Capitolo 8
«Allora... Non stiamo pensando davvero di studiare, giusto?» chiese Mason con un tono ironico che, tuttavia, non riuscì a nascondere la preoccupazione celata dietro a quella domanda.
Lo sfortunato quartetto sedeva nel salotto di Damien mentre la madre del ragazzo era in cucina a preparare, tutta agitata ed emozionata, uno spuntino. Se solo avesse saputo... tutta la felicità nel sapere che il figlio iniziava a frequentare altre persone oltre a Sadie sarebbe svanita. Lui non aveva comunque intenzione di dirle nulla, quindi che vivesse felice quell'illusione.
La donna riapparve con un vassoio pieno di tramezzini e succo ai frutti rossi che posò al centro del tavolo al quale i quattro erano seduti.
«Ecco ragazzi, se avessi saputo del vostro arrivo avrei preparato dei brownies. Purtroppo mio figlio non ritiene importante mettermi al corrente di possibili ospiti» e detto questo lanciò un'occhiata di fuoco al figlio, che sbuffò scocciato.
«Sono certo che nessuno di loro ha qualcosa da ridire sulle tue premure come padrona di casa, giusto?»
Peyton, Mason e Sienna annuirono allo sguardo fulminante del ragazzo.
«I tramezzini andranno benissimo, Signora Walker» sorrise gentilmente Peyton.
«Chiamami pure Ellen, tesoro, tutta questa formalità è così nuova da mettermi a disagio.»
Damien alzò gli occhi al cielo, sapeva che se non avesse fatto capire alla madre di essere di troppo questa non avrebbe smesso di parlare e prima o poi avrebbe mostrato loro la foto di quando suo figlio si era vomitato addosso alla recita dell'asilo. Secondo lei ridere su quell'esperienza, all'epoca così traumatica per lui, era un ottimo modo per superare il trauma.
«Mamma, noi ora dovremmo ripassare per un compito...» lanciò a sua madre uno sguardo eloquente e fortunatamente la donna recepì subito il messaggio.
«Certo, certo. Allora ne approfitto per andare a fare la spesa prima che tua sorella finisca il suo corso di danza.» La donna li salutò un'ultima volta prima di prendere borsa e capotto e uscire di casa alla svelta.
«Non c'era bisogno di mandare via tua madre in quel modo, sembra una persona così gentile e non ci stava dando assolutamente fastidio» lo rimproverò Peyton.
Il ragazzo la fissò annoiato. «A me sì.» Sapeva benissimo che sua madre era una donna dolce e gentile... era sua madre! Ma non voleva che stesse troppo in contatto con quel trio di meduse e magari ci si affezionasse, visto che dopo la fine della scuola non li avrebbe visti mai più. Questo, ovviamente, avrebbe scatenato curiosità e domande in lei e Damien proprio non riusciva a sopportare l'idea di un suo terzo grado.
Sentì la ragazza sospirare e scuotere la testa, come se sapesse che continuare quella conversazione era tempo perso. Inoltre, non erano nemmeno affari suoi come lui desiderasse trattare sua madre.
«Forza, prendiamo i libri» ordinò il padrone di casa.
«Allora avete intenzione di studiare davvero?» Il tono pieno di panico di Mason fece imbarazzare la capo cheerleader e per un secondo desiderò soltanto una buca dove sotterrarsi. Quello sì che era il modo perfetto per dimostrare a Damien che non erano i ragazzi senza cervello che lui credeva! Tuttavia alzò il mento con finta arroganza e tentò di dimostrare una sicurezza che in quel momento non le apparteneva davvero.
In fondo lei era Peyton Cooper, dannazione!
«Ovvio che sì, Mason, non siamo venuti qui solo per fare il tour della casa di Aldous» rispose piccata al ragazzo.
«Ah, no?» trasalì Sienna. La ragazza sembrava aver capito solo in quel momento il motivo della sua presenza lì.
Sentì Damien ridacchiare piano, anche se durò solo un attimo, e il tono di quella piccola risata non le piacque nemmeno un po'. Lui ormai aveva avuto la conferma a tutto ciò che pensava di loro e lo sguardo soddisfatto che gli lesse negli occhi le fece provare lo strano impulso di prenderlo a pugni. Prese i libri dalla borsa e preferì concentrarsi sull'inglese che sulla violenza che solo Damien riusciva a far emergere da lei.
Dopo un'ora di ripasso, il campanello di casa Walker suonò e Damien si alzò sbuffando dalla sedia per andare ad aprire. Qualche secondo dopo una voce squillante risuonò nella casa silenziosa, Peyton riconobbe la voce di Sadie e in un secondo tutto il suo corpo si mise sull'attenti.
