2. Guardami negli occhi

Guardando le nuvole, Nevin ripensò a quando da piccolo fosse convinto che esse fossero di zucchero filato. Non importava quante volte Ethan gli avesse ripetuto che erano composte da particelle d'acqua. Nevin era sempre stato il sognatore ed il maggiore quello con la testa sulle spalle. Con il tempo, però, i ruoli si erano invertiti.
Sorrise con nostalgia, appoggiando un dito sul finestrino dell'aereo.

Quanto vorrei sparire. Lontano da questo...

"Giuro che sento il tuo cervello chiedere aiuto."

Nevin si voltò a guardare Xavier, il quale era seduto al suo fianco. Stava mangiando delle patatine e bevendo vino, una strana combinazione, pensò.

"Mmh?"

"Qualcosa ti turba, stai rimuginando da quando siamo partiti. A meno che tu non voglia passare le prossime 12 ore a combattere con la tua mente, dimmi cosa succede."

Ammettere la verità era fuori questione, non poteva dirgli che il rivedere Ryan lo aveva scombussolato. Nevin farfugliò qualcosa riguardo ad un mal di testa e tornò ai suoi pensieri, stavolta ad occhi chiusi, per evitare altre conversazioni.
Il volo fu lungo e stancante e arrivati a Bangkok, avrebbero dovuto viaggiare per altre lunghe ore, prima di raggiungere la loro destinazione finale: l'isola di Ko Samui.
Quella sera avrebbero alloggiato in un hotel a Bangkok, per poi ripartire il giorno dopo.
Nevin guardò suo fratello Ethan, intento a sbraitare con il povero ragazzo che lavorava alla reception. Gabriel ed Hanako erano spariti alla ricerca di un posto in cui mangiare, mentre Amelia e Xavier se ne stavano accanto a lui, a parlare di chissà cosa. Non riusciva a concentrarsi su niente e nessuno, il suo sguardo ricadeva sempre su Ryan, il quale stava in tutti i modi tentando di calmare Ethan.

"Sai quanto abbiamo pagato per prenotare quella suite? E adesso tu mi dici che l'avete data ad un altro cliente? Io vi faccio causa!" esclamò Ethan.

Il ragazzo borbottò qualcosa di incomprensibile, arrossendo per la vergogna, dato che molti clienti si erano fermati ad assistere alla scena.
Nevin si avvicinò ad Ethan e lo afferrò per una spalla, inducendolo a mettersi da parte.

"Nevin, levati di mezzo!"

"Non vedi che ci stanno guardando tutti? Vai a prendere una camomilla alla macchinetta e datti una calmata, cazzo." lo riprese, per poi guardare il receptionist. "Mi dispiace per il comportamento di mio fratello. Prenderemo qualunque camera sia disponibile, ma faccia in fretta."

Nevin sentiva la stanchezza impossessarsi del suo corpo e voleva provare a dormire il prima possibile, prima che l'insonnia glielo impedisse come sempre. Ethan imprecò ancora un po', poi andò a sedersi accanto ad Amelia.
Ryan, il quale ora si trovava a pochi centimetri di distanza da Nevin, lo stava guardando con insistenza, cosa che mise a disagio il più giovane. Quest'ultimo prese a picchiettare le dita sul ripiano di marmo, mentre il receptionist aveva iniziato a scrivere qualcosa sul suo computer. In quel momento sentì qualcosa sfiorarlo: Ryan gli stava accarezzando la mano con il mignolo.
Nevin sapeva che l'altro voleva indurlo ad alzare lo sguardo, ma non lo fece. Ritirò la sua mano con uno scatto veloce e deglutì, per poi abbassare il volto, iniziando a fissare il pavimento. Era consapevole del fatto che non avrebbe potuto ignorare il confronto per sempre, ma voleva provare ad evitarlo finché poteva.

"Allora, quell'idiota ha trovato una soluzione?" imprecò Ethan, piazzandosi tra il fratello e Ryan.

"Sì, il massimo è tre camere separate, tutte sullo stesso piano. Le suite sono prenotate, non c'è niente da fare." rispose Nevin, per poi sbadigliare.

