The Treasure Hunted- Alene

Come ogni anno, in paese, si celebrava la festa di Alene, in ricordo della piccola scomparsa tragicamente vent'anni prima. La bambina era in montagna con i compagni, quando una valanga li travolse. Tutti riuscirono a salvarsi, tranne la piccola. Il sindaco, come ogni anno, organizzò la Grande Caccia al Tesoro.
Furono fatte delle coppie e assegnate mappe gigantesche. Nell'aria c'era freddo e tanta voglia di scovare il forziere nascosto.

"Ho trovato il primo indizio!" gridò Caleb.

Den scrutò la scatolina di latta che l'amico teneva tra le mani. "Sei sicuro che si tratti di una traccia?"

"Sicurissimo! Guarda la mappa, indica proprio dietro questo muro!" gli mostrò il foglio ingiallito.

La piazza era gremita di gente e bancarelle. Alcuni bambini passarono vicino a loro, cartina alla mano e sguardi furtivi.

"Okay, adesso dobbiamo capire dove trovare il secondo oggetto" replicò Den.

"Sulla scatola sono dipinti cioccolatini e torte, che abbia qualcosa a che fare con la pasticceria?" ipotizzò Caleb.

Gli occhi azzurri di Den brillarono di gioia. "Giusta osservazione, corriamo lì!"

Le gambe dei due bambini viaggiavano forte, i loro cuori battevano all'impazzata. Era una fuga contro il tempo, contro gli avversari e verso quel videogioco dentro al forziere da scovare. 

Den fu il primo ad arrivare. Si appoggiò alla porta della pasticceria e riprese fiato.

"Accidenti, Caleb, ma quanto ci metti?" bofonchiò, attendendo l'amico. 

Il compagno non arrivava e allora il bambino si spazientì e ripercorse un paio di metri indietro. Lo chiamò, ma senza alcun esito.

"Se si tratta di uno scherzo non è affatto divertente!" si lamentò, continuando a guardare a destra e a sinistra e ancora a destra. "Perderemo la gara, non avremo mai quel videogioco!"

All'improvviso, i suoi piedi calpestarono qualcosa di familiare. Un orologio.
Anzi, l'orologio di Caleb. E fu proprio in quel preciso istante che Den si accorse che era successo qualcosa. Caleb non si era nascosto per gioco, lui non si sarebbe mai separato da quel pezzo di plastica che teneva al braccio; lo aveva ricevuto in dono dal nonno, che adesso purtroppo non c'era più.

"Caaaleeeb! Dove seiiii?" La voce di Den si perse inutilmente nell'aria, ovattata dalla neve che aveva preso a scendere con una lentezza soffocante. Più passavano i minuti, più le speranze di trovare il compagno si riducevano. Che avesse deciso di ritirarsi? Eppure sembrava così entusiasta!

Den guardò la vetrina della pasticceria e poi di nuovo la strada. Continuare la caccia al tesoro o chiedere aiuto a mamma e papà? Caleb era suo amico fin dal primo giorno delle elementari, non poteva procedere senza di lui. Così, a spalle basse e andatura strascicata, risolse il dilemma; avrebbe rinunciato alla sfida. Ma, proprio mentre era sulla via di ritorno, si accorse che sull'orologio di Caleb c'era qualcosa di strano, il cinturino non era liscio, ma vi era incisa sopra una scritta.

"Se il tuo amico vuoi ritrovare, al fiume ti devi recare" lesse.

Improvvisamente il freddo si assopì, scaldato da una piccola luce di speranza che brillò in fondo al suo cuore.

"Al diavolo il videogioco! Caleb ha bisogno di me, devo trovarlo!" I suoi scarponcini calpestarono la coltre bianca, affondando sul terreno. In pochi minuti scese a valle e raggiunse la spiaggia davanti alla conca del fiume. Di nuovo riprese a gridare il nome dell'amico. Il cielo cominciò a imbrunire e la neve a scendere sempre più forte.
Il bambino si strinse dentro al giubbotto, le sue labbra tremarono, colorandosi di viola. Stremato, sedette su un tronco spezzato dal vento. I suoi occhi, molto vicini ad un pianto imminente, si posarono sull'albero che avevano di fronte. Scalfita sulla corteccia c'era la figura di un treno.

"La stazione!" esclamò, rianimandosi improvvisamente e riprendendo a correre a perdifiato.

Il buio era ormai tutto intorno a lui, ma Den non aveva paura, o meglio, ce l'aveva, ma si faceva coraggio perché trovare Caleb era l'unica cosa davvero importante.
L'ultimo treno se ne andò con il suo sbuffo assordante. Den cercò dentro la sala d'attesa e poi fuori, sui binari. Cercò senza sapere cosa e come, cercò con la sola consapevolezza che doveva raggiungere l'amico scomparso.
Alla fine, demoralizzato, sedette su una delle panchine e volse lo sguardo al paese. Le luci della festa erano lontane e lui era da solo, circondato dal silenzio e dalla neve. Qualcuno aveva di sicuro già concluso la caccia al tesoro, accaparrandosi il videogioco. Sospirò, mentre un gufo dal folto piumaggio si posò sull'unico lampione presente. Gli occhi gialli del rapace fissarono quelli del bambino. Un brivido passò attraverso la schiena di Den. L'animale lasciò scivolare dal becco un biglietto arrotolato poi, riaperte le ali, volò via.
Den sentì il cuore battere forte, il suo respiro faceva continue nuvole di fumo e le sue mani tremavano come foglie. Con titubanza raccolse da terra quello che aveva tutto l'aspetto di un messaggio.

