Allontanamento Uceste
Mi sono interessata agli umani, sin dal primo momento in cui li ho visti. Tante, tantissime formiche che se viste da lontano sembrano avere appieno possesso della loro vita, proprio come noi Ucesti.
La nostra comunità è organizzatissima, come ogni Uceste che si rispetti. I Primi, ovvero i nostri antenati, avevano il timore di essere scoperti dalla razza umana e vivevano sottoterra. La loro, non era una vita felice e morivano entro i quaranta, massimo, cinquant'anni. In seguito, con le nuove generazioni abbiamo imparato a condividere lo spazio terrestre con gli umani, vivendo in superficie e avendo rapporti pacifici con loro, anche se l'ostilità nei loro confronti c'è sempre stata, come rammarico al pensiero dei Primi e della loro paura verso gli umani.
E mentre molti di noi con il tempo hanno acquisito fiducia nei loro confronti, altri hanno continuato a nutrire odio verso gli umani e l'hanno mostrato con le diversità della nostra comunità.
Prima fra tutte, la Macchia; una chiazza di un rosa scuro e della dimensione di una noce, con al centro una minuscola curva simile ad una U di colore celeste, e da essa deriva il nostro nome.
La seconda diversità che ci caratterizza, sono le orecchie a punta. Come quelle dei felini, si tendono e ci dotano di un udito molto acuto.
Infine la terza, non molto importante e trascurabile; la forma degli occhi.
A differenza delle nostre pupille, che sono identiche a quelle umane, la forma dell' occhio Uceste può mutare da allungata a arrotondata.
In poche parole, possiamo avere un occhio a mandorla la mattina, e uno a palla la sera.
Ciò dipende dalla luce, dalle nostre emozioni, ma anche dalle nostre capacità.
I miei occhi ad esempio, sono sempre stati a mandorla e non sono mai riuscita a mutarli se non quando arrabbiata, depressa o peggio, innamorata.
Tralasciando ciò, meglio tornare all'interessantissima storia della nostra comunità.
Prima di elencare le diversità, avevo accennato un fatto che stava accomunando molti di noi, ovvero mostrarsi agli umani in tutte le loro diversità con nonchalance. Io e gli altri della comunità li abbiamo sempre chiamati Arrestini, anagramma di Stranieri, poiché dell'idea di tagliare i fili che stavano unendo gli Ucesti e gli umani.
E per fare ciò, dovettero tagliarsi i capelli quasi a zero e imparare a controllare i propri occhi.
Io non feci mai parte di quel gruppo, sia per la mia mancata governanza degli occhi, sia per l'attaccamento forse esagerato verso i miei lunghi e lucenti cappelli biondi. Ma loro, meno vanitosi e più abili di me, furono di un'altra idea.
Se gli umani se ne accorsero, non lo dietero a vedere per molto tempo. Finché le adolescenti iniziarono ad innamorarsi della Macchia, ed ebbero la pazza idea di tatuarsene una identica all'altezza della loro nuca.
Inutile dire che erano patetiche; con quelle orecchie perfettamente ovali, le quali addobbavano con strani accessori dalle mille forme, come se fossero degli alberi di Natale, la festa che rende gli umani tanto entusiasti.
Il taglio di capelli identico agli Arrestini e una imitazione della Macchia che ammiravano tra loro, come se fosse la nuova moda del periodo.
L'odio degli Arrestini nei loro confronti crebbe a dismisura ed io ne fui quasi felice, poiché speravo riuscissero a fermare la moda che sembrava mettere noi in ridicolo.
Ma non ve ne fu bisogno, perché come tutte le mode, anche quella passò e la successiva vedeva capelli lunghi e dai colori sgargianti.
Gli Arrestini si tranquillizzarono e capendo che l'intelligenza degli umani non era molto acuta, decisero di far crescere i loro capelli nascondendo così due dei tratti che li caratterizzavano.
Nonostante ciò, il consiglio della nostra comunità decise di prendere distanze dagli umani, poiché ormai si era dell'idea che vi erano troppe differenze tra noi Ucesti e loro per convivere pacificamente insieme. Inoltre, molti di noi avevano iniziato a rimanere affascinanti dalle strane mode che caratterizzavano gli umani e la nostra comunità cominciava a relazionarsi tra Arrestini e i Umanesti, anagramma di Mansueti, ovvero Ucesti inclini alle particolarità umane.
Non feci parte nemmeno di quella combriccola, poiché ero sempre stata contraria alle mode. Certo mi sarebbe piaciuto conoscere da vicino gli umani e le loro vite, per avere la certezza che fossero davvero simili in qualche aspetto a noi e non sbagliassi a considerarle delle formiche.
