102 - Aidan

Demetra ancora non ha risposto. Ha visualizzato il messaggio di stamattina e anche quello che le ho mandato dopo ma niente. Non mi parla, mi tiene volutamente lontano e non so che posso fare. Rose ha detto di darle tempo, di non metterle fretta e di non insistere troppo come al mio solito, quindi l'idea di provare a chiamarla direttamente è da abolire.

Qualsiasi cosa le abbia detto quello stronzo deve averle fatto più male di ciò che vuole farci credere, e come faccio a starmene qui, fermo e inutile, se so che lei sta tornando a chiudersi in sé stessa?

Lascio cadere il cellulare tra le coperte e mi alzo di scatto dal letto.

Dalla descrizione che Rose ha fatto, potrebbe essere quel tipo bruno del gruppo con cui è venuta qui in Inghilterra. Quello che mi ha fulminato alla Student Zone, quella volta che la collega stronza di Demetra l'ha fatto passare per il suo fidanzato facendola scappare via.

Un pensiero mi fa serrare la mandibola.

No, Demetra mi ha assicurato che non c'era nulla tra loro. Lo ricordo bene.

E se la rabbia e le lacrime di cui ha parlato Rose significano che è lui a provare qualcosa per lei...?

Sento i palmi ribollire e un saporaccio amaro in fondo alla gola mi spinge verso la cucina. Voglio una cazzo di birra gelata, e non mi importa se non è neanche mezzogiorno ancora.

Con addosso il pantalone grigio della tuta e la T-shirt nera con cui sono andato a dormire ieri, attraverso il corridoio. La figura immobile e distratta di mia madre che fissa fuori dalla finestra mi sorprende. I capelli sciolti sulle spalle, lo sguardo perso rivolto al giardino vuoto e rinsecchito, totalmente in silenzio. Tra le mani, una tazza che fuma e appanna il vetro. Neanche si è accorta del mio arrivo.

«Mamma?»

Si gira verso di me colta di sorpresa, quasi si rovescia il tè addosso. «Aidan!», ansima all'improvviso. I suoi occhi azzurri sono sbarrati e lucidi. Niente lacrime, però.

«Tutto OK?» Recupero la birra e continuo a guardarla anche mentre la stappo. «Non volevo spaventarti. Sembravi solo... molto assorta.»

«Sì, scusami tu! Ero sovrappensiero...!»

Piantato in mezzo alla stanza, seguo i passi che muove verso il tavolo, con il suo sorriso rincuorante e sempre buono ad illuminarla. Si siede, prendendosi subito un altro sorso di tè.

«A che stavi pensando tanto intensamente?»

«A tuo padre...»

Questo non me l'aspettavo.

«OK...», biascico un po' cantilenante, incerto e titubante. «Come mai? Vi siete sentiti?»

«Sì, mi ha chiamata. Voleva sapere come vanno le cose qui a casa, come stessimo io, Tom e Dana...» Sospira quelle parole come non aspettasse altro che qualcuno a cui confidarle.

«Non sembra niente di strano...»

«No, infatti! Non lo è stato!» Annuisce svelta, con la voce un poco squillante. Eppure, sembra agitata e ancora pensierosa. «Poi il discorso è slittato su di te...»

Allontano lentamente la birra dalle labbra. «Su di me?»

«Ha parlato del tuo nuovo lavoro. Mi ha chiesto se fossi contenta, se fossi soddisfatta di ciò che ha fatto per aiutarti a realizzare il tuo sogno senza dover per forza vederti andare dall'altra parte del mondo...» Le sopracciglia aggrottate di mia madre riflettono le mie. «Ha detto di averlo fatto per me e per Dana, oltre che per te... per la nostra famiglia. Ha usato queste precise parole.»

Lo ha fatto per la nostra famiglia.

Lui, che ha sempre pensato più a sé stesso e messo ogni cosa davanti alle sue responsabilità.

Com'è possibile che poche parole risuonino così tanto, forti come un'esplosione?

Deglutisco. Mi sento stupito, colpito e anche un po' confuso, credo.

«E... che ne pensi?», balbetto, raggiungendola al tavolo. Mi appoggio allo schienale di una sedia con entrambe le mani per guardare dritto nei suoi occhi azzurri.

«Penso che sia stato... davvero molto dolce da parte sua, vero?»

Sentire mia madre singhiozzare per le azioni di mio padre, per la prima volta col sorriso e non con il cuore spezzato, mi fa scattare verso di lei. L'abbraccio subito, stringendola forte. Le stampo un bacio, poi affondo il naso in quel maglione giallo che profuma di casa.

Lei è la cornice della mia vita.

Niente è stato capace di scheggiarla davvero. Mai ha perso la sua bellissima tinta dorata, neanche adesso che qualche ruga comincia ad apparire.

Da sola e con le lacrime nascoste dietro il sorriso, questa donna ci ha cresciuti. Cucinava e giocava con noi tra gli sbadigli stanchi e tristi di giornate passate a consegnare curriculum ovunque, perché il suo lavoro part-time come segretaria non poteva bastare più.

Ricordo ancora le volte in cui la vedevo faticare a tagliare il pane raffermo per prepararci il bread and butter pudding.

Quante cene abbiamo fatto mangiando solo quello...

Metteva le fette a mollo nel latte e ogni volta le chiedevo perché usasse il pane duro da ammorbidire invece di quello fresco. Lei si voltava a guardarmi e, con un sorriso gigante, rispondeva che lo richiedeva la ricetta, che sarebbe venuto più buono così. Lo era davvero, per me è sempre stato buonissimo. Sono cresciuto nella convinzione che per fare il bread and butter pudding ci volesse il pane raffermo.

Solo dieci anni più tardi, quando ho cominciato a lavorare in panetteria, ho scoperto da Burt e Jessamine quanto sarebbe invece essenziale utilizzare pane morbido e senza crosta. Sembra una stronzata, ma solamente in quel momento ho capito quanta forza e quanto amore mia madre avesse messo per crescerci.

Non sono certo che potrò mai fare qualcosa di altrettanto grandioso in vita mia.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top