«Al!» gridò la ragazza eccitata. «Ho una sorpresa per te! Resterai senza fiato quan...» le parole si dissolsero nell'aria quando entrò nel salotto e vide i tre seduti al tavolo. La sua espressione emozionata mutò e al suo posto la rossa poté vedere ritornare quello sguardo di disprezzo misto a... Gelosia?!
«Oh, quindi sono ancora qui...» La ragazza sospirò e si voltò a guardare Damien, che era restato rigido dietro di lei. «Bene, ripasserò più tardi» Sadie fece per uscire dal salotto, ma la mano di Walker si strinse intorno al suo polso, fermandola.
«Sadie...» La voce del ragazzo assunse un tono così dolce e affettuoso che Peyton dovette aggrapparsi alla sedia per non cadere dallo stupore. Con la coda dell'occhio riuscì a vedere che lui le stava accarezzando il polso con il pollice e la ragazza se ne stava rigida, indecisa su cosa fare.
«Ti va di restare con me fino a quando non se ne andranno?»
Lui porse quella domanda con quel tono carico di dolcezza e lo sguardo ancora più zuccheroso. Per un attimo Peyton desiderò soltanto correre via da quella casa, da Damien, da Sadie, da tutti loro! Strinse la penna nella mano talmente forte che questa si ruppe e le schegge di plastica le si conficcarono nel palmo, sporcandolo di inchiostro blu e sangue.
Trasalì con dolore e si alzò di scatto, lasciando cadere la penna sul quaderno. Tutti si voltarono verso di lei e Sienna lanciò un gridolino disgustato alla vista del sangue.
«Sei proprio un'impedita, tu!» In un attimo la mano che prima stringeva il polso di Sadie ora stringeva il suo e lo sguardo dolce e affettuoso era stato sostituito da uno preoccupato e spazientito. Peyton ritirò il braccio, come scottata, e in fretta raccolse tutte le sue cose.
«Sto bene, non ti preoccupare.» Infilò libri e quaderni nello zaino e in un secondo uscì da quella maledetta casa, stringendosi al petto la mano ferita. Ignorò le voci di Sienna e Mason, che le chiedevano di fermarsi e di aspettarli, e in fretta si diresse verso la fermata dell'autobus poco lontana dalla casa di Damien. Voleva stare da sola, aveva bisogno di un momento per respirare, per far calmare il suo cuore che batteva furioso e qualcos'altro che fino a quell'istante aveva creduto non appartenerle: la solitudine.
* * *
Sadie e Damien fissavano la porta del salotto come due imbecilli, ancora confusi dal ritrovarsi di colpo da soli.
«Ehm... Se ne sono appena andati?» chiese Sadie, facendo notare l'ovvio.
«Sì, e anche senza salutare. Che banda di incivili idioti.»
L'amica rise alla sua frase e gli si avvicinò, fissandolo con sguardo malizioso.
«Che hai? Sei impazzita anche tu?»
Continuando a fissarlo, ma senza dire nulla, Sadie infilò la mano nella propria tracolla e ne tirò fuori una custodia in plastica. Damien ci mise qualche secondo a capire di cosa si trattasse, ma in un attimo strappò dalle mani della ragazza la custodia, ricevendo come risposta un gridolino indignato. Che ignorò.
Rimase a fissare quell'oggetto con adorazione per secondi interminabili, facendo sbuffare l'amica.
«Figurati, non c'è di che!» commentò offesa.
«Sadie... Tu sei, tu sei la mia Dea» la adulò lui, riportando finalmente lo sguardo sulla ragazza.
Lei si arricciò una ciocca di capelli con finta vanità. «Lo so, lo so.»
«Allora... Chi perde paga la pizza all'altro per un'intera settimana?»
L'amica sembrò elettrizzata da quella sfida, gli si avvicinò furtiva e gli rubò il videogioco dalle mani. Aveva girato tutti i negozi dell'usato, per una settimana, pur di trovare quella rarità ma la reazione di Damien la ripagava di tutta la fatica – e del denaro – spesi.
* * *
Chiuse la porta di casa con un calcio lento e fiacco. Si diresse in salotto e si lasciò cadere sul divano con la mano sporca e ferita ancora al petto, che si alzava e abbassava velocemente sotto i suoi respiri affannati. Aveva corso per tutta la distanza che divideva la sua casa da quella di Walker, desiderando di vivere in un altro continente, di mettere più distanza possibile tra lei e quel ragazzo.
«Peyton, sei tu?»
