I. Occhi

"Ti colava il trucco e non capivo perché
Io fumavo, gli occhi rossi li avevi te
Darò un cinque al prossimo, il prossimo che
Dice che non vali, che ne sa di te
E scriverai tu le mie parole. "

— Occhi rossi, Coez


Aveva bisogno di staccare, di poter essere se stessa per qualche ora. Decise di prendere il primo bus per la spiaggia, senza costume, senza ombrellone. Senza cellulare. Salì sul bus e si sedette su uno dei sedili, poggiò la fronte sul finestrino ed osservò il paesaggio cambiare lentamente. Il respiro appannava il vetro creando una piccola nuvola. Qualsiasi cosa avrebbe fatto non sarebbe mai stata all'altezza di suo fratello maggiore. Come poteva competere con lui? Era perfetto in ogni cosa che faceva. Aveva scelto la facoltà d'ingegneria e, alla conclusione degli studi, si era arruolato nell'esercito. Lei era solo riuscita a concludere gli studi nella facoltà delle belle arti, nonostante i suoi genitori fossero contrari. Quel giorno, qualcosa si era rotto. Le era stato rinfacciato, per l'ennesima volta, delle sue scelte per loro sbagliate ma per lei così giuste. Non avrebbe mai accettato di vivere una vita che non le appartenesse, che non sentisse propria. Anche se questo l'avrebbe portata a non sentirsi abbastanza, mai. A non sentirsi all'altezza. Mai. Arrivata a destinazione scese. Lo specchio d'acqua si presentava davanti ai suoi occhi, quella distesa di sabbia dorata sembrava così morbida. L'odore di salsedine le invase le narici. Si tolse le scarpe in fretta per potervi immergere i piedi. Tutto ciò la rilassava. Sentiva i muscoli tesi distendersi. La schiena si distese ed il petto si muoveva in modo regolare assecondando i suoi respiri profondi. Il sole stava per tramontare, era nel posto giusto al momento giusto. Ma il peso nel petto si fece sempre più pesante ed i pensieri le invasero la mente come onde che s'infrangono sugli scogli. Si avvicinò a riva e si sedette, scoppiò in un pianto che doveva essere liberatorio, avrebbe dovuto renderla più leggera. Si rannicchiò in posizione fetale abbracciando le gambe e poggiando la fronte sulle ginocchia. Aveva visto, ancora una volta, quella delusione nei loro occhi. Faceva male, era l'ennesima pugnalata.

«Giornataccia?» una voce la riportò alla realtà. Sussultò e sollevò il capo. Era un ragazzo, non sembrava avere cattive intenzioni.

«Forse», si asciugò le lacrime con il dorso delle mani mentre il ragazzo si sedette al suo fianco. Silenzio. Il suono delle onde del mare che accarezzavano la riva faceva da sottofondo ed il sole che tramontava dava all'ambiente un tono caldo. «Cosa vuoi?»

«Nulla, resto ad ascoltare il mare. Avevo paura di rimanere solo ma, allo stesso tempo, volevo esserlo. Essere in compagnia di una sconosciuta si avvicina molto, no?»

«Sei uno spacciatore o qualcosa del genere?» chiese confusa. Era strano.

«Ho la faccia da spacciatore?» la ragazza sembrò scrutare attentamente i lineamenti del suo viso, i suoi occhi castani sembravano sinceri.

«No».

«Tu un po' si, dovrei preoccuparmi?» la guardò negli occhi, incrociando le sue iridi con quelle viola della ragazza. Così rari, sembravano due gemme di ametista. Entrambi scoppiarono a ridere.

«Puoi stare tranquillo», lo rassicurò reggendogli il gioco. Il silenzio tornò a fare da padrone per qualche minuto.
«Perché piangevi?» poteva dirglielo? Era sicura non lo avrebbe più visto.

«I miei non accettano le mie scelte di vita e mi paragonano al mio perfetto fratello maggiore», confessò.

«La perfezione non esiste», sembrava gli avesse dato uno scappellotto. «È soggettiva e non devi farti influenzare da ciò che dicono gli altri, anche se sono i tuoi genitori. La vita è una, è tua e bisogna viverla al meglio, come si vuole. Siamo sempre alla costante ricerca della felicità, se facessimo ciò che vogliono gli altri ci allontaneremmo da quella "meta", no?» le regalò un dolce sorriso mentre lei non riusciva a ribattere. Non l'aveva mai vista a quel modo. Lo vide alzarsi, «Ora dovrei andare, grazie per avermi fatto compagnia».

Lo vide andare via, senza che lei riuscisse a dire niente, la voce sembrava non volesse abbandonare la sua gola. Il petto si era alleggerito ed aveva smesso di piangere. Aveva ragione, doveva vivere per sé stessa. Doveva accettarsi e camminare a testa alta.

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