06 - Fiat lux
NOAH OLSON AVEVA CONQUISTATO ciò che possedeva lavorando sodo. Gli allenamenti estenuanti al campo dietro casa gli avevano garantito il ruolo di capitano della squadra scolastica di basket e una borsa di studio alla Riverside University. Le notti insonni passate sui libri gli avevano concesso il tempo di dare una mano alla ferramenta dei suoi genitori durante il giorno. L'estate, per lui, significava saltare da un lavoretto all'altro per potersi permettere qualche svago. Quell'anno era toccato al Raquette Lake Camp e, per la prima volta da quando riusciva a ricordare, si chiese se fosse totalmente soddisfatto di se stesso.
L' ex amicizia con Alana Mills aveva occupato i suoi pensieri insistentemente durante le ultime due settimane. Più ci pensava e più si considerava un totale imbecille per aver rovinato qualcosa di così bello. Ma se fosse tornato indietro, avrebbe fatto diversamente? Probabilmente no. Il Noah tredicenne avrebbe fatto tutto uguale anche se non senza le stesse esitazioni di allora. La prima volta che aveva sentito i suoi compagni di classe parlare di lui era stata una doccia fredda.
Hey Noah, perchè stai sempre con le ragazze? Hey Noah, ma è vero che preferisci giocare con le bambole? Hey Noah, se vuoi ti presto la gonna di mia sorella! Oh ragazzi, state attenti che prima o poi bacerà uno di noi.
Quelle parole gli avevano lasciato un vuoto dentro. Possibile fossero vere?
Vuoto poi colmato da un odio profondo verso se stesso, perché vere lo erano di certo. Aveva deciso di dire addio alla sua vecchia vita, aveva deciso di essere migliore.
Da quel giorno, che adesso sembrava talmente lontano da poter non essere neanche avvenuto, molte cose erano cambiate. Aveva raggiunto tutti gli obiettivi che si era prefissato; quelli che un tempo avevano parlato male di lui adesso cercavano la sua amicizia; aveva baciato molte ragazze tra gli spalti del campo di basket, tutte diverse fra loro, sperando che prima o poi una gli piacesse davvero.
L'estate prima era stato il turno del negozio di articoli per animali, a diversi isolati da casa. Inizialmente non voleva accettare, il posto si trovava in un quartiere dove non conosceva nessuno e neanche la mansione era particolarmente emozionante, ma la paga era buona e lui aveva sempre bisogno di soldi. Il suo compito consisteva nel scaricare la merce in arrivo e metterla in esposizione mentre il suo collega, Josh, stava alla cassa. Era un tipo taciturno, Josh. In un primo momento si erano limitati a cenni con la testa come saluto e a qualche parola inerente al lavoro. Un giorno, però, Noah si era presentato al negozio con una maglietta di Ian Solo, un regalo di qualche compleanno prima da parte di uno zio che conosceva poco ma che ci aveva azzeccato sui gusti del ragazzo.
«Ti piace Star Wars?» aveva chiesto Josh.
«A chi non piace?» aveva riposto l'altro, dando il via alla prima di innumerevoli discussioni su film preferiti, registi già morti e sull'esiguo numero di cinema in quella zona della città.
Quella che era iniziata come una comune amicizia si era trasformata ben presto in altro. La prima volta che Josh l'aveva baciato, nel magazzino del locale, Noah gli aveva quasi dato un pugno. Poi però fu Noah a baciarlo di nuovo e di nuovo e di nuovo fino a farsi consumare le labbra in quella torrida estate californiana. Dopo di Josh ci fu Sebastian e poi Aaron ma nessuno dei tre era durato per più di qualche mese.
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Erano passati due giorni da quando Alana e Henry avevano parlato nel bosco e sembrava che lui ma anche Jason e Madison la evitassero a tutti i costi. La cosa la faceva andare su tutte le furie: si sentiva manipolata e usata. Aveva passato tutto il pomeriggio chiedendosi se andare o meno all'incontro previsto dopo cena e purtroppo la curiosità aveva avuto la meglio.
Era già buio quando raggiunse il capanno creativo trovando Henry che la aspettava.
«Sei in anticipo di dieci minuti» esordì lei quasi scocciata.