Ma sapevo che era solo uno dei miei tanti sogni e, come molti altri, soffrivo nel vedere i miei simili divisi e in lotta fra loro.
Così, allo scopo di reintegrare la nostra comunità, ci stabilimmo in luoghi inabitati e non confinanti con le città umane.
Gli Arrestini e gli Umanesti divennero i soliti Ucesti e nessuno di noi nominò più gli umani. Almeno fino ad oggi.
《Devi essere impazzita, Lires!》
《Ti preoccupi troppo, Juta》.
Sospiro mentre mia madre e mia zia battibeccano sul mio futuro.
Il motivo del litigio, è proprio il futuro. Il fatto che la nostra società sia molto organizzata, comprende anche la mancanza di innumerevoli scelte. Tra queste vi è lo spazio temporale, che per noi Ucesti è intoccabile.
Nel passato puoi rivedere la storia della nostra comunità, nel presente si ha una vita solitaria e nel contempo circondata dai tuoi simili e nel futuro si prospetta ciò che si può migliorare dal passato, e il fatto che nel mio mi veda insieme agli umani non è positivo per gli Ucesti.
《Noeria, di qualcosa!》
La voce di mia madre mi allontana dai pensieri che infestano la mia testa.
Punto lo sguardo su mia zia, pur essendo difficile data la continua mutazione dei suoi occhi.
《Qual'è il problema?》
Lei mi guarda con freddezza, mentre le labbra secche e screpolate tremano dalla rabbia.
《Il problema è la scelta che non puoi prendere! Stiamo parlando della tua convivenza con quegli esseri!》
《Si chiamano umani, zia》
La pelle intorno ai suoi occhi, non cessa di allungarsi e stringersi in forma arrotondata.
《Non usare quella parola davanti a me!》
Mia madre scuote la testa.
《Juta, calmati》
《Non dirmi di calmarmi! Dovresti essere irremovibile anche tu su certe questioni!》
《Andrà tutto bene, zia. Sono maggiorenne, è ora che me ne vada》, dico levando gli occhi al cielo.
《Non capisci! Questi esseri sanno essere solo pericolosi o stupidi. Vivrai meglio la tua vita tra noi Ucesti, cara.》, afferma Juta avvicinandosi e accarezzandomi la guancia.
Ridacchio e mi scosto.
《Hanno costruito comunità più grandi della nostra, perciò un minimo di intelligenza devono pur averla, no? E 》 faccio spallucce 《anche se fossero pericolosi, saprò difendermi》
Lei sposta lo sguardo da me a mia madre, mentre la sua bocca si spalanca leggermente.
《Siete due pazze! Non avete imparato nulla dagli Arrestini? Loro sì che avevano un po' di sale in zucca!》
Posa le mani davanti agli occhi, sempre più sconvolta.
《E dire che ti ho cresciuta così bene!》
Scoppio a ridere.
《Ma se ci vedevamo pochissimo...》
《Non importa!》, risponde con voce acuta e direziona le mani verso la testa, tirando i capelli rossi e riccioluti indietro.
《Conta il pensiero! Ma è chiaro che non ho pensato abbastanza intensamente.》
Lascia andare i capelli e sbuffa.
《Oh, povera me! Mi farete diventare pazza come voi! Noeria, sappi che stai prendendo una cattiva decisione. E quando lo capirai, non aspettarti di poter tornare indietro ed essere ancora la bella di zia!》
Annuisco semplicemente, abituata al suo carattere impetuoso.
《E spero tu non stia pensando di sposarti uno di quelli! Perché se è così, meglio se rimani zitella come la tua cara zia!》
Rimango senza parole per qualche secondo, con l'istinto di ridere in faccia da domare e mi sforzo di mostrare un sorriso naturale.
《Va bene, zia.》
Juta ci osserva un'ultima volta, poi stringe i pugni con forza e emettendo dei bassi strillii, si dirige verso la portone dell'ingresso.
Non appena varca la soglia, io e mia madre ci guardiamo e scoppiamo a ridere.
Verso sera, qundo mio padre fa capolino dentro casa stanco da lavoro, trova me e Lires a brindare con del succo di more.
Nel vederci sorride e si dirige verso il divano dove siamo sedute.
《Che cosa avete da festeggiare》, chiede posizionandosi accanto a noi.
《La zia a mandarmi a Londra dagli esseri!》, rispondo con enfasi.
Lui sorride.《Lo sai che ti avremo mandato comunque, vero?》
《Per come sei rompiscatole, sarà una liberazione》, aggiunge mia madre.
《Il sentimento è reciproco》, taglio corto fingendomi offesa.
《Non hai dimenticato niente, vero?》, domanda ansiosa mia madre.
Sorrido.
《Anche se fosse, verrei subito a prenderlo》
Lei sembra tranquillizzarsi un po'.