Ethan gli accarezzò la testa, sorridendo premuroso ed il minore ricambiò, compiaciuto da quel piccolo momento di dolcezza. Ethan era uno stronzo patentato, soprattutto a causa del suo disturbo bipolare, ma nei rari momenti di lucidità sapeva essere un buon fratello maggiore.

"Sei stanco, è un buon segno. Significa che stanotte riuscirai a dormire." disse, per poi abbassare di nuovo la mano.

Xavier ed Amelia si unirono a loro, trascinandosi dietro le pesanti valigie. Ethan spiegò loro la situazione e la ragazza mise su il broncio, appoggiando la fronte sul suo petto.

"Peccato..." mormorò.

"Be', voi e gli altri piccioncini avrete la vostra privacy, ciò significa che dividerò la camera con Ryan ed il piccolo Nev." scherzò Xavier, per poi fare l'occhiolino a quest'ultimo.

Ethan lo fulminò con lo sguardo.

"Non flirtare con mio fratello, coglione. Non provarci nemmeno." lo minacciò l'amico.

Xavier rise di gusto e prese la chiave della stanza dal ripiano in marmo, per poi tornare a guardare Ethan, come se avesse voluto sfidarlo.

"Sono etero, lo sai bene e Nevin non sarebbe comunque il mio tipo: troppo minuto e silenzioso. Senza offesa, piccoletto." concluse, per poi avviarsi verso i numerosi ascensori che si trovavano accanto alla reception.

Iniziò a pigiare i tasti con impazienza, mentre Amelia guardò Nevin, il quale aveva un'espressione confusa e frustrata.

"Oh, non farci caso, ti ci abituerai. Xavier è sempre così diretto e tuo fratello Ethan... Be' lui è uno stronzo, ma questo già lo sai." sorrise Amelia, per poi lasciare un bacio a stampo sulle labbra del suo ragazzo.

Non fu per niente rassicurato da quelle parole, anzi, pensò che forse non era ancora troppo tardi per imbarcarsi sul prossimo volo per Sydney e tornare indietro.

Nevin rimase sull'uscio della porta, mentre Ryan e Xavier entravano nella spaziosa camera che avrebbero condiviso. Il riccio si buttò letteralmente su uno dei letti e sospirò.

"Per fortuna ci sono tre letti, non vorrei che Ethan pensasse male." bofonchiò, con il volto ancora nel cuscino.

"Xavier, lui scherzava. Non prenderlo sul serio e cerca di non provocarlo." Ryan parlò con la sua voce profonda, per poi lanciare una veloce occhiata a Nevin, il quale se ne stava ancora imbambolato.

Xavier si sdraiò sulla schiena, riprendendo fiato.

"Lo so e non posso promettere niente. È nella mia natura essere schietto e provocatorio. Nevin, che ci fai ancora lì in piedi, non ti mangiamo mica." ridacchiò il riccio.

Nevin deglutì e fece qualche passo, per poi bloccarsi nuovamente, preso da un'ansia improvvisa: gli succedeva spesso, effetti collaterali del non dormire abbastanza.
Lasciò la sua valigia accanto ad uno dei letti e vi si sedette, mantenendo una postura rigida. Si guardò intorno e notò dei fiori bianchi, in un bicchiere mezzo pieno d'acqua. Sentì un brivido farsi strada lungo la sua schiena e tremò leggermente, per poi distogliere lo sguardo a fatica.
Xavier si alzò di scatto ed iniziò a spogliarsi, rimanendo in boxer, cosa che attirò l'attenzione del più giovane.

"Vado a farmi una doccia poi esco a cercare Hanako e Gabriel. Ho voglia di ubriacarmi un po', dovreste venire anche voi." propose, per poi sfilarsi anche l'intimo.

Nevin arrossì di colpo, sgranando gli occhi, incapace di muovere anche solo un dito, mentre Ryan non sembrò per niente turbato.

"Hey Xav, so che sei molto confidente nel tuo corpo, ma potresti coprire il tuo coso?" disse il biondo, il quale si era appena sdraiato sul proprio letto.

"Ti vergogni? Siamo cresciuti insieme, in caso te lo fossi dimenticato."

"Sì e in caso tu te lo fossi dimenticato, non siamo soli." gli fece notare, alludendo a Nevin.

