03 - Incontri inaspettati

APRIL E CRYSTAL NON L'AVEVANO lasciata in pace neanche un momento. Erano così emozionate per quell'appuntamento che sembrava quasi fossero loro le invitate. A nulla erano valsi i tentativi di specificare che la parola appuntamento era del tutto fuori contesto. Invito, forse, era un termine più adatto. Alana non vedeva neanche il motivo di tanta eccitazione dal momento che aveva deciso di non andare. Non le piacevano le feste, non le piaceva stare con persone che conosceva appena e soprattutto non le piaceva la combinazione delle due cose. Perché non poteva essere solitaria tanto quanto le pareva? Tutti la spingevano verso attività sociali delle quali avrebbe volentieri fatto a meno. Sarebbe andata lì e poi? Stare in disparte non era un'opzione plausibile ma lei non sapeva di cosa parlare. Non le interessava essere additata come quella strana, ormai ci era abituata, ma le voci sarebbero arrivate a zia Jess e infine ai suoi genitori e ci sarebbe stata l'ennesima litigata. Quindi era deciso: una scusa avrebbe fatto al caso suo e il mal di testa ad hoc era proprio quella giusta.

Alana si trovava nel capanno degli attrezzi, una struttura angusta e buia permeata da un tanfo di muffa. Cercava l'occorrente per la lezione di oggi: avrebbero costruito una bussola che sarebbe servita per l'escursione di sabato nel bosco. Tutto sommato era un progetto semplice, servivano solamente degli aghi da cucito, del sughero e un contenitore con acqua. Con così poca materia prima difficilmente ci sarebbero stati i presupposti per un disastro come quello della settimana scorsa. Alana aveva proposto - un po' troppo entusiasticamente - la creazione di animali in ceramica, da portare alle famiglie a fine campeggio. Sfortunatamente gli unici souvenir della giornata sarebbero stati dei vestiti ormai da riciclare e una possibile avversione nei confronti del fai da te.

Con tutto l'occorrente sotto braccio si apprestava a tornare in classe quando notò un altro istruttore sull'uscio.
«Non avevo visto che c'era qualcuno, comunque io ho finito qui, il capanno è tutto tuo» disse lei uscendo finalmente alla luce. L'aria dentro era rovente.
«Non ho bisogno del capanno» rispose il ragazzo sistemandosi gli occhiali sul naso punteggiato da poche lentiggini.

«Del tuo aiuto possibilmente. Cercavo il campo di tiro con l'arco e, come ormai devo ammettere, mi sono perso» aggiunse sfoderando un sorriso imbarazzato.
«Mi chiedevo se potessi indicarmi la strada».
Alana notò solo in quel momento le spille-distintivo in mostra sulla polo verde del ragazzo. E ne aveva conquistate anche parecchie! Gli istruttori le davano ai ragazzi che dimostravano di aver acquisito le competenze base nelle varie discipline. Alana ne aveva già assegnate dodici.
«Sì certo, lo vedi quel grosso pino con il nastro rosso legato?» Si voltò lei nella direzione opposta. «Appena arrivi lì svolta a sinistra e sei praticamente arrivato» rispose indicando un punto non lontano dal capanno degli attrezzi. Il ragazzo la ringraziò e si incamminò verso la sua prossima lezione.

Non è un po' troppo grande per il campeggio? Si chiese Alana tornando alla classe. Il Raquette Lake Camp accoglieva ragazzi e ragazze fino ai sedici anni, certo, ma non le veniva in mente nessun motivo plausibile per cui un adolescente volesse passare l'estate facendo attività pensate per ragazzini, e lui aveva tutta l'aria di avere ben più di tredici anni.

