.
"Dove mi trovo?", domandò la ladra titubante.
La giovane le porse una mela d'oro mentre si avvicinava a lei. "Sei nella casa di Idùna, dea dell'immortalità e dispensatrice di vita eterna".
Valeera indietreggiò pericolosamente. "Cosa ci faccio qui?", domandò agitata.
"Il chierico della Luce sapeva bene chi fossi, giovane elfa".
Valeera si accigliò e solo in quel momento ricordò il gesto egoistico ed insensato di Anduin. Osservò il proprio ventre ma nessuna ferita si apriva nel suo nuovo corpo etereo.
"Che cosa vuoi da me, Idùna?", domandò l'elfa col tono più aggressivo che le riuscisse.
"Darti una seconda possibilità per salvare Roccavento e il chierico della Luce, Valeera Sanguinar. Dare la possibilità a te, che sei la mia reincarnazione, di redimerti...".
Valeera non capiva. Nulla le era chiaro di tutto quello che in quel giorno era accaduto.
"Prendi un morso della mia mela d'oro, elfa del Sangue".
"Perchè?"
"Proteggi la Luce, e vivrai per sempre".
Prima che Valeera potesse replicare, il fantasma di quella meravigliosa fanciulla sparì. Imprecò, osservando con diffidenza lo strano frutto che la dea le aveva donato.
Non le restava che mordere...
"Proteggi la luce e vivrai per sempre", quel dolce imperativo riecheggiò nella sua mente.
Una luce accecante la inghiottì catapultandola nuovamente sulle mura di Roccavento.
...
Fu come essere tornata indietro nel tempo. Tutto si ripeteva nell'esatta sequenza in cui sembrava che un attimo prima Valeera lo avesse vissuto.
Tuttavia adesso l'assassina sapeva chi era. Non un fantasma, non un'ombra, ma la reincarnazione di una divinità... la reincarnazione di Idùna. E Anduin aveva sempre saputo tutto ciò.
Anduin aveva sempre saputo ogni cosa di lei e gliel'aveva tenuto nascosto.
Sapeva, quel giorno di molti anni fa, che non lo avrebbe mai ucciso, che le sarebbe rimasta accanto per sempre che... l'avrebbe ringraziato a tempo debito donando la propria vita per salvare la sua.
Approfittatore dunque, o animo divino?
Nessuno dei due. Forse Anduin era solo la sua occasione per redimere ogni suo sporco gesto, ogni omicidio che la vita ingiusta l'aveva obbligata a compiere.
Mancava poco all'irruzione degli orchi, ma, come se fosse guidata da una mano divina Valeera sapeva bene cosa fare.
Raggiunse come un'ombra il retro dell'alto podio. Lei, l'angelo vendicatore del principe di Roccavento.
Annientare Gul'dan e fermare gli orchi avrebbe dovuto essere qualcosa di tempestivo.
Solo spezzare la vilmagia di Gul'dan ne avrebbe permesso la sua distruzione definitiva.
Ma cosa sarebbe occorso perchè da semplice proiezione quel bastone fosse diventato concreto?
Idùna e Anduin, insieme...
suggerì la voce della sua coscienza fin troppo dolce per riconoscerla come propriamente sua.
Quando Gul'dan comparve alle spalle di Anduin muovere in automatico il braccio per afferrare il bastone dello stregone non fu per niente difficile.
Mentre il panico si scatenava tutt'intorno, Valeera si arrampicò agilmente dalle scale finendo letteralmente addosso ad Anduin per evitare col proprio corpo che la lama venefica si conficcasse nel suo addome. Il dolore fu atroce e ciò le fece cascare il bastone dalle mani con un tonfo sordo e metallico.
"And...", riuscì a dire in un urlo spezzato.
Ma il principe di Roccavento aveva già capito che solo la sua Luce avrebbe distrutto quell'aggeggio infernale.
"Grazie... Idùna", mormorò afferrando il bastone per invocare l'aiuto della dea. Una lingua incomprensibile scatenò le urla dello stregone il quale vide presto frantumarsi il proprio piano di gloria.
Gli orchi arrestarono la loro sete di sangue e Gul'dan scomparve. Inghiottito finalmente dalla Luce del chierico.
A Roccavento, oramai, non restava che piangere i suoi morti e accogliere con gioia il nuovo sovrano.
Prima ancora di volgere lo sguardo sulla devastazione della corte Anduin si inginocchiò al fianco dell'elfa moribonda. "Tu... Valeera...", mormorò scosso dal dolore. "Resta...".
Valeera abbozzò un sorriso sofferente. "Questo è il mio modo di ringraziarti, chierico di Roccavento, ricordi?".
Una lacrima rigò la guancia del principe che depose le sue calde mani sul ventre dell'elfa, tuttavia la ferita non si rimarginò. "Non ci riesco", disse addolorato coprendosi il viso con le mani.
Valeera sorrise dolcemente tra la vita e la morte, e nell'agonia di quel momento sentì una gioia profonda invaderle il petto.
Lei se ne sarebbe andata, era vero, ma Anduin avrebbe continuato a vivere, e con lui Roccavento avrebbe avuto il re giusto e misericordioso che da secoli aspettava.
Morire per la Luce avrebbe redento in lei qualsiasi colpa. E lei sarebbe finalmente tornata a casa come Idùna.
"Ricorda sempre di guardarti le spalle, chierico...", gli mormorò sofferente l'assassina abbozzando un faticoso sorriso, prima di spirare.
Come ai vecchi tempi Anduin ricambiò, nonostante la tristezza infinita.
E quando le palpebre di Valeera calarono e la sua anima volò via, il canto del principe la accompagnò discreto all'altra vita.
"Dimora nelle valli
l'incantevole dea,
discesa dalle ceneri
di Yggdrasil.
Di razza elfica,
Iduna era il suo nome,
la più giovane
tra i nobili figli di Ivald".
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