6
Miley
Le gambe molli, il respiro affannoso, la testa che scoppia..
Lasciai andare la maniglia e arretrai di alcuni passi quando mi ritrovai faccia a faccia con il mio assalitore.
Boccheggiai e scossi la testa alzando le mani davanti a me.
Inutile mentire, avevo paura.
Mi trovavo in mezzo al nulla, di notte, con una ferita alla testa e un serial killer di fronte.
Me la stavo letteralmente facendo sotto.
"Volevi scappare?"
Chiese alzando un sopracciglio.
Aveva la voce alta e leggermente stridula.
Il viso era più giovane di quello che pensavo, non aveva più di quarant'anni o in caso li portava molto bene.
Aveva due baffi spessi e folti che gli coprivano il labbro superiore che lo facevano sembrare di un'altra epoca.
Gli occhi erano scuri e piuttosto grandi.
Non aveva un'aria arrabbiata o minacciosa, sembrava piuttosto tranquillo nonostante mi avesse beccata mentre tentavo di svignarmela.
Alzai le mani in modo protettivo ma decisi che supplicarlo non avrebbe fatto altro che peggiorare la situazione.
Dovevo mantenere un contegno, fargli capire che non mi aveva in pugno, che potevo ancora ribellarmi.
"Scusami, hai ragione. Ho provato a fuggire e.."
"Non ti conviene. C'è una bufera di neve. Vai a sederti, ho preparato il caffè e sono andato a prendere del pollo e delle bende per la tua ferita.."
"C'è un supermercato qui intorno?"
Chiesi speranzosa andando verso il tavolo come lui mi aveva ordinato.
Avevo bisogno di escogitare un modo per darmela a gambe.
Non avevo nessuna intenzione di morire così, non potevi arrendermi.
Mi sedetti e mi versò del caffè.
"Latte?"
Chiese versandosi una tazza anche per sè.
Mise un vassoio sul tavolo e lo scoperchiò.
La pietanza era ancora calda e molto profumata.
"No, non c'è nulla qui intorno. Sono andato a casa di un'amica."
Rispose alla mia domanda con tono pacato.
"Lei sa che io sono qui?"
Forse, se qualcuno avesse saputo della mia esistenza avrebbe avvissato la polizia.
Lo vidi serrare le mascelle e intuii che si stava arrabbiando.
"Scusa. Abiti qui?"
Cambiai discorso per non innervosirlo.
"Si, è casa mia."
"Siamo nel bosco?"
"Ovvio."
Sorrise e sorseggiò il caffè.
Feci lo stesso finendo, come sempre, col bruciarmi la lingua.
Mi versò un bicchiere d'acqua che bevvi con avidità, quindi me ne versò un secondo che fece la stessa fine.
"Non sono un buon padrone di casa. Fa sicuramente freddo per te e sei affamata. Ti chiedo scusa."
Mi sforzai di sorridere nonostante non capissi cosa stesse facendo. Forse era uno squilibrato.
Forse mi stava prendendo in giro.
"Ho dormito a lungo?"
Scoppiò a ridere.
"Ore. Siamo arrivati fino a qui. Ti ho portata in braccio dalla fine della strada alla casa.. Non credevo di averti fatto così male. Mi avevi agitato, ho visto il lupo arrivare e dovevo assolutamente portarti via con me."
"Capisco."
Sussurrai sentendo le lacrime pungermi gli occhi quando nominò il lupo. Solo la sera prima era sulla mia veranda e lo stavo accarezzando.
Inconsapevolmente stavo coccolando Zero?
"Dai su, ora non piangere. Mangia un po' di pollo e va in bagno a toglierti quel sangue. Dobbiamo parlare e ho bisogno che tu sia concentrata."
"Perché sei gentile con me?"
Spalancò gli occhi e poi si lasciò andare in una grossa risata.
Sentii la rabbia montarmi in petto.
Quell'essere era pazzo.
Non avevo altre spiegazioni.
"Perché non dovrei esserlo? Tu lo sei con me Vannah"
"Non mi chiamo Vannah! Sono Miley. Perché mi chiami col nome di mia madre? Perché mi hai rapita?"
Le risate gli morirono in gola e improvvisamente si fece serio.
"So chi sei e non ti ho rapita."
Fu il mio turno di ridere. Gli indicai la testa piena di sangue e lui scosse la sua.
"Ti ho chiesto scusa. È stato per un bene superiore."
"Per questo uccidi le donne? Per un bene superiore?"
Si alzò in piedi e si avvicinò a me facendomi tremare.
Mise una mano sul mio mento facendomi voltare la testa e ispezionò la mia ferita.
"Nulla di grave. È un posto che sanguina molto, ma andrai apposto anche senza punti. Non fare la lagna."
Mi lasciò andare e si avvicinò alla porta per chiuderla a chiave.
Rimise le chiavi nella tasca dei pantaloni e tornò verso di me.
"Ti stai sbagliando. Io non sono il serial killer. Io so chi è lui e sono qui per fermarlo. Ora mangia."
Non sapendo cosa rispondere, presi la forchetta e addentai una patata.
Volevo saperne di più, ma temevo che contraddicendolo lo avrei fatto alterare e che se la sarebbe presa con me.
"Non sto scherzando Vannah, io non sono il serial killer. Te lo giuro"
Mise una mano sul cuore e sollevò l'altra in segno di giuramento.
Continuai a mangiare senza più dire nulla.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top