The Secret

La porta produsse un basso cigolio nel chiudersi.
Nakal trascinò i propri piedi fino al bagno dell'angusto appartamento. Era sfinito dall'ennesima faticosa giornata e la pelle gli bruciava come non mai.
Andò davanti al grande specchio. Ve n'erano numerosi nell'abitacolo, necessari per sopravvivere in quel posto, così diverso da quello Natale.
Si levò subito le lenti colorate e ammirò i suoi occhi, caratterizzati da iridi di un azzurro elettrico, anormale.
Accese la luce e una smorfia di puro ribrezzo gli si formò nel vedere il riflesso del proprio corpo.
Non mi abituerò mai, pensò. Afferrò la spugnetta consulta, posata sul lavabo e la strinse con rabbia.
Se la portò al viso e cominciò a levare con foga la tinta che ricopriva buona parte della sua pelle.
Quando finalmente tornò al suo bianco smagliante naturale, cominciò a calmarsi. Quindi lasciò andare la spugnetta e dopo essersi sfilato i propri vestiti, s'infilò nella doccia.

Intanto, un uomo si allontanava sgomento dalle tapparelle che, quasi del tutto abbassate, lo separavano dal bagno di Nakal.
Nei suoi quarantatré anni di vita, non aveva mai visto delle iridi e una carnagione dai colori così sgargianti.
Ma il peggio, era il non sapere come comportarsi davanti a quella situazione.
Dovrei dirlo a qualcuno, fu il suo primo pensiero.
Ma si chiese se quel qualcuno gli avrebbe davvero creduto.
E inoltre si trattava di un suo amico, amico di cui si era sempre fidato da quando ne aveva fatto conoscenza.
E forse aveva fatto male.
Così dopo la curiosità, che lo aveva portato a spiare il suo amico, lo sgomento della scoperta susseguito dalla paura, era stato anch'egli pervaso dalla rabbia.

Il sollievo dell'acqua che ripuliva il proprio corpo, fece scordare momentaneamente a Nakal la frustrazione della giornata appena trascorsa.
Come ogni giorno, da quando aveva scelto di abitare in quel paesino, ripercorse le varie possibilità che avrebbe avuto nel caso un umano qualsiasi avesse scoperto le
anormalità che lo caratterizzavano.
In cima a tutte, vi era quella di somministrare la particolare erba che si portava sempre con sé.
Se non avesse fatto in tempo o se non fosse riuscito, vi era sempre la seconda opzione. Ovvero ucciderlo utilizzando i propri poteri, in modo tale da non essere scoperto.
E infine la terza...
Un rumore proveniente dalla finestra e i suoi pensieri furono subito arrestati, per cedere posto all'azione.
Uscì fulmineo dalla doccia e tentò di capire chi ne fosse l'artefice, dalla sottile fessura tra le tapparelle.
Vide un uomo allontanarsi piano, nell'intento di essere silenzioso.
Nakal riconobbe i capelli corti e castani, ma anche i vestiti della persona che aveva visto poche ore prima.
Si sentì mancare il terreno sotto i piedi, ma prese coraggio e lo chiamò a gran voce.
Mark fermò i propri passi e si maledisse per non essere rientrato tranquillamente a casa propria, e aver invece deciso di scoprire perché il suo amico gli sembrasse così strano quel giorno.

Nemmeno quando fu di nuovo vicino alla finestra, le tapparelle furono sollevate.
<Hai... visto, vero?>
A quella domanda, Mark non riuscì a rispondere.
Inoltre gli pareva terribilmente stupida e superflua. Eppure dalla sua bocca non uscì un sì, né un no. Rimase semplicemente zitto, lasciando che fosse il destino a decidere per lui.
<Vieni dentro>, disse semplicemente Nakal. La voce venata di tristezza.
L'altro rimase incerto. Dopotutto l'amico non gli era mai parso pericoloso e che si ricordasse non aveva mai tentato di ucciderlo, perché mai avrebbe dovuto farlo ora?
Eppure non era convinto. Infondo ora sapeva.
Ma cosa so, esattamente?, si chiese.
Inspirò e si diresse verso il portone che dava ingresso all'appartamento, apparentemente sicuro di se.
Sperò che quegli occhi dalle iridi di un colore così bello e al tempo stesso terrificante, non fossero in grado di passare oltre al suo sguardo deciso.
La porta si aprì con uno scatto e non mostrò altro che il corridoio spoglio e tinteggiato di bianco.

Chiunque, davanti a quella visione avrebbe pensato che
l'appartamento fosse inabitato, e l'assoluto silenzio che regnava la dentro ne dava la certezza.
Finalmente, si decise ad oltrepassare l'uscio.
Tese le orecchie, ma non sentendo pervenire alcun suono, percorse il corridoio. Oltrepassò la porta che dava al bagno e quella che, immaginò, desse accesso alla zona notte.
Si diresse verso una porta a vetri, dalla quale proveniva molta luce.
Vi entrò e osservò i due divani e la poltrona, che incorniciavano un tappeto dall'aria antica, sul quale era stato messo un basso tavolino in vetro.
Si voltò poi in direzione di un'altra apertura alla sua sinistra e poco distante.
La figura di Nakal sbucò proprio in quel momento.
I capelli bagnati, neri come la pece, gli ricadevano sulla fronte e il corpo snello e slanciato era circondato da un morbido accappatoio azzurrino.
Rivolse a Mark un rapido sorriso, tentando di nascondere la tensione.
<Accomodati pure>

