36 - Demetra

«Sei nervosa?»

«Sai benissimo che lo sono.»

«Prova a non esserlo, è solo una cena in compagnia!»

«Perché devi sempre prendere tutto con questa odiosissima leggerezza?»

I bisbigli di Aidan e Dana rimbombano nel silenzio dei pianerottoli. Si sentono solo le loro voci e i nostri passi ticchettare sulla graniglia delle scale.

Cammino dietro di loro, cercando di non fare troppo caso a quelle parole e a quegli atteggiamenti. Non intendo andare da sola in cerca di dettagli, e poi mi scoppia la testa.

Dopo avergli accennato dell'emicrania, Aidan voleva impedirmi di uscire. Ci sono voluti dieci minuti di dibattito e la promessa di prendere qualche analgesico per convincerlo a non annullare la serata. Mi ha dato mezza compressa del ketoprofene di Rose ma ho timore non stia facendo abbastanza effetto. Sento anche freddo, tanto freddo.

Quando ci fermiamo davanti alla porta e al campanello ᴀᴄʜᴀʀʏᴀ - ᴛᴀʏʟᴏʀ, lui si volta verso di me una volta di più. Anche durante il viaggio fino a Chester, non ha fatto altro che cercarmi dallo specchietto retrovisore.

«Come va la testa?»

«Così così...», ammetto.

«Dopo aver mangiato un po', prendi l'altra metà di compressa. D'accordo? Te lo ricordo io.»

Annuisco lentamente, e non so se sia a causa del questo malessere o di quei suoi occhi tanto intensi e particolari, ma mi sento avvampare. Non ricordo neanche quando è stata l'ultima volta che ho avuto la sensazione che qualcuno si stesse prendendo tanto cura di me...

Qualche attimo più tardi Greg spalanca la porta,  i capelli scuri ad incorniciare la sua espressione gioviale e completamente sbarbata. «Oh, eccovi!»

Indossa una T-shirt bordeaux degli Arctic Monkeys, dei jeans laschi e un paio di calzettoni ai piedi. Ho timore d'essermi vestita troppo elegante.

Ci fa subito cenno di entrare, senza mancare di dare una pacca sulla spalla di Aidan e sorridere a me e Dana quando gli passiamo accanto. Il calore di quell'appartamento è una coccola piacevolissima. Un piccolo corridoio, con due riproduzioni coloratissime di Warhol alle pareti, smista in tutte le stanze, compreso il soggiorno da cui arrivano Louise e Leo.

«Demi, ma sei una favola! Guardati!», mi fa subito lei, facendo scorrere lo sguardo luminoso su di me non appena sbottono il cappotto.

«Tu lo sei!», replico celando imbarazzo. E lo è davvero, con i capelli acconciati in una coda boccolosa, un abitino dolcevita color crema addosso e una collana dorata che le scivola sul petto.

«Ora cominciano...», ci sfotte Leo.

Greg rotea gli occhi e gli si appende ad un braccio. «Sei bellissima!»

«No, tu sei bellissima!»

«No, tu!»

Ci imitano in maniera dispettosa, con voci acute che donano davvero poco ad entrambi. Scoppio a ridere, nonostante il mal di testa, assieme a tutti gli altri... tranne Dana. Neanche quel siparietto pare scalfire la sua aria sconsolata. Sospira sonoramente e Louise subito l'abbraccia con tenerezza.

Una mano calda d'un tratto sfiora la mia per afferrare la giacca che stringevo ancora tra le dita. Sollevo il mento, da quel tocco alla barbetta bionda che ombreggia il viso di Aidan.

«La prendo io.», mi sussurra. Lo osservo appendere il cappotto al posto mio e poi schioccare un bacio sonoro sulla tempia della sorella. «Non sarà così drammatico, vedrai...!»

Pare che tutti stiano intorno a Dana per consolarla, senza che io abbia idea del perché.

Leo mi si avvicina, dandomi una lieve spallata giocosa mentre seguiamo gli altri verso il soggiorno. La stanza che ci si apre davanti non è molto grande ma ben arredata e funzionale. Sulla destra c'è una cucina moderna, con gli stipetti bianchi e le piastrelle paraspruzzi verde lime, sulla sinistra invece un divano nero, un quadro pop art del Taj Mahal e due bassi meravigliosi e lucidi appesi al muro. Al centro, un tavolo già apparecchiato per sette.

