5. Toxic
Nevin si fermò davanti ad un bar, ormai stanco di vagare come un'anima smarrita. Cercò il proprio telefono per controllare l'orario, ma si accorse che le sue tasche erano vuote.
"Perfetto." parlò tra sé e sé, con sarcasmo.
Si guardò intorno, valutando la situazione: aveva camminato per circa trenta minuti, imboccando diverse stradine e vicoli, per poi arrivare a quel locale sperduto. Aveva diverse opzioni. Poteva tornare indietro e continuare a girovagare, ma ovviamente si sarebbe perso, dato che non aveva Google Maps o alcuna conoscenza di quel luogo in cui si trovava da malapena due giorni; oppure, poteva entrare e tentare di fare gli occhi dolci al barista e farsi offrire da bere, dato che oltre al cellulare aveva dimenticato di prendere anche il portafogli.
"E che occhi dolci sia." si arrese, spingendo la porta di vetro del locale.
Le luci neon lo abbagliarono, quindi portò una mano all'altezza della fronte e quando i suoi occhi si abituarono al bagliore, Nevin fu sbalordito dal lusso di quel luogo, che dall'esterno sembrava così comune. Della musica jazz rendeva il tutto più intimo e tranquillo, contrastando le luci.
Si fece coraggio e si avvicinò al bancone, sedendosi su uno degli sgabelli. Il barista si voltò ed alzò un sopracciglio: era un giovane dai capelli scuri e gli occhi color caffè.
"Cosa posso fare per te?" chiese, in un inglese quasi perfetto.
Nevin indulgiò appena, perché quello sguardo riusciva a mettere in soggezione. Si schiarì la voce e tentò in tutti i modi di sembrare sicuro di sé.
"Ecco, io ho avuto un piccolo incidente e non ho il portafogli con me, né un telefono. Potresti aiutarmi?"
"Non facciamo beneficenza e potrei metterci la mano sul fuoco che tu, piccolo mio, non hai l'età giusta nemmeno per bere un succo d'uva."
La sfacciataggine di quel tipo era sorprendente e a Nevin piacevano le sfide. Appoggiò entrambe le mani sul bancone e si chinò leggermente in avanti, fronteggiando il barista, che aveva iniziato a lavare dei bicchieri di vetro.
"Farò diciotto anni fra qualche mese e non penso che in questo posto dimenticato da Dio, a qualcuno interessi se dai da bere ad un turista che probabilmente non vedrai mai più nella tua vita. Ed in oltre, ho avuto una giornata stressante, piena di sangue, incubi, spiriti. Ah sì e sono quasi certo che mio fratello mi odi. Non puoi nemmeno immaginare di quanto io abbia bisogno di una bottiglia di scotch o vodka. Ripagherò, lo prometto."
Il giovane fermò ogni azione e sostenne lo sguardo di Nevin, per poi scoppiare in una calorosa risata.
"Non se ne parla nemmeno."
"Mi accontento anche dello champagne..." tentò nuovamente, consapevole del fatto, che tutto ciò era inutile.
Quel tipo non avrebbe ceduto e lui era troppo stanco per continuare a discutere. Fece per alzarsi dalla sedia, ma una mano sulla sua schiena lo indusse a rimanere seduto.
"Ehi Jay, una bottiglia dello scotch più costoso per questo bel ragazzo."
Nevin riconobbe quella voce e deglutì a fatica, sentendo il battito del suo cuore farsi irregolare. Kevin si sedette accanto a lui e sorrise con un angolo della bocca, squadrandolo dalla testa ai piedi.
Nevin si sentì leggermente a disagio, un po' per la mano che non aveva lasciato la presa sulla sua schiena; un po' per il fatto che era vestito in modo indecente per quel luogo: un paio di pantaloni grigi sportivi ed una T-Shirt bianca oversize, che lo facevano sembrare un mendicante in confronto agli altri clienti ed a Kevin stesso, il quale indossava un mantello elegante ed una camicia color indaco, infilata in dei pantaloni scuri fatti su misura.
"Nevin, non pensavo ti avrei rivisto così presto." lo salutò, finalmente scostando la mano dalla sua schiena.
Il ragazzo si rilassò visibilmente e si schiarì la voce, tentando di sostenere lo sguardo di Kevin, ma fu difficile. L'altro emanava un'aura di padronanza ed i suoi occhi lo guardavano con sicurezza, senza alcuna vergogna.
"Sono qui per caso, sai... Ho avuto una giornata difficile. S-Scusa, non voglio annoiarti con i miei problemi."
"Niente affatto, sono un buon ascoltatore e spero che questa bottiglia di scotch possa aiutare." disse, prendendola dalle mani di Jay, il quale aveva alzato gli occhi al cielo ed aveva dato le spalle ai due, iniziando a pulire i vari scaffali.
