82 - Aidan

Il respiro di Demetra si fa più profondo e lento quando ancora siamo a metà strada, diretti verso casa. Si è addormentata. Non mi sorprendo affatto, è stata una giornata pesante e difficile per lei. Il fatto che sia riuscito a farla sorridere, distrarre e rilassare mi fa sentire fiero.

Sguscio via dalla stretta della sua mano solo per ridurre la marcia e prendere l'uscita per Lotford. Un groppo mi chiude la gola quando attraversiamo il ponte sopra i binari della stazione. Leo ancora non mi ha risposto, non si è cagato né le chiamate né i messaggi.

Detesto le questioni in sospeso, e questo suo improvviso sprofondare nel silenzio mi innervosisce. Voglio sapere che gli passa per la testa, cosa cazzo gli è preso tutto d'un tratto. Se continua così, mi toccherà presentarmi alla sua porta, lì dove non può ignorarmi.

Riempio i polmoni con ansia e frustrazione, senza staccare gli occhi dalla strada. Proseguo verso la panetteria, sulle vie strette e desolate del villaggio che adesso, fra i tanti ricordi di tutta la mia vita, racchiuderà per sempre anche il mio incontro con Demetra. Sposto lo sguardo su di lei, con la testa crollata sul sedile, proprio nella mia direzione. È così bella, addormentata e un po' nascosta dietro la sua sciarpa pesante. C'è qualcosa di grigio e fragile nel suo cuore, adesso lo so ancora meglio di prima. È qualcosa che vorrei conoscere più di così, per potermene prendere cura, per poterla proteggere sempre.

«Demi...» Sotto la luce rossa dell'ultimo semaforo prima di svoltare verso Abbott Road, comincio a svegliarla. Bisbiglio il suo nome, accarezzandole piano la guancia col dorso della mano. L'abitacolo del furgone profuma di lei, come gran parte di me ormai.

Lei mugola un po', dolcissima in quel suo lento svegliarsi. «Siamo arrivati?»

«Sì, ti lascio a casa di Rose e vado a riportare il corpo del reato al suo posto...!»

«Vengo con te.» Si mette subito dritta, stiracchiandosi tutta caparbia e sonnacchiosa.

«Non serve, Demi. È meglio se sali in camera e ti metti subito a letto...»

«Ma io voglio venire con te.», borbotta, con quel suo accento italiano più marcato. «Tanto sono sveglia adesso...»

«Più o meno...» Sbuffo un sorriso divertito all'ennesimo sbadiglio che fa.

Alla fine, vince lei. Quando scatta il verde vado dritto per la panetteria. Lasciamo il furgone sul retro, entro per lasciare le chiavi al loro posto e risistemo anche il vaso di pietra prima di andare a piedi verso casa. Tengo Demetra stretta a me, passando la mano sulla stoffa nera del suo montgomery per scaldarla un po'.

Quando tre mesi fa mi sono presentato da Rose per darle quei pochi centesimi di resto, in una giornata qualunque di una settimana come tante, non avrei mai potuto immaginare che quella ragazza dai profondissimi occhi scuri, la pelle olivastra e i capelli folti, sbucata dal nulla al fondo del corridoio, si sarebbe insinuata tra i miei pensieri senza uscirne più.

Aiutato dalla luce dei lampioni non troppo lontani, la osservo mentre recupera le chiavi dalla sua borsa e apre la porta blu. Credo di essere totalmente pazzo di lei...

L'arrivo di un messaggio fa vibrare il mio cellulare nella tasca dei jeans. È Dana. Mi chiede dove sono e se Demetra è ancora con me. Ho aggiornato rapidamente loro e Rose sulla situazione mentre lei era nel bagno della panetteria, poi mi sono dimenticato del mondo.

Chiudo la porta alle nostre spalle e mi prendo un momento per rispondere al messaggio. Nel buio dell'ingresso, Demetra lascia le scarpe ancora fangose contro la parete e comincia a salire le scale. Appena vedo che mia sorella ha visualizzato il messaggio, metto via il cellulare e faccio lo stesso con gli anfibi per evitare di fare troppo rumore o sporcare la moquette.

Nonostante tutte le emozioni felici che provo, la stanchezza inizio a sentirla anch'io e a passi lenti raggiungo il piano superiore. Getto un'occhiata veloce alla porta sulla sinistra, lì dove c'è la camera di Rose. Il suo respiro profondo si sente abbastanza per rassicurarmi. Quando mi giro dall'altra parte, ogni pensiero si cancella. Il fiato mi si mozza.

Come fosse un quadro, o una fotografia d'arte, il corpo mezzo scoperto di Demetra si staglia nella penombra. Ha la felpa rosa e gigante della MMU già addosso, a farle da vestito. I miei occhi scivolano dalla maniera in cui tira fuori i capelli da sotto la felpa alle sue cosce nude e rischiarate dal bagliore che filtra dalla finestra. Mentre si arrampica sul letto, intravedo anche i suoi slip chiari. Stringo forte tra le dita lo stipite della porta, già abbastanza eccitato così. Ora sono ancora più incerto sul farmi avanti o meno nella stanza.

Demetra si infila sotto le coperte e una mano, lentamente, spunta dalle lenzuola in cerca di me.

«Dormi qui...?», mi sorprende.

Deglutisco e le vado incontro per farmi trovare. «Sì, ho già avvertito Dana.» Le bacio le dita, poi mi chino sul letto per baciarle anche la fronte. «Sarò di sotto, se hai bisogno di me. D'accordo?»

La sua mano si aggrappa di più alla mia. «No. Dormi qui, con me...»

Quella richiesta tanto dolce e assonata mi fa smarrire all'istante nelle fantasie d'un sogno, nel profumo dei suoi capelli sul cuscino e nel ricordo dell'odore di camino che ci avvolgeva quando, per la prima volta, mi chiese di restarle accanto. Dio solo sa quanto mi sia nutrito di quei momenti che significavano tutto e niente insieme.

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