Xavier si accorse solo in quel momento che il più giovane era arrossito e che i suoi occhi erano puntati proprio in quel punto.

"Be', a lui non sembra dispiacere." ridacchiò il riccio.

A quel punto Nevin si alzò e farfuglio qualcosa di incomprensibile, per poi uscire dalla camera. Quando fu nel corridoio appoggiò la schiena su una parete e tentò di riprendere fiato.
Una coppia si fermò addirittura a chiedere se stesse bene, perché il suo viso era diventato pallido. Non erano passate nemmeno ventiquattro ore e già voleva tornare a casa.
Passò qualche ora a girovagare per l'enorme hotel, soffermandosi di tanto in tanto a godersi la vista dalle grandi vetrate situate in ogni piano e tentando di dimenticare quello strano accaduto.

Ormai sfinito, decise di tornare in camera, sperando con tutto sé stesso che gli altri due fossero andati a bere, come Xavier aveva proposto qualche ora prima. Aprì la porta con cautela e notò che le luci erano spente, cosa che lo rassicurò. Richiuse la porta alle proprie spalle, notando solo in quel momento che Ryan era appena uscito dal bagno e che tra la penombra di quella grande stanza, lo stava fissando con espressione indecifrabile.
Nevin lo ignorò nuovamente, sapendo che l'altro avrebbe di sicuro fatto la prima mossa ora che erano soli. Di scappare di nuovo non se ne parlava, sarebbe sembrato un debole e codardo, ma lui voleva dimostrare di essere migliore.
Appoggiò il telefono sul comodino, accese la lampada che vi si trovava sopra ed afferrò un asciugamano, per poi fare qualche passo verso la porta del bagno: se non poteva fuggire, almeno si sarebbe nascosto là, facendo una lunga e calda doccia. Ryan non si era mosso di un centimetro e non lo fece nemmeno quando si ritrovò l'altro davanti: rimasero così per qualche istante, in silenzio.
Poi Nevin si fece coraggio e parlò, tenendo lo sguardo basso.

"Voglio farmi una doccia, fammi passare."

Ryan non fece cenno, ma parlò, rompendo il silenzio insopportabile che si era formato nuovamente.

"Guardami negli occhi."

Nevin deglutì rumorosamente e strinse l'asciugamano con forza, continuando a fissare un punto indefinito alla sua destra: non poteva, se l'avesse fatto, avrebbe ceduto e di questo ne era consapevole.

"Non puoi ignorarmi per sempre."

Ryan afferrò il suo mento e lo costrinse ad alzare il volto, facendo incontrare i loro occhi. Nevin fece cadere l'asciugamano a terra, avvertendo come i suoi polmoni iniziassero a fare fatica ad incanalare aria.

"Non toccarmi." riuscì a protestare, con un filo di voce.

Riuscì a spostare la sua mano, ma il biondo in risposta gli afferrò un polso, alzandolo a mezz'aria.

"Non sapevo saresti venuto anche tu o non sarei qui. Non volevo venissi a sapere che sono tornato in questo modo." iniziò Ryan. "Ma prima o poi l'avresti scoperto, Nevin..."

"Non provarci nemmeno."

"...mi dispiace." concluse Ryan, avvicinando leggermente il volto a quello del più giovane, appoggiando la propria fronte sulla sua. "Mi dispiace così tanto, non volevo sparire in quel modo, ma ho dovuto farlo dopo tutto ciò che è successo. Perdonami."

Nevin tentò nuovamente di liberarsi dall sua presa, ma fu inutile. Socchiuse le labbra, facendo dei respiri profondi e lo guardò con occhi lucidi.

"Sparisci per un anno, compari così all'improvviso e chiedi il mio perdono, come se niente fosse... Non voglio avere nulla a che fare con te, ora lasciami passare." rispose acido, dimenandosi leggermente.

