59 - Demetra
Il trillo acuto del campanello mi sveglia. Temporeggio nel tepore delle coperte finché non riconosco le voci di Sue e Dana. Solo in quel momento ricordo la telefonata che ho ascoltato qualche giorno fa, in merito alle pulizie profonde che Rose vorrebbe fare. Mi sono intromessa e proposta subito ma lei ha ribattuto che la casa è troppo grande e che un po' di aiuto avrebbe fatto comodo. I dolori purtroppo sono tornati e con essi anche la difficoltà a camminare, a stare in piedi o anche seduta. Sono giorni ormai che Rose non riesce neanche più a mettersi al pianoforte, perché anche dover premere il pedale le fa troppo male.
Nonostante sarei rimasta volentieri a sonnecchiare un altro po', alla fine mi alzo dal letto. Dopo essermi rinfrescata, mi infilo la felpa bianca con i ricami floreali sulle maniche che comprai al negozio di Dana e Louise, un jeans chiaro appena sdrucito sulle cosce e le Converse. Attorno al polso, un elastico per capelli che sono sicura mi servirà durante i lavori.
Quando scendo di sotto, le porte scorrevoli del salone sono aperte ma dentro non c'è nessuno. Il parlottare proviene dalla cucina.
«Buongiorno!», dico subito.
Rose è seduta al tavolo, con la teiera accanto e un sorriso gigante sul viso pallido. Sue invece è in piedi su una sedia, già con lo spugna in mano per sgrassare la cappa e gli stipetti sopra i fornelli.
«Buongiorno, sweetheart. Dormito bene?»
Annuisco e mi chino su Rose per lasciarle un bacio. «Tu? Come va la gamba oggi?»
Lei si stringe nelle spalle, recuperando l'unica tazza vuota sul tavolo per riempirla per me. «Bene.» Abbozza un sorriso e so che, in verità, sta soffrendo parecchio.
La ringrazio e mi porto il tè alle labbra, sollevando lo sguardo verso Sue quando la sento pronunciare il mio nome. «Ma che ora avete fatto stanotte? Aidan ancora stava dormendo quando siamo uscite di casa...»
Il cuore scalpita al solo tornare con la mente alla serata di ieri. Ripenso ad Aidan in piedi sul marciapiede che ci attende con la camicia rossa addosso, al momento in cui mi ha preso la mano per trascinarmi dentro il locale e lontano da quei tizi, al suono rimbombante del cellulare di Marzia quando l'ha sbattuto sul tavolo, allo sguardo luminoso che aveva prima che uscissi dall'auto per entrare in casa. Ricordo anche Constance che gli si spalmava addosso però, la maniera in cui gli aggiustava i capelli e quella in cui gli ha preso il viso tra le mani quando erano vicini alla sua macchina. Mi sono girata di scatto, in tempo per non vedere ciò che immagino sia successo.
Si saranno baciati, è ovvio, credo... Sembravano piuttosto complici mentre se ne stavano lì, nella penombra della strada, a sussurrarsi chissà cosa...
Mi nascondo dietro la tazza prima di rispondere. «Credo fossero le due passate. Siamo andati via in tutta fretta perché Louise non si sentiva bene...»
«Cosa aveva?», mi chiede Rose allungandomi la confezione di dolci.
«Forse ha esagerato coi drink. Le ho scritto poco fa per sapere come va stamattina...» Prendo un biscotto ricoperto di cioccolato e già mi sembra di assaporare il burro sulle labbra.
«Se la conosco bene, ed è così, non si sveglierà prima di mezzogiorno!» Dana arriva dal bagno con l'aspirapolvere tra le braccia e una salopette nera addosso.
Mi saluta e ricambio in fretta, con un cenno e un sorriso, nonostante la bocca piena di tè e biscotti. Il suo sguardo azzurro è sfuggente, proprio come lo era ieri mentre diceva che sarebbe rientrata a casa invece di venire al Jamboree.
Mentre termino la mia colazione, Sue stabilisce la tabella di marcia per suddividerci i lavori: lei si occuperà della cucina e del bagno, a me e Dana invece spettano il salone, l'ingresso e il corridoio del piano di superiore.
Carica di buona volontà, butto giù l'ultimo sorso e mi lego i capelli. Una volta raggiunto il soggiorno, decido di partire dalla libreria angolare. Svuoto una mensola alla volta, passo lo spray per il legno che profuma di propoli e pulisco tutti i dorsi dei libri prima di rimetterli al loro posto. Quando ho finito, passo al pianoforte. Lo spolvero con attenzione, con un panno di microfibra appena inumidito come da raccomandazione di Rose, e con la stessa cura maneggio anche il giradischi. Intanto Dana si dedica ai vetri delle finestre e delle porte scorrevoli.
«Demetra, mi daresti una mano a spostare il divano?» La sua voce già stanca mi distrae dalla collezione di vinili che stavo sistemando in maniera più ordinata.
«Certo!»
Raggiungo il bracciolo opposto a quello dove sta lei e, soffiando via una ciocca di capelli che continua a cadermi davanti agli occhi, isso le mani sotto la struttura del divano.
«Lo spingiamo in fondo, così togliamo il tappeto e diamo una pulita al camino e al pavimento. OK? Dimmi quando ci sei...»
«Ci sono.»
Insieme carichiamo il divano di peso, per sollevarlo, spostarlo e rimetterlo giù senza troppa irruenza per non rischiare di graffiare il parquet. Lei toglie il tavolino poi, io arrotolo il tappeto.
«Quindi... Alla fine, non è successo niente ieri?» Quella domanda un po' tentennante riecheggia nel salone più vuoto. Evita il mio sguardo, facendo finta di essere troppo impegnata a snodare il filo dell'aspirapolvere.
