88 - Aidan

Esclusa la parentesi delle lezioni universitarie, io e Demetra non smettiamo di cercarci. Ho approfittato di ogni singola e banale scusa per starle accanto. Al ritorno da Crewe, ho coperto le sue mani gelide con la mia ogni volta che cambiavo la marcia, e a casa di Rose ho apparecchiato il tavolo per cena in modo da trovarmi seduto al suo fianco. Ho anche tentato di insegnarle a mangiare con le bacchette... ma si è scoperta essere davvero pessima!

Stringevo le sue dita con le mie ma i noodles sgusciavano via proprio un momento prima che riuscisse ad infilarseli in bocca e né io né Rose siamo stati capaci di trattenerci dal ridere di fronte al broncio desolato che metteva su. Anche dopo cena mi sono proposto di aiutarla a lavare i piatti mentre Rose si gode il suo vinile dei Queen.

«Neanche Greg e Brett sanno niente?», mi domanda mentre passa la spugna insaponata su un piatto.

«Non sta rispondendo neanche a loro da qualche giorno.» Deglutisco, sciacquando sotto l'acqua corrente un paio di bicchieri e tenendo per me ciò che non posso dirle - come che l'ultima conversazione che io e Leo abbiamo avuto a casa mia parlava proprio di lei.

«Ma non è un po' strano che sia sparito all'improvviso?» Demetra solleva lo sguardo verso di me, le dita affondate nell'acqua calda e nelle bolle di sapone per stoviglie. «Non è che Ben sta poco bene?»

«Non credo, ce lo avrebbe detto.» Le sfioro la mano bagnata per toglierle il piatto che stava lavando. «Sapevamo che aveva intenzione di iniziare i lavori a casa di Fabian e Clover, quindi magari ha cominciato e sta perdendo la cognizione del tempo...»

Demetra mi guarda, poi annuisce piano. «Avevo scordato questa storia dei lavori, è vero.» È preoccupata, e lo sono anche io perché una cazzo di risposta non ce l'ho. «Immaginavo avrebbe chiesto il vostro aiuto per certe cose però, non che non facesse tutto da solo e in silenzio...»

Lascio una ciotola a gocciolare e butto giù un nuovo groppone amaro. «Magari non ne ha ancora avuto bisogno...»

«E se fosse entrato in crisi per il contratto con la compagnia teatrale?», insiste ancora, smettendo di fare qualsiasi altra cosa. «Mi aveva detto di essere preoccupato per un eventuale lavoro serio come musicista, perché non avrebbe potuto assicurare a Ben una stabilità reale e neanche più la sua presenza...»

«Demi...» Chiamo il suo nome per farmi guardare. «Se questo weekend ancora non si farà sentire, mi presenterò a casa sua. Ci avevo già pensato. Voglio sapere cosa sta succedendo tanto quanto lo vuoi tu, te lo assicuro.»

Non posso fare a meno di perdermi in quel velo ombroso che Demetra ha sempre avuto negli occhi. Le fa più scure le iridi e confonde le sue emozioni.

Seguendo un impulso che non controllo, spingo il viso contro il suo e la bacio. Un mugolio le sfugge dalle labbra all'improvviso. Perde persino la presa sulla spugna che cade nell'acqua saponata.

La bacio con troppa foga forse, ma è tutto il giorno che aspetto di farlo. Magari servirà anche a trascinare via entrambi dall'ansia e dalla confusione, anche solo per un momento.

Demetra si alza sulle punte dei piedi per farsi più vicina a me e io mi sono già scordato di avere le mani fradice. Gliele poso sui fianchi coperti da un maglioncino arancione, stringo la stoffa e l'attiro a me, azzerando qualsiasi distanza ci fosse tra i nostri corpi fino ad un attimo fa.

Rimango avvinghiato alle sue labbra come fossero la mia inestimabile fonte d'ossigeno.

Le mie dita scivolano lungo il suo corpo fin dietro le cosce, e Demetra soffoca un eccitante gemito di sorpresa non appena la sollevo di peso. La reggo contro il mio petto, dirigendomi verso il tavolo. Le sue braccia si stringono intorno al mio collo. Le nostre lingue si sfiorano e mi sento impazzire.

Il cuore mi si schianta contro il torace mentre le sue dita gocciolanti di acqua e sapore mi accarezzano la nuca. Nella mente, scenari di cui siamo protagonisti solo io e lei.

La metto a sedere sul tavolo e mi spingo tra le sue gambe, lasciandomi travolgere da un impeto più voglioso che non so frenare. La bacio, ancora e ancora, in piedi di fronte a lei, succhiandole un po' il labbro inferiore.

Non voglio oltrepassare alcun confine. Ho paura di forzare le cose e bruciare tappe, ma mi sembra di aver desiderato questi momenti per millenni.

Lo so, mi sto inabissando, ma non ho il minimo desiderio d'essere ritrovato se è in lei che mi sto smarrendo.

Demetra schiude le palpebre con lentezza. Nella sua espressione scorgo lo stesso disorientamento che provo anch'io. Forse nessuno dei due aveva calcolato o anche solo immaginato possibile qualcosa di così reale ma inspiegabile e travolgente – io, di certo, non mi aspettavo di perdere la testa in questo modo, senza riserva alcuna, per la studentessa italiana ospitata per caso in casa di Rose.

Così vicini, riesco a vedere il mio riflesso nei suoi occhi scuri. È così bella...

Quasi per scappare all'imbarazzo e alla mia stessa confusione, affondo il viso contro di lei. La abbraccio forte e mi crogiolo e vaneggio nel suo profumo.

«Demi, ho paura di non volerti più lasciare andare.», le confesso nascosto tra i suoi capelli.

Non m'importa che succederà domani o fra quattro mesi... Ho bisogno che sappia cosa lei significa per me adesso.

Sento le sue dita infilarsi sotto lo scollo del mio maglione per stringermi di più.

«Allora non farlo.»

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