La voce di sua madre la fece sobbalzare, non si aspettava di trovarla in casa così presto. La donna emerse dalla cucina e Peyton strinse il pugno della mano ferita notando quanto fosse dimagrita, aveva delle pesanti occhiaie scure sotto gli occhi rossi. Aveva appena finito di piangere, per l'ennesima volta.
«Santo cielo, Peyton! Cos'hai combinato alla mano?» La madre le si avvicinò immediatamente e le prese il palmo per accertarsi se fosse o meno qualcosa di grave. «Non ti muovere, vado a prendere qualcosa per medicarti.»
Continuò a restare in silenzio mentre fissava la sagoma della donna sparire in bagno. Non sapeva cosa sarebbe successo se avesse aperto bocca, forse avrebbe pianto, urlato o entrambe le cose. Era arrabbiata con le sue madri per il divorzio e per come questo stesse distruggendo una delle due; aveva voglia di piangere per come tutto quello la faceva sentire, nel vedere sua madre distruggersi piano piano senza poter fare nulla e voleva gridare per il modo in cui Damien trattava Sadie, come se avesse davanti la persona più importante del mondo, mentre lei si sentiva sola e abbandonata. Nessuno l'aveva mai guardata in quel modo e si rese conto solo in quell'istante quanto ne avesse disperatamente bisogno, anche lei voleva essere il centro del mondo per qualcuno. Però, non riusciva ad essere nemmeno abbastanza importante per sua madre da darle la forza necessaria per andare avanti, come poteva essere il centro di qualsiasi cosa per un'altra persona?
Ogni giorno a scuola un sacco di persone l'avvicinavano, le facevano i complimenti per ciò che indossava, come lo indossava, e le riempivano la testa di chiacchiere, tante, tantissime chiacchiere inutili. Nessuno, in quei quattro anni di scuola, le aveva mai chiesto come stesse o un aiuto nei compiti, davano per scontato che fosse soltanto una bella bambolina senza cervello. E tutto quello era anche colpa sua, non aveva mai fatto nulla per mostrare agli altri la sua intelligenza, amava la chimica e la filosofia, eccelleva in entrambi i corsi ma nessuno lo notava. Notavano, però, come fosse brava come cheerleader e le ragazze più piccole già piangevano all'idea che l'anno prossimo non ci sarebbe stata. Sapeva benissimo che quelle lacrime erano finte, quelle piccole vipere non vedevano l'ora di tirarsi i capelli per accaparrarsi il suo posto di capo cheerleader.
Aveva mille persone accanto, ma nessuno di questi teneva veramente a lei. Damien aveva una sola amica eppure valeva più delle mille persone che aveva intorno. Sentiva di provare invidia per entrambi e questo la faceva sentire stupida. Invidiava Sadie perché aveva accanto una persona disposta a rinunciare a tutto pur di non perderla, e invidiava Damien per come l'amica gli restasse sempre accanto. Lei aveva Mason e Sienna eppure, nonostante fossero tutti coinvolti nella stupida scommessa di Liam, erano distanti anni luce l'uno dall'altra e ognuno pensava per sé.
Sua madre tornò in salotto con la cassetta del pronto soccorso nella mano, si inginocchiò davanti alla figlia e iniziò a medicarla. Peyton strinse le labbra dal dolore quando la donna passò il batuffolo di ovatta intriso di disinfettante sulla ferita.
«Come ti sei fatta male?» indagò la donna, ma lei continuò a restare in silenzio. La madre sospirò al mutismo della ragazza «non ti si può lasciare mai sola, anche da bambina ritornavi sempre a casa con qualche graffio, ma non hai mai pianto. La mia bambina forte.»
Lacrime improvvise le inumidirono gli occhi, si ricordava chiaramente di quei momenti vissuti da piccola. Lei cadeva, sua madre andava nel panico e Nina, la sua altra madre, la rimproverava per essere sempre troppo sbadata. Le sarebbe piaciuto tornare a quei tempi, rivoleva la sua famiglia, i suoi amici delle elementari e voleva ritornare a quando era semplicemente La piccola Peyton. Fissò sua madre coprire la ferita con un cerotto e subito dopo depositarvi un delicato bacio.
«Così il dolore scompare.»
Quella frase ruppe la diga che frenava le sue lacrime e si chinò di scatto per abbracciare la madre. Strinse il suo corpo magro e provato tra le braccia e pianse nel suo collo proprio come quando era bambina.
«Ti voglio bene, mamma. Te ne voglio tantissimo.»
Non mi abbandonare anche tu, voleva dirle quell'abbraccio.
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