Termoli, 16/04/2018 ore 14:17


Tasca destra, niente.

Tasca sinistra, niente.

Tasca del jeans, niente.

Tasca posteriore, bucata.

MA NON È POSSIBILE! ERA QUI!

Calmina, Annarita, stai calmina eh.

NO, TU CHE MI DICI DI STARE CALMA PROPRIO NO EH...

Invece penso proprio che è meglio per tutti che tu ti dia una calmata. Lo sai che quando vai in panico sei in grado di scatenare un'apocalisse che Walking Dead levati proprio. Quindi il mio consiglio ora è di ripercorrere mentalmente cosa hai fatto con il biglietto.

Alla fine hai sempre ragione tu, va bene, forse cercare di razionalizzare è la cosa migliore adesso.

Respira e ricorda. L'hai preso prima di entrare nello scompartimento, giusto?

Sì! Il mio "amico" non aveva intenzione di essere spodestato dal suo posto, così gli ho spiaccicato il biglietto davanti agli occhi!

Confermo.

Quindi questo vuol dire che devo averlo messo da qualche parte, forse nel trolley, forse in tasca... ma continuo a frugare e non trovo niente! Sto iniziando a sentirmi male...

Stai tranquilla, è da qualche parte, magari nelle tasche interne, prova a vedere.

È arrivato capitan ovvio! Pensi che non abbia già guardato?

Facevo solo il mio dovere, pensare alla cosa più logica.

– Ohèèè, Giovà! Vid ch'è è arrivat u condrollor!

– Chè?

– U CONDROLLOR! – nitrisce una delle due amabili donne, ancora con mezzo boccone in bocca.

Che spettacolo.

– A dì c'ha mess u bigliett? N'ù teniv tu? – alzando perentoriamente il tono di voce, fino ai limiti della sopportazione.

Ora urlo anch'io, giuro. Tutta questa situazione mi sta mettendo ansia; a Marco, invece, fa ridere. Beh, non lo biasimo, essendo un clown magari potrà trarne qualcosa da poter riproporre. Anche il mio compagno di viaggio accenna ad un sorriso, mentre mi sussurra:

– Stanno litigando per capire chi delle due ha nascosto il biglietto all'altra...

– M'à l'accattat o bigliett?

– Questo l'avevo capito! Sono io che non riesco a trovare il mio! – gli replico stizzita e nevrotica, ma mantenendo un tono di voce comunque basso. Non deve essere un bello spettacolo vedere che tocco e frugo in ogni tasca possibile del mio abbigliamento.

– Shineee!

Annarita non ce la fa più, è una pentola a pressione pronta ad esplodere in qualsiasi momento. L'unico pensiero che la tormenta ora come ora è trovare il biglietto, a qualunque costo. Ma l'ansia le sta soffocando ogni pensiero razionale che possa in qualche modo aiutarla. Ha bisogno d'aria, ha bisogno di spazio. Deve uscire dalle urla massacranti delle due vecchine, deve uscire dallo scompartimento. Forse, chiudendosi in bagno, potrà vedere dove è finito il biglietto, magari accartocciato tra gli spazi nascosti della sua giacca jeans.

Forse.

E per una volta la fortuna sembra essere dalla sua parte: il controllore, rigidamente vestito e sfoggiando un paio di baffi bianchi altamente minacciosi, non entra nello scompartimento, ma passa semplicemente oltre, dirigendosi verso la coda del treno e, dando una veloce occhiata all'interno, fa un breve cenno di saluto con il capo all'interno del nostro scompartimento in maniera molto garbata ed elegante.

Indovinate a chi è rivolto?

Ma ovviamente a lui, al mio bianconiglio, a colui ancora non riesco a dare un nome. Vorrei sapere come fai a conoscere tutta questa gente. E soprattutto perché i controllori dei treni devono sempre avere i baffi.

Magari è solo un caso.