"Tu non devi... quella bottiglia costerà un occhio della testa e noi non ci conosciamo nemmeno."
Kevin fece scorrere la bevanda in due bicchieri di vetro, riempiendoli fino a metà e ne porse uno a Nevin, il quale lo afferrò con indecisione.
"Be', il locale è mio, non preoccuparti, non è niente."
Nevin si guardò intorno, incredulo: quel posto urlava "lusso" da ogni angolo e la clientela non era da meno.
"C-Cosa?" balbettò.
Kevin sogghignò appena, per poi bere un sorso.
"Pensavo che la grande insegna con il mio cognome all'entrata desse nell'occhio. Forse devo licenziare il mio graphic designer." scherzò.
Nevin scosse la testa e ridacchiò, poi spostò di nuovo l'attenzione sull'altro. I due si guardarono per qualche istante, in cui Nevin sentì come se ci fosse qualcosa che li unisse, qualcosa che non si poteva spiegare a parole.
"No, non voglio essere la causa del licenziamento di un innocente. Sono solo-..." farfugliò, massaggiandosi una tempia.
"Stanco." concluse Kevin, al suo posto, finendo la propria bevanda in un sorso.
"Sì, esattamente. Questa dovrebbe essere una vacanza, ma in due giorni è successo così tanto ed ora mio fratello mi odia." parlò sinceramente, perché anche se l'altro era praticamente uno sconosciuto, sembrava disposto ad ascoltare ed in quel momento ne aveva bisogno.
Kevin appoggiò una mano sulla sua, accarezzandola gentilmente, mentre Nevin rimase immobile ed osservò le loro mani, poi di nuovo le iridi scure dell'altro. Sentì un flusso di energia arrivargli fino al cervello e sospirò, mentre il mondo intorno a loro spariva.
"Sono sicuro che tuo fratello non ti odia, anch'io discuto con Kanya, quasi sempre, ma poi si risolve sempre tutto. Le offro la cena o lei mi regala un libro del mio scrittore preferito ed alla fine è come se non avessimo mai litigato. È così tra fratelli."
Nevin annuì, tentando di convincere sé stesso che quelle parole fossero sincere e vere.
"Grazie." rispose, francamente.
"Do delle lezioni di yoga insieme a mia sorella, è un programma per purificare l'anima e trovare la pace perduta. Ogni Mercoledì, alle tre del pomeriggio. Ti lascio il mio numero, così puoi passare a vedere se è qualcosa che faccia al caso tuo. Porta anche i tuoi amici, naturalmente." dichiarò Kevin.
"Oh, è molto gentile da parte tua, è solo che io... ho lasciato il telefono a casa."
Kevin prese un tovagliolo dal bancone ed una penna, poi scrisse dei numeri ed il proprio nome, per poi mettere il pezzo di carta della tasca dei pantaloni di Nevin, il quale sorrise.
"Molto vecchio stile, mi piace."
"Kev, te ne stai qui ad ubriacarti e non rispondi al tuo dannato telefono. Pa ci vuole vedere, a casa, subito." la voce di Kanya interruppe la loro conversazione.
"Stavo solo invitando Nevin al nostro corso di yoga e no, non sono ubriaco, piccola guasta feste." ridacchiò Kevin, arruffando leggermente i capelli della ragazza.
Quest'ultima si lamentò, dicendo qualcosa in tailandese, dopodiché fece un cenno a Nevin.
"Ciao, straniero. Cosa ti porta in questo bar da due soldi? Spero che questo tipo non ti abbia importunato." proferì, con l'intento di provocare il fratello maggiore.
Kevin la prese sottobraccio e sorrise rivolto a Nevin.
"Non ascoltarla, le piace scherzare. Ci vediamo Mercoledì, spero." concluse, per poi trascinare letteralmente Kanya fuori dal locale.
Nevin ridacchiò tra sé e sé, bevendo un sorso della propria bevanda. Quei due avevano qualcosa di speciale ed erano di sicuro una piacevole compagnia.
Poi si accorse che sì, aveva ottenuto dell'alcool, ma rimaneva il fatto che non sapesse come tornare a casa.
Jay, il quale si era voltato di nuovo verso il bancone, lo guardò.
"Cosa?" chiese, irritato.
"Ehm... ecco..."
-
Jay spense il motore della moto e Nevin scese, togliendosi il casco. Non aveva idea di come era riuscito a convincere quel tipo ad accompagnarlo alla villa, ma in un modo o nell'altro aveva avuto successo. Porse il casco al ragazzo, il quale lo prese e lo rimise sotto al sedile.