"Battito d'ali, sguardo fosforescente, rapace piumato, seguilo e sarai premiato"

L'attenzione del bambino si spostò all'uccello e alla sua traiettoria di volo. Era diretto alla montagna.

I polmoni di Den incamerano tutta l'aria di cui avevano bisogno, la sua testa ignorò qualsiasi raccomandazione ricevuta di non accedere al sentiero che portava ai monti, serrò i pugni e riprese a correre. Il vento era forte, più saliva e più l'aria era compatta e la neve spessa.
Il gufo di tanto in tanto rallentava, come se lo stesse aspettando. E Den ci mise tutto il suo impegno, la sua forza e la sua determinazione per raggiungere la vetta. Anche il gufo si fermò, esattamente sulla chioma di un abete innevato.

"Ho seguito il rapace piumato!" urlò Den, ascoltando l'eco delle sue parole contro le rocce, "sono arrivato fin quassù, contro le raccomandazioni dei miei genitori, adesso rivoglio il mio amico!"

Gridava con il fiato residuo, senza sapere neanche a chi si stesse rivolgendo; qualcuno doveva averlo attirato lassù, lo stesso qualcuno che aveva rapito il suo compagno di avventura.

Il gufo fece un verso gutturale agghiacciante prima di volare via nella notte. Den si inginocchiò sulla neve e si mise a piangere. Faceva freddo, aveva disobbedito, aveva perso la caccia al tesoro, aveva perso il suo amico.
E adesso aveva paura. Paura vera.

All'improvviso, le sue lacrime smisero di scendere e il suo volto si rilassò, lasciando il posto a un'espressione alquanto sorpresa.

"Amico mio..." sussurrò, sollevando la testa.

Caleb avanzò a passo lento, fino a raggiungere il compagno. Non era solo, insieme a lui c'era una bambina.

"Ciao, amico di Caleb" La ragazzina mostrò due grandi buche al posto degli incisivi.

Den aggrottò la fronte, scrutando quella bellissima creatura. Aveva lunghi capelli neri, occhi chiari come il ghiaccio e labbra fini come il vetro. Indossava un cappottino rosso e un paio di vecchi stivali. 

"Ti ho fatto penare, lo so, ma è stato così divertente!" esclamò la fanciulla.

Caleb sembrava tranquillo, quasi sorrideva, mentre teneva stretta la mano della bambina alla sua.

"Quando ero in vita amavo così tanto giocare alla caccia al tesoro, scusa ma non ho saputo resistere!"

Den si mise di nuovo in piedi. "Ma tu chi sei?" chiese, perplesso.

"Io sono Alene"

Den impallidì, ricordando la leggenda. "Alene è morta tanti anni fa. Lei è stata travolta dalla neve e questa festa è in suo onore" riuscì a biascicare.

La bambina mascherò un sorriso storto e sdentato. Den era sconvolto e Caleb si sentì in dovere di intervenire.

"Non avere paura, amico mio, lei è buona. Ha soltanto bisogno di affetto"

Alene si sporse verso Caleb e gli sfiorò la guancia con un bacio, facendogli andare la pelle a fuoco, poi rimase a guardare i due bambini discendere la montagna.
Caleb indossò di nuovo l'orologio regalatogli dal nonno, era sereno, mentre Den doveva ancora realizzare di aver appena parlato con un fantasma. Che cosa assurda!

Quando tornarono in piazza, la festa era finita. Qualcuno aveva vinto il videogioco ed era sicuramente già davanti al televisore a provarlo. Una piccola folla di persone li attendeva; i loro genitori, il maresciallo, il sindaco. Erano tutti preoccupati e avevano già mobilitato le squadre dei soccorsi.

"Oh, sia lodato il Cielo!" La madre di Caleb corse a stringere al petto il figlio.

"Ma dove eravate finiti?" parlò il padre di Den.

"Ci siamo persi" risposerò in coro i due bambini, scambiandosi uno sguardo di complicità.

"Le abbiamo pensate di tutte, gli altri sono tornati da ore!" La madre di Den afferrò la mano del figlio, trascinandolo contro il suo corpo.

"La prossima volta staremo più attenti, te lo prometto" rispose il piccolo.

"Anche io te lo prometto, mammina" fece eco Caleb.

Gli occhi dei bambini volsero alla montagna. Alene era lassù, senza mamma e senza papà, vagava nella neve con il suo cappottino rosso e i suoi stivali rovinati. Un debole sorriso spuntò nel volto dei fanciulli. Forse Alene non sarebbe stata più così sola, non da quella sera. E loro non avevano vinto il videogioco tanto sognato, ma avevano trovato una nuova amica.
Il tesoro nascosto più bello.

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