7. Evan


Un silenzio inconsueto aleggiava sulla Sala del Trono.

"Da dove esce questa pace?" Evan era affascinato dalla bizzarra immobilità che regnava al centro della fortezza. A quell'ora della giornata, i corridoi della Tana dell'Idra erano sempre attraversati da cavalieri, armigeri e servitori agli ordini dei Kingsley. Persino Gwen era solita passare di lì almeno due volte al giorno per raggiungere i suoi alloggi. Ma quella mattina nessuno aveva ancora fatto il proprio ingresso.

La maggior parte degli uomini si era alzata all'alba per assistere alla cremazione della chimera. Ser Brycen Sparks aveva reclamato il cadavere della creatura per esibirlo come trofeo di caccia, ma Ronan era stato irremovibile; la belva doveva essere bruciata per non arrecare ulteriore sfortuna a Kirdford. Nonostante la diffidenza di alcuni, la visione della Maga del Levante stava trovando diverso sostegno tra gli abitanti dell'ex capitale. Unita ai pettegolezzi provenienti dal Nord, ben presto avrebbe spinto il volgo a guardare con sospetto le terre oltre lo Stretto di Caradoc.

"Silchester non ci attaccherà mai." I Crawford e gli altri lord dell'Ovest erano stati determinanti nella lotta contro l'impero. Con le loro dodicimila Spade Rosse cadute sul campo, si erano classificati secondi tra i maggiori sostenitori della rivolta, preceduti soltanto dai membri di casa Lockwood. Quando era giunto il momento di stabilire a chi spettasse la roccaforte dei Bloodworth, non si erano opposti in alcun modo ai Kingsley, considerandoli i veri leader dell'insurrezione. Sebbene re Joseph fosse ormai trapassato, le esigue voci che correvano sul loro nuovo signore non lo descrivevano affatto come un sovrano dispotico.

«È un po' deserta, vero?» Medea si addentrò nella Sala del Trono, più impercettibile e silenziosa di una tortora. «Ci vorrebbe qualcosa per ravvivarla, così da ridare un senso anche a quest'ala del castello.»

«Non temere che entro sera si riempirà di nuovo di soldati.» Evan si accostò alla Figlia della Tempesta, il passo incerto, lo sguardo vacillante. «Sono tutti occupati con il rogo della chimera. Appena sarà finito lo spettacolo, torneranno ai loro posti. A proposito, a te non interessa vederla sulla pira?»

«Per nulla. Se quella gente si diverte a incenerire il corpo di un animale, buon per loro, ma io ho di meglio da fare con il mio tempo. E comunque, quando ho detto che questo locale è troppo vuoto, non mi riferivo all'assenza di persone, ma a quella di un trono.»

"Cosa?" Un istante dopo aver infilzato l'imperatore Daron con la propria lama, la Giovane Chimera aveva ordinato ai suoi sottoposti di sbarazzarsi del seggio del tiranno. Da allora la Sala del Trono non era più stata la stessa: erano sì rimasti i colori dello stemma dei Bloodworth, ma l'elemento più importante, lo scanno, era stato trasferito nei sotterranei della fortezza, dove avrebbe passato i secoli successivi ad ammuffire.

«Che intendi dire con questo?» domandò Evan esitante.

«Voglio dire che, senza un trono, questa sala non ha motivo di esistere.» La Maga del Levante si lisciò la criniera mora che arrivava a sfiorarle le cosce. «È la stessa cosa di costruire una caserma e non allenarci neanche un guerriero. È assurdo, non trovi?»

«Suppongo di sì, ma è stata una scelta dei Kingsley. Se hanno deciso così, noi non ci possiamo fare niente, purtroppo.»

«Perché?» Il sorriso della guaritrice era ai limiti dell'insolenza. «Ti senti forse inferiore a loro? Kingsley, Crawford e Lockwood non sono che pedine di una scacchiera. A seconda delle mosse, può capitare che una si scontri con l'altra, obbligando il resto dei pezzi a ridisporsi. Possono continuare a mangiarsi a vicenda per tutto il tempo che vogliono, ma non hanno modo di lasciare il tavoliere. Tu, invece, puoi essere molto più di loro. Puoi diventare il giocatore che pone fine alla partita.»

«Io?» Lo sconcerto sul viso di Evan non poteva essere più evidente. «Credo proprio tu abbia sbagliato esempio. Sono orfano sia di padre che di madre, come potrei mai ambire a rivaleggiare con un lord?»

«Pensi siano gli eserciti o i territori a dare il potere?» Gli occhi neri di Medea si muovevano all'insegna della persuasione. «Non c'è nulla di più sbagliato. Il potere viene dal sangue, e nelle tue vene scorre quello dell'uomo più nobile che Uskaria abbia conosciuto.»

Evan si sentì toccato nel profondo. Fin da quando era bambino, si era chiesto chi fossero i suoi genitori e perché l'avessero abbandonato per strada come un cane azzoppato. Guardandosi allo specchio, si era sempre visto come un ragazzo normale, i lineamenti definiti, la corporatura proporzionata. Eppure doveva esserci qualcosa di anomalo in lui se la vita gli era stata tanto avversa. A detta di Ronan, la sua unica sventura era stata di nascere nel posto sbagliato durante la rivolta. Se anziché sbocciare a Kirdford fosse venuto al mondo in un'altra città, magari chi l'aveva messo alla luce avrebbe avuto ancora un figlio da abbracciare.

«Riconosco di sapere gran poco delle mie origini, ma non capisco come ciò potrebbe ribaltare la nostra situazione. Per decenni i Bloodworth si sono passati il titolo di imperatore da una generazione all'altra, senza preoccuparsi del malcontento comune, e quando qualcuno ha iniziato a esprimere il proprio dissenso non sono stati in grado di evitare la guerra. Perciò sono assai scettico sul tuo concetto di potere: se fosse bastato il sangue, perché l'impero non ha sconfitto i ribelli?»

La Maga del Levante smosse il capo in segno di comprensione, le pupille rivolte sul pavimento, le labbra distorte in un sorrisetto impenetrabile. L'abito che indossava, molto più adatto all'estate che all'autunno, non le copriva né le braccia né le mani, mettendo in bella vista la stretta a pugno con cui culminavano entrambi gli arti. Se un passante l'avesse incontrata per la prima volta, avrebbe pensato di trovarsi davanti a una completa psicopatica.

«Chi ti assicura che il conflitto sia finito?» disse con tono accusatorio. «Voglio venirti incontro. Se sei desideroso di toglierti qualche dubbio, raggiungimi dopodomani nelle mie stanze, e ricordati di non passarti il rasoio sulla testa. Ci servirà qualche capello per quello che ho in mente di fare.»

«Pensi sul serio che abbia bisogno della tua stregoneria?» la denigrò Evan.

«No, ma da qualcosa devi pur cominciare.»

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