8~ A flower

«Bloomed in a garden of loneliness
A flower that resembles you
I wanted to give it to you
After I take off this foolish mask»

~~~

L'idea sbocciò nella sua mente come uno dei fiori solitari del suo giardino.
E una volta nata, non poteva fare altro che coltivarla e prendersene cura.

Una volta ancora vide arrivare la ragazza vestita di stracci, con indosso il sorriso più bello del mondo e gli occhi più brillanti dell'universo.
La vide ripetere la stessa azione, raccogliere i suoi fiori e poi scomparire nel nulla, e quell'idea nacque improvvisamente, fulmine a ciel sereno.

Quei fiori non bastavano.
Il suo giardino, a cui aveva dedicato sangue, sudore e lacrime, non era abbastanza.
Non era nemmeno sufficiente per farla felice, per farla vivere come lui voleva che lei vivesse.

Improvvisamente i fiori che avevano rappresentato il suo tutto per gran parte della sua vita risultarono aridi, nulla, insignificanti anche davanti ai suoi stessi occhi.

Come ogni cosa che lo riguardava, che lo circondava e che gli apparteneva, non erano abbastanza.

Voleva creare un fiore bello quanto lei.
Voleva creare un fiore di smeraldo che lei potesse vendere e che le permettesse di vivere agiatamente.
Non poteva donarle sé stesso, non poteva donarle nient'altro se non i suoi fiori, e l'avrebbe fatto, le avrebbe fatto dono del fiore più bello del mondo.

Un fiore creato, plasmato a sua immagine e somiglianza.
Un fiore che avrebbe avuto l'odore della sua dolcezza, il colore dei suoi occhi luminosi, la morbidezza della sua pelle.

Immaginó l'espressione della ragazza, il suo sorriso elettrizzato, e si vide di fronte a lei con quel regalo, in ginocchio come un cavaliere.
Il viso scoperto.

Aveva paura, ma voleva farlo.
Voleva mostrarsi.
Perché se lei era un fiore, lui sarebbe stato la farfalla dalle ali spezzate.
E se lei era un fiore, lo avrebbe sostenuto, lo avrebbe accettato, lo avrebbe accolto.

Quando la notte seguente la vide arrivare, il cuore cominciò a battergli all'impazzata nel petto.
Trattenne nella sua mente la sua immagine, ogni suo dettaglio, con le mani tremanti e il respiro ansante.
Voleva, voleva, voleva.

Fu l'ultima volta che la vide.

Da quella notte, si rinchiuse nella sua torre, strisciando nel  suo laboratorio nei recessi sudici, oscuri e chiusi del castello, lontano dal mondo, lontano dal suo giardino, lontano da lei.
Non poteva permettere di farsi distrarre.

Si buttò a capofitto in quella nuova idea, coltivandola con la stessa dedizione che aveva dedicato ai suoi fiori.

Smise di mangiare, smise di dormire, smise di uscire dalla sua prigione: viveva solo di quell'idea, di quel folle, folle sogno, di quel disperato desiderio.

Voleva un fiore che fosse alla sua altezza, che potesse donarle per farsi perdonare l'orrore del suo aspetto, un fiore talmente bello che potesse dargli il coraggio necessario per mostrarsi. Non voleva deluderla.
Non poteva  deluderla.

Lei era stata l'unica luce, l'unico soffio vitale che gli aveva fatto venire voglia di vivere, di cambiare, di uscire dal suo guscio di insicurezze.
Era stata la sua speranza, il suo ideale.

E anche se tenersi così distante da lei lo distruggesse, anche se quella lontananza lo stava uccidendo, lo stava logorando e gli stava quasi facendo perdere la sanità, non esitò mai, nemmeno un istante, non si voltò mai a cercare nuovamente un contatto con il mondo, con la realtà.

Si dedicò al suo unico fiore.

I giorni passarono, le notti anche, finché non passarono i mesi e le stagioni.
Dopo un anno, finalmente, il giovane riuscì a creare il fiore che desiderava.

Era splendido.
Una delicata sfumatura violetta, brillante, delicato e al tempo stesso rigoglioso, petali soffici come le carezze delle madri, un profumo dolce come il miele, come lo zucchero.
Era il suo orgoglio.

Il giovane uscì dal laboratorio col fiore riposto con cura dentro un cestino.
Tremava, fremeva.

La luce gli colpì gli occhi - l'occhio- quasi con violenza, e ci mise qualche minuto per abituarsi a quella luminosità dopo mesi di buio.

Trasalì, sconvolto, quando notò lo stato del suo giardino.
Tutti i suoi fiori erano scomparsi, distrutti dalle intemperie e dalla noncuranza, dall'abbandono.
Contorti rampicanti si avvinghiavano l'uno all'altro, stritolando ogni dolce germoglio, mostrando solo durezza, aridità.

Ma il giovane fece sparire l'amarezza che quella vista gli diede molto in fretta: era il prezzo da pagare per il suo fiore. La notte sarebbe arrivata presto, e lui avrebbe potuto incontrarla di nuovo, donarle il fiore, liberarsi dalle sue catene.

Ancora non sapeva che era ormai troppo tardi.




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