《Hai ragione. Allora buon viaggio cara! Verremo spesso a farti visita》
La abbraccio forte e mi volto in direzione di mio padre.
Mi arruffa i capelli e mi dà un pizziccotto sulla guancia.
《Mi raccomando, non guardare solo i bei investiti e pensa anche al tuo vecchio qualche volta.》
Stringo in un abbraccio anche lui.《D'accordo, papà. Vi chiamo non appena arrivo!》
Lui annuisce.
《Hai con te le chiavi di casa?》
Frugo nel taschino del giubbotto per accertarmi di averle prese e le tirò fuori.
《Aspettate!》
Alzo lo sguardo per vedere una zia affannata e intenta a correre nella nostra direzione.
Ci raggiunge stravolta dalla testa ai piedi e mi rivolge uno sguardo colmo di tristezza.
《Tesoro, sei proprio sicura?》
Sul mio volto si allarga un gran sorriso.
《Sì zia, sono sicura al cento per cento. È tutta la settimana che te lo ripeto.》
Lei sbuffa.
《Era per essere certi, magari avevi cambiato idea》
Scuoto la testa, divertita.
《Sono troppo testarda per cambiare idea. 》
Sospira rumorosamente.
《Già, lo immaginavo. Comunque sia, farò il sacrificio di lasciarti andare.》
Annuisco con serietà.
《Lo apprezzo molto》
Poi un 'click' spezza il silenzio e l'istante dopo sono in una piazza disabitata, nel buio della sera.
Spalanco la bocca e con in mano ancora le chiavi cerco il minuscolo tastino attaccato al retro della chiave di casa.
Lo premo e non appena sento il 'click' chiudo gli occhi.
《... non mi aveva ancora salutata bene!》
《Potevi evitare!》
Riapro gli occhi e esposto, sollevata di essere di nuovo in Italia.
《Perché l'hai fatto?》, domando guardando storto mio padre.
Lui fa spallucce.
《La cosa stava diventando troppo sentimentale e sdolcinata》.
Arrivata definitivamente a Londra, mi dirigo verso il mio nuovo appartamento non molto distante dalla piazza.
Una volta davanti al portoncino contrassegnato dal numero 15, allungo il dito verso il campanello e suono.
Ad aprire la porta è un ragazzo corpulento e dall'età probabilmente vicina alla mia. Sotto la luce del lampione, noto i suoi grandi occhi dalle ibridi scure e i capelli di un dolce castano chiaro.
《Oh. Who are you, lady?》
Gli occhi cominciano a bruciarmi e sbatto le palpebre.
《Ehm, hello. My name is Noeria, I'm the Italian student》, dico con il mio accento nettamente italiano.
Lui sorride.
《Sei italiana? That's fantastic!》
Rimango senza parole e lui scoppia a ridere.
Allunga la mano verso la mia e la stringe con vigore.
《Sorry! A volte mi viene naturale parlare inglese. È un piacere conoscerti Noeria, io sono Levi》
Lascia andare la mia mano e si scosta dalla porta, facendomi cenno di entrare.
Stringo la bretella dello zaino e trascino la valigia dentro l'appartamento.
《The other two guys are sleeping. It's too late!》
Lo guardo imbarazzata, consapevole dell'orario e maledico mio padre per avermi fatta arrivare così tardi per timore che mi vedessero gli umani.
《I know. Ehm, lo so. È stato un viaggio lungo e...》
《One moment! Hai qualcosa all'occhio 》
《Cosa?》, chiedo spaesata e mi strego gli occhi ancora brucianti.
Non appena li tocco, sento la pelle tirare e un brivido mi attraversa la schiena.
《Oh merda!》
Mi copro la faccia con le mani mentre gli occhi continuano a bruciare.
Sento l'inglese domandarmi se sto bene e apro una fessura tra le mani giusto il necessario per vederlo.
《Dov'è il bagno? Devo andare in bagno!》
《What. Prima porta sulla sinistra!》
《Grazie!》e detto ciò, mi fiondo nel bagno.
Non guardo nessun particolare ma chiudo a chiave e mi posiziono davanti allo specchio. Tolgo le mani dal viso e osservo preoccupata i miei occhi mutare continuamente.
《Ma perché mi succedono sempre a me, dannazione! 》, sussurro frustrata.
《Are you okay, Noeria?》
La voce di Levi mi mette ancora più angoscia.
《Si, sono solo...》
Innamorata di un tipo che ho appena conosciuto!
Finisco la frase mentalmente, mentre Levi dall'altra parte della porta sghignazza divertito.
《 Menstruation do tricks, aren't it?》
Oddio, che ha detto?
