Capitolo 1

Il sole splendeva alto nel cielo, riempiendo di speranza e determinazione i più di cento ragazzi radunati nel parco centrale di Avellino. Ilaria rilesse il manifesto che aveva in mano. Ormai lo aveva imparato a memoria.
I giovani dai 14 ai 18 anni erano invitati a partecipare alla XXVII edizione della Caccia al tesoro. Era un gioco che si svolgeva annualmente nella sua città e il vincitore riceveva un premio. Quell'anno la ragazza era intenzionata a vincere.
Si alzò sulle punte per guardarsi intorno, notando che non c'era traccia di Erika. Spazientendosi prese il telefono. In quell'esatto momento il sindaco iniziò il suo discorso, sovrastando il brusio dei giovani ammassati nel parco. Ilaria cercò di ascoltarlo mentre provava a contattare la sua amica.
-Benvenuti alla XXVII edizione della Caccia al Tesoro! Anche quest'anno...
-Tuu tuu.
-...abbiamo nascosto dieci tesori che dovrete trovare seguendo gli indizi...
-Tuu tuu.
-...il vincitore riceverà un fantastico premio!
-Risponde la segreteria telefonica...
La ragazza spense il telefono sbuffando. In quel momento il sindaco esclamò gioiosamente:
-Che vengano rivelati gli indizi!
Sullo schermo alle sue spalle comparvero due scritte luminose. La prima si riferiva ai partecipanti che avevano un numero inferiore a 60, la seconda agli altri.
Gli adolescenti si erano già divisi in due squadre, anche se tutti sapevano che solo uno di loro avrebbe vinto.
Ilaria si guardò intorno un'ultima volta prima di rivolgere lo sguardo allo schermo. Ormai non le importava più di Erika, avrebbe vinto a ogni costo.
Leggendo l'indizio capì. Si era allenata duramente per tutto l'anno e, insieme a più della metà dei ragazzi del suo gruppo, scattò in direzione degli alberi dall'altra parte del parco. La frase che aveva letto poco prima risuonava ancora nella sua mente.
Dove indica l'albero più antico
Cerca lì, sotto il piatto tipico.
I giovani si fermarono sotto l'abete più antico della città. Era il più alto di tutti e svettava fra gli altri alberi del parco. Un drone li seguiva, analizzando i loro movimenti. Non erano accettati imbrogli.
Alcuni iniziarono a girare intorno al grosso tronco alla ricerca del tesoro, altri si concentrarono sulla seconda parte dell'indizio. Ilaria cercò di capire in che modo l'albero dovesse indicare, poi un dettagli attirò la sua attenzione. Un ramo più lungo degli altri si protendeva verso la direzione opposta dalla quale erano arrivati. La ragazza riprese a correre, poi ad un certo punto rallentò.
"Chissà dov'è Erika. Lei non è mai in ritardo." Iniziando a sentirsi in colpa si fermò definitivamente, appoggiandosi ad un albero. "La sua amicizia è più importante di questa gara. Vado a cercarla."
Dei giovani la sorpassarono ma lei non se ne preoccupò. Attraversò il parco fino ad arrivare in strada. C'erano solo alcuni adulti indaffarati che non la degnarono di uno sguardo.

Ilaria corse a perdifiato fino ad arrivare al palazzo dove abitava la sua amica. Dopo essere salita al terzo piano bussò alla porta ansimando.
-Buongiorno, Erika è in casa?
La domanda, intervallata da respiri profondi, fu accolta con un sorriso dalla donna che le aprì.
-Certo, entra. È nella sua stanza, non si sente molto bene.
La ragazza attraversò il piccolo appartamento fino ad arrivare alla camera della sua amica. La porta era socchiusa e si aprì con un lieve cigolio. Il luogo era più disordinato del solito e della giovane non c'era traccia. Ilaria capì subito che qualcosa non andava. I libri erano sparsi sul pavimento e i disegni erano stropicciati e strappati. Le tende dondolavano al vento che proveniva dalla finestra aperta.
Attraversando la stanza la ragazza notò un foglio che spuntava dalle coperte. Era il manifesto della gara e, sul retro, c'era una scritta a matita. Le due parole erano a malapena distinguibili, come se fossero state scritte di fretta, in un momento di terrore.
'Salvami. Esiste.'
Ilaria mise in tasca quell'enigmatico messaggio, cercando di capire cosa significasse. Abbassando lo sguardo sui libri di Sherlock Holmes attorno a sé pensò che lei ed Erika avevano sempre sognato di vivere un'avventura. Quella era la loro occasione.
Posando il piede su un disegno si accorse di non averlo mai visto. Rappresentava un uomo vestito elegantemente con i lineamenti deformati dalla rabbia. Sotto di esso una scritta diceva:
"Rainulfo di Alife, ricco conte di Avellino. I suoi tesori vengono usati per la famosa caccia al tesoro."
Molti altri fogli erano riempiti di frasi riguardanti quella figura, alcune delle quali erano sottolineate in rosso.
"Si vendica di coloro che hanno profanato la sua tomba, saccheggiandola."
"Rapisce i vincitori, portandoli..."
L'ultima pagina era strappata ma Ilaria non riuscì a trovare la parte mancante.
Raccolse quelle informazioni e, mentre si sedeva alla scrivania iniziò a pensare ad alta voce.
-La mia amica è stata rapita. Devo assolutamente scoprire dove è stata portata e soprattutto da chi. I fantasmi non esistono, ma forse... la teoria di Erika potrebbe spiegare il motivo per il quale non si hanno più notizie degli altri vincitori...
In quel momento il computer emise un lieve pigolio, accendendosi. La ragazza andò subito nella cronologia di ricerca, sperando di trovare delle informazioni utili. Fra i vari accessi ai social network c'era l'ultima ricerca fatta. Riguardava proprio Rainulfo di Alife e, leggendo la pagina con il fiato sospeso, Ilaria trovò la frase giusta per completare la scritta strappata.
"Rapisce i vincitori, portandoli nel castello di Montefredane, dove visse per un lungo periodo."
Alzandosi di scatto spinse la sedia all'indietro e, lasciando il computer acceso, corse in strada sperando di arrivare in tempo per prendere l'autobus.
La mamma di Erika ebbe appena il tempo di salutarla, ignorando la sparizione della figlia.