Sapeva che opporsi era inutile, Ryan era alto e ben piazzato.
Delle lacrime traditrici avevano iniziato a rigare il viso di Nevin, le quali non fecero che aumentare, quando il biondo si impossessò  delle sue labbra con prepotenza. Nevin rimase senza fiato per un po', ma con la poca forza e lucidità che gli rimaneva, strinse le mani in due pugni e le piazzò sul petto dell'altro, tentando invano di spingerlo. Ryan sapeva essere senza controllo a volte, ne era più che consapevole, ma non doveva dargliela vinta. Non poteva dargliela vinta, non dopo tutto ciò che gli aveva fatto passare. Quando tentò di insinuare la lingua nella sua bocca, Nevin si irrigidì di colpo e gli morse il labbro inferiore, gesto che non fece altro che aumentare la foga dell'altro, il quale riuscì ad approfondire il bacio.
A quel punto il biondo andò ad afferrargli i fianchi e lo spinse contro il muro adiacente alla porta del bagno, senza curarsi del forte impatto.
Nevin iniziò a mugolare, un po' per il piacere, ma soprattutto per il dolore, sia fisico, che emotivo. Le lacrime continuavano a bagnargli il viso, per poi mischiarsi con quel bacio per niente casto.
Iniziò a ricambiare a stento, ma mantenendo le mani sul petto dell'altro, per fargli capire che quel bacio se lo stava prendendo con la forza. La sua lingua si scontrava con quella di Ryan quasi con rabbia, si muoveva irregolare, così come le labbra, ormai quasi consumate da quel fuoco che stava bruciando entrambi.
Il contatto si fece lento e Ryan si staccò prendendosi il tempo per osservare le labbra del più giovane, rosse ed umide, poi le sue iridi color ambra, che ora lo stavano fissando, gonfi e pieni di odio. Il biondo prese il suo volto tra le mani, asciugandogli le lacrime con i pollici.

"Sei soddisfatto?" la voce di Nevin era roca e spezzata.

"Tu mi fai perdere la testa, mi fai perdere ogni briciolo di sanità mentale che mi è rimasto. Capisci perché me ne sono andato?"

Nevin riuscì finalmente a liberarsi dalla presa dell'altro ed iniziò a riprendere fiato.

"No, te ne sei andato, perché sei un fottuto codardo. Non provare più a toccarmi o giuro che la prossima volta ti mordo così forte da farti sanguinare le labbra." concluse, per poi raccogliere l'asciugamano da terra e chiudersi in bagno.

Si guardò allo specchio e toccò le proprie labbra, notando solo in quel momento del sangue sul lato destro. Abbassò lo sguardo, per poi accasciarsi lentamente a terra, fino a sdraiarsi.
Non era arrabbiato per quello che Ryan aveva fatto. Ciò che lo faceva incazzare di più era il fatto che infondo lo aveva desiderato tanto quanto l'altro. E mentre quella cruda verità riempiva la sua mente, si mise a piangere per l'ennesima volta sul freddo pavimento di quel bagno. Solo.

-

Hanako bevve un altro shot di vodka tutto d'un fiato, guadagnandosi un'esultazione da parte di Xavier, ormai ubriaco fradicio ed un'occhiataccia da Gabriel. Avevano deciso di passare la serata al bar dell'hotel, il quale in quel momento era poco affollato.

"Tesoro, questo è il quinto, adesso può bastare, non pensi?" la riprese il suo ragazzo, con tono dolce. "Domani ci aspetta un lungo viaggio e non voglio passarlo a svuotare i vostri sacchetti di vomito." aggiunse.

Xavier gli diede una pacca sulla spalla e fece un cenno ad un cameriere, il quale capì subito che avrebbe dovuto portargli l'ennesimo giro di shots.

"Sai che lo reggo bene, fammi divertire un po'. Siamo qui per questo, no?" rispose la ragazza, per poi singhiozzare. "Ops, penso di dover vomitare."

Hanako appoggiò la fronte sulla superficie del tavolo, facendo allarmare gli altri due, i quali tentarono di scuoterla un po' per farla riprendere.

"Ecco, come non detto, dai andiamo in camera, hai bisogno di una doccia fredda." disse Gabriel, accarezzandole la schiena.

La ragazza iniziò a ridere e rialzò il volto con uno scatto deciso: era tipico di Hanako, le piaceva provocare il suo fidanzato, il quale si mostrava fin troppo rigido la maggior parte delle volte. Nel frattempo il cameriere di poco prima era tornato con l'ordine ed aveva lanciato un'occhiata a Xavier, per poi sorridere.