La lezione era andata meglio del previsto, avevano costruito trentadue bussole perfettamente funzionanti - nonostante lo scetticismo dei più piccoli - e adesso ciò che Alana desiderava più di tutto era una doccia fresca per scacciare di dosso la calura di quella calda mattinata di fine Giugno. Appena entrò nella cabina si accorse che non era vuota come pensava. April stava accovacciata sul letto con le cuffiette alla orecchie e sfogliava distrattamente una rivista. Appena si accorse di Alana la salutò senza entusiasmo.
«Pensavo avessi la lezione di canottaggio» le chiese la più grande.
«L'avevo. Ma non mi va di andarci» rispose l'altra cercando di nascondere gli occhi lucidi. Alana le si avvicinò e, non sapendo bene cosa dire, si mise alla sua altezza. «Pensavo ti piacesse il canottaggio, se vuoi ti cambio attività non è un problema».
«Lo è invece. Avevo promesso alle altre che avremmo fatto almeno un'attività tutte insieme ed erano molto felici del canottaggio che non gli ho detto...»
«Non hai detto?»
«Che ho paura dell'acqua» rispose con sguardo triste. «So nuotare, non è questo, ma l'anno scorso sono andata con la mia famiglia in vacanza a Saint Croix. Quel giorno era prevista una escursione in barca. Poi però è scoppiato il temporale e la barca ha cominciato ad andare su e giù e ho avuto paura».
«Avresti dovuto dirlo alle tue amiche, sono sicura che avrebbero capito. Tanto lo capiranno comunque se non ci andrai» le disse Alana porgendole la mano «andiamoci insieme, gli diremo che hai deciso di voler fare un altro corso e che loro sono le benvenute se volessero unirsi».
«NO! Mi prenderebbero in giro e basta! E poi parli proprio tu che hai paura anche di andare ad una stupida festa» rispose April arrabbiata. Alana era shockata da quella risposta, e anche un po' arrabbiata, ma tentò di mantenere la calma.
«Io non ci vado non perché ho paura del giudizio degli altri ma perché so già che non mi divertirei».
«Sì, come no, le feste servono proprio a divertirsi, tu non ci vai perché hai paura».
Cosa avrebbe detto zia Jess se Alana si fossa messa a litigare con una ragazzina di undici anni? In fondo era lei l'adulto e non poteva perdere la pazienza così facilmente. Fece un bel respiro e disse «Facciamo così: noi ora andiamo a dire alle altre che tu cambi corso, non dovrai dire il motivo se non vuoi, e io ti prometto che stasera andrò alla festa». Si pentì ancora prima di finire la frase ma ormai era fatta.

Le ragazze dormivano beate dopo la giornata intensa. April aveva avuto il coraggio di ammettere che non voleva continuare canottaggio e si era iscritta al corso di tennis. La altre, come previsto, non l'avevano presa in giro né erano arrabbiate con lei per quel cambio di programma. Anzi, avevano scelto di seguire insieme il corso di cucina, pregustando già tutti i fantastici dolci che avrebbero mangiato. Alana da un lato si sentiva fiera di essere stata colei che aveva permesso il raggiungimento di quel traguardo, ma dall'altro si sentiva anche in colpa perché in più occasioni le era venuto in mente il pensiero che April avesse dovuto trovare da sola il coraggio di parlare alle amiche e se non ci fosse riuscita, beh, peggio per lei.

Immersa in quei pensieri contraddittori si avviò verso la radura fuori dall'edificio della mensa. Sulla sua testa il cielo splendeva di stelle e davanti a lei il falò ardeva e mandava bagliori, illuminando la collina buia e facendo apparire i contorni ancora più bui. Diversi ragazzi erano seduti attorno al fuoco intenti e ascoltavano uno di loro, con capelli lunghi fino alle spalle, che suonava un ukulele. Un altro gruppo giocava a carte mentre altri parlavano tra di loro. Noah era come al solito al centro dell'attenzione, con in mano un bicchiere di quella che sembrava Coca-Cola. Alana si fece coraggio e si incamminò verso di lui.

