Capitolo 2 •Rencontre

"L'arte è uno di quei pochi territori in cui è ancora possibile cercare delle verità"
(Wolf Vostell)

"Alexis, perché state fuggendo?"

Repressi un gemito soffocato, domando i vivaci tormenti.

Posai l'attenzione sulla sua voce insospettabilmente rauca e su un piccolo graffio posizionato lungo la guancia sinistra.

Le grida cessarono e con esse l'afflizione di chi le avesse originate e provocate.

Riposizionai lo sguardo in corrispondenza di Damien, affermando:"Soffro di attacchi d'ansia e perdita di controllo improvvisa, ecco perché stavo scappando!" Sorrisi con falsità, inventando delle assurdità.

"Posso farvi medicare da qualcuno oppure..." Bloccai la sua magnanimità.

"Andrò a casa e dormirò, vi ringrazio, ma preferisco questa (naturale) cura".

Annuì dispiaciuto, comprendendo la mia richiesta e salutandolo con un'illusorio rammarico.

Riuscii finalmente a essere libero!

Ma la felicità non divenne costante, poiché mi accorsi di aver dimenticato il cappello.
Ritrovandomi nel pieno della notte nuovamente in quell'insolito luogo.

La luna splendette con il suo chiarore notturno e il museo fu avvolto dalle tenebre.

Cercai di bussare il più forte possibile, ma inutilmente, nessuno mi aprí, l'evento oramai venne concluso.

Mi appoggiai al muro abbassando le palpebre assonante e rassegnate dall'emozione provata.

Passarono svariati minuti, finché non mi accorsi di una tenue scintilla proveniente dalla galleria.

Le speranze ritornarono più pressanti di prima, bussando imperterrito per una seconda volta, ritrovandomi dinanzi, ciò che non mi sarei mai immaginato, la ragazza del quadro...Cosa!

"E voi chi sareste?" 

La sua voce intensamente familiare, cullò la mia nostalgia, vagando nell'amarezza.

"Sono Alexis, ma voi non eravate morta?!" Fui così diretto e incredulo che non mi accorsi della domanda che porsi.

Cosa ho detto!

"Fatemi indovinare, avete intrattenuto uno scenico dialogo con mio fratello?" Domandò compiaciuta, scrutandomi disgustata.

Accennai un piccolo cenno d'assenso.

"Perché siete qui? A quest'ora della notte?" Aggiunse la donna.

Le spiegai dell'incontro e di aver lasciato distrattamente il mio cappello, accartocciando il dubbio del perché Damien mi avesse mentito.

"Non dovrei, ma entrate fa freddo!" Mi esortò in fretta.

La ringraziai gentilmente, dirigendomi là dove si trovava il mio accessorio perduto.

Lo presi, e ritornai alla porta con il fine di andarmene, ma il mio intento fu interrotto dalla sua voce che mi chiese di seguirla.

Nessuno pronunciò parola, ma capii all'istante, immerso nell'oscurità, che probabilmente quella notte non sarebbe stata una come le altre.

Mi fece sedere su un sofà in pelle, e iniziai ad osservare la stanza, nella quale mi trovai.

Il colore candido azzurro, venne abbellito dall'unicità dell'arredamento e da un luccichio di fantasia.

L'ambiente profumava di una fragranza alla lavanda, dolce e gradevole.

Fin quando non prese parola.

"Non so perché lo stia facendo, ma è oramai da tempo che non incontro un essere umano, mi chiamo Margaret, suppongo che lo sappiate già!" Mi studiò interessata.

"Ecco Margaret, potete svelarmi il perché di questa richiesta?" Chiesi perplesso.

"Non vi facevo molto ingenuo, sciocco, per parlare, dal momento che sono segregata in questo maledetto edificio!"

"Ma voi non eravate morta?!" Lo affermai nuovamente.

Sono veramente uno sciocco!

"Ma certo che no! sono qui sana e vegeta, ma non libera!" 

Quell'impeto di felicità racchiuso nelle sue iridi verdastre si spense all'improvviso, riflettendo su quelle parole.

Mi sovvennero in mente le sue lettere, quei maledetti fogli di carta che non ascoltai, stracciandole come se non avessero un valore.

Ma non era il momento ora!

"Perché non siete libera?" 

E chiusi gli occhi...

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