La bottiglia si infranse con un sonoro botto proprio contro la parete in cui stavo cercando di immergermi, sperando di non attirare guai. Il suo contenuto, un liquido ambrato, cominciò a colare in una scia dal punto dell'impatto fino a raggiungere il sudicio pavimento, dove si erano depositati i rimasugli della bottiglia. Schegge di vetro che urtai con la punta di cuoio degli stivali.
Ancora non riuscivo a credere che l'indizio mi aveva condotto in un postaccio simile. Doveva sicuramente essere falso. Non mi sembrava che il "Nodo Coleottero", così era stata battezzata quella locanda, fosse il posto adatto a nascondere un tesoro. Se mai ci fosse stato all'interno qualcosa di inestimabile valore, la gente che lo frequentava sicuramente non se lo sarebbe lasciato sfuggire da sotto il naso.
Ogni anno gli illustrissimi sovrani organizzavano una caccia al tesoro per far divertire il popolo. Tutti potevano partecipare ed il palio per il fortunato vincitore era un piccolo scrigno contenete dei loro averi. Denari, gioielli, antichi cimeli portati da valorosi cavalieri attraverso le ere e terre lontane. Spargevano così per i cinque quartieri moltissime pergamene, ognuna delle quali aveva un indizio per raggiungere il premio. Ma la faccenda non era così semplice. Solamente una pergamena conteneva la vera mappa, come una sorta di lotteria della fortuna. Quindi soltanto uno poteva vincere e visto l'enorme quantità di giocatori, non era un'impresa facile. Non c'erano molte regole in compenso, se non quelle che vietavano l'uso delle armi e preservavano così l'incolumità dei partecipanti. Se scoprivi che il tuo indizio era un falso, non dovevi far altro che trovarne un altro o scoprire un giocatore e prendergli il suo in qualche modo. Quel gioco poteva durare giorni, se non intere settimane, finché qualcuno non raggiungeva l'agoniata croce dorata, celata in un angolo della città sotto lo stemma della famiglia reale. Un leone bianco alato con cinque code.
Cinque come i quartieri della grande città, disposti come il numero cinque della faccia di un dado, al di sotto di una possente collina verde dove troneggiava dall'alto il castello.
I quartieri erano ben distinti, suddivisi in base a dei colori di cui erano dipinti tutti gli edifici. C'era il quartiere rosso, dove risiedevano i soldati con le loro famiglie ed era stata costruita la caserma. Il quartiere blu, subito a ovest, nel quale si teneva sempre un gigantesco mercato ed era anche il quartiere più pittoresco perché le sue case e botteghe di artigiani e mercanti dipinte di varie tonalità, dal verde acqua al blu cobalto, si confondevano con il mare del vasto porto. Il quartiere bianco, detto anche cuore della città perché situato al suo centro, dove viveva la parte più nobile della popolo ed i palazzi erano pieni di archi, le vie ornate di fontane e mosaici color avorio ed oro. E poi per ultimi, in basso, vi erano i piccoli quartieri nero e viola. Due posti pericolosi, ed anche se i distretti non erano separati da muri ma liberi alla circolazione di qualsiasi cittadino, quasi nessuno del mio quartiere bianco si sognava discendere nei quartieri oscuri. Io stessa non ci avevo mai messo piede prima d'ora, per le varie notizie che serpeggiavano tra la gente. Ladri, tagliagole, mercenari popolavano quei posti. Brutte cose. Però avevo deciso di seguire la mia mappa, sapendo benissimo che si trattava di un falso, sperando di incappare in quella vera. Era una strategia un po' strana, ma non sapevo che altro fare.
Non avevo mai partecipato nemmeno alla caccia al tesoro, ma quest'anno volevo provarci ed ero molto determinata a vincere. Mio nonno era stato un vincitore da giovane e mi aveva sempre raccontato come scoprire la pergamena con la mappa giusta. Diceva che era diversa dalle altre, riconoscibile, ma non tutti sapevano il trucchetto su come smascherarla. Anche se avevo una famiglia ricca quel tesoro mi avrebbe aiutato a fuggire da qui, senza dover per forza chiedere qualcosa ai miei genitori. Mi sarei comprata una nave con una ciurma e sarei andata alla ricerca di avventure. Già mi pregustavo la vittoria, dovevo beh.. soltanto trovare la pergamena del tesoro.
Così ora ero nel quartiere nero, dove mi aveva condotto il mio indizio falso, in quella lurida e puzzolente locanda, nel bel mezzo di una rissa. Quale migliore inizio.
Un uomo dalla lunga barba che sembrava piuttosto grosso ed ubriaco ne aveva spinto a terra un altro. Da quello che riuscivo a vedere almeno. Perché attorno a loro si era radunato un cerchio di avventori che faceva soltanto molto chiasso, puntando su chi avrebbe avuto la meglio.
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