98 - Demetra
«Avevi detto che non ci saresti ricaduta, che avevi imparato la lezione! Avevi detto di aver capito come proteggerti, che le tue difese erano solide! E adesso invece?» Il mio riflesso dentro lo specchio sibila contro di me, rivolgendomi lo stesso sguardo disgustato che aveva Valerio.
«E se soffri così per lui, che farai con Aidan? Eh?», continua ad aizzarmi, «Te lo ricordi che partirai, vero? Te ne tornerai in Italia, Demetra... e lui rimarrà qui.» Un ghigno sghembo incurva le mie labbra. Le labbra del mio riflesso. «Oddio... Idiota che non sei altro! Non mi dire che per un attimo hai sperato davvero che tra voi possa funzionare?!»
Scoppia a ridere, battendo divertita un pugno contro il suo petto... ma sono io a sentire il rinculo dei colpi far male contro lo sterno. Quella me che non riconosco colpisce sé stessa dentro lo specchio, e il dolore è tutto mio. Colpisce e ride, ancora e ancora, finché un calore insolito mi pervade, senza darmi alcun sollievo.
Sangue. È sangue. La mia mano ne è ricoperta.
Io tremo e lei ride. Tremo e sanguino... e rido.
«Devi smetterla! Adesso!», mi ordina rabbiosa, seria d'un tratto. «Non capisci che è tutto sbagliato? Non capisci che questi ultimi due giorni sono stati solamente un limbo, una bolla nella quale hai tentato di infilarti per scappare da tutto il resto? Guarda come sei ridotta, dannazione... Fai pena.» Scuote la testa con disappunto. «Possibile tu abbia già dimenticato?»
«Cos'ho dimenticato?», chiedo senza voce.
Il mio riflesso sospira. «Speravo di non dover arrivare a farlo ma temo ce ne sia bisogno.»
Fisso il suo sorriso spaventoso mentre avanza dentro la dimensione dello specchio. Indietreggio come potesse davvero arrivare a toccarmi.
È sempre più vicina. Com'è possibile?
Lei avanza, io indietreggio.
«Sei spaventata, Demetra? Perché?»
Si aggrappa alla cornice dello specchio ed esce di là. Spalanco gli occhi, mi si spezza il fiato. Inciampo sui miei stessi passi e crollo a terra.
«Non dirmi che hai paura di te stessa!»
Lascia cadere il montgomery nero, si toglie il vestito color ruggine e, come una iena, ghigna della sua preda. Non voglio guardare ciò che mi mostra, la realtà che mi sbatte in faccia, eppure gli occhi rimangono fissi su quella schiena disastrata e disastrosa.
«Guarda come ti riducono i tuoi affetti. Guarda!» Urla talmente forte da far crepare lo specchio.
Adesso non può più andarsene via. Adesso non posso più liberarmi di lei.
Come in un time-lapse, rivedo le mie spalle ricoperte di sangue, piene di ferite su cui compaiono punti di sutura e garze. Il filo spesso e nero che tira e prude. I tagli si rimarginano, il sangue si secca, i lividi svaniscono, i punti vengono tagliati, ma le cicatrici restano.
«Non ci cascare, Demetra. Farà male, oh, se lo farà. Già hai sbagliato con tutti, cosa ti fa pensare che con Aidan possa essere diverso?» Il mio terribile riflesso mi prende il mento tra le dita, costringendomi a guardarlo. «Sei davvero sicura di non star commettendo l'ennesimo errore?»
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