"Grazie..."
"Non l'ho fatto per te. Stai simpatico a Kevin e credimi, sono l'ultima persona che vuole mettersi contro di lui. Buonanotte, ragazzino. E vedi di non camminare di nuovo "per caso" nel mio bar o giuro che la prossima volta ti butto fuori a calci."
Sfrecciò via con la propria moto, facendo rimbombare il suono del motore nella sua testa.
Okay, poteva andare peggio, si consolò.
Nevin si avviò verso il retro della villa e tolse le scarpe camminando sull'erba, per poi arrivare vicino alla grande piscina. Guardò il cielo, il quale stava diventando sempre più chiaro: doveva essere quasi l'alba.
Diede le spalle alla piscina ed aprì le braccia, per poi chiudere gli occhi. Si lasciò cadere all'indietro e rimase sott'acqua per un po', pensando a come avrebbe dovuto fronteggiare Ethan tra poche ore, quando si sarebbe svegliato. Poi quel sogno gli tornò in mente e sentì una fitta al cuore, sentendosi impotente di fronte a quella situazione assurda: aveva bisogno di qualcuno a con cui parlarne, forse Kevin: sembrava un ragazzo senza pregiudizi e pronto ad ascoltare.
Delle braccia forti lo strinsero ed in pochi secondi fu di nuovo in superficie. Riprese aria a polmoni pieni e si ritrovò a pochi centimetri di distanza dal volto di Ryan, il quale lo stava guardando pieno di frustrazione.
"Sei impazzito o soltanto idiota? Hai davvero così tanta voglia di morire?" lo rimproverò.
Nevin tentò di liberarsi, ma Ryan non demorse, stringendolo di più a sé. I loro respiri erano pesanti, a causa dello sforzo di poco prima.
"Lasciami andare, non ho bisogno del tuo aiuto, cazzo."
"No, Nevin, non ti lascio. Stavolta non ti lascerò andare così, hai capito? Sei ferito, lo capisco, ma ci sono cose che non sai sulla mia partenza di un anno fa, cose che non sono pronto a spiegarti ora."
Nevin sentì gli occhi farsi lucidi e si morse le labbra, sentendo il proprio corpo rilassarsi involontariamente.
Ryan se ne accorse e si avvicinò ancora di più, ma l'altro girò la testa di lato e le labbra del maggiore trovarono la sua guancia.
"Okay, dimmi che mi odi, dimmi che non provi più niente e ti lascerò andare. Ma fallo guardandomi negli occhi." lo sfidò il biondo, appoggiando una mano sulla nuca di Nevin e costringendolo a confrontarlo.
"Ryan, qualcuno potrebbe vederci, Ethan potrebbe vederci. Smettila, ti prego."
Appoggiò le mani sul petto dell'altro tentando di spingerlo, ma fu tutto inutile: era sempre stato così, quando Ryan Stummvoll decideva di voler ottenere qualcosa, niente e nessuno poteva farlo demordere.
"Non mi interessa, ho bisogno di risposte, Nevin. Ne abbiamo bisogno entrambi, perché non so quanto riuscirò a controllarmi ancora. Ogni volta che ti vedo ho una fottuta voglia di baciarti e sbatterti su un letto, fare l'amore con te, dirti quanto tu sia importante per me."
Nevin chiuse gli occhi ed abbassò lo sguardo, singhiozzando appena. Strinse il tessuto della maglietta di Ryan e si lasciò andare, appoggiando la fronte sul petto dell'altro.
"Nevin, so che ti ho ferito, ma-..."
"Ora basta. Smettila di essere così egoista. No, non ti darò risposte, ma di una cosa sono certo: questo è tossico, tu sei tossico per me. Devi lasciarmi in pace, ti prego. Mi hai fatto soffrire, hai rovinato tutto ciò che avevamo, sparendo nel nulla ed ora ne devi pagare le conseguenze Ryan Stummvoll."
Quest'ultimo lasciò finalmente la presa e Nevin uscì dalla piscina. Guardò il ragazzo un'ultima volta, che era rimasto là a testa bassa, poi rientrò in casa, bagnato fradicio dalla testa ai piedi.
Accese la luce dell'ingresso, fece qualche passo e vide Xavier in cucina, intento a fumare una sigaretta. Era seduto vicino all'isola in marmo e lo fissava come un genitore che ha beccato un figlio tornato dopo il coprifuoco o come si osserva un figlio che l'ha combinata grossa.
Nevin pregò con tutto sé stesso che Xavier non li avesse visti, ma dal suo sguardo si capiva già, che era nei guai. Il riccio sorrise, ma non era un sorriso dolce.
"Nevin, piccolo mio, penso che io e te dobbiamo parlare."
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