95 - Valerio

Osservo quegli occhi che tante volte ho guardato sperando di trovarci dentro il mio riflesso. Adesso so che non mi hanno neanche mai visto – non come avrei voluto, non come desideravo.

Demetra sembra sorpresa, confusa, mentre fissa i miei vestiti fradici, i capelli che sento incollati alla fronte.

«Vale, ma...» Deglutisce e si acciglia. «Che ci fai qua fuori a quest'ora?! Entra! Ti ammalerai!»

«Perché, ti importa?», soffio tra i denti.

«Certo che mi importa!»

«Bugiarda.» Glielo sputo addosso col tono cupo di chi ha lasciato che le lacrime si mischiassero alla pioggia.

Demetra si impietrisce. Il seno stretto in quello splendido vestito che non ha usato per uscire con me è l'unica parte di lei che si muove. Respira agitata. Sarà l'ansia mista alla consapevolezza di ciò che mi ha fatto.

«Perché dici questo? Ti prego, entra in casa e...»

«Tu lo sapevi.» Trema, mentre il mio cuore si frantuma. È in piedi di fronte a me, così vicina e irraggiungibile, così bella e deludente. Il rancore e lo sconforto mi lacerano dentro, con artigli affilati. «Lo sapevi, cazzo!» Stringo i denti e prego le lacrime di non uscire.

«Vale...» Il mio nome le sfugge dalle labbra, in un lamento sofferente. Muove un passo verso di me con gli occhi già lucidi.

La pioggia comincia a bagnarle i capelli, il viso e il vestito ma non riesco a fare altro che buttarle addosso tutta la mia rabbia. Mi tremano le mani, mi tremano le spalle, persino le gambe tremano.

«Spero sia stato divertente vedermi morire per te ogni giorno, dietro un tuo maledetto sorriso o una sola cazzo di parola!»

Demetra non parla. Non respira neanche più.

Avrei solo voluto farla sorridere e renderla felice. Avrei solo voluto un'occasione per poterla amare davvero. Le lacrime che sento bruciarmi gli occhi servono solo a farmi inferocire di più.

«Lo è stato? Ti sei divertita?! Rispondimi!»

«No!», sbotta con un fremito. «Non lo è stato! Come avrebbe potuto essere divertente?!»

«Se non era per divertimento, allora perché? Ti piaceva l'idea di essere corteggiata? Ti faceva sentire migliore sapere di avere un coglione che ti moriva dietro? Cosa, cazzo, cosa?!»

Demetra singhiozza, allungando le mani nella pioggia. «Nulla di tutto questo, Vale, te lo giuro...!»

«Non mi toccare.» Mi scanso prima che possa raggiungermi.

Una parte di me vorrebbe starla a sentire, perdonarla, prenderla tra le braccia e dimenticare l'ultimo anno passato ad essere la mia versione più ridicola, quella che ha fatto di tutto pur di attirare la sua attenzione. L'altra parte di me ha già deciso che devo odiarla e allontanarla una volta per tutte dalla mia vita.

«Ascoltami...», mi prega piangendo. «Non è andata come pensi. Ero solo in difficoltà! Non sapevo cosa fare! Non volevo ferirti ma non sapevo come dirti che-...»

«Che non te ne frega un cazzo di me?!», la anticipo. «Tranquilla, adesso lo so!»

«Non è così! Avevo paura di ferirti perché ci tengo davvero a te...!»

«Ma io ti amo, Demetra! Lo capisci? Ti amo!» Le lacrime e la pioggia offuscano l'immagine del suo viso tanto bello. «Ti ho amata ed aspettata, e tu non hai fatto altro che sbattertene dei miei sentimenti e distruggermi!»

Sbatto le palpebre più volte, per mettere a fuoco. Cerco i suoi occhi lucidi, il mascara le sta colando lungo le guance rosse per il freddo. Con un ultimo passo, Demetra esce di casa. Trema ma non bada alla pioggia che la infradicia né al vento gelido.

Mi cammina incontro con aria distrutta e io indietreggio per istinto. Piange con quella che sembrerebbe sincerità, ma adesso non so che farmene.

«Non ho mai voluto farti del male. Vale, devi credermi, è la verità! Avrei solo voluto trovare la soluzione per non vederti soffrire per colpa mia...!»

«Ma guardami! Guardami, cazzo!», sbraito, sputando schizzi di pioggia e rabbia. «Ti sembra che stia bene adesso?! Ti sembra che non stia soffrendo?!»

«Mi dispiace...» Demetra piange, singhiozza e respira a fatica. «Mi dispiace tanto, Vale... Mi dispiace, non volevo questo...»

Ti prego, Demi, lascia che ti odi. Io devo odiarti. Non posso più amarti.

Vorrei stringerla in un abbraccio sotto la pioggia che non smette di caderci addosso. Un tuono in lontananza la fa tremare ancora di più.

Fa male, cazzo. Fa male vederla piangere.

Fa male sapere che conoscesse i miei sentimenti. Fa male sapere che li abbia ignorati.

«No, infatti. Non volevi questo, tu semplicemente non volevi me.», termino la frase per lei, nel mezzo del vialetto. Tutt'attorno a noi, solo il buio, il silenzio e la luce fioca dei lampioni. «Scommetto che c'era il biondo in macchina, non è così? O forse il pavone tatuato o chissà chi altro. Sicuramente qualcuno migliore di me, giusto?»

Demetra schiude le labbra, deglutisce e annaspa. «Nessuno dei due c'entra niente con questo...!»

«Oh, allora siamo tutti e tre pupazzi dentro il tuo cazzo di teatrino! Lo apri, ti diverti a tenerci lì e ad usarci quando ti serviamo!»

«Davvero mi credi capace di una cosa simile?» mi domanda, più debole d'un tratto. Quella voce dolce e spezzata tenta di aprirmi il suo cuore, continuando a distruggere ogni pezzo del mio.

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