109 - Demetra

«Aidan, ti prego... Ti prego...» Le lacrime annacquano e cancellano il suo viso davanti a me.

Non voglio perderti, vorrei urlare, ho così tanta paura...

Con uno sguardo caparbio e tanto triste, come mi avesse letto i pensieri, Aidan sospira e azzera all'improvviso la distanza tra noi. Afferra le mie mani e mi attira a sé, stringendomi tanto forte da impedire ogni intenzione di fuga colpevole e disperata.

«Permettimi di restare accanto a te.» Aidan pronuncia quelle parole sottovoce. Una preghiera mormorata che non merito affatto. Scoppio a piangere, sentendomi ancora più vulnerabile tra le sue braccia. Più vulnerabile, eppure più al sicuro.

Una scintilla tutt'altro che assopita scatta dentro di me quando percepisco il profumo familiare dei suoi vestiti. Le gambe si fanno molli. Brividi intensi mi scorrono lungo la schiena, abbattendo qualsiasi tentativo di combatterlo ancora. Non voglio farlo più. Non voglio.

Com'è possibile sentire il cuore sciogliersi in petto nel freddo pungente dell'inverno inglese?

Com'è possibile che solo Aidan sia stato in grado di farlo?

"Non si può ingabbiare il cuore. La via che porta lontano dal dolore passa attraverso luoghi spogli che non hanno nulla da offrire." – Rose aveva ragione. Ci sto passando adesso per quei luoghi spogli che hanno proprio nulla da darmi.

Ripenso ad ogni istante rilevante della mia vita, ritrovando in fondo ai cassetti della memoria ricordi che risalgono a diversi anni fa, a qualche mese o giorni addietro. Parole, notti insonni e giorni insipidi. Ricordo tutto, e sono stanca di questo gelo da cui non riesco a coprirmi perché è dentro me che si trova.

Sono in frantumi, spenta e nascosta in questa prigione nel disperato tentativo di salvarmi. Ma che salvezza può esserci nella solitudine? Che serenità c'è in una vita vissuta tra paura e cinismo? Senza sentimenti, dove sono i colori? Io li voglio, i colori. Non voglio vivere di timori e speranze abbandonate ancora prima di muovere un singolo passo.

«Non voglio perderti...» Mi ascolto confessare premuta contro la sua felpa nera.

Le braccia di Aidan mi stringono più forte. La sua barba si incastra tra i miei capelli, mi pizzica la fronte. «Non mi perderai, te lo prometto.»

«Ti perderò invece. Accadrà!», insisto tra le lacrime, trovando il coraggio di spingermi di nuovo indietro, più lontana da lui. I suoi occhi azzurri e macchiati di castano, così limpidi e arrossati, mi fissano dall'alto. «Accadrà perché io faccio del male alle persone! Anche se non voglio, anche quando vorrei aiutare o proteggere, faccio stronzate... Solo errori su errori che complicano le cose, che feriscono la gente...!»

«Demi...» Ansima il mio nome come fosse pronto a ribattere con un "Ti sbagli, non è affatto così...".

«Lo sto facendo anche con te, Aidan! Da giorni! È la verità!»

Lui sgrana lo sguardo. «Mi fa male sapere che stai male tu e che fai di tutto per tenermi a distanza, sì!»

«Questa sono proprio io, lo capisci?!», urlo d'un tratto. Le ginocchia mi tremano, gli occhi mi bruciano. Non riesco neanche più a respirare. «Aidan, io mento! Mento e maschero ogni cosa pur di non dover mostrare o affrontare la realtà! Mi nascondo e fingo di essere chi non sono perché sono... sbagliata, e bugiarda... egoista e vigliacca! Stupida! Terribilmente stupida!»

Aidan deglutisce, le spalle irrigidite. «Hai mentito quando hai detto di non volermi perdere?»

«No!»

«Hai finto quando mi hai baciato a teatro? Quando mi hai raccontato del tuo passato?»

«No! No!»

«E allora su cosa hai mentito?!», insiste. Il suo sguardo è triste, è arrabbiato, insicuro e preoccupato. «Hai recitato in queste ultime settimane? Era davvero tutta una scena? I baci, le risate, ogni cazzo di attimo trascorso con me?!»

Le lacrime mi annebbiano la vista del suo viso tanto bello e stremato. «No, era tutto vero, Aidan! Era vero!» Singhiozzo, aggrappandomi a lui con pugni troppo deboli.

Aidan prende un respiro profondo, poi posa le sue mani grandi e calde sulle mie. «Demi, dimmi di cosa hai paura...»

«Di me...», confesso senza fiato. Le forze mi stanno abbandonando. «Del mio passato, di raccontarti gli errori che ho commesso, di mostrarti chi sono...»

Lui aggrotta le sopracciglia per un momento, scuote la testa. Una ciocca bionda gli crolla sulla tempia. «Non importa ciò che credi o temi, io non andrò da nessuna parte.»