«Cosa mi sono persa mentre non c'ero?» disse sfoggiando il sorriso più amichevole del suo repertorio. Se le cose fossero andate secondo i suoi piani zia Jess avrebbe saputo di quanto Alana si era divertita quella sera e avrebbe abbassato la guardia dimenticandosi di ricordarle, ogni qualvolta la incontrava, di partecipare più attivamente alla vita sociale del campeggio.
«Stavo dicendo a Kim proprio adesso» rispose lui voltando la testa verso un ragazzo talmente muscoloso che la canottiera che indossava riusciva a comprire ben poco «che è tutto merito delle tue bussole se sabato non ci perderemo nel bosco» finì lui.
«Noah mi sopravvaluta sempre, chiunque potrebbe costruirne una» sorrise, nonostante odiasse essere sotto i riflettori.

Adesso anche gli altri l'avevano notata e cominciarono a presentarsi, a farle mille domande, a dirle che avrebbe dovuto uscire più spesso perché si sarebbe divertita da matti. A fine serata aveva la testa piena di nomi e di volti che non riusciva a collegare tra loro. Si promise che mai avrebbe partecipato di nuovo a qualcosa del genere se non sotto tortura.

«Non vorrei mai perdermi in questi boschi» disse Kim serio all'improvviso. Il fuoco del falò era quasi spento e molti ragazzi erano già rientrati in cabina.

La schiena di Alana chiedeva pietà per essere stata seduta su un tronco tanto a lungo. «C'è un motivo particolare o semplice paura?» chiese curiosa.

«Mio nonno ha una fattoria a qualche chilometro da qui e quando ero piccolo mi raccontava sempre strane storie, poi però mia madre gli disse di smetterla perché avevo gli incubi»

«Che storie?» si inserì Noah con un sorrisetto sghembo.

«Dice che... che ci sia un villaggio di cannibali da qualche parte a Nord, fanno rituali in cui  uccidono i bambini e poi li mangiano come buon auspicio per il raccolto o cose del genere» continuò quello in evidente imbarazzo, «ma sono solo dicerie, non ci credo davvero. Diciamo che non voglio perdermi giusto per stare sicuro».

Dicerie o meno, Alana sentì la pelle d'oca formarsi sulla nuca e si ripromise di chiedere a zia Jess informazioni, giusto per stare sicuri.

«Vado a dormire» disse nascondendo uno sbadiglio con la mano.
Noah si alzò insieme a lei. «Ti accompagno»
«No tranquillo, rimani pure. Sono solo pochi metri» rispose subito lei.
«Insisto. E poi potrebbero esserci i cannibali in agguato» prese in giro Kim che lo guardò torvo.
«Va bene» disse infine imbarazzata per la battuta di Noah. Non può chiudere il becco ogni tanto?

«Non credevo saresti venuta davvero stasera. Hai un talento naturale per sfuggire alle situazioni divertenti».
«Un libro o un film sono situazioni divertenti o sicuramente più avvincenti».
«Fammi capire: preferisci vivere attraverso le vite dei personaggi di cui leggi piuttosto che vivere la tua?»
Alana fece finta di pensarci su, «mmh, sì» tagliò corto lei. Non voleva mettersi ad elencare tutti gli altri interessi che aveva, soprattutto perchè Noah avrebbe avuto da ridire anche su quelli dato che la maggior parte non presupponeva compagnia umana.
«Quando eravamo piccoli eri più...»
«Interessante?» continuò lei inarcando le sopracciglia.
«Intendevo diversa. Ti piaceva stare con me e a me piaceva stare con te e ci divertivamo un mondo insieme».
Alana era pronta a dissotterrare l'ascia di guerra e chiedere come mai allora si era allontanato da lei preferendo la compagnia di altri con cui divertirsi un mondo, ma fu interrotta dal suono di frasi sussurrate qualche metro alla loro destra. Si guardarono e con un tacito accordo decisero di andare a stanare quelle pesti fuori dai letti.

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