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Zero

Non riuscii a trattenere un sorriso quando il mio occhio cadde su una foto posata sul tavolino.
Miley era molto piccola, aveva i capelli biondi raccolti in una coda ribelle e solo pochi denti nella bocca spalancata in un sorriso.
Il fuoco si era ormai acceso e la casa si stava scaldando.
Miley doveva aver sofferto molto il freddo, era quasi congelata quando eravamo arrivati a casa.
Mi rattristai pensando alla paura che avevo letto nei suoi occhi.
Poteva andare molto peggio.
Avevo sentito nell'aria l'odore dell'adrenalina che emanava quell'uomo.
Voleva divertirsi con lei. Voleva farle del male.
Non potevo sopportare quell'idea. Io stesso mi sorprendevo dai sentimenti protettivi che sentivo nei suoi confronti.
L'idea che quell'uomo fosse libero in circolazione e pronto a fare del male quando lo avevo avuto così vicino da poter porre fine a tutto quanto mi mortificava.
Afferrai il telefono e composi i numero di casa alzandomi per andare in cucina a cercare del cibo.
"Pronto"
La voce di mio padre era apprensiva dall'altra parte della cornetta.
Ero fuori da ore e non avevo avvisato.
Doveva aver avuto molta paura.
Sospirai sentendomi in colpa per averlo fatto stare in pensiero.
C'era una scatola di biscotti posata sul tavolo della cucina e l'afferrai prendendone una manciata.
Sapevano di arancia e cannella.
"Abbiamo un problema"
Gli comunicai tutto d'un fiato consapevole che non gi sarebbe piaciuto ciò che gli avrei detto.
"Stai bene? Dimmi dove sei!"
Tuonò nervosamente.
Era raro che l'alpha perdesse la calma.
"A casa del tenente. Sua figlia è stata aggredita questa notte"
"Cosa? Tu.. Mio Dio. Non dovevi metterti nei casini te lo ricordi dannazione!"
"Cosa avrei dovuto fare? Correvo nel bosco e ho sentito le urla. Quell'uomo la stava malmenando. Non potevo chiudere gli occhi.."
"Ti ha visto trasformato?"
Rimasi in silenzio.
"Cazzo Zero. È figlia di un poliziotto capisci?"
"Non potevo fare altrimenti. Era lui. L'omicida"
Fu il suo turno di stare in silenzio.
"Ti ha fatto del male? Si è trasformato? Lo hai visto in faccia?"
Masticai l'ennesimo boccone compiaciuto della sua bontà.
"Non l'ho visto in volto, aveva un passamontagna. Alto, massiccio, come uno di noi.. Ho sentito distintamente l'odore del lupo. Ho sentito odore di desiderio, di eccitazione, di voglia di combattere.. Ma quando ci siamo trovati faccia a faccia non si è trasformato. Ho sentito la sua paura. È fuggito"
"Fuggito? Non esiste"
Riflettei alle sue parole.
Noi lupi lo avevamo nel sangue.
Non mollavamo, non fuggivamo, non avevamo paura.
Il nostro istinto ci spronava a combattere soprattutto per le nostre prede.
Si era comportato in maniera incomprensibile.
"Non so che dirti. È fuggito mantenendo la forma umana nonostante avrei potuto ucciderlo con facilità in quel modo. Era terrorizzato, ma non si è trasformato"
Restammo entrambi in silenzio per un istante.
"Sono felice tu non lo abbia affrontato. Credo sia instabile mentalmente.. Mi sono preoccupato da morire Zero"
Lo sentii trattenere il fiato.
"Avrei combattuto, ma temevo per la vita di Miley"
"Ti incolpa di qualcosa?"
"Ovvio che no! L'ho salvata. Mi sono trasformato lontano da lei e l'ho raggiunta in forma umana"
Abbassai la voce quando sentii l'acqua spegnersi.
"Ha visto il lupo?"
"Si"
Lo sentii tirare un pugno contro la parete.
"Lo dirà al padre"
"Lo negherò"
"Crederà a lei"
"Non sa che ero io. Era scossa. Non può essere certa di ciò che ha visto"
"Torna a casa immediatamente. Dobbiamo discuterne"
Aprii il frigo estraendo il cartoccio del latte. Mi era venuta voglia di una cioccolata, tutta quella agitazione mi aveva messo fame.
"Non posso. Non posso lasciarla sola"
Sapevo di sembrare ridicolo, ma non avrei potuto abbandonarla così dopo ciò che era successo.
Era così piccola e così fragile in quel momento.
"Chiama suo padre e appena sarà a casa torna indietro. Ricordati, sei un lupo. Non hai amici umani e devi stare alla larga di quella ragazza. È pericoloso!"
Non risposi. Rimasi in silenzio contemplando le sue parole e rendendomi conto di quanto avesse ragione.
"Arrivo"
Appesi il telefono giusto in tempo per sentire i suoi passi sulle scale.
"Cioccolata?"
Chiese entrando nella stanza con un sorriso.
Aveva il mento arrossato, probabilmente dove le aveva tirato la sberla.
Guardai quella ferita sentendo le mani prudermi sempre di più e quel formicolio famigliare sul collo che mi chiedeva di trasformarmi e sfogare la mia rabbia.
L'aveva picchiata e le avrebbe fatto molto altro se solo avesse potuto.
L'avrebbe pagata cara.

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