94 - Demetra

«Sicura di stare bene?»

«Sì.»

«Se vuoi, posso avvertire i miei e restare qui...»

«Non c'è bisogno...», soffio stringendo la mano con cui Aidan mi accarezza la guancia.

Guardo dentro i suoi occhi chiari, così nitidi e luminosi nonostante il buio di Abbott Road. Lascio che mi scrutino dentro come non ho mai permesso a nessuno di fare.

È faticoso – e tanto spaventoso – abbandonarsi a questa vulnerabilità, ma anche la parte più restia di me si è resa conto che qualcosa sta cambiando nel mio cuore e tra i miei pensieri. Ci sono macerie che ancora devono essere smaltite, qualcosa di nuovo però adesso c'è. Qui, dentro di me.

«Sicura che starai bene?» La voce di Aidan è cavernosa e dolce.

Annuisco, tentando di rassicurarlo anche senza parlare. Ho paura che se lo facessi potrei implorarlo di restare oppure scoppiare a piangere. Il treno emozionale che mi ha travolta mi ha impedito di terminare il racconto, ma lo farò. Ad Aidan racconterò tutto, gli mostrerò ogni cosa.

«OK.» Alla fine, cede. «Basterà uno squillo o un messaggio per farmi correre da te. Capito?»

«Capito.»

La mano di Aidan si infila tra i miei capelli, verso la nuca. Preme appena per spingermi più vicina alle sue labbra. Un bacio morbido, così lento e necessario.

Qualche goccia di pioggia ricade e ticchetta sulla carrozzeria dell'auto. Anticipa il temporale che, già da lontano, fa da sottofondo a quel momento che assaporo, dal retrogusto di caffè di quel bacio all'emozione da cui mi lascio sopraffare.

Con un respiro profondo, Aidan poggia la fronte sulla mia. Sento il suo respiro scaldarmi il viso, fondersi col mio. Si morde il labbro inferiore, poi serra la mandibola e deglutisce prima di cercare i miei occhi. «Credo di essermi innamorato di te, Demi...»

Il cuore manca un battito, forse un milione di battiti. Si scioglie sotto il calore che mi si irradia dentro. Mi sento avvampare come stessi bruciando, un fuoco sottopelle. Un attimo solo, quelle parole soltanto, e la mia intera persona ed esistenza fino ad ora pare sgretolarsi in cenere sottile. Polvere leggera da cui, come una fenice, forse potrò rinascere.

Le mie convinzioni più disilluse e apatiche si frantumano sotto lo sguardo limpido di Aidan. Forse non era impossibilità di amare, la mia – non lo è mai stata. Il mio cuore non era davvero esanime e stanco dopo tutto quell'amore sbagliato.

Rose, lei aveva ragione. Forse, semplicemente, nessuno era stato capace di scuotermi davvero, di farmi desiderare un nuovo tentativo, di spingermi a crederci ancora una volta.

Lui. Lui ci sta riuscendo però...

Le sue parole mormorate ancora sembrano riecheggiare dentro l'abitacolo e tra i miei pensieri.

«Non c'è bisogno che mi rispondi adesso.», incalza, stringendomi più forte a sé. Boccheggio senza fiato, rendendomi conto in quel momento di essere rimasta zitta e in apnea tutto il tempo. «Volevo solo sapessi che sei importante per me...»

«Anche tu lo sei...», replico finalmente, col cuore che batte all'impazzata. «Lo sei davvero tanto, Aidan...»

Stavolta, lo bacio io all'improvviso. Ne ho bisogno, lo voglio. La sua barba contro le guance e il mento è una carezza pungente che adoro, il profumo dei suoi vestiti qualcosa di cui non voglio più fare a meno. Ciò che adesso manovra il mio cuore permette anche ai miei polmoni di tornare a respirare.

Possibile che la felicità si sia ricordata anche di me?




Quando chiudo la porta blu dietro di me, qualche minuto più tardi, il sapore di Aidan è ancora sulle labbra, sulla punta della lingua e il cuore non ha smesso di scalpitare.

Dovevo venire in un piccolo villaggio nel nord-ovest dell'Inghilterra per capire di poter amare ancora, malgrado i timori, le botte e le delusioni di ciò che ho vissuto?

Il cuore è un muscolo, è nato per non fermarsi, per resistere e tenerci vivi e caldi. Non è fatto per essere vuoto, pigro o inaridito.

Non si può decidere di non provare sentimenti – felici, tristi o rabbiosi che siano.

Non si può decidere di smettere di amare.

Come eviti all'amore di sfiorarti? Come decidi di non voler sentire più nulla? Persino la diga più elaborata può essere crepata dalla potenza dell'acqua. Non possiamo sperare che le difese tirate su per difenderci da nuove sofferenze ci proteggano davvero, sempre e contro tutto e tutti. E poi chi lo ha detto che dietro quelle difese staremo bene? Come possiamo sapere di non morirci dentro invece, lentamente, soli e disperati?

Possiamo decidere di bloccare i polmoni dal respirare? Possiamo far smettere al nostro sangue di scorrere o al cervello di pensare? No.

Alla stessa maniera, forse, è impossibile evitare i sentimenti quando ci incontrano e ci investono. Abbiamo un cuore, e siamo fatti per provare emozioni. Siamo fatti per amare, per soffrire, per perdere e ritrovare. Costringersi a non farlo equivale a morire.

Appendo la giacca all'ingresso, mi sfilo anche la sciarpa. Nello specchio, il riflesso di un sorriso talmente felice che quasi non sembra appartenermi.

La casa è buia e silenziosa, segno che Rose sia andata a dormire da un pezzo. Mi tolgo anche le scarpe e, portandomi dietro solo la borsa, comincio a salire le scale con lentezza. Non voglio farle cigolare e rischiare di svegliarla. Faccio piano, ma un bussare inaspettato mi blocca in mezzo alla rampa.

Aidan.

Scendo di nuovo i gradini, mollo la borsa all'ingresso e cammino in punta di piedi per fare il meno rumore possibile. Giro la chiave con cui avevo già serrato la porta e la spalanco incurante del freddo e del temporale che, alla fine, è arrivato.

«Hai dimenticato qualcos-...?» La voce mi si strozza in gola.

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