La ragazza corse a perdifiato fino alla fermata più vicina e riuscì a bloccare il mezzo giusto in tempo. Si sedette ansimando mentre la sua mente iniziava ad elaborare ogni tipo di pensiero riguardo alla sua amica. Il panorama le sfrecciava accanto ma i suoi occhi vedevano solo il volto perfido di Rainulfo.
Per poco non si dimenticò di scendere alla sua fermata e, senza perdere tempo, si diresse verso il castello al centro della piazza. Il vento gelido le sferzava il viso, bruciandole la pelle. Avvicinandosi all'imponente cancello metallico provò a spingerlo ma, come sospettava, non si mosse.
Mentre la paura cominciava a farsi strada in lei, la ragazza girò intorno alle mura di pietra, alla ricerca di un altro ingresso. Dopo un quarto d'ora era quasi arrivata al punto di partenza quando, poggiando le mani contro la fredda roccia, sentì l'appoggio che si sgretolava sotto le sue dita. I mattoni caddero rivelando un'apertura appena sufficiente a farla passare. Il luogo buio era intriso da un odore stantio e, illuminando il pavimento con la torcia del cellulare, Ilaria vide degli umidi scalini che scendevano nell'oscurità. Dal profondo di quel baratro provenì un urlo di panico. L'avevano sentita.
"Resisti Erika, sto arrivando."
Con quel pensiero a farle coraggio la ragazza avanzò, notando delle piccole macchie di sangue secco sui muri. Quella vista la fece rabbrividire e, spinta dalla paura, iniziò a scendere più in fretta. All'improvviso sentì il pavimento scivolarle da sotto i piedi e si ritrovò a rotolare fino a fermarsi ai piedi della rampa che aveva appena attraversato. I suoi abiti erano umidi e stropicciati ma, con lo spettacolo che aveva davanti agli occhi, quello era l'ultimo dei suoi pensieri.
Di fronte a lei si stendeva un lungo corridoio illuminato a tratti da delle torce appese ai muri. La puzza di putrefazione la fece quasi svenire e, avanzando, capì che ciò che aveva inizialmente scambiato per candele spente erano in realtà ossa umane poggiate con noncuranza nelle nicchie scavate nelle pareti.
Alcune esse erano più vecchie mentre le ultime avevano ancora dei brandelli di carne brulicante di insetti ai margini. Ilaria sentì la bile salirle in gola e, a fatica, soffocò l'impulso di scappare a gambe levate.
Alla fine del corridoio c'era una piccola cella dalla quale provenì un sussurro che riecheggiò fra i muri umidi.
-Aiuto.
-Erika!
L'urlo della giovane fece tremare il pavimento e riempì di speranza la ragazza rinchiusa nella prigione. La luce le fece chiudere gli occhi lucidi di lacrime. Un livido violaceo spiccava sul suo volto pallido e le mani aggrappate alle sbarre erano sporche di sangue. Le dita erano attraversate da alcuni tagli non troppo gravi. Mentre la prigioniera mormorava delle frasi sconnesse l'amica riuscì a rompere la serratura con una pietra. L'impresa si rivelò più difficile del previsto ma alla fine Erika fu libera.
-Grazie... questa mattina... lui...
-Andrà tutto bene.
-Voi non andrete da nessuna parte.
La voce improvvisa le fece sussultare. Sembrò provenire dalle pareti intorno a loro e, allo stesso tempo, da molto lontano. Le ragazze furono attraversate da un brivido gelido.
-Tu, vincitrice. Tu sarai il mio nuovo tesoro.

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