《Puoi ripetere?》
Il silenzio viene spezzato dalla sua voce, solo qualche secondo dopo.
《Posso capire se hai il ciclo, Noeria. L'altra coinquilina dissemina assorbenti per tutta la casa!》, risponde con il suo marcato accento inglese.
Sempre con gli occhi puntati sullo specchio, noto le mie guance diventare paonazze.
《Cosa? Oh no, io... ho le lenti a contatto messe male e non riesco a levarle》, invento rapidamente.
Il silenzio che avvolge le mie parole rende la situazione ancora più imbarazzante.
《Oh my Gosh! Sorry, I'm very idiot!》
Nel sentirlo insultarmi, scoppio a ridere e anche i miei occhi cominciano a rallentare la mutazione.
《It's okay. Dammi solo qualche minuto ed esco dal bagno》
《Figurati, fai con comodo. Tanto ormai non credo riuscirò a dormire!》
Sorrido a me stessa e dopo vari respiri lenti, finalmente la pelle attorno agli occhi si rilassa fino a tornare alla forma allungata originale.
Dò un ultimo sguardo per essere certa che le orecchie e la Macchia siano ben nascoste e poi spalanco la porta, con l'aria di una guerriera che è appena uscita illesa dopo una battaglia.
* * *
Ovviamente la mia felicità durò poco, perché non appena misi piede nel salotto trovai Levi addormentato sul divano.
Sorrisi intenerita da quella scena e perlustrai l'appartamento insieme ai miei fidati compagni di viaggio: la valigia e lo zainetto.
Su tre porte lessi i nomi di Levi e gli altri due coinquilini e infine mi imbattei in una porta senza alcuna scritta. La aprii entusiasta e guardai la mia nuova stanza con gioia e curiosità. Era quasi spoglia e le pareti erano semplicemente intonacate di bianco, ma sapeva di pulito e vi era lo stretto necessario di cui avevo bisogno. Trovai le lenzuola pulite sul letto in ferro battuto e sulla scrivania un biglietto del proprietario del locale che mi dava il benvenuto.
Al settimo cielo, mi misi a letto con nuove prospettive e nuove speranze verso il futuro.
La cosa più inaspettata e sconvolgente di esso fu che tempo due mesi e io e Levi stavamo insieme.
Lui sin da subito mi aveva confessato che ero una tipa strana e lui non era di certo da meno, con il suo parlato per metà italiano e per l'altra metà inglese.
Ma a nessuno dei due importava di essere insoliti e unici e andammo d'accordo sin dall'inizio.
Non ci misi molto a capire che nutriva dei sentimenti nei miei confronti; da brava Uceste studiosa e curiosa com'ero notai subito l'interesse che aveva su ciò che mi riguardava, come la mia nuova scuola e la mia esperienza di scambio culturale lì a Londra.
La scusa per chiedermi di uscire fu l'offerta come guida turistica per la città e constatato che mi divertissi e stessi bene in sua presenza, continuò a starmi vicino.
I miei occhi finalmente impararono a non mutare troppe volte e i miei genitori mi fecero visita solo alcune volte, sempre di notte.
Insomma, dire che filava tutto a gonfie vele era poco. La fortuna girava dalla mia parte e in fondo dentro di me sapevo che non sarebbe durato molto.
Ma speravo non così poco.
Stavamo insieme da appena due settimane ed era venerdì, che per gli Inglesi è molto meglio del sabato sera italiano.
Thyssy e Cory, i due coinquilini che insieme a me e Levi occupavano l'appartamento erano andati ad un Pub a divertirsi con altri amici.
Io e Levi eravamo davanti al televisore del soggiorno, a ballare un ballo impossibile.
Acclarata dalla fatica, spostai i capelli da un lato e fuin quel momento che Levi notò la Macchia.
《 E questo tatuaggio? Non me l'avevi fatto vedere. It's original!》
Diventa i bordeaux e non sapendo che altro fare, rimisi i capelli al loro posto.
Levi, sorpreso dalla mia reazione si avvicinò e mentre io indietreggiavo impaurita, lui si avvicinava pericolosamente.
Distratta com'ero, inciampai e finii sul tappeto.
《Noeria, cosa c'è? Si tratta del tatuaggio?》
E all'improvviso, i miei occhi ripresero a bruciare. Capii subito che dopo mesi di immobilità, le mutazioni avevano ripreso ad avvenire e strinsi gli occhi per non vedere ancora la smorfia di terrore che animava il viso di Levi.
Spostò deciso i capelli, osservando meglio il tatuaggio e notando le orecchie a punta.
Si levò in piedi e si allontanò da me, come se potessi aggredirlo.
《What... che cosa sei?》
E senza aspettare una mia risposta, sparì veloce lasciandomi sola.
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