Mark obbedì, controvoglia e prese posto sull'unica poltrona.
Nakal andò a sedersi con calma nel divano più vicino a lui e posò sul tavolino un contenitore nero e dalla forma cilindrica.
<Che cosa contiene?>, domandò subito Mark.
<Te lo dirò dopo> fu la risposta.
Poi vi fu silenzio, anche se per poco. Mark trasudava curiosità.
<Ti credevo mio amico>, disse.
Nakal lo guardò con sguardo penetrante, le iridi blu acceso parevano due fari.
<Ho sempre fatto del mio meglio per esserlo.>
Mark assottigliò lo sguardo nel tentativo di capire se stesse dicendo la verità; gli sembrò sincero.
Serrò per un istante gli occhi e si chiese perché tutto dovesse essere così strano. Colui che credeva suo amico, la situazione, il contenitore che davanti a lui attirava la sua attenzione.
Giurò a se stesso che se quella sera fosse tornato a casa propria, non si sarebbe più invischiato negli affari altrui. Mai.

Nel frattempo Nakal si domandava incessantemente perché proprio lui.
L'unica persona alla quale si era legata da quando abitava in quello strano posto, l'ultima persona che in quel momento avrebbe voluto uccidere.
Decise di aspettare e capire cos'avesse indotto l'amico a spiarlo dalla finestra, quel giorno.
<Questa mattina, ho notato delle chiazze bianche. Vicino alla nuca e in un polpaccio. Ero sicuro che gli altri giorni non ci fossero e, siccome quando ti ho chiesto se stessi bene mi hai risposto di sì, ho deciso di scoprirlo da solo>, disse in risposta Mark.
Nakal aprì la bocca, per poi socchiuderla subito dopo.
<Non avresti dovuto>, disse in conclusione.
L'altro aggrottò la fronte, esterrefatto.
<E per quale motivo?>, chiese infastidito. <Per non scoprire il tuo segreto?>, aggiunse.
A quelle parole, Nakal serrò la mascella. Il tono opportunista dell'amico non gli piacque per niente.
<Il mio segreto? Credi che la mia carnagione e il colore delle mie iridi siano un segreto? Tu non sai proprio niente di me, niente.>

Mark si alzò di scatto.
<Questo lo avevo intuito. Ma come posso considerarti mio amico... se ora sei un estraneo per me?>
Nakal sospirò, la rabbia se ne andò velocemente così come era venuta.
<E' proprio questa la ragione per cui non avresti mai dovuto spiarmi... era meglio non sapere>
L'altro si risedette e scosse la testa.
<Ormai è troppo tardi>
<No, non è vero. Posso sempre farti dimenticare tutto>, disse Nakal, gli occhi ora brillavano come due diamanti.
<Cosa?>, la voce di Mark tradiva puro terrore.
<Ti prego, non farmi ricorrere alla seconda opzione> lo implorò l'altro, e gli avvicinò il contenitore rotondo.

Mark intuì a cosa si riferisse e posò nuovamente lo sguardo sull'oggetto cilindrico.
《Che cosa contiene?》, domandò sgomento.
《Un'erba speciale che cresce nel luogo da cui provengo. Ti farà scordare le scoperte recenti》

Lo sconforto che provava Mark in quel momento era tanto, insieme ad altre mille emozioni che non sapeva descrivere.
Ne riconobbe una. La paura, e della forma più pura.
《E... se dovessi dimenticare altro?》
Nakal scosse la testa e gli sorrise riconoscente, pur non avendo ancora ricevuto una risposta certa dall'amico.
《Ti posso assicurare che ricorderai tutto, fino ad un'ora fa. Credimi, conosco bene questa erba.》

Mark rabbrividi e un pensiero si fece strada nella sua testa.
Chissà a quante persone avrà tolto parti di ricordi...

Alzò lo sguardo e annuì deciso.
《D'accordo. Preferisco dimenticare che morire. Ma ad una condizione...》
Le ultime parole fecero sparire lo sollievo dal volto di Nakal.

《Quale?》,domandò incerto.
《So solo che ti nascondi, cercando di mimetizzarti tra di noi, ma non so cosa nascondi. Voglio sapere, prima di dimenticare 》

Nakal trattenne il respiro. Riflettè per qualche secondo sulla richiesta che gli era stata appena proposta.
Avrebbe potuto ucciderlo, ed evitare di raccontare. Ma sentì dentro di se che fosse giusto accontentarlo e si disse che infondo, non sarebbe mai riuscito a togliere la vita a quella persona.

Espirò, quindi prese parola.
《E va bene. Ma sappi che la mia, è una storia lunga.》
Mark gli rivolse un gesto indifferente.
《Non m'importa, mi basta sapere.》
《D'accordo.》
Si riaddrizzò sul comodo divano.
《Prima di tutto, devi sapere che sono un mago. Ho compiuto svariati viaggi prima di imparare tutte le parti che compongono la magia. Alla fine del quinto, i miei capelli si sono colorati di nero. Simbolo di completezza. Ho scelto di abitare insieme a mia sorella, anche lei maga, in un villaggio di anziani. Tutti precedentemente maghi e bravissime persone.》

Mark trovava già assurdo quel racconto, ma tacque e ascoltò il resto.

《Ma quanche mese fa... c'è stato il contagio di una malattia. Tanta gente ne è morta, tra cui mia sorella. Non so molto sulla sua origine, ma so che provoca la schiaritura della pelle e la colorazione delle iridi. Io stesso l'ho contratta, ma ho scoperto che allontanandomi da quel posto c'è speranza che rallenti il processo di morte.
Questo è tutto, adesso sai il mio segreto. E' il momento di dimenticare 》

E aprì il contenitore, rivelandone il contenuto.

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