11 In un luogo sconosciuto

Fu il mal di testa a spingere Heather a svegliarsi; quando aprì gli occhi, vide un soffitto bianco, e per un attimo credette di essere ancora a casa, magari appisolata sul divano del salotto, ed essersi sognata tutto. Quando si mise seduta però, capì che non era così; sì, si trovava su un divano, ma questo era rosso e nero, con la penisola alle sue spalle e i cuscini rossi e neri, anche gialli. Si guardò attorno: il pavimento era fatto di grosse mattonelle di forma quadrata - color crema - e il soffitto uguale. La parete di destra e di sinistra erano di un bianco più brillante, ma erano differenti tra loro: mentre a sinistra era appeso un grande quadro dalla cornice dorata e ritraeva un uomo che baciava una donna, a destra si apriva una porta di vetro scorrevole, l'entrata per accedere a un balcone. La parete centrale era rossa, con un lato decorato con delle pietre fissate al muro; vi era un mobile che prendeva tutto il lato più lungo, alto quaranta centimetri e di legno, suddiviso in più cassettoni. C'era vicino all'angolo una grossa stufa a pellet, affiancata da una vetrina in cui riposavano set e set di calici da vino e da liquori. C'era una TV bianca a schermo piatto, il digitale, la Wii e un lettore DVD bianco, con l'apertura in verticale e non in orizzontale.
"Buongiorno".
Heather si voltò di scatto; una ragazza la stava guardando con un sorriso. Alta circa un metro e sessantacinque, il fisico era robusto, non troppo grassa ma neanche esattamente magra. Il volto era rotondo e paffuto, danneggiato da brufoli sulla fronte e punti neri sul naso; gli occhi erano castano scuro, così come i capelli, corti ma molto riccioluti. Portava un pigiama di pile, di un blu elettrico, con tante pecore che decoravano sia la maglietta che i pantaloni. La cosa che terrorizzò di più Heather non fu tanto vedere la ragazza, ma sentirla parlare in italiano.
"Dove mi trovo?", chiese la rossa, con un italiano spento.
Il merito era di sua madre: aveva insistito nel farle imparare quella lingua, e adesso la conosceva, seppur arrugginita.
"Sei americana?", domandò invece la mora.
Il timbro della voce era profonda, e lievemente incrinata dal sonno.
"Sì. Come lo sai?".
"Si sente. Hai un accento troppo poco marcato per essere un inglese, quindi ho provato a fare due più due".
"Dove mi trovo?".
"A casa mia. Ti ho trovata nel mio giardino".
Bastò a Heather quel particolare per ricordare:

Heather sfogò il proprio rimorso seduta sul sedile del pilota, mentre Starscream proseguiva col volo, diretto a est.
"Dove stiamo andando...?", chiese lei.
"Il più lontano possibile dagli Stati Uniti".
"Ma dove?".
"Non lo so. Abbiamo appena attraversato l'Atlantico. Saremo in Europa probabilmente".
"Già...".
Un allarme risuonò per tutta la cabina, e improvvisamente Starscream perse quota.
"Starscream!" urlò Heather "Starscream! Che succede?!".
L'aereo non le rispose, e nel frattempo il terreno si fece più vicino; la ragazza riuscì ad uscire in tempo, ma il Transformer precipitò su un pezzetto d'erba, situata a pochi metri da un cimitero. Alle loro spalle si sviluppavano dei appartamenti, ma col buio della notte era impossibile vedere altro.
"Va...", mormorò Starscream.
Heather scosse la testa, con gli occhi gonfi.
"No...non voglio...".
"Ma devi...non puoi stare qui...".
La ragazza sentì delle voci, e si accorse che dalla strada che conduceva agli appartamenti stava sciamando un grumolo di gente, diretta a vedere il disastro.
"Vattene...", proseguì l'aereo.
Heather non voleva farlo, ma si accorse che non aveva altra scelta.
"Tornerò per te".
E corse via; prese la strada davanti a e si bloccò, dato che si trovava ad un incrocio. Non essendoci macchine, attraversò la strada di corsa ed andò a sinistra, seguendo il marciapiede senza guardarsi attorno; svoltò a destra e ancora a destra, correndo per un bel tratto dritto. Corse fino alla prima svolta e seguì ancora il marciapiede; correva e correva, con le gambe che urlavano di dolore e di pietà. Si fermò soltanto quando giunse a un'altra svolta, che conduceva a destra una via alberata da ambo i lati. Heather guardò a sinistra: di fronte alla via erano situate due case, unite da una muretta e un portone comune ma all'interno separate da un largo sentiero di ghiaia chiara. La ragazza corse verso in quella direzione: la muretta della casa di sinistra era troppo alta per essere scavalcata, ma quella di destra invece era più bassa, e dall'altra parte il giardino era rialzato. Heather attraversò la strada e raggiunse la muretta: mise un piede sopra e agganciandosi con le mani all'inferriata si diede forza per issarsi. Appoggiati entrambi i piedi sulla pietra, scavalcò l'inferriata con una gamba alla volta e fu dentro al giardino. Poi crollò dalla stanchezza.

"Dove ci troviamo?", chiese Heather.
"In un paese dimenticato da Dio nel nord Italia".
La rossa impallidì.
"I-italia?".
La mora annuì.
"Benvenuta a Bonavigo".

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