32 - Demetra
«Piccolo uomo, hai deciso?»
Piccolo uomo. Quel nomignolo mi intenerisce.
«Il pollo!»
«Il pollo, e poi? Vuoi la pannocchia o le patatine?»
«Quello che prende Demi!»
Leo sospira profondamente e si volta verso di me, coi gomiti ben piantati sul tavolo. «OK. Cosa prende Demi?»
Seduta a fianco a Benjamin, do un'ultima lettura veloce al menù. «Facciamo pannocchia?», chiedo conferma al piccolo mentre colora con i pennarelli la sua tovaglietta. Annuisce, tutto concentrato a disegnare le macchie ad una coccinella. Trattengo a stento una risata mentre incrocio gli occhi grigi di Leo. «Pannocchie per due. Grazie!»
«Ce l'abbiamo fatta! Alleluia!»
Leo si alza con una teatralità impagabile. Il sarcasmo è quello di sempre, anche se oggi i suoi occhi hanno una luce diversa... e credo che la motivazione sia seduta proprio qui accanto a me.
Ripenso a ciò che mi ha raccontato Rose, a ciò che hanno vissuto, al poco che è rimasto della loro famiglia. So cosa c'è davvero dietro i loro sorrisi, cosa significhino l'uno per l'altro. Il cuore mi si stringe in una morsa che fatico a sopportare. La manina di Ben che mi scuote il braccio trascina subito via quella malinconia.
«Vado da zio perché è tutto solo.» Abbandona la coccinella con una sola ala colorata per scivolare giù dalla sedia. «Resta qui.», mi dice, puntandomi contro il suo indice piccolo e paffuto. «E non parlare con gli sconosciuti!»
«D'accordo.» Gli sorrido e lo seguo con lo sguardo finché non raggiunge Leo. Gli avvolge persino una gamba con le sue braccine, tanto dolce e premuroso.
La suoneria di un nuovo messaggio in arrivo mi fa scostare lo sguardo per controllare il cellulare.
Valerio
SMS
oggi, 14:24
Ciao, Demi... Sei a casa?
No, perché? È successo qualcosa?
No no, niente... Volevo solo sapere se stessi
bene visto che sei andata via senza pulmino...
Ah, sì. Sto bene, tranquillo! Mi ha solo
dato un passaggio Leo, il ragazzo che
frequenta storia del teatro con noi...
Ah, capito...
Tento di comporre una qualche risposta ma cancello tutto prima di inviare. Rimango a fissare lo schermo, senza sapere che posso dire.
❈
Benjamin è argento vivo puro. Quando arriviamo al parco di Lotford, rimbalza da un gioco all'altro per per testare tutti. Aiuta anche una bambina più piccola a spingersi sull'altalena, dopodiché sale sullo scivolo e ci saluta con la mano prima di ricominciare. È una cosa che fa spesso, ci ho fatto caso: si blocca e ci cerca, dovunque si trovi e qualsiasi cosa stia facendo, come volesse controllare e assicurarsi che siamo ancora qui con lui.
Il parco giochi è stato ricavato su qualche ettaro della campagna attorno al Winding River, e fa davvero freddo. Non capisco come facciano tutti a resistere e non patirlo. Io non mi sento più le ginocchia e nemmeno i piedi. Lingue di vento gelido continuano ad infilarsi ovunque, sotto la giacca e il vestito, facendomi rabbrividire.
Seduti su una panchina, Leo mi ha raccontato di più sull'incidente e dei primi episodi di pavor nocturnus di Ben, dopo la morte dei suoi genitori. A quanto pare, si tratta di veri e propri attacchi di panico che si manifestano in piena notte e che, generalmente, hanno un trauma come causa scatenante. Non riesco ad immaginare un bambino vivere tutto questo...
È così che Leo ha cominciato a fare avanti e indietro tra casa sua a Stoke-on-Trent e la bifamiliare a Wilmslow in cui ancora vivono i nonni materni di Benjamin. L'altra metà di casa era di suo fratello e la moglie, ed è quella che adesso sta considerando di andare ad abitare.
La sua voce si è incrinata, in più momenti, e non piangere di fronte a lui è stato difficile. Ho visto i suoi occhi farsi più rossi, le lacrime spuntare per essere poi asciugate dal vento. Gli ho preso la mano e ho cercato il coraggio e forza per entrambi. Non volevo che smettesse di parlarne a causa mia. Non volevo frenarlo. Ancora adesso, una accanto all'altro, cerchiamo di farci calore assieme per affrontare i ricordi e il dolore.
Tengo il viso affossato nella sciarpa, per proteggermi dal freddo, e, con la mano di Leo stretta tra le mie, osservo Ben giocare a palla con altri bambini.
«È così intelligente, così sveglio e vivace...», mormora senza togliergli gli occhi di dosso. «Fabian sarebbe così orgoglioso di lui.»
Cerco il suo volto, il profilo teso. «Lo sarebbe anche di te.»
«Grazie...» Deglutisce, come fosse poco convinto. «Faccio ciò che posso.»
«Credo tu stia facendo davvero molto per Ben...»
Leo sbuffa una smorfia scettica. «Non ne sono sicuro. È per lui che adesso temo la musica, le audizione e tutto il resto. Non mi bastano più le serate nei locali. Ho bisogno di un lavoro serio, di qualcosa che mi possa permettere di provvedere meglio a lui.»
«Se le audizioni andassero bene potres-...»
«Ecco, quella è proprio l'altra faccia del problema!» Mi interrompe all'improvviso, come sapesse già cosa stessi per dire. «Se facessi il musicista, seriamente, come potrei mai avere una vita compatibile coi bisogni di un bambino di cinque anni?» I suoi occhi grigi mi fissano, forse nella speranza che abbia una risposta.
Schiudo le labbra, rifletto e temporeggio, ma non so se sentirmi più confusa o più dispiaciuta.
«Non potrei.» Con un respiro profondo, si risponde da solo. «È solo che... suonare è tutto ciò che so fare.»
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