Che detto da te non ha assolutamente alcun valore, lo sai?

Lo so perfettamente, cara Annarita.

– L'ha trouvat?

– FREGHETE, NO! – urla ancora più forte l'amica, con Marco che deve coprirsi la faccia per evitare di ridere in faccia alle due anziane signore. Ci manca solo che si tirino i capelli a vicenda.

– Ij non capiscj! Mo ven o controllor, ppi la Majèll!

Meno tre... meno due... meno uno...

Bomba in arrivo!

– BASTA! – sbraito con forza, facendomi sfuggire qualche meteora verso le due signore. Stringo i pugni e diventando palesemente rossa in volto. Sono incazzata nera, non resisto un secondo di più. Mi alzo ed esco dallo scompartimento, chiudendo dietro di me la porta e appoggiando la schiena contro il vetro opposto dal quale si vede il treno andare lentamente verso la sua prossima destinazione.

Chiudo gli occhi.

Inizio finalmente a respirare.

Forse, con la calma necessaria, posso trovare il biglietto. Sicuramente devo averlo addosso, se entro in bagno e mi inizio a spogliare potrei trovarlo, a furia di scuotere le tasche di ogni indumento.

Mi sembra una soluzione logica, sono d'accordo.

Siamo in arrivo a Termoli con un ritardo previsto di dieci minuti. Ci scusiamo per il disagio. We're now arriving in Termoli. The train is ten minutes delay. We apologize for the inconvenience.

Inizio ad avviarmi verso la coda della carrozza dove sono situati i bagni, fregandomene altamente delle condizioni igieniche in cui versano.

Ma questo è noto oramai, non appena ho una buona idea, ci pensa sempre qualcun altro a rovinarmi i piani. Dall'ultimo scompartimento prima di arrivare al bagno chi mi sbuca davanti bloccandomi il passaggio?

Il controllore, ovvio!

Inizia a scrutarmi dalla testa ai piedi con il tipico sguardo irruente e aggressivo, pronto a tutto pur di avere ragione. La sua spilletta, con su scritto il nome e la qualifica, viene a tratti illuminata dalla luce che vi si riflette dai finestrini e che mette in evidenza ancora di più l'aria minacciosa che si porta dietro. E poi c'è quel ridicolo cappello scuro con la visiera, che non ho mai capito a cosa serva. Mi sembra di sentire in lontananza la marcia imperiale di Guerre Stellari.

Carolì, se prima l'ho scampata ora non ho idea di come uscirne...

– Dove sta andando, signorina?

Butto dentro un po' d'aria e mi faccio coraggio.

– Vorrei andare in bagno, se permette, – esternando la mia migliore faccia di bronzo, assolutamente inservibile quanto indispensabile in queste situazioni.

– Lo sa che è vietato usufruire del bagno in prossimità delle stazioni? – ribatte prendendo in mano un piccolo tablet e sistemandosi la visiera del cappello, come a voler rimarcare la sua superiorità e autorità sulla mia persona.

Deglutisco. Non so davvero cosa rispondere. E prima che possa pensare a qualsiasi altra scusa il controllore mi anticipa, con mia grande sorpresa, dicendomi:

– Non importa. Vuole seguirmi, per cortesia?

Seguirmi?

Che intenzioni ha?

È quello che vorrei scoprire. Caccio fuori un sospiro, quindi annuisco al controllore che si dirige oltre la porticina che dà sui bagni, andando verso la coda del treno. Non ho ancora idea di cosa voglia fare e del perché io lo stia seguendo. Ora mi vengono in mente tutte quelle storie di ragazze violentate, toccate o per qualunque motivo molestate da chi, in virtù della sua autorità, vuole imporla anche a livello intimo ed emotivo.

Pensi sempre al peggio tu?

Una ragazza deve farseli questi pensieri, purtroppo, tu non puoi capire.

