96 - Rose
Sono andata a letto troppo presto, saranno state le nove o poco più. Quando apro gli occhi cerco subito l'ora sulla sveglia. Sono le 23:24. Non è stato questo a svegliarmi però.
Delle voci alte provengono dalla strada. Riconosco quella di Demetra ma l'altra, quella maschile, non appartiene ad Aidan né a qualcun altro che conosco. Stanno anche parlando in italiano, e non capisco una sola parola di quello che dicono.
Lascio il letto e lentamente, stringendo i denti per la fatica, mi faccio forza per scendere le scale. Mi aggrappo al parapetto con una mano e al mio bastone con l'altra. La porta è spalancata e il pavimento all'ingresso lucido e bagnato di pioggia.
Quando riesco ad arrivare al piano di sotto, mi affaccio oltre lo stipite e li vedo. Sono entrambi davanti casa, angosciati e zuppi sotto il temporale.
La voce di lei è spezzata dal pianto, quella del ragazzo è furiosa. Sporgendomi ancora riconosco anche il suo volto. È lo stesso che all'ora di cena aveva suonato per chiedere se Demetra fosse in casa ché doveva parlarle. Capelli ricci, lineamenti mediterranei, giaccone imbottito: è lui.
Non so cosa si stiano dicendo ma sono piuttosto sicura che stiano piangendo entrambi.
Con voce roca, lui tuona qualcosa di incomprensibile. Demetra tenta di avvicinarsi, di prendergli la mano per farsi ascoltare. Il ragazzo si libera con uno scatto violento del braccio.
«Ehy!», urlo all'improvviso, insinuandomi a forza nella loro discussione. Rimango in piedi all'ingresso, appoggiata sul mio bastone. Un paio di case attorno hanno acceso le luci. «Che modi sono questi?! Lasciala in pace!»
Demetra e il giovane si girano di scatto verso di me. Sono fradici, con gli sguardi e i visi distrutti.
Lui deglutisce e sposta lo sguardo, lei mi corre subito incontro. Tutta nervosa, si asciuga le lacrime che le hanno sbavato il trucco. «Rose, scusa! Scusaci!»
La ascolto, ma il mio obiettivo è lui. «Come ti permetti a presentarti in casa mia con l'intenzione di urlarle addosso in mezzo alla strada?! Questo è un quartiere tranquillo!» Sbatto il bastone sul pavimento, inorridita da questa scena. «Basta così. Torna a casa adesso, invece di star qui a maltrattare le persone e disturbare chi dorme!»
«Ha ragione.», borbotta, secco e monocorde, tenendo lo sguardo basso. «Me ne vado.»
Demetra si volta a guardarlo. Singhiozza parole che non capisco ma che fanno riempire di nuove lacrime gli occhi di entrambi. Senza replicare, il ragazzo si passa una mano tra i capelli grondanti di pioggia e si allontana verso l'auto parcheggiata sull'altro lato della strada.
È rimasto qui fuori tutto questo tempo?
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