Un groppo alla gola mi spinge a recuperare la bottiglia d'acqua dal pavimento. Svito il tappo e scuoto la testa perché ho capito esattamente a cosa si sta riferendo.
«Non si è fatto vivo proprio nessuno? Neanche nostro padre?»
«Nessuno. Io e Louise non abbiamo accennato a nulla comunque.», aggiungo, sentendomi d'un tratto in colpa per essermi fatta trasportare da altro ieri sera. Deglutisco, metto via la bottiglia e mi sistemo una ciocca invisibile dietro l'orecchio. «Non saprei neanche dirti se il talent scout fosse effettivamente presente o meno...»
Dana sbuffa una smorfia acida col filo dell'aspirapolvere stretto tra le dita come fosse una frusta. «Che potevamo aspettarci dai contatti di quell'uomo?» Scuote la testa bionda, infilando la spina nella presa elettrica in un gesto rapido e rabbioso. «Be', meglio così. Almeno si sono risparmiati l'ennesima delusione.»
Mi mordicchio l'interno della guancia e annuisco, spostando lo sguardo alle finestre adesso senza tende, quasi cercassi una qualche via di fuga da quella conversazione. Non è un discorso che sento di poter affrontare con Dana. Con lei, a volte è come avere di nuovo a che fare con Lorenzo. Non è qualcosa che si può vincere davvero, lo so bene.
Continuo a pensare che Dana sia fin troppo prevenuta ma, in fondo, potrebbe aver ragione. Forse è stato un bene non dire nulla del talent scout, perché l'energia che avevano tutti e quattro su quel palco avrebbe potuto essere compromessa, rovinata dalle aspettative e dall'ansia. Sarebbe stata l'ennesima batosta plateale e non so immaginare come Aidan, Leo e gli altri avrebbero incassato quest'altro colpo.
Il turbinio rumoroso dell'aspirapolvere si fa insopportabile dopo qualche minuto. Rimbomba tutt'attorno, proprio come i pensieri nella mia mente. In silenzio, torno a passare l'antipolvere anche lungo la trave di legno sopra il camino. Lucido ognuno dei gingilli che Rose conserva là sopra, compresa una fotografia di lei e Aidan abbracciati sotto il nocciolo in giardino. Il panno che faccio scivolare ancora e ancora sul vetro della cornice sembra rendere più bello il viso di lui, più dolce il suo sorriso e la maniera in cui l'avvolge tra le braccia. La rimetto a posto, sentendomi intavolare un discorso che dovrei evitare.
«C'era Constance però, ieri sera...» Deglutisco, già pentita.
«Constance?» Dana spegne subito l'aspirapolvere per inquadrarmi.
«È un'amica di Aidan.» O qualcosa del genere...
«Sì, la conosco.», replica piuttosto asciutta. Aggrotta le sopracciglia, gli occhi piantati su di me come se mi stesse studiando. «Ma che ci faceva lì?»
«Da quello che ho capito, Aidan l'ha invitata...»
«Come ti è sembrata?»
«Cordiale, vivace, divertente anche. È stata con noi tutto il tempo ed è stato molto piacevole...» Distendo le labbra in un sorriso nella speranza di non sentirmi o apparire troppo ipocrita. Nonostante l'amarezza e la confusione che la sua presenza al fianco di Aidan ha scatenato, sarebbe falso dire che Constance non sia stata amichevole con me. È anche intervenuta quando Marzia ha cominciato la sua pantomima. È solo grazie a loro se sono riuscita ad uscire da quella situazione senza lacrime agli occhi.
Spolvero anche l'orologio percependo la risatina isterica che Dana si lascia sfuggire. «Oh, questo non mi sorprende! Sarebbe stato strano se si fosse staccata da Aidan, una volta tanto...»
L'acido mi brucia la gola all'improvviso. Un pensiero sovrasta tutti gli altri, azzerando ogni cosa. Se Dana è consapevole – e tanto gelosa – dell'espansività di Constance e del fatto che non perda occasione per mettere le mani addosso a suo fratello, allora vuol dire che...
Deglutisco ma non riesco a buttar giù il groppo che mi sta chiudendo la gola. Le mani sudano e mi sento nervosa. Mi sento triste.
È normale che Aidan abbia una relazione, mi ripeto, è normale. Lui è così dolce e spiritoso, talentuoso, comprensivo, profondo, protettivo...
«Si conoscono da molto quindi?», chiedo con timore.
Lei si ferma a pensare un momento. «Un paio d'anni almeno, sì. Ma se ci fossi stata io non avrebbe passato tutto il tempo al tavolo con noi, te l'assicuro!»
«Non andate d'accordo?»
«In realtà, Constance mi è totalmente indifferente.» Si stringe nelle spalle, increspando appena la fronte. «Da quando ci siamo presentate, avremo scambiato giusto qualche parola e nulla di più. È sempre stata piuttosto distante, come tipo. Sono convinta sia perché non le interessa granché instaurare legami del genere, e va benissimo così perché non interessa neanche a me...»
Dana continua a snocciolare informazioni, fomentando un discorso che non avrei mai dovuto incominciare e una curiosità che non dovrei avere. Non dovrei essere interessata a queste cose. Non dovrebbe importarmi quale genere di rapporto ci sia tra Aidan e Constance né quanto bene amiche siano loro due. Non dovrei, eppure non posso fare a meno di avere domande e desiderare risposte.
Poso l'orologio al suo posto, fingendo di non essere troppo curiosa. «Come mai?»
«Non saprei, forse non le piace familiarizzare coi parenti del tipo con cui scopa...»
Quelle parole mi gelano il cuore.
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