«Non puoi prometterlo!», replico subito. «Ho sbagliato con Manuel. Ho sbagliato con Lorenzo. Sto sbagliando anche con te!»

«Cosa c'entro io con loro?»

«C'entri perché dici di voler stare con me... ma io sono stata per anni con una persona a cui non ho detto mai detto certe verità, solo cazzate sin dal primo giorno! E solo per apparire migliore di quanto non sia in realtà!» Tremo, terrorizzata da me stessa e dallo sguardo fisso e confuso che Aidan mi tiene ancorato addosso. Schiude le sue labbra carnose, sembra boccheggiare pronto a replicare ma lo anticipo. «Ho commesso così tanti errori, agito con scelte e comportamenti di cui ancora mi vergogno... Non riesco a liberarmene! Non riesco! Mi perseguitano, mi divorano dentro, ricordandomi che non posso essere felice perché non me lo merito!»

«Non te lo meriti...?» Lui deglutisce ancora, la fronte increspata e l'espressione annichilita. «Demi, di che stai parlando?»

Il mio cuore si ferma, troppo stanco adesso, troppo pieno di dolore. La gola si stringe d'un tratto.

«Si drogava, Aidan!», sfogo. «Avevamo solo diciassette anni quando Manuel cominciò a drogarsi! Suo padre era morto e la cocaina gli serviva per stare bene, così diceva, perché quando si faceva riusciva ad ignorare la vita che continuava a chiedergli di essere forte...»

Aidan mi guarda ammutolito, gli occhi lucidi e la mandibola serrata.

«Ho cercato di farlo smettere...», ansimo senza respiro, distrutta dentro. «Ero convinta di potercela fare da sola, perché io lo amavo e non l'avrei mai lasciato da solo, e ho omesso ogni cosa, ho mentito con tutti. I miei genitori, la zia che suo padre aveva sposato, gli insegnanti: tutti quanti. La sera usciva per prendersela e lo sapevo, Aidan... Lo sapevo e non ho mai detto una sola maledettissima parola a nessuno. Non ho mai chiesto aiuto, non ho fatto niente per cercare di aiutarlo davvero perché sono solo una stupida egoista...!» Strizzo gli occhi che bruciano e continuo a piangere senza riuscire a fermarmi. Più tiro fuori ricordi, più tutto mi fa male. Il petto, i polmoni, la testa, lo stomaco. Fa male pronunciare tutto ad alta voce. «Quando non si faceva, lui... lui...», annaspo. Lacrime bollenti offuscano la vista delle mie mani tremanti, dei vestiti neri di Aidan, del parquet sotto i nostri piedi. «...diventava impaziente, suscettibile, irruento e... e aggressivo... perché ne aveva bisogno di nuovo, e presto, per non dover restare in una realtà dove anche suo padre non c'era più.»

Aidan non respira più. Fermo davanti a me, mi fissa col terrore negli occhi. «Ti... Ti ha fatto del male?» La sua voce strozzata mi lacera dentro.

Stringo le labbra, piangendo. Non riesco a negare ma neanche ad annuire.

Rivedo le sue dita stringermi i polsi chiedendomi di coprirlo, i lividi che dovevo coprire sotto maglie accollate e a maniche lunghe, le sue iridi scure e vacue che mi guardavano come se non fosse più con me, come se io stessa non fossi che un'ombra del mondo che stava rinnegando.

«Una sera ho versato tutta quella merda nel lavandino e Manuel... lui... non era in sé. Non mi avrebbe mai fatto del male! », mormoro convinta, a labbra tremanti. «Ha cominciato ad urlare, era arrabbiato per ciò che avevo fatto, e mi ha spinta. Sono finita contro la credenza e poi... ricordo il suono dei vetri rotti, tutto quel sangue, il bruciore. Aveva solo bisogno di aiuto, e io non potevo bastare, ero convinta di potercela fare. È stata tutta colpa mia, solo colpa mi-...»

Le mani bollenti di Aidan mi prendono il viso, interrompendomi all'improvviso. Mi bacia, fermando il tempo e cancellando ogni altra cosa. Tutte le mie difese crollano, le mie riserve svaniscono mentre le nostre labbra si cercano, con affanno, aspirando con quel bacio tutto il dolore e il veleno del mio passato.

Non sembra importargli dei miei fantasmi, non gli importa quanto siano feroci e opprimenti.

I vetri della credenza in quel soggiorno si ricompongono, le ferite sulla mia schiena si sanano, le cicatrici non bruciano più mentre lui mi asciuga le lacrime.

«Se questo è il peggio di te, allora io lo voglio.», mi sussurra a fior di labbra. Gli occhi rossi tanto quanto i miei. «Demetra, stai con me. Se ci sarà da sbagliare, sbaglieremo insieme. Se ci sarà da combattere contro le nostre paure, io voglio combattere con te.» La sua fronte si poggia sulla mia, caldo e freddo, decisione e insicurezza. «Ti prego, stai con me...»

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