«"La puntualità è la più nobile forma di cortesia, l'unica qualità che non si può fingere di avere", avrebbe detto mio nonno»
«Grazie per la cortesia allora» rispose sarcastica aprendo la porta della cabina. Non ci era mai stata dopo il tramonto. Tutto era immobile, come pronto a riposarsi dopo una giornata estenuante.
«Grazie per la tua disponibilità» disse lui posando una pila di fogli su un tavolo posto accanto al macchinario per la lavorazione della ceramica.
Henry andò subito al punto. «Quello che vorrei creare è un fischietto per il richiamo degli uccelli, per il Blue Jay in particolare».
Alana provò una totale e completa delusione. Nelle ultime ore non era riuscita a farsi nessuna idea di cosa ci potesse esserci dietro, ci aveva pensato spesso senza però arrivare a conclusioni che le sembrassero quantomeno verosimili. Di sicuro, però, non si aspettava questo. Tentò di non darlo a vedere mentre si abbassava per dare vita al macchinario.
Henry inspitò a fondo prima di esclamare piano «Fiat lux».
Poi, vedendo l'espressione interrogativa sul volto della ragazza, aggiunse «è il motto della mia scuola. Tradotto letteralmente significa "sia fatta luce", si usa quando si vuol fare chiarezza su qualcosa di ignoto».
«C-cosa sai esattamente dei jackalope?» continuò lui nervoso. Alana non l'aveva mai visto così. Conosceva l'Henry scherzoso, quello sicuro di sé, quello gentile. Quanto altro non conosceva di lui?
«A dire il vero un bel niente. Cosa sarebbero?» rispose sincera sedendosi sul tavolo accanto ai fogli di quaderno.
«Secondo le credenze del Nord America sono animali mitologici simili a lepri piuttosto grandi e dotati di corna. C'è chi li considera estinti presentando numerosi reperti come prova, altri pensano che vivano nascosti nelle foreste, mentre per la maggior parte sono solo una leggenda.»
«Tu a quale categoria appartieni?» domandò lei curiosa.
«Alla prima e la colpa è tutta di mio nonno, mi ha tramandato la sua ossessione, oserei dire» aggiunse ridendo, «ha trascorso tutta la sua vita cercando prove e indizi che ha poi organizzato in un'agenda che ha lasciato a me. So che sembra incredibile, davvero, non sai quante volte mi hanno detto che sono solo un ragazzino viziato che spende soldi in una ricerca che probabilmente non porterà a niente. Se anche tu sei di questa idea puoi dirlo chiaramente perché non mi offendo, meglio un'amara verità che una dolce bugia» concluse Henry sincero cercando di capire cosa passasse per la testa della ragazza che aveva di fronte.
«Jason e Madison? Anche loro sono immischiati in questa caccia al tesoro? »
«Sì ed è il motivo per cui siamo venuti al campeggio. Secondo gli appunti di mio nonno ci sono delle aree più di altre in cui gli avvistamenti durante il secolo scorso erano frequenti. Quelle aree sono le stesse in cui si trovano i reperti che noi crediamo attendibili. Poi l'anno scorso, per puro caso durante un progetto di geografia, abbiamo notato che queste zone coincidono con quelle in cui una specie di uccelli, il blue jay appunto , nidifica e proprio qui nel campeggio di tua zia si trova lo stormo più vasto di tutto di tutto il Nord America.»
Benvenuto anche a te, Henry l'esploratore pensò Alana. Chissà quanti altri Henry esistevano sotto quell'apparenza così ordinaria.
Il ragazzo continuò a osservarla sperando di aver fatto bene a rivelarle tutte quelle informazioni. A Madison non era ancora andata giù l'intera faccenda ma avevano concordato che dare qualche dettaglio ad Alana gli avrebbe garantito una maggiore libertà di ricerca e sicuramente qualche aiuto tecnico in più, come per il fischietto di ceramica. Tuttavia non si aspettava la raffica di domande che gli porse la ragazza. Durante tutti gli anni di ricerche - cinque per la precisione - erano centinaia le persone che gli avevano rivolto domande ma tutte celavano un senso di altezzoso scetticismo. Mentre quella sera, lì in un capanno nel bosco illuminato dalla bianca luce della luna, in compagnia di quella ragazza così introversa, rivide la stessa curiosità mista a entusiasmo che aveva notato nei volti dei suoi migliori amici, Jason e Madison, quando gli aveva parlato per la prima volta dei jackalope.
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