"Ci hai creduto, seriamente? Dopo tutti questi anni pensi davvero che..." Hanako fece una pausa e mandò giù un altro shot, per poi espirare soddisfatta "...qualche bicchierino di una vodka da quattro soldi mi possa far ubriacare?"

Gabriel si appoggiò allo schienale della poltrona, piegò la testa all'indietro e chiuse gli occhi, arrendendosi al fatto che far ragionare la sua ragazza fosse inutile.

"Il cameriere mi ha sorriso, pensate che vuole scopare con me?" li interruppe Xavier, il quale a differenza dell'amica, iniziava già a sentire gli effetti dell'alcol.

"Sei etero." gli fece notare Gabriel.

"Etero, ubriaco e solo." ridacchiò l'altro, per poi bere un altro po'.

"Tu non lo prendersti mai in culo, la tua tossica mascolinità ed il tuo ego non te lo permetterebbero." lo prese in giro Hanako.

Xavier fece una smorfia, per poi allontanare gli ultimi due bicchierini da sé.

"No, hai ragione, penso di aver bevuto abbastanza." mormorò. "Gabriel, perché sembra che tu sia ad un funerale? Che ti prende?"

Il ragazzo se ne stava ancora ad occhi chiusi. Si raddrizzò nuovamente ed appoggiò le mani sul tavolo, guardando prima Hanako, per poi spostare il suo sguardo sull'amico.

"Ho una strana sensazione, già da qualche giorno ormai. È come se Dio mi stesse dicendo che non dovremmo andare su quell'isola..." iniziò Gabriel, per poi guardarsi intorno per accettarsi che nessuno stesse ascoltando.

"Ehi, sai che non ho niente contro la tua religione, ma a volte ti fai condizionare troppo. Sognamo di questa vacanza dai tempi del liceo ed ora all'improvviso Dio ti dice che è tutto sbagliato? Avanti, devi solo imparare a rilassarti, vedrai che sarà un'esperienza indimenticabile." intervenne Xavier, appoggiando una mano sulla sua spalla.

Hanako accarezzò il volto del suo amato, sorridendo dolcemente, nel tentativo di tirarlo su di morale.

"Tesoro, Xavier ha ragione. Andrà tutto bene, vedrai." affermò la ragazza.

Gabriel non sembrava ancora del tutto convinto: era nato e cresciuto in una famiglia molto religiosa, nella quale aveva imparato ad ascoltare la voce di Dio; o almeno così credeva. Gli avevano sempre imposto regole rigide ed una delle più importanti era di non ignorarla quella voce, perché cose orribili sarebbero potute accadere.

"E che mi dite di Ryan? Non è un segno, il fatto che sia tornato proprio ora?" disse Gabriel, ma con tono insicuro.

Xavier diventò scuro in volto e strinse i pugni, tentando di non perdere la calma, mentre Hanako rimase in silenzio, abbassando lo sguardo.

"Ryan è nostro amico e ha il diritto di tornare quando gli pare e piace, smettila con questa roba Voodoo e goditi la vacanza." sputò in tono acido Xavier.

"Sono cristiano, idiota. E poi, dico solo la verità. Difenderlo non cambierà la sua vera natura e lo sappiamo bene tutti." la voce di Gabriel uscì quasi come un sussurro, come se avesse paura di far scattare l'amico.

"Pensavo fossi migliore." concluse semplicemente Xavier, per poi lasciare dei soldi sul tavolo ed andarsene senza nemmeno degnarlo di uno sguardo.

Hanako sospirò frustrata, per poi alzare gli occhi al cielo.

"Ma che ti è preso? Era necessario litigare già dal primo giorno? Gabriel, devi controllarti, cazzo."

Il ragazzo fece spallucce, per poi bere uno degli shots rimasti, azione che provocò un'espressione confusa di Hanako.

"Il fatto che non ne parliamo, non significa che non sia successo. Sappiamo tutti di cosa è capace Ryan, è inutile nasconderci dietro un dito." terminò il ragazzo, per poi alzarsi dalla poltrona. "Ora torniamo in camera, come ho già detto, domani ci aspetta un lungo viaggio."

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