Ma... aspetta! Mi stai dicendo che io posso parlare con te anche se sei seduto lì nello scompartimento? Aiutami, ti prego!

Certo che posso sentirti. Come hai visto, io racconto storie. E le storie passano anche attraverso ogni muro, ogni confine, hanno il potere di andare oltre il visibile. Non ti è mai capitata quella sensazione di star pensando esattamente la stessa cosa parlando con una tua amica, nonostante la distanza?

Beh, sì. Ma con te è diverso.

Se dovesse esserci bisogno io verrò immediatamente.

Mi fido.

Ti ho mai delusa?

No.

Fin ora. Io ancora non mi fido, né di lui e nemmeno del controllore.

Con sguardo basso e passo pedante inizio a vedere dove mi vuole portare, non che ci sia molta scelta a bordo di un treno. A quanto pare ci stiamo dirigendo verso le carrozze successive alla mia, il tutto mentre il treno continua a rallentare e si intravede il grande cartello azzurro con su scritto "Termoli". Poche persone vi sono a bordo del marciapiede proprio alla nostra destra. Solo una toccata e fuga qui nel Molise.

Mentre mi faccio strada, cercando di mantenermi in equilibrio, il controllore si rivolge ancora una volta alla sottoscritta ma senza voltarsi:

– Conosce l'inglese, signorina?

L'inglese? Beh... devo dire grazie alle millemila serie che ho visto su Netflix in lingua originale se riesco a biascicare qualche parolina in inglese. Non capisco dove voglia andare a parare...

– Sì. – rispondo, senza fronzoli.

– E con lo spagnolo com'è messa? – mi domanda, sempre tirando dritto.

Sei sicura che tutto questo non sia un trucco del "tuo" amico?

Ma assolutamente no! E in ogni caso un pochino di spagnolo lo conosco, l'Erasmus dopotutto, mi ha lasciato qualcosa, oltre che festini di ogni genere. Però è tanto tempo che non lo parlo.

– Solo un po', ho studiato in Erasmus in Spagna. – confesso, ancora non riuscendo a capire a cosa gli possa servire.

– Cosa? – replica lui, mentre lo stridio dei freni del treno che si sta per arrestare evidentemente copre la mia risposta che, come al solito, è sempre ad un tono molto basso.

– Sì! Anche lo spagnolo! – replico, non sapendo nemmeno il perché stia mentendo.

Forse mi può tornare utile avere il controllore dalla mia parte.

"Non capisco dove voglia andare a parare..."  e tu lo assecondi. Mah.

Mentre ci inoltriamo tra bambini che piangono, echi di persone che si lamentano del poco spazio, altre che sfogliano un libro, altre che si tolgono le scarpe e mettono i piedi sul sedile di fronte che manco fossero a casa propria, altre che si rinchiudono nel loro mondo guardando un film su di uno schermo arriviamo ad una porta di una carrozza che sembra lievemente differente. La porta è automatica, non c'è bisogno di premere il pulsante per poterla aprire ed è stranamente più bianca e pulita di quanto non si possa pensare. Infatti, non appena sono all'interno, mi rendo conto che l'ambiente è totalmente diverso, niente scompartimenti, niente corridoi stretti, sembra di essere in un treno molto più lussuoso, con coprisedili puliti e profumati. Per un momento mi sembra di aver dimenticato il problema del mio biglietto smarrito, rendendomi conto del fatto che siamo arrivati alle carrozze di prima classe.

Ed è proprio qui che il controllore si ferma di colpo, additando uno dei passeggeri e dicendomi:

– Il signore è messicano o comunque extracomunitario. Non parla l'italiano e se lo parla fa finta di non capire. – dice con un tono piuttosto sprezzante; sarà per il colore ambrato della pelle di quest'uomo, – Gli spieghi che deve pagare il biglietto, la tariffa intera e in più un sovrapprezzo perché colto in flagrante. Qui la legge è uguale per tutti.

Ah.

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