«Che vi offro?» Greg si sfrega le mani e da ottimo padrone di casa attende le nostre risposte.

Meno di cinque minuti più tardi, abbiamo tutti qualcosa da bere e siamo già sistemati per le chiacchiere. Louise e Dana, sedute al tavolo, sorseggiano del rosé, Greg tracanna una lattina di Red Bull poggiato alla cucina e Aidan e Leo, sul divano assieme a me, hanno optato per due bottiglie di Corona Extra. Io ho preso solo un bicchiere d'acqua. Scende in gola più fredda di ciò che potessi aspettarmi, congelo dentro e intirizzisco fuori. Dopo soli due sorsi decido di abbandonare il bicchiere sul tavolino davanti a noi.

«Dov'è il giovane Braveheart?», chiede Aidan.

«Ha detto che passava lui a prendere le pizze, così faceva prima della consegna a domicilio.», spiega Leo. È seduto sul bracciolo vicino a me, con le dita che tamburellano allegramente sul vetro della bottiglia. Oltre il polsino della sua felpa blu si intravede il pentagramma tatuato.

Assottiglio lo sguardo per coglierne i dettagli ma Louise che chiama il mio nome mi distrae. «Demi, raccontaci qualcosa di te!»

L'entusiasmo nella sua voce è in netto contrasto con l'agitazione che provo. «Cosa volete sapere?»

«Scegli tu cosa vuoi dirci.» Greg mi fa un occhiolino pacioso, poi si porta la lattina alle labbra.

Prendo un respiro profondo e drizzo la schiena, mettendo in rassegna ciò che di me potrebbe essere degno di essere raccontato. La mia vita ha troppi angoli bui per potermi aprire con semplicità, e percepire tutti i loro occhi addosso non mi aiuta a pensare.

Stringo le spalle, un po' in difficoltà. «Vivo con i miei genitori a Bergamo, non molto lontano da Milano. Sono figlia unica e mi è sempre piaciuto recitare. Da piccola imparavo a memoria le battute dei personaggi dei cartoni animati e mia madre si divertiva a farmeli recitare a casa o in macchina durante i lunghi viaggi.» Fisso il mio bicchiere d'acqua per un momento, quasi potesse aiutarmi a decidere che altro aggiungere. «Mi iscrissero alla scuola di recitazione quando avevo circa otto o nove anni, ma la scintilla vera, quella più consapevole, che non mi faceva vedere il teatro come fosse solo un gioco, credo sia divampata dopo aver visto Romeo + Giulietta in tv...»

«Quello recitato in versi? Con Leonardo di Caprio?»

Annuisco a Dana, un sorriso un po' timido sulle labbra. «Quel film mi... folgorò.» Impiego qualche secondo a trovare il verbo più giusto. «Ho cominciato a cercare tutti i film ispirati a Shakespeare, ho comprato la raccolta delle sue opere con il testo originale e la traduzione in italiano e ogni volta che c'era uno spettacolo a teatro tormentavo i miei per portarmici.»

«In sostanza, sei una fangirl!» La battuta di Leo ci fa ridere tutti quanti.

«E quali ruoli ti piace interpretare di più?» Gli occhi scuri e curiosi di Louise mi fissano.

«Sono un po' scontata...», lo ammetto. L'emicrania ancora non mi molla, e persino gli occhi adesso cominciano a fare un po' male. «...ma mi piacciono i ruoli drammatici. Mi piace provare a rappresentare le emozioni più struggenti, i pensieri più penosi – quelli che tutti proviamo, anche solo una volta nella vita, e che neghiamo agli altri e a noi stessi.»

«Ti piace l'idea di suscitare qualcosa di forte nel pubblico, non solo di intrattenerlo.» Aidan parla per me, meglio di come io stessa probabilmente sarei stata capace di fare.

Mi giro a guardarlo, col cuore che batte forte. I suoi occhi azzurri incrociano i miei, così intensi, così dolci. Un istante lento in cui ritrovo lo sguardo che mi rivolse quel pomeriggio al Winding River, quando la luce del tardo pomeriggio ammantava ogni cosa, quando parlammo davvero di noi per la prima volta.

La voce di Leo mi scuote. «E quanto resterai al campus?»

«Sei mesi. Ad aprile purtroppo ripartirò.»

Il campanello risuona, tutti distolgono l'attenzione e un vago sollievo si impossessa di me.

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