101 - Demetra

«Brucia, brucia, brucia...!»

«Neanche Ben si lamenta tanto come te.»

«Ti assicuro che brucia!»

«Non lo metto in dubbio ma l'altra gattina c'è andata giù pesante, quindi lasciami fare!»

In piedi di fronte a me, sotto la luce gialla della specchiera del bagno, Leo allontana il cotone imbevuto di disinfettante per soffiare sui graffi che ho sul collo e sulle clavicole. Sono superficiali ma sanguinolenti, pizzicano e bruciano sul serio. Con un cenno del mento mi fa cenno di spostare i capelli. Li tiro su e, in silenzio, seguo la sua espressione concentrata, i bordi dei tatuaggi che emergono dalla felpa nera. Il suo respiro sa di sigaretta e conforto.

«La vita mondana e gli alcoolici del Jamboree non fanno per te, ma la lotta greco-romana sì, a quanto pare...!»

«Non avevo mai fatto una cosa simile...», ammetto a voce bassa. Deglutisco e mi sento ridicola al solo pensiero.

È vero che sono stata io a cominciare e forse Marzia neanche c'entrava davvero. Non stavolta.

«Oh, in base a ciò che ho visto, non fatico a crederlo!»

L'espressione sardonica di Leo è ancora lì mentre, poco dopo, usciamo dal bagno per tornare verso il soggiorno e la cucina. Cammino lungo il corridoio, dietro di lui, controllando in maniera spasmodica che la camicia di flanella mi copra a dovere le spalle anche se i bottoni sono aperti sino allo sterno. Lo scollo ampio della canotta che indosso sotto aiuta la pelle a rinfrescarsi un po'.

Quando raggiungiamo il soggiorno, mi guardo attorno come prima non ho fatto. Siamo a Wilmslow, nella parte di bifamigliare che apparteneva a suo fratello e sua cognata. I lavori di rifacimento cui aveva accennato tempo fa stanno diventando realtà. Non ci sono molti mobili intorno, e quei pochi che ancora riempiono lo spazio, come il divano in soggiorno, sono avvolti dal cellophane e ammassati lontano dalle pareti fresche di pittura. In un angolo, decine di scatoloni sigillati col nastro adesivo e secchi di vernice impilati su un pezzo di cartone.

«Non credevo fossi al campus oggi. Non sei venuto a lezione...»

«Lo so, manco da un po'...» Tira fuori dal frigo il burro, il latte e lo sciroppo d'acero con un modo di fare stranamente laconico. «Stamattina sono stato in biblioteca a fotocopiarmi gli appunti di Greg per il prossimo esame. Perdere lezioni per fotocopiare roba di altre lezioni perse è un circolo vizioso!» Recupera anche del pane in cassetta e sbuffa un sorriso muovendosi al di là della penisola piastrellata della cucina.

Mi arrampico su uno degli sgabelli e sto per chiedergli se vada tutto bene, se è solo per i lavori che non s'è più fatto vivo in università ma, ancora una volta, mi precede. «Come ci siete arrivate tu e la tua amica a tirarvi i capelli davanti a tutti? La prima volta che vi ho viste stavate camminando fuori dal dipartimento tenendovi a braccetto.»

Deglutisco, cercando le parole per potergli rispondere. Rivedo lo sguardo rabbioso e nauseato di Valerio che mi fissa come fossi un obbrobrio insensibile. Sento la voce acida di Marzia ricordarmi quanto abbia una parte di ragione anche lei, quanta verità ci sia in parte di ciò che ha detto.

«Era un'amicizia di convenienza, e lo abbiamo esternato entrambe solo una volta arrivate qui...»

«Che genere di convenienza?»

«Da parte sua, quella che ti consente di controllare meglio una persona se ce l'hai incollata al fianco. Da parte mia, quella con cui speri stupidamente che se resti incollata al suo fianco non ti tratterà di merda come fa con tutti gli altri.»

La noce di burro si scioglie piano nella padella mentre Leo bagna nel latte e cannella due fette di pane. Le sistema sulla piastra bollente facendole subito sfrigolare. Un dolce profumino riempie la casa un poco polverosa.

«Col senno di poi, credo Marzia volesse solo assicurarsi che fallissi per poter avere l'occasione di emergere...», aggiungo accarezzando il profilo delle piastrelle grigiastre della penisola. «Aspettava l'occasione giusta per smerdarmi e mettersi in mostra, l'ha trovata e io non ho fatto niente per impedirglielo - cosa che, dopo stamattina, mi rende solo più ridicola...»

Le sopracciglia ramate di Leo si aggrottano mentre gira le fette di pane per farle dorare anche sull'altro lato. «Perché ridicola? Su cosa avrebbe mai potuto far leva per riuscire a smerdarti?» La nota di ingenuo sarcasmo nel suo accento mi fa mancare un battito.

Vorrei